Succede che Beppe Grillo si è imbufalito per un articolo dove lo scrivente, ieri, parlava di un sito che non è neppure riconducibile personalmente a lui (anche se si chiama beppegrillo.tv) e che è registrato da tal Hernando Pereira: e questo lo si aveva precisato chiaramente, definendo quel sito come «parente illegittimo». L’articolo era titolato «I furbetti del web: col marchio di Grillo guadagni facili e incontri a luci rosse», e tendeva a dimostrare quale fosse il target medio di Grillo & Travaglio ricavandolo dal livello delle pubblicità ospitate: ovvio che pubblicità e contenuti di un blog siano commisurati al livello attribuito ai frequentatori. Nel caso, trattavasi perlopiù di pubblicità di incontri con ragazze dell’Est, piccole truffe, giochi d’azzardo; oltre naturalmente a tutto il solito merchandising legato a Grillo e Travaglio, i dvd eccetera. Il pubblico è lo stesso, a quanto pare. Comunque: sta di fatto che Grillo mi ha definito due volte «servo» e in particolare «uno dei servi più zelanti del padrone». Questo sul suo sito: che non è neppure intestato a lui, ma al modenese Emanuele Bottaro. Mentre sul sito non suo, quello intestato a tal Hernando Pereira, c’è scritto che sarei «un giornalista davvero spregevole». Ordunque. Beppe Grillo, Hernando Pereira, Emanuele Bottaro: posso sapere chi devo querelare?
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=344030
Vorrei approfittare del blog per fare una comunicazione ai "Servi" Facci e Feltri, a quanto pare, assidui lettori del blog di Beppe Grillo:
"L'occasione è ghiotta e ne approfitto per comunicarVi che mi compiaccio enormemente nel poterVi esternare che non ho mai comprato e mai comprerò i vostri giornali.Odio leggere gossip, amo leggere notizie, aborro pagare un giornale o qualsiasi cosa due volte, specie quando non ne vale la pena.
Giornalisti si nasce, non lo si diventa per "guadagnare a sbafo"
Ora mi sento meglio.
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 7 maggio 2009
Il contrattacco per trasformare .
Forse non era il caso di andare a «Porta a porta» a lavare i panni sporchi di famiglia
NOTIZIE CORRELATE
Berlusconi e il caso Veronica Lario: «Menzogne della sinistra e della stampa» (5 mag. 2009)
(Reuters)Con lucido cinismo, Giulio Andreotti ha sempre sostenuto che una smentita è una notizia data due volte. Forse non era il caso di andare a «Porta a porta» a lavare i panni sporchi di famiglia. Ma Berlusconi è fatto così: prova fastidio per i consigli ed è sicuro di saper volgere a suo favore anche le situazioni più sfavorevoli. Lo hanno dato spacciato mille volte e lui se l’è sempre cavata, rafforzando la sua immagine di invincibile.Com’è successo con il terremoto d’Abruzzo: invece di piangersi addosso e di imprecare contro la malasorte che perseguita i suoi governi ha trasformato una tragedia in trionfo personale. Ma ecco che, nel momento in cui il suo consenso è alle stelle, arriva un altro terremoto, quello della crisi familiare. Nello studio deserto di Vespa campeggia una scritta: «Adesso parlo io» e il monologo non si è fatto attendere; come gli applausi in studio. Nonostante negli sventati anni della contestazione si predicasse a gran voce che «il privato è pubblico», i fatti hanno sempre smentito questa equiparazione, specie in termini di comunicazione.Invece di gridare alle menzogne della stampa, Berlusconi dovrebbe considerarsi fortunato di vivere in un Paese non così bigotto come l’America dove i comportamenti privati non sfuggono al giudizio. Però l’Avvenire, che è il giornale dei vescovi, questa volta non gli ha fatto sconti ed è andato giù duro. Per la parte di trasmissione che riguardava la sua vicenda personale, Berlusconi ha sostenuto con forza che sua moglie è stata vittima di due menzogne alimentate dalla stampa di sinistra. Ora proprio questa confusione di piani (Veronica strumento inconsapevole di un complotto politico) è un’offesa per una moglie. Che gli ha solo chiesto ragione di cose che riguardano loro due, la loro vita di coppia. Forse non avrebbe dovuto chiedergliele a mezzo stampa.A un certo punto, Berlusconi ha detto: «Mi spiace che tutto sia andato in pasto ai giornali o alle tv». Veramente alle tv, che in un modo o nell’altro sono sue, il pasto ieri sera l’ha servito lui. E se «Porta a porta» alimenterà altre trasmissioni, altri «Ballarò», altre parodie la colpa sarà difficilmente attribuibile alla sinistra. Insomma, di fronte a due cataclismi ha applicato la stessa logica: ribaltare il momento negativo in uno positivo. Con l’Abruzzo ci è riuscito, col ciclone Veronica non si sa.
