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domenica 19 marzo 2023

Basilicata regina del Sud per le energie rinnovabili. - Massimo Brancati

 

Qui il maggiore accumulo in un anno: più 514 per cento.

POTENZA - Il 2022 è stato un anno d’oro per i sistemi di accumulo in particolare in Basilicata e nelle regioni del Sud. Il settore non solo è cresciuto ma ha stabilito nuovi record rispetto al passato. La Basilicata in un anno (2022) ha installato 1517 unità di energy storage (più 514%), per una capacità totale di 9 MWh (più 522%) e una potenza pari 18 MWh (più 512%). Complessivamente le unità sono 1880 con una capacità totale di 13 MWh e una potenza di 24 MHw. Sono numeri diffusi da Anie Federazione nell’ aggiornamento dedicato agli impianti di stoccaggio energetico in Italia. Il report è commentato positivamente dal gruppo Cestari che con base operativa a Moliterno, attraverso proprie società specializzate in Italia e all’estero, opera nel settore della produzione elettrica da fonti rinnovabili, realizzando impianti ecocompatibili e valutando gli impatti ambientali e sociali connessi all’implementazione di tecnologie alimentate da fonti alternative di energia. Il presidente del gruppo, l’ing. Alfredo Carmine Cestari rileva l’accelerazione del comparto in tutta Italia.

Lo confermano i dati soprattutto delle regioni del Sud sempre nel 2022: Puglia 8.213 unità di energy storage (più 327%), per una capacità totale di 419 MWh (più 419%) e una potenza pari 100 MWh (più 395%); Campania 6327 unità di energy storage (più 325%), per una capacità totale di 41 MWh (più 324%) e una potenza pari 76 MWh (più 383%). Confrontando 2021 e 2022 si nota come i sistemi di accumulo siano passati da media di 3.000 nuove unità installate ogni mese ad una di ben 13.000 unità al mese. Pari ad una crescita del 333%. La quasi totalità dei sistemi di accumulo in Italia risulta abbinato ad un impianto fotovoltaico, per lo più di taglia residenziale.

Il merito va cercato nei bonus edilizi. Interventi come il celebre 110% o la detrazione del 50% hanno spinto gli acquisti, forti del meccanismo di sconto in fattura o cessione del credito. Un traino potente il cui blocco (fronte cessioni) oggi spaventa il comparto, rendendo incerto il futuro a breve termine. Il gruppo Cestari in proposito condivide le preoccupazioni espresse da Anie: «Se originariamente le previsioni 2023 per questo segmento di mercato erano positive, con il blocco della cessione del credito istituito con il Decreto Legge n. 11 del 16 Febbraio 2023 esse sono da rivedersi in forte ribasso», spiega Anie. «La prospettiva è un 2023 in cui si raccoglieranno i frutti degli investimenti già in corso prima dell’entrata in vigore del decreto, qualora si sbloccherà per esse la possibilità di cedere il credito agli istituti finanziari, mentre vi sarà un blocco dei nuovi investimenti, perché il cittadino e le imprese dovranno adattarsi al nuovo scenario normativo.

Sicuramente si prevede un forte rallentamento di questo segmento di mercato». L’incertezza normativa è il fattore che pesa di più sul comparto, ma per i sistemi di accumulo di piccola e media taglia un aiuto potrebbe arrivare a breve con le nuove norme sulle comunità energetiche rinnovabili. Ma anche i prezzi di mercato dell’energia elettrica oggi costituiscono una leva. Di qui l’impegno ribadito dal gruppo Cestari in direzione delle comunità energetiche rinnovabili.

Soprattutto il Sud – dice Cestari - è ricchissimo di comuni e borghi, spesso distanti dai grandi nuclei urbani e dalle grandi centrali. Creare una misura ad hoc per spingere la realizzazione di impianti diffusi in periferia, incentivando peraltro anche l’aggregazione di cittadini, aziende, enti locali ha un valore non solo di risparmio energetico ma anche etico, di stimolo alla coesione di cittadini e imprese ed attività produttive locali. È un’ulteriore opportunità di riscatto per il Sud.

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/basilicata/1388348/basilicata-regina-del-sud-per-le-energie-rinnovabili.html

sabato 10 ottobre 2020

Per ridurre le emissioni il nucleare è sette volte meno efficace delle fonti rinnovabili. -

 

Rinnovabili battono nucleare di sette lunghezze: i risultati di uno studio britannico che ha analizzato 25 anni di produzione elettrica ed emissioni di CO2 in 123 paesi.

Le energie rinnovabili sono notevolmente più efficaci del nucleare nel ridurre le emissioni di carbonio derivanti dalla produzione di energia elettrica.

