Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 31 ottobre 2011
Glaming, la Mondadori di Berlusconi entra nel business del gioco d’azzardo
Una nuova concessionaria per il gioco d’azzardo online. Ma non una concessionaria qualunque, nella torta del ricco mercato del gioco in Internet ora c’è anche la Mondadori di Marina Berlusconi con la sua Glaming. Questo il tema della puntata di Report, in onda questa sera su Rai Tre. Nell’inchiesta di Sigfrido Ranucci la ricostruzione dell’ennesimo caso di conflitto di interessi nella vicenda politica e imprenditoriale del premier. Già perché per operare nel mercato dei giochi, che in Italia a fine 2011 varrà circa 70 miliardi di euro, serve una concessione. E a dare le concessioni sono i Monopoli dello Stato, che a loro volta dipendono dal governo.
Insomma, l’esecutivo del presidente del Consiglio, attraverso l’amministrazione dei Monopoli, concede l’autorizzazione ad operare ad una società che di fatto appartiene al 70% al premier stesso. L’altro 30%, racconta Report, è controllato dalla Fun Gaming. Quest’ultima, a sua volta è per 49% inserita in una fiduciaria, mentre il restante 51% appartiene a Marco Bassetti, marito diStefania Craxi, che al governo siede come sottosegretario agli Esteri.
Ma i profili del conflitto di interessi non finiscono qui. Quando il cda di Mondadori discute la nascita di Gamling, nel novembre del 2010, tra i consiglieri presenti – in videoconferenza – c’è ancheMario Resca, ex numero uno di McDonald’s e attuale direttore generale del ministero dei beni culturali. Per non dire di Aldo Ricci, che di Glaming è presidente. Ricci è già stato, per due volte, amministratore delegato della Sogei, società pubblica che gestisce l’anagrafe tributaria. Voluto daTremonti è stato rimosso da Visco e poi richiamato dallo stesso Tremonti.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/30/glaming-la-mondadori-di-berlusconi-entra-nel-business-del-gioco-dazzardo/167433/
domenica 30 ottobre 2011
Complotto contro Woodcock, alti magistrati sotto inchiesta. - di Massimo Martinelli
Per l'accusa il pm napoletano spiato per poterlo diffamare
La procura di Catanzaro interrogherà quattro toghe di Potenza.
ROMA - C’è un’altra inchiesta che potrebbe appestare l’aria nel palazzo di giustizia di Napoli, dove stanno per arrivare gli ispettore del ministero della Giustizia per verificare il rispetto delle procedure nell’indagine sulla P4. E il nuovo caso potrebbe persino convincere il Guardasigilli a modificare la composizione della task force inviata all’ombra del Vesuvio per fare le pulci ai pm Woodcock e Curcio. Il motivo è ben spiegato nell’invito a comparire che ieri la procura di Catanzaro ha mandato a quattro alti magistrati di Potenza, indagati per aver cercato di architettare una campagna denigratoria nei confronti di Henry John Woodcock, ai tempi in cui era pm a Potenza. E adesso, a distanza di anni, l’inchiesta di Catanzaro ha evidenziato che alcuni di quei personaggi avevano rapporti con esponenti di spicco dello steso ispettorato di via Arenula che sta per accendere i riflettori sull’ufficio del pm Woodcock a Napoli.