Aldo Grasso
http://www.corriere.it/politica/09_maggio_06/grasso_berlusconi_tv_b519bd2a-3a02-11de-9bf9-00144f02aabc.shtml
NOTIZIE CORRELATE
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(Reuters)Con lucido cinismo, Giulio Andreotti ha sempre sostenuto che una smentita è una notizia data due volte. Forse non era il caso di andare a «Porta a porta» a lavare i panni sporchi di famiglia. Ma Berlusconi è fatto così: prova fastidio per i consigli ed è sicuro di saper volgere a suo favore anche le situazioni più sfavorevoli. Lo hanno dato spacciato mille volte e lui se l’è sempre cavata, rafforzando la sua immagine di invincibile.Com’è successo con il terremoto d’Abruzzo: invece di piangersi addosso e di imprecare contro la malasorte che perseguita i suoi governi ha trasformato una tragedia in trionfo personale. Ma ecco che, nel momento in cui il suo consenso è alle stelle, arriva un altro terremoto, quello della crisi familiare. Nello studio deserto di Vespa campeggia una scritta: «Adesso parlo io» e il monologo non si è fatto attendere; come gli applausi in studio. Nonostante negli sventati anni della contestazione si predicasse a gran voce che «il privato è pubblico», i fatti hanno sempre smentito questa equiparazione, specie in termini di comunicazione.Invece di gridare alle menzogne della stampa, Berlusconi dovrebbe considerarsi fortunato di vivere in un Paese non così bigotto come l’America dove i comportamenti privati non sfuggono al giudizio. Però l’Avvenire, che è il giornale dei vescovi, questa volta non gli ha fatto sconti ed è andato giù duro. Per la parte di trasmissione che riguardava la sua vicenda personale, Berlusconi ha sostenuto con forza che sua moglie è stata vittima di due menzogne alimentate dalla stampa di sinistra. Ora proprio questa confusione di piani (Veronica strumento inconsapevole di un complotto politico) è un’offesa per una moglie. Che gli ha solo chiesto ragione di cose che riguardano loro due, la loro vita di coppia. Forse non avrebbe dovuto chiedergliele a mezzo stampa.A un certo punto, Berlusconi ha detto: «Mi spiace che tutto sia andato in pasto ai giornali o alle tv». Veramente alle tv, che in un modo o nell’altro sono sue, il pasto ieri sera l’ha servito lui. E se «Porta a porta» alimenterà altre trasmissioni, altri «Ballarò», altre parodie la colpa sarà difficilmente attribuibile alla sinistra. Insomma, di fronte a due cataclismi ha applicato la stessa logica: ribaltare il momento negativo in uno positivo. Con l’Abruzzo ci è riuscito, col ciclone Veronica non si sa.
Aldo Grasso
http://www.corriere.it/politica/09_maggio_06/grasso_berlusconi_tv_b519bd2a-3a02-11de-9bf9-00144f02aabc.shtml
mercoledì 6 maggio 2009
Su Panorama si confessa il superlatitante John Paul Spinelli
È indagato a Milano nell’inchiesta sui dossier illegali raccolti dalla security di Telecom con l’accusa di associazione per delinquere, appropriazione indebita, corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio. Per la procura è una delle menti dell’organizzazione ed è latitante. È Giampaolo (John Paul) Spinelli, 61 anni, che anticipa a Panorama, in un articolo pubblicato sul numero in edicola da venerdì 1 agosto, la propria linea difensiva.Spinelli, ex agente della Cia (nel 1998 è diventato capo del Secret service di Bill Clinton e si è congedato con il grado di Gs 15, corrispondente a generale), dice a Panorama: “Sono sempre stato convinto di agire nel rispetto della legge e mai avrei pensato di essere al vertice di una cospirazione. D’altra parte io stavo abitualmente negli Stati uniti e mi occupavo di quell’area e dei paesi del Far East”. E aggiunge: “Se vuole sapere se l’ex Presidente Marco Tronchetti Provera o persone del suo staff erano al corrente dei metodi illegali di raccolta delle informazioni, rispondo che questo non mi pare argomento da intervista. Ne parlerò con il giudice”.L’ex 007, nel frattempo, ha quasi terminato un libro di memorie. Fra le pagine, scrive Panorama, si scopre che i guai di Spinelli in Italia iniziano nel 1986 quando, durante un’operazione antiterrorismo, conosce il “giovane brigadiere” Giuliano Tavaroli che dieci anni dopo lo ingaggia come consulente di Pirelli.Nel racconto, Spinelli descrive uno per uno gli uomini della squadra accusata di aver prodotto i dossier incriminati, dal mago dell’informatica Fabio Ghioni (il “prete”) all’ex colonnello dei carabinieri del Ros Angelo Jannone, dall’investigatore fiorentino Emanuele Cipriani all’ex collaboratore del Sisde Marco Bernardini. Ritratti ironici, a volte dissacranti, con una sola eccezione: il vecchio amico Tavaroli, colpevole soprattutto di non saper scegliere i collaboratori (”Non avrei preso con me nemmeno la metà delle persone che aveva al suo fianco”).