E le due tecnologie tendono ad ostacolarsi a vicenda, se considerate in un approccio congiunto. Lo spiega un nuovo studio britannico.

Le energie rinnovabili sono fino a 7 volte più efficaci nel ridurre le emissioni di carbonio rispetto all’energia nucleare, precisa lo studio “Differences in carbon emissions reduction between countries pursuing renewable electricity versus nuclear power”, appena pubblicato su Nature Energy (scaricabile dal link in fondo a questo articolo).

Il documento dell’Università del Sussex (UoS) conclude che il nucleare non può più essere considerato efficace come tecnologia energetica a basse emissioni di carbonio, e suggerisce che i paesi che puntano a ridurre rapidamente ed economicamente le loro emissioni dovrebbero dare priorità alle rinnovabili.

Lo studio prende in considerazione tre ipotesi: in primo luogo, che più un paese adotta il nucleare più le emissioni diminuiscono; la seconda, che più un paese adotta le rinnovabili più le emissioni diminuiscono; e la terza, che il nucleare e le rinnovabili sono opzioni reciprocamente esclusive, che tendono cioè ad annullarsi vicendevolmente a livello di sistema energetico.

Le tre ipotesi sono state testate a fronte di 25 anni di generazione elettrica e di dati sulle emissioni di 123 paesi.

I ricercatori della UoS hanno rilevato una scarsa correlazione tra la produzione relativa di elettricità nucleare e le emissioni di CO2 pro-capite, ma hanno osservato un collegamento con il PIL pro-capite delle nazioni studiate.

I paesi con un alto PIL pro-capite hanno visto una certa riduzione delle emissioni con l’aumento del nucleare, ma le regioni con un PIL più basso hanno aumentato le emissioni di CO2 con l’uso del nucleare.

Per le rinnovabili, invece, i dati hanno rivelato una diminuzione delle emissioni di CO2 associate alla tecnologia “in tutti i periodi e i campioni di paese” e senza un legame significativo con il PIL pro capite.

Gli impegni di politica nazionale tendono a favorire in maniera alternativa l’una o l’altra opzione, hanno osservato i ricercatori della UoS; in altre parole, politiche favorevoli al nucleare tendono a ridurre la diffusione delle rinnovabili e viceversa.

La ricerca mostra l’infondatezza di argomenti a favore della coesistenza di nucleare e rinnovabili, cioè dell’approccio “tutto allo stesso tempo”, ha detto Andy Stirling, professore di politica scientifica e tecnologica del’UoS.

“I nostri risultati mostrano non solo che gli investimenti nel nucleare in tutto il mondo tendono, tutto sommato, ad essere meno efficaci degli investimenti in rinnovabili per la mitigazione delle emissioni di carbonio, ma che le tensioni tra queste due strategie possono erodere ulteriormente l’efficacia delle misure per evitare gli stravolgimenti climatici”.

Gli autori dello studio hanno riconosciuto che il loro rapporto ha considerato solo le emissioni di carbonio e che in futuro sarà necessario considerare anche fattori quali il costo economico, la pianificazione integrata delle risorse, l’affidabilità, gli impatti del ciclo di vita, i profili di rischio, la gestione dei rifiuti e gli impatti ecologici, politici e di sicurezza.

Considerato però che le rinnovabili sembrano molto più efficaci per l’abbattimento delle emissioni di carbonio in tutto il mondo, emergono importanti implicazioni negative per l’energia nucleare.

Tecnologicamente, i sistemi nucleari sono stati inclini in passato a maggiori sovraccosti di costruzione, maggiori ritardi e tempi di consegna più lunghi rispetto ai progetti di energia rinnovabile, indica lo studio.

Un set di dati reali sui tempi di costruzione di 273 progetti di energia elettrica su un periodo di 50 anni mostra una tempistica media di 90 mesi per il nucleare, con punte di oltre 150 mesi, cioè più di 12 anni e mezzo, rispetto a una media di 40 mesi per il fotovoltaico e ancora meno per l’eolico, come mostra l’illustrazione tratta dalla ricerca.

Il nucleare e l’idroelettrico tendono a sforare i costi stimati anche se normalizzati sulla stessa scala, per unità di MW elettrico installato. Ciò vuol dire che, per ogni dollaro investito, la modularità dei progetti ad energie rinnovabili offre una riduzione delle emissioni più rapida di quanto non facciano i progetti nucleari su larga scala, molto più lunghi e soggetti a ritardi.