I quattro indagati sfileranno in procura, a Catanzaro, già nei prossimi giorni. Proprio mentre gli ispettori del Guardasigilli arrivano a Napoli e il gip partenopeo si prepara a restituire la libertà a Luigi Bisignani, imputato di spicco nell’indagine sulla presunta loggia P4 condotta da Curcio e Woodcock. E’ una settimana delicatissima, dunque, quella che sta per cominciare nel quadrilatero giudiziario di Roma, Napoli, Catanzaro e Potenza. Soprattutto dopo che procuratore aggiunto del capoluogo calabrese, Giuseppe Borrelli, ed il suo sostituto Simona Rossi hanno inviato gli avvisi a comparire per l’ex procuratore generale di Potenza, Vincenzo Tufano (che è ora in pensione), i sostituti procuratori generali Gaetano Bonomi e Modestino Roca e l’ex sostituto procuratore della Repubblica Claudia De Luca (ora in servizio nella stessa procura di Napoli). Sono loro, secondo l’ipotesi accusatoria, i quattro magistrati che avrebbero ottenuto e utilizzato illecitamente i tabulati del telefonino di Woodcock per veicolare la falsa informazione che il magistrato fornisse informazioni riservate alla conduttrice della trasmissione Rai «Chi l’ha visto?», Federica Sciarelli. I contatti tra i due, inevitabilnmente, c’erano; ma solo perchè il magistrato e la giornalista erano compagni nella vita.
Per mettere in piedi la manovra che doveva delegittimare Woodcock, i quattro magistrati - sostiene la procura di Catanzaro - si sarebbero avvalsi della collaborazione di un ex agente del Sisde, Nicola Cervone; di tre ufficiali di polizia giudiziaria, di un imprenditore e di un autista della Procura generale di Potenza. Ai quali, a vario titolo, vengono contestati i reati di associazione a delinquere, violazione della legge sulle società segrete, corruzione in atti giudiziari e abuso d’ufficio.
Sulla vicenda è intervenuto anche Luigi de Magistris, sindaco di Napoli ed ex pm a Catanzaro: «E’ incredibile che ancora una volta compaiano le stesse persone che hanno contribuito a togliermi le funzioni di pm e a trasferirmi da Catanzaro. Mi auguro - ha aggiunto - che sia venuto il momento di ricostruire il grumo di interessi che, in particolare a Roma, è fatto da pezzi di politica, magistratura e istituzioni».
I quattro indagati sfileranno in procura, a Catanzaro, già nei prossimi giorni. Proprio mentre gli ispettori del Guardasigilli arrivano a Napoli e il gip partenopeo si prepara a restituire la libertà a Luigi Bisignani, imputato di spicco nell’indagine sulla presunta loggia P4 condotta da Curcio e Woodcock. E’ una settimana delicatissima, dunque, quella che sta per cominciare nel quadrilatero giudiziario di Roma, Napoli, Catanzaro e Potenza. Soprattutto dopo che procuratore aggiunto del capoluogo calabrese, Giuseppe Borrelli, ed il suo sostituto Simona Rossi hanno inviato gli avvisi a comparire per l’ex procuratore generale di Potenza, Vincenzo Tufano (che è ora in pensione), i sostituti procuratori generali Gaetano Bonomi e Modestino Roca e l’ex sostituto procuratore della Repubblica Claudia De Luca (ora in servizio nella stessa procura di Napoli). Sono loro, secondo l’ipotesi accusatoria, i quattro magistrati che avrebbero ottenuto e utilizzato illecitamente i tabulati del telefonino di Woodcock per veicolare la falsa informazione che il magistrato fornisse informazioni riservate alla conduttrice della trasmissione Rai «Chi l’ha visto?», Federica Sciarelli. I contatti tra i due, inevitabilnmente, c’erano; ma solo perchè il magistrato e la giornalista erano compagni nella vita.
Per mettere in piedi la manovra che doveva delegittimare Woodcock, i quattro magistrati - sostiene la procura di Catanzaro - si sarebbero avvalsi della collaborazione di un ex agente del Sisde, Nicola Cervone; di tre ufficiali di polizia giudiziaria, di un imprenditore e di un autista della Procura generale di Potenza. Ai quali, a vario titolo, vengono contestati i reati di associazione a delinquere, violazione della legge sulle società segrete, corruzione in atti giudiziari e abuso d’ufficio.