http://blog.panorama.it/italia/2008/07/31/su-panorama-si-confessa-il-superlatitante-john-paul-spinelli/
http://blog.panorama.it/italia/2008/07/31/su-panorama-si-confessa-il-superlatitante-john-paul-spinelli/
Il gioco sporco della politica - come uscirne.
Qualunque sia il gioco sporco innescato dalla politica, e non ha importanza da quale parte sia partito, il risultato è stato devastante.
Hanno creato un popolo disunito, che si combatte per ideali persi per strada da innumerevoli anni, un popolo differente per estrazione sociale, per esperienze culturali, per mancanza di etica e morale.
Ci ritroviamo, infatti, a batterci per l'uno o per l'altro versante della politica, rappresentati entrambi dagli gli stessi personaggi che, come dice giustamente Beppe, andrebbero segnati con scrittura indelebile sulle colonne della vergogna.
Questi personaggi hanno creato un debito pubblico da paradosso senza aver creato nessuna struttura materiale o ideologica valida, hanno sperperato danaro pubblico per "il nulla", hanno creato un vuoto abissale, incolmabile.
Sono tutti collusi, sia a destrache a sinistra, e noi ancora ci battiamo per questa o quella fazione, che non oserei neanche per scherzo chiamare politica, perchè solo di fazioni si tratta.
Facciamo mente locale, fermiamoci a riflettere, pensate veramente che uno degli attuali politici possa rappresentarci e darci garanzie di vita civile?
Abbiamo ancora dubbi su che cosa dobbiamo puntare e per che cosa dobbiamo combattere?
Dobbiamo puntare al futuro, per la nostra tranquillità e per le responsabilità che abbiamo assunto nel momento in cui abbiamo "procreato".
Quando andiamo alle urne, non pensiamo se "ci conviene" votare l'una o l'altra fazione, domandiamoci chi "dobbiamo" portare avanti per migliorare la nostra vita, per ottenere quel che ci spetta di diritto, per incominciare ad avere speranza in un futuro.
Fermiamoci a riflettere, incominciamo a trarre giovamento dai nostri stessi errori, perchè di errori ne abbiamo commessi tanti.
Hanno creato un popolo disunito, che si combatte per ideali persi per strada da innumerevoli anni, un popolo differente per estrazione sociale, per esperienze culturali, per mancanza di etica e morale.
Ci ritroviamo, infatti, a batterci per l'uno o per l'altro versante della politica, rappresentati entrambi dagli gli stessi personaggi che, come dice giustamente Beppe, andrebbero segnati con scrittura indelebile sulle colonne della vergogna.
Questi personaggi hanno creato un debito pubblico da paradosso senza aver creato nessuna struttura materiale o ideologica valida, hanno sperperato danaro pubblico per "il nulla", hanno creato un vuoto abissale, incolmabile.
Sono tutti collusi, sia a destrache a sinistra, e noi ancora ci battiamo per questa o quella fazione, che non oserei neanche per scherzo chiamare politica, perchè solo di fazioni si tratta.
Facciamo mente locale, fermiamoci a riflettere, pensate veramente che uno degli attuali politici possa rappresentarci e darci garanzie di vita civile?
Abbiamo ancora dubbi su che cosa dobbiamo puntare e per che cosa dobbiamo combattere?
Dobbiamo puntare al futuro, per la nostra tranquillità e per le responsabilità che abbiamo assunto nel momento in cui abbiamo "procreato".
