venerdì 3 luglio 2020

I 4 incontri propiziati da Ferri: così si decise di registrare il giudice. - Gianni Barbacetto


l'onorevole renziano cosimo ferri rivela: fui io a portare il ...
Nessun complotto: caso Mediaset deciso subito perché si prescriveva il 1.8.2013. i 10 misteri dei 4 incontri fra B., il suo giudice e il solito Ferri.
È lui “il magistrato” che porta il giudice Amedeo Franco da Silvio Berlusconi. È Cosimo Ferri, leader storico della corrente Magistratura indipendente, che però nel 2013 riveste un ruolo politico, perché è sottosegretario alla Giustizia (berlusconiano) del governo di Enrico Letta, nato dalle “larghe intese” tra Pd e Berlusconi. È Ferri che chiede un incontro al leader di Forza Italia, perché deve riferire quanto gli ha detto uno dei giudici che hanno firmato la sua condanna definitiva in Cassazione. Silvio tira in lungo, rimanda. “Da tempo aveva chiesto di parlarmi e io mi ero rifiutato”, racconta, “perché ero troppo amareggiato per quello che avevo subito”.
In verità, sono i suoi avvocati, Niccolò Ghedini e Franco Coppi, a suggerirgli prudenza: un giudice che va a parlare con il suo condannato è inconsueto perfino nel magico mondo berlusconiano. Dopo le insistenze di Franco e del suo ambasciatore Ferri, Ghedini e Coppi dicono sì, raccomandando però di registrare gli incontri. Sono quattro o cinque, avvengono a Roma a Palazzo Grazioli tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014. Ad almeno un paio è presente anche Ferri. Nelle trascrizioni compaiono anche due voci femminili, che potrebbero essere segretarie e assistenti di Berlusconi. Ghedini e Coppi ne restano fuori, anche per non diventare testimoni dei fatti e dover rinunciare alla difesa. Finché Franco è vivo, non esibiscono gli audio, che sono però evocati in una memoria alla Corte di Strasburgo del 2015. Nel 2017 ne accenna Berlusconi nel programma di Bruno Vespa, dicendo che “aveva la prova” che la sentenza di Cassazione era viziata. Il 20 maggio 2020 – dopo la morte di Amedeo Franco – Ghedini e Coppi depositano a Strasburgo anche i file audio. Uomo-chiave degli incontri è Ferri. È lui a contattare Berlusconi per farlo parlare con Franco. È lui ad accompagnarlo a Palazzo Grazioli.
Figlio d’arte, Cosimo ha ereditato le sue due anime dal padre, Enrico Ferri, magistrato ma anche ministro socialdemocratico dei Lavori pubblici ai bei tempi della Prima Repubblica. Fa il giudice al Tribunale di Massa, sezione penale di Carrara. Ma la sua vera passione sono le relazioni. A soli 35 anni viene eletto, grazie alla campagna elettorale paterna, al Consiglio superiore della magistratura. Poi diventa segretario generale di Magistratura indipendente, che trasforma nella sua rete di rapporti e di potere. Nel 2012, alle elezioni dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), stabilisce il record italiano delle preferenze, raccogliendo 1.199 voti. Si butta in politica. Sotto l’ombrello di Berlusconi: nel 2013 diventa sottosegretario alla Giustizia del governo Letta. È questo il momento in cui porta Amedeo Franco a Palazzo Grazioli. Resta sottosegretario anche dopo la fine delle “larghe intese”: autoproclamandosi “tecnico”. Mantiene la poltrona anche nei successivi governi Renzi e Gentiloni. Nel 2018 viene eletto deputato del Pd, che lascia nel settembre 2019 per aderire a Italia Viva.
Il suo nome compare come il prezzemolo in molti succulenti piatti-scandalo italiani. In Calciopoli entra, da gran collezionista di poltrone qual è, come membro dell’Ufficio vertenze economiche della Federcalcio. Nel 2005, in una telefonata intercettata, ringrazia il vicepresidente Figc, Innocenzo Mazzini, a nome dell’amico Claudio Lotito, patron della Lazio, per aver fatto designare un arbitro che ha favorito i biancazzurri: “Mi ha detto Claudio di ringraziarti. Sei un grande”. Nel 2009 si occupa di Michele Santoro: Giancarlo Innocenzi, commissario berlusconiano all’Agcom, dice a Berlusconi di “aver trovato una chiave interessante” per bloccare il programma Annozero, grazie ai preziosi consigli di Ferri. Nel 2010, compare nelle intercettazioni dello scandalo P3: si dava da fare per piazzare magistrati nei posti desiderati.
Per lui, la frontiera tra politica e magistratura è frastagliata e incerta come i crinali della sua Lunigiana. Così nel 2014 fa campagna elettorale per il Csm, mandando sms ai suoi ex colleghi magistrati, per invitarli a votare due suoi protetti. L’Anm denuncia l’interferenza della politica e del governo nelle attività elettorali del Csm. Tutte medaglie. Il 21 luglio si presenterà alla sezione disciplinare del Csm, per lo scandalo Palamara: dovrà spiegare i suoi incontri con il deputato renziano Luca Lotti, con cui discuteva la nomina del procuratore di Roma. Chissà se spiegherà anche il suo ruolo di mediatore tra il giudice e il condannato.

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