Sulla vicenda è intervenuto anche Luigi de Magistris, sindaco di Napoli ed ex pm a Catanzaro: «E’ incredibile che ancora una volta compaiano le stesse persone che hanno contribuito a togliermi le funzioni di pm e a trasferirmi da Catanzaro. Mi auguro - ha aggiunto - che sia venuto il momento di ricostruire il grumo di interessi che, in particolare a Roma, è fatto da pezzi di politica, magistratura e istituzioni».
Ponte sullo Stretto, 400 milioni e neanche una pietra. - di Giuseppe Cordasco
Il progetto del Ponte sullo stretto di Messina (Credits: ANSA)
Ci risiamo. Il Ponte sullo Stretto di Messina non si farà più. O forse si farà ma più in là. Insomma, ancora non è chiaro. Quello che è certo, però, è che ieri è stata approvata una mozione parlamentare proposta dall’Idv e sostenuta dal governo che impegna l’esecutivo stesso a stanziare fondi a favore del trasporto pubblico locale, sottraendoli anche dai finanziamenti per il ponte.
Di quanto stiamo parlando? “Circa 1,8 miliardi di euro” spiega l’economista Guido Signorino dell’Università di Messina. “La disponibilità reale però dovrebbe essere inferiore, perché gli ultimi 470 milioni erano stati stanziati nel 2009, ma saranno disponibili solo nel 2012. Quindi in definitiva al momento parliamo di un fondo pari a circa 1,3 miliardi di euro”.
Più complicato invece è sapere quanto è stato finora realmente speso, e pesa già sulle tasche dei cittadini. “Alcune fonti hanno parlato di più di 400 milioni di euro” spiega Signorino. “La Società Stretto di Messina però, che è la concessionaria del Ponte, si è affrettata a precisare che al momento risultano spesi circa 270 milioni. Probabilmente la verità sta nel mezzo”.
Di quanto stiamo parlando? “Circa 1,8 miliardi di euro” spiega l’economista Guido Signorino dell’Università di Messina. “La disponibilità reale però dovrebbe essere inferiore, perché gli ultimi 470 milioni erano stati stanziati nel 2009, ma saranno disponibili solo nel 2012. Quindi in definitiva al momento parliamo di un fondo pari a circa 1,3 miliardi di euro”.
Più complicato invece è sapere quanto è stato finora realmente speso, e pesa già sulle tasche dei cittadini. “Alcune fonti hanno parlato di più di 400 milioni di euro” spiega Signorino. “La Società Stretto di Messina però, che è la concessionaria del Ponte, si è affrettata a precisare che al momento risultano spesi circa 270 milioni. Probabilmente la verità sta nel mezzo”.
Come questi soldi siano stati spesi (o sprecati), è ancora più curioso. E qui la storia ci viene in aiuto.
All’inizio degli anni ’90 viene presentato il progetto da parte della Società Stretto di Messina, nata nel lontano 1971 e che tra i propri soci ha tutti enti pubblici: l’Anas, che controlla il pacchetto di maggioranza, e poi Ferrovie, la Regione Sicilia e la Regione Calabria. Alla fine degli anni ‘90 un consulente esterno esprime dubbi sulla fattibilità, così il progetto preliminare viene rivisto e ripresentato nel 2002.
Nel 2003 il Governo l’approva e lancia una gara d’appalto che nel 2005 si conclude con la vittoria di un raggruppamento guidato da Impregilo a capo del Consorzio Eurolink che ne realizza la progettazione definitiva e sarà chiamato all’esecuzione dell’opera. “I soldi spesi” spiega Signorino “sono serviti dunque per la progettazione preliminare, per la gara d’appalto, per tutte le consulenze tecniche, per la progettazione definitiva e naturalmente per tenere in vita la Società Stretto di Messina, che al momento occupa una cinquantina di dipendenti”.