Quando andiamo alle urne, non pensiamo se "ci conviene" votare l'una o l'altra fazione, domandiamoci chi "dobbiamo" portare avanti per migliorare la nostra vita, per ottenere quel che ci spetta di diritto, per incominciare ad avere speranza in un futuro.
Fermiamoci a riflettere, incominciamo a trarre giovamento dai nostri stessi errori, perchè di errori ne abbiamo commessi tanti.
NIGER-GATE I RETROSCENA DEL "DOSSIER" SULL'URANIO E PANORAMA
Lo scoop che non c'era
La telefonata di un informatore: "Ho roba per te...". Nasce così, nell'ottobre 2002, il caso del presunto traffico di uranio tra il Niger e l'Iraq che oggi imbarazza la Casa Bianca. Storia di una notizia che si è rivelata una bufala dopo un attento lavoro investigativo di verifica tra l'Italia e l'Africa
di Elisabetta Burba
24/7/2003
URL: http://archivio.panorama.it/home/articolo/idA020001020115
Venti milioni delle vecchie lire. Tanto valeva la patacca che sta facendo vacillare l'amministrazione Bush. Poco più di 10 mila euro: è la cifra richiesta a Panorama in cambio del dossier sul (falso) traffico di uranio dal Niger all'Iraq. Somma che il nostro giornale s'è ben guardato dallo sborsare... È una storia in cui i soldi non c'entrano proprio, quella dello scoop cestinato prima ancora di essere nato. Si svolge nell'ottobre 2002. In quei giorni mi trovo nei Balcani, per un'inchiesta sull'Uck. Dalla segreteria del giornale, mi chiamano sul cellulare: "Elisabetta, c'è una persona che ti sta cercando". Telefono. Mi risponde un'eco del passato. "Ti ricordi di me?". Certo che sì: grazie a quest'uomo a Epoca ho fatto due scoop internazionali. "Ho qualcosa per te..." dice. Coniugando frasi brevi con allusioni carbonare, mi presenta la sua merce: le prove che "l'amico coi baffi" ha acquisito uranio in un paese africano. Dice di avere le pezze d'appoggio: contratti, lettere, protocolli d'intesa... Tutti transitati dall'Ambasciata romana del paese. Ma qual è? Non vuole citarlo: riesco solo a scucirgli che è islamico. "Troppo bello per essere vero" penso mentre riattacco. Sono i giorni in cui gli Stati Uniti cercano disperatamente le prove che l'Iraq possiede armi di distruzioni di massa. Non solo. Tony Blair ha appena dichiarato che "l'Iraq ha cercato di procurarsi significativi quantitativi di uranio in Africa". E uranio, in un paese senza programma nucleare civile come l'Iraq, può significare solo armi nucleari. Ossia "pistola fumante", la prova provata della colpevolezza di Saddam Hussein. E mi arriva su un piatto d'argento? Se fosse invece una polpetta avvelenata?In redazione, vado da Giorgio Mulè, il vicedirettore che segue l'attualità. Gli racconto tutto. Rivelando anche il nome della fonte. Sorpresa: la conosce. Anche se per tutt'altri canali... (Giorgio è l'unica persona che, a tutt'oggi, sa chi è la mia fonte: per tutti gli altri è solo Mister Patacca). "Andiamo a vedere se c'è ciccia" mi dice. L'incontro avviene il 7 ottobre in un bar. A parte qualche capello grigio in più, è sempre lo stesso personaggio che mi ha sganciato uno scoop sui Balcani e una dritta sulle relazioni pericolose fra terrorismo e Islam. Elegante (quasi) come un lord, Mister Patacca non è riuscito a togliersi di dosso i modi popolani. Cosa che lo rende simpatico. Ci trasferiamo in un ristorante di sua scelta, al tempo stesso ruspante e pretenzioso. A tavola, tira fuori "la roba". Sono 17 pagine di documenti per lo più in francese tappezzati di timbri e ammonizioni: "Confidentiel", "Urgent", "Discrétion". "Vengono dall'ambasciata del Niger, a cui ho accesso attraverso una persona che vi lavora" spiega Mister Patacca. "Li ho scoperti mentre lavoravo su un'altra pista: la vendita di uranio alla Cina". È il Niger, dunque, il terzo produttore al mondo di uranio. Passiamo ai soldi. Vuole 10 mila euro a scatola chiusa. Io, categorica: "Prima verificare, poi pagare". E se le carte risultano false, non si paga. Un gentlemen's agreement che il mio informatore fa fatica a mandar giù, ma che accetta. Guardiamo i documenti. Il primo è datato 1 febbraio 1999. È una lettera dell'ambasciata irachena presso il Vaticano indirizzata all'ambasciata del Niger a Roma. E annuncia che "Sua Eccellenza Signor Wissam Al Zahawie, Ambasciatore della Repubblica dell'Iraq presso la Santa Sede si recherà alla capitale del Niger in qualità di Rappresentante di Sua Eccellenza Saddam Hussein". Però... Ma come mai è in italiano? "Gli iracheni parlano l'inglese, i nigerini il francese. L'italiano è la lingua franca" spiega Mister Patacca.