“È un’anomalia che le forti rivendicazioni a favore di particolari tecnologie con cui questo lavoro è iniziato, siano rimaste per così tanto tempo così poco evidenti. Incoraggiamo anche altri ad affrontare questa lacuna nelle loro ricerche future”, hanno detto i ricercatori.

Anche senza considerare tutti i fattori in gioco, gli autori del rapporto hanno affermato che i dati sulle emissioni sono già  sufficienti da soli a indicare chiaramente ai Paesi che sperano di ridurre le loro emissioni di concentrarsi sulle fonti rinnovabili piuttosto che sul nucleare.

“L’evidenza indica chiaramente che il nucleare è il meno efficace delle due strategie di abbattimento delle emissioni di carbonio e, insieme alla sua tendenza a non coesistere bene con le energie rinnovabili, solleva seri dubbi sulla saggezza di dare priorità agli investimenti nel nucleare rispetto alle energie rinnovabili”, ha detto Benjamin K Sovacool, un altro professore di politica energetica alla UoS.

“I paesi che pianificano investimenti su larga scala nel nuovo nucleare rischiano di sopprimere i maggiori benefici climatici derivanti da investimenti in energie rinnovabili alternative”.

https://www.qualenergia.it/articoli/per-ridurre-emissioni-nucleare-sette-volte-meno-efficace-delle-energie-rinnovabili/?fbclid=IwAR1pQfEwaHJH04yRhEuByddQ3EaPpBNRuaafV8ZBhZ4TsPxvUKW8IDnGVZY

domenica 10 maggio 2015

Svelata la batteria di Tesla per staccarsi dalla rete usando il fotovoltaico. - Francesca Mancuso

powerwall-tesla

Da Tesla la nuova batteria domestica per conservare l'energia prodotta in eccesso dalle rinnovabili. Mai più dipendenza dalle fonti fossili. Le nostre abitazioni possono essere alimentate esclusivamente dalle energie pulite, risparmiando in bolletta ed evitando la produzione di emissioni sostanze inquinanti.
Il 30 aprile scorso, il Ceo Elon Musk ha svelato al mondo il sistema di accumulo su cui lavorava da tempo: una batteria da 10 kWh e una da 7, già in vendita al costo rispettivamente di 3.500 e 3.000 dollari. Si chiama Powerwall ed è pensata per l'uso domestico e per favorire l'autoconsumo domestico. Attualmente infatti, uno dei limiti del fotovoltaico, è l'intermittenza. Da tempo si lavora sui sistemi di accumulo per le abitazioni, capaci di immagazzinare l'energia pulita per metterla a disposizione nelle ore notturne nel caso del solare. 
Disponibile in due versioni – da 7 kWh (al costo di 3000 dollari) e da 10kWh - la nuova batteria di Tesla fondamentalmente è un enorme gruppo di continuità. Il tutto all'interno di dimensioni contenute.
Si tratta di una una batteria agli ioni di litio con un sistema di controllo termico e un software che riceve i comandi di invio da un inverter. Il sistema si può appendere su una parete e può essere integrato con la rete locale per sfruttare l'energia in eccesso e dare agli utenti la flessibilità necessaria per trarre energia dalla proprie riserve, come ha spiegato Tesla, che ne ha elencato i benefici: il risparmio economico, una migliore gestione dell'energia nei momenti di picco ma anche una maggiore diffusione dell'autoconsumo.
Powerwall è disponibile in una serie di colori in modo da diventare un vero e proprio oggetto diarredo. È possibile anche impilare le batterie, fino a un massimo di nove per un totale di 90kWh.
Sia la versione da 10kWh che quella da 7 sono ottimizzate per le applicazioni di uso quotidiano.Entrambe possono essere collegate al fotovoltaico e alla rete e sono in grado di fornirealimentazione di backup.

La versione di Powerwall da 10kWh è ottimizzata per fornire il backup quando la rete va giù, fornendo energia per la tua casa quando ne avete più bisogno. Se abbinata con l'energia solare, la Powerwall da 7kWh può essere utilizzato tutti i giorni per estendere i benefici ambientali e di costo del fotovoltaico di notte, quando la luce del sole non è disponibile” spiega Tesla.

 TreeHouse, sta collaborando con Tesla per vendere Powerwall. “Per la prima volta, nelle nostre case sarà accessibile e facile avere una batteria”, spiega il co-fondatore e presidente di TreeHouse Jason Ballard. “Credo che in un prossimo futuro, averne una in casa sarà normale come avere uno scaldabagno o una lavastoviglie. Questo ci porta un passo più vicini ad essere in grado di alimentare le abitazioni senza l'uso di combustibili fossili”.

È già possibile effettuare la prenotazione. L'avvio delle spedizioni è previsto a fine estate.