Tutto, quindi, tranne posare una pietra. In vent’anni. Ora tutto si blocca di nuovo e per i fondi stanziati Signorino immagina nuove interessanti utilizzi: “L’economia insegna che le grandi infrastrutture non sono mai un volano per la crescita. Meglio investire quei soldi in piccole opere che di solito hanno effetti occupazionali maggiori. In questo senso è un bene volerli destinare al trasporto pubblico locale, ma si potrebbe spenderli anche per progetti di prevenzione territoriale, visto che le zone di Messina e Reggio Calabria sono a grande rischio idrogeologico e sismico” conclude Signorino.
Sacconi: “Ho paura per chi mi sta vicino. Mi auguro non si arrivi all’omicidio”.
Il ministro del Welfare risponde a Fini che ieri aveva parlato di tensione sociale causata dall'introduzione delle nuove norme sul lavoro: "Vedo una sequenza dalla violenza verbale, alla violenza spontanea, alla violenza organizzata e temo per le persone non protette che mi stanno accanto". Intanto il senatore Pd Ichino scrive una lettera su 'Libero' rivolta a Berlusconi: "Cambiamo insieme l'articolo 18".
Allarme terrorismo? Il ministro del Welfare,Maurizio Sacconi, dice di temere per l’incolumità fisica di chi gli sta vicino e non è protetto: “Ho paura, ma non per me perché sono protetto – ha detto intervistato da Maria Latella su Sky – ho paura per persone potrebbero non essere protette e proprio per questo diventare bersaglio della violenza politica che, nel nostro paese non si è del tutto estinta”.
“Oggi – ha aggiunto Sacconi – vedo una sequenza dalla violenza verbale, alla violenza spontanea, alla violenza organizzata che mi auguro non arrivi ancora una volta anche all’omicidio come è accaduto, l’ultima volta dieci anni fa proprio con il povero Marco Biagi(definito un ‘rompicoglioni’ dall’allora ministro dell’Interno Claudio Scajola, ndr) nel contesto di una discussione per molti aspetti simile a quella di oggi. Perché – ha ricordato il ministro – già allora parlavamo non di licenziamenti facili – termine che è assolutamente falso – ma, piuttosto, di come incoraggiare le imprese a intraprendere, ad assumere, ad ampliarsi, a crescere anche attraverso l’idea che se poi le cose non andassero bene, se poi le cose si rivelassero difficili, le imprese, come hanno fatto il passo in avanti dovrebbero fare magari anche un mezzo passo indietro”.
Anche il presidente della Camera Gianfranco Fini, intervenuto ieri a Firenze al congresso regionale di Fli, ha parlato di “tensione sociale” alimentato, secondo Fini da quella “libertà di licenziare” che il governo Berlusconi vorrebbe introdurre: “Se si tende soltanto a favorire la possibilità di licenziare, corriamo il rischio di veder moltiplicare il tasso di disoccupazione che da qualche anno a questa parte sta crescendo e che riguarda in particolare un’area del Paese”, ha affermato il presidente della Camera. “Mi auguro che il governo non sia così irresponsabile da non confrontarsi con le parti sociali e con le categorie economiche, per tutelare non solo le imprese ma anche per farle crescere e competere”. In caso contrario, “si rischia un autunno caldo che ci farebbe tornare indietro”.
Senza citarlo, Sacconi risponde a Fini: “Licenziamenti facili – ha sottolineato il ministro del Welfare – è un termine assolutamente falso”. Si tratta di norme, ha spiegato, su “come incoraggiare le imprese a intraprendere, ad assumere, ad ampliarsi, a crescere anche attraverso l’idea che se poi le cose non andassero bene, se poi le cose si rivelassero difficili, le imprese, come hanno fatto il passo in avanti dovrebbero fare magari anche un mezzo passo indietro”. Sacconi ha tenuto a precisare che ci saranno ” protezioni per i lavoratori perché nella nostra cultura c’è una solida consuetudine a dare protezione per i lavoratori più che in altri Paesi”. Insomma, parlare di “licenziamenti facili” per Sacconi significa fare disinformazione e quindi alimentare un clima di tensione sociale.