Continua nell'URL
La telefonata di un informatore: "Ho roba per te...". Nasce così, nell'ottobre 2002, il caso del presunto traffico di uranio tra il Niger e l'Iraq che oggi imbarazza la Casa Bianca. Storia di una notizia che si è rivelata una bufala dopo un attento lavoro investigativo di verifica tra l'Italia e l'Africa
di Elisabetta Burba
24/7/2003
URL: http://archivio.panorama.it/home/articolo/idA020001020115
Venti milioni delle vecchie lire. Tanto valeva la patacca che sta facendo vacillare l'amministrazione Bush. Poco più di 10 mila euro: è la cifra richiesta a Panorama in cambio del dossier sul (falso) traffico di uranio dal Niger all'Iraq. Somma che il nostro giornale s'è ben guardato dallo sborsare... È una storia in cui i soldi non c'entrano proprio, quella dello scoop cestinato prima ancora di essere nato. Si svolge nell'ottobre 2002. In quei giorni mi trovo nei Balcani, per un'inchiesta sull'Uck. Dalla segreteria del giornale, mi chiamano sul cellulare: "Elisabetta, c'è una persona che ti sta cercando". Telefono. Mi risponde un'eco del passato. "Ti ricordi di me?". Certo che sì: grazie a quest'uomo a Epoca ho fatto due scoop internazionali. "Ho qualcosa per te..." dice. Coniugando frasi brevi con allusioni carbonare, mi presenta la sua merce: le prove che "l'amico coi baffi" ha acquisito uranio in un paese africano. Dice di avere le pezze d'appoggio: contratti, lettere, protocolli d'intesa... Tutti transitati dall'Ambasciata romana del paese. Ma qual è? Non vuole citarlo: riesco solo a scucirgli che è islamico. "Troppo bello per essere vero" penso mentre riattacco. Sono i giorni in cui gli Stati Uniti cercano disperatamente le prove che l'Iraq possiede armi di distruzioni di massa. Non solo. Tony Blair ha appena dichiarato che "l'Iraq ha cercato di procurarsi significativi quantitativi di uranio in Africa". E uranio, in un paese senza programma nucleare civile come l'Iraq, può significare solo armi nucleari. Ossia "pistola fumante", la prova provata della colpevolezza di Saddam Hussein. E mi arriva su un piatto d'argento? Se fosse invece una polpetta avvelenata?In redazione, vado da Giorgio Mulè, il vicedirettore che segue l'attualità. Gli racconto tutto. Rivelando anche il nome della fonte. Sorpresa: la conosce. Anche se per tutt'altri canali... (Giorgio è l'unica persona che, a tutt'oggi, sa chi è la mia fonte: per tutti gli altri è solo Mister Patacca). "Andiamo a vedere se c'è ciccia" mi dice. L'incontro avviene il 7 ottobre in un bar. A parte qualche capello grigio in più, è sempre lo stesso personaggio che mi ha sganciato uno scoop sui Balcani e una dritta sulle relazioni pericolose fra terrorismo e Islam. Elegante (quasi) come un lord, Mister Patacca non è riuscito a togliersi di dosso i modi popolani. Cosa che lo rende simpatico. Ci trasferiamo in un ristorante di sua scelta, al tempo stesso ruspante e pretenzioso. A tavola, tira fuori "la roba". Sono 17 pagine di documenti per lo più in francese tappezzati di timbri e ammonizioni: "Confidentiel", "Urgent", "Discrétion". "Vengono dall'ambasciata del Niger, a cui ho accesso attraverso una persona che vi lavora" spiega Mister Patacca. "Li ho scoperti mentre lavoravo su un'altra pista: la vendita di uranio alla Cina". È il Niger, dunque, il terzo produttore al mondo di uranio. Passiamo ai soldi. Vuole 10 mila euro a scatola chiusa. Io, categorica: "Prima verificare, poi pagare". E se le carte risultano false, non si paga. Un gentlemen's agreement che il mio informatore fa fatica a mandar giù, ma che accetta. Guardiamo i documenti. Il primo è datato 1 febbraio 1999. È una lettera dell'ambasciata irachena presso il Vaticano indirizzata all'ambasciata del Niger a Roma. E annuncia che "Sua Eccellenza Signor Wissam Al Zahawie, Ambasciatore della Repubblica dell'Iraq presso la Santa Sede si recherà alla capitale del Niger in qualità di Rappresentante di Sua Eccellenza Saddam Hussein". Però... Ma come mai è in italiano? "Gli iracheni parlano l'inglese, i nigerini il francese. L'italiano è la lingua franca" spiega Mister Patacca.