A lanciare un salvagente a Berlusconi sul tema dei licenziamenti è oggi il senatore Pd Pietro Ichino con una lettera – “Cambiamo insieme l’art. 18″ – al direttore Maurizio Belpietro dalle pagine di “Libero“. “L’articolo 18 è superato. Il governo vuole riprendere il mio disegno di legge? Se fa sul serio è giusto appoggiarlo”, scrive il giuslavorista. “Oggi la metà dei lavoratori non è protetta: ci vogliono nuove garanzie”, spiega ancora il senatore del Pd che due anni fa ha presentato in Senato un disegno di legge insieme ad oltre cinquanta senatori dell’opposizione. “La proposta di Ichino è molto interessante. Noi abbiamo le stesse idee”, risponde da Sky Sacconi: “Proseguiamo su questa strada e non su quella dello scontro imboccata dai sindacati”.
“Oggi – ha aggiunto Sacconi – vedo una sequenza dalla violenza verbale, alla violenza spontanea, alla violenza organizzata che mi auguro non arrivi ancora una volta anche all’omicidio come è accaduto, l’ultima volta dieci anni fa proprio con il povero Marco Biagi(definito un ‘rompicoglioni’ dall’allora ministro dell’Interno Claudio Scajola, ndr) nel contesto di una discussione per molti aspetti simile a quella di oggi. Perché – ha ricordato il ministro – già allora parlavamo non di licenziamenti facili – termine che è assolutamente falso – ma, piuttosto, di come incoraggiare le imprese a intraprendere, ad assumere, ad ampliarsi, a crescere anche attraverso l’idea che se poi le cose non andassero bene, se poi le cose si rivelassero difficili, le imprese, come hanno fatto il passo in avanti dovrebbero fare magari anche un mezzo passo indietro”.
Anche il presidente della Camera Gianfranco Fini, intervenuto ieri a Firenze al congresso regionale di Fli, ha parlato di “tensione sociale” alimentato, secondo Fini da quella “libertà di licenziare” che il governo Berlusconi vorrebbe introdurre: “Se si tende soltanto a favorire la possibilità di licenziare, corriamo il rischio di veder moltiplicare il tasso di disoccupazione che da qualche anno a questa parte sta crescendo e che riguarda in particolare un’area del Paese”, ha affermato il presidente della Camera. “Mi auguro che il governo non sia così irresponsabile da non confrontarsi con le parti sociali e con le categorie economiche, per tutelare non solo le imprese ma anche per farle crescere e competere”. In caso contrario, “si rischia un autunno caldo che ci farebbe tornare indietro”.
Senza citarlo, Sacconi risponde a Fini: “Licenziamenti facili – ha sottolineato il ministro del Welfare – è un termine assolutamente falso”. Si tratta di norme, ha spiegato, su “come incoraggiare le imprese a intraprendere, ad assumere, ad ampliarsi, a crescere anche attraverso l’idea che se poi le cose non andassero bene, se poi le cose si rivelassero difficili, le imprese, come hanno fatto il passo in avanti dovrebbero fare magari anche un mezzo passo indietro”. Sacconi ha tenuto a precisare che ci saranno ” protezioni per i lavoratori perché nella nostra cultura c’è una solida consuetudine a dare protezione per i lavoratori più che in altri Paesi”. Insomma, parlare di “licenziamenti facili” per Sacconi significa fare disinformazione e quindi alimentare un clima di tensione sociale.
A lanciare un salvagente a Berlusconi sul tema dei licenziamenti è oggi il senatore Pd Pietro Ichino con una lettera – “Cambiamo insieme l’art. 18″ – al direttore Maurizio Belpietro dalle pagine di “Libero“. “L’articolo 18 è superato. Il governo vuole riprendere il mio disegno di legge? Se fa sul serio è giusto appoggiarlo”, scrive il giuslavorista. “Oggi la metà dei lavoratori non è protetta: ci vogliono nuove garanzie”, spiega ancora il senatore del Pd che due anni fa ha presentato in Senato un disegno di legge insieme ad oltre cinquanta senatori dell’opposizione. “La proposta di Ichino è molto interessante. Noi abbiamo le stesse idee”, risponde da Sky Sacconi: “Proseguiamo su questa strada e non su quella dello scontro imboccata dai sindacati”.
Rinvio a giudizio per i 24 imputati dell'inchiesta Iblis. - di Andrea Turco
Oggi comincia il processo abbreviato per gli altri 28. I procedimenti sono stati disposti dal Gip di Catania Alfredo Gari. Nell'inchiesta sono coinvolti politici, imprenditori e mafiosi.
Rinviati a giudizio tutti e 24 gli imputati della inchiesta Iblis, che indaga sui presunti rapporti tra mafia, politica e imprenditori. Tra le persone implicate nel procedimento, come riporta il quotidiano La Sicilia, c’è anche l’ex sindaco di Palagonia ed ex deputato regionale del Pid, Fausto Fagone, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Un imputato, Alfio Castro, ha patteggiato la pena.
Gli altri saranno giudicati con il processo alternativo del rito abbreviato, che comincia stamane davanti il Gip di Catania, Alfredo Gari. Tra loro ci sono il consigliere della provincia di Catania del Pid, Antonino Sangiorgi; l’ex assessore del comune di Ramacca, Giuseppe Tomasello, e il consigliere Francesco Ilardi; il deputato regionale ai tempi del Pdl Sicilia e adesso Gruppo misto, Giovanni Cristaudo. Dall’inchiesta Iblis è stata da poco stralciata la posizione del presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, e di suo fratello Angelo, deputato nazionale Mpa, per i quali la Procura di Catania ha disposto la citazione a giudizio per reato elettorale.
Il procedimento tratta anche il duplice omicidio di Angelo Santapaola e Nicola Sedici, per il quale è stato rinviato a giudizio il capo provinciale di Cosa Nostra, Enzo Aiello, in qualità di mandante, e per questo il processo si terrà davanti la Corte d’assise.
http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=681
Ingroia: “Sono un partigiano della Costituzione”. E dal Pdl parte l’attacco
Il sostituto procuratore della Repubblica di Palermo interviene al congresso dei Comunisti italiani: "Fra chi difende la Carta e chi ogni giorno cerca di violarla, violentarla, stravolgerla, so da che parte stare". Ma dalla maggioranza arriva un coro di critiche. Gasparri chiede l'intervento del Parlamento. Stracquadanio: "Il Csm intervenga".
”Un magistrato deve essere imparziale quando esercita le sue funzioni -e non sempre certa magistratura che frequenta troppo certi salotti e certe stanze del potere lo è – ma io confesso non mi sento del tutto imparziale, anzi, mi sento partigiano. Partigiano non solo perché sono socio onorario dell’Anpi, ma sopratutto perché sono un partigiano della Costituzione. E fra chi difende la Costituzione e chi quotidianamente cerca di violarla, violentarla, stravolgerla, so da che parte stare”. Antonio Ingroia, sostituto procuratore della Repubblica di Palermo, si “confessa” intervenendo questa mattina a Rimini al sesto congresso del partito dei Comunisti italiani. “Ho accettato l’invito di Oliviero Diliberto pur prevedendo le polemiche che potrebbero investirmi per il solo fatto di essere qui – ha esordito il magistrato di Palermo dal palco dell’assise del Pdci – ma io ho giurato sulla Costituzione democratica, la difendo e sempre la difenderò anche a costo di essere investito dalle polemiche”.
E infatti le polemiche non hanno tardato ad arrivare. “Ringraziamo il dottor Ingroia per la sua chiarezza. Sappiamo che le vicende più delicate riguardanti i rapporti tra mafia e politica stanno a Palermo nelle mani di pm contrassegnati dalla massima imparzialità”, ha scritto in una nota Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera. Immediata anche la presa di posizione del presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri secondo cui le parole di Ingroia sono “gravi e inquietanti” e “confermano l’animo militante di alcuni settori della magistratura”. Da persone così – dice Gasparri – invece che comizi politici ci saremmo attesi le scuse per aver fatto di Ciancimino jr una icona antimafia quando invece organizzava traffici illeciti e nascondeva tritolo in casa”. E annuncia: “Porteremo questo scandalo e il suo comizio odierno all’attenzione del Parlamento dove sarà anche il caso di discutere della nostra mozione sul 41 bis che fu cancellato per centinaia di boss al tempo di Ciampi e Scalfaro e che anche ora il partito di Vendola vorrebbe abolire”. Il deputato del Pdl Giorgio Stracquadanio chiede al Csm di “aprire un fascicolo per la gravissima violazione di ogni regola giuridica e deontologica da parte di un magistrato che si comporta come un militante estremista”. Sia Stracquadanio che la vice presidente del Gruppo Pdl alla Camera, Jole Santelli ritengono che il sostituto procuratore della Repubblica di Palermo si stia preparando a entrare in politica. “Ovviamente è possibile che tale previsione si riveli errata, ma altrettanto probabile che come altri suoi colleghi sia nel momento di passaggio in cui la toga serve per acquisire notorietà per una carriera politica”, dichiara la Santelli. “Il dottor Ingroia è ormai un candidato alle prossime elezioni o, peggio, uno spin doctor di partito – aggiunge Stracquadanio. Infine l’attacco del vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato Gaetano Quagliariello: “Parlando dal palco del congresso del Pdci Ingroia ha espresso un concetto con il quale è difficile non essere d’accordo. Bisogna difendere dalla distruzione la nostra Costituzione e le sue leggi attuative. Se si cominciasse da quelle che vietano ai magistrati il coinvolgimento nell’attività di partiti politici, sarebbe un bene per tutti”.
Dal Congresso dei Comunisti italiani, Orazio Licandro, della segreteria nazionale, difende l’intervento di Ingroia: ”Cicchitto prima di aprir bocca dovrebbe occuparsi di tutto quel ‘po’ po” di imbarazzante che ha nel suo partito. Il Congresso del PdCI ringrazia il dott. Ingroia del suo magnifico lavoro”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/30/ingroia-sono-un-partigiano-della-costituzione-e-dal-pdl-parte-la-polemica/167435/
Beni culturali, la Malagrotta dei Fori Imperiali.
Esiste una piccola Malagrotta dentro i Fori Imperiali. Una discarica scoperta dalle telecamere de ilfattoquotidiano.it in una delle aree archeologiche più importanti al mondo.All’interno del Foro di Augusto, sulla bellissima via dei Fori Imperiali. Stendipanni, batterie per auto, vecchi videoregistratori, grosse lampade, pali, vecchie cesta, giocattoli per bambini, stracci, bottiglie in plastica, lattine, escrementi, etc. Il tutto è visibile a occhio nudo da via Tor dei Conti, filmato anche dai tanti turisti (scandalizzati) che visitano a pagamento ogni giorno il sito. Come è possibile che vi sia una sorta di accampamento abbandonato in “un’area archeologica sottoposta a sicurezza e videosorveglianza”? Il sottosegretario ai Beni Culturali, Francesco Giro(Pdl) tempo fa ha dichiarato alla stampa: “Ho un sogno: ammirare i Fori restaurati e illuminati dalla terrazza del Vittoriano per il Natale di Roma del 2011″. Si potrebbe cominciare, intanto, a bonificare la discarica. Servizio di David Perluigi, montaggio Paolo Dimalio.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/30/beni-culturali-la-malagrotta-dei-fori-imperiali/167073/
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