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martedì 5 maggio 2009
conflitto d'interessi
E perchè non dire che qui da noi va tutto a rotoli perchè c'è solo una mente che ha le mani un po' su tutto?
GiornaliCalcio SportTelevisioni
se poi, a questa stessa persona consegnamo anche lo scettro del comando, la frittata è bell'è fatta.
I giornali scriveranno soltanto ciò che lui vuole che si dica, e non solo perchè sono di sua proprietà, ma soprattutto perchè è ipocritamente ritenuto disdicevole (scusa maldestra e stupida) scrivere fatti "sconvenienti" inerenti la sua "prestigiosa" persona, chi scrive, infatti, vuole solo mantenere il suo posto di lavoro, quindi accetta "supinamente" di fare la parte dello scribacchino di gossip, piuttosto che il giornalista.Per le televisioni succede la stessa cosa, chi sta dalla parte di chi comanda va avanti, si assicura un lavoro stabile e duraturo, ed anche, se molto accondiscendente, la possibilità di vincere la lotteria entrando a far parte esso stesso della casta della politica.
Il calcio? Io ritengo che il calcio italiano sia tra i più malati al mondo, perchè oltre agli interessi economici che girano intorno a questo mondo cancrenoso, ci sono le valutazioni arbitrali che mai si sognerebbero di ostacolare la squadra del presidente del consiglio! Anzi, il contrario!
Conflitto di interessi?
Io dico di si, ci sarebbero le leggi, se venissero applicate, ad imperdire che ciò accada.
Ma qui va tutto a rotoli, ed anche le leggi si fanno per superare gli ostacoli "ingombranti", imbastardendo, così, la giustizia.
Dopotutto siamo italiani, pizza e mandolino, restiamo e subiamo; forse perchè in passato abbiamo sprecato troppe energie a conquistare e civilizzare altri popoli; siamo un popolo stanco, avvilito, non amiamo più combattere: una "raccomandazione" e via, vita facile, senza pensieri, senza preoccupazione, senza responsabilità, basta una croce su un simbolo senza alcun significato!
Alla faccia dell'etica!!!!!!!
GiornaliCalcio SportTelevisioni
se poi, a questa stessa persona consegnamo anche lo scettro del comando, la frittata è bell'è fatta.
I giornali scriveranno soltanto ciò che lui vuole che si dica, e non solo perchè sono di sua proprietà, ma soprattutto perchè è ipocritamente ritenuto disdicevole (scusa maldestra e stupida) scrivere fatti "sconvenienti" inerenti la sua "prestigiosa" persona, chi scrive, infatti, vuole solo mantenere il suo posto di lavoro, quindi accetta "supinamente" di fare la parte dello scribacchino di gossip, piuttosto che il giornalista.Per le televisioni succede la stessa cosa, chi sta dalla parte di chi comanda va avanti, si assicura un lavoro stabile e duraturo, ed anche, se molto accondiscendente, la possibilità di vincere la lotteria entrando a far parte esso stesso della casta della politica.
Il calcio? Io ritengo che il calcio italiano sia tra i più malati al mondo, perchè oltre agli interessi economici che girano intorno a questo mondo cancrenoso, ci sono le valutazioni arbitrali che mai si sognerebbero di ostacolare la squadra del presidente del consiglio! Anzi, il contrario!
Conflitto di interessi?
Io dico di si, ci sarebbero le leggi, se venissero applicate, ad imperdire che ciò accada.
Ma qui va tutto a rotoli, ed anche le leggi si fanno per superare gli ostacoli "ingombranti", imbastardendo, così, la giustizia.
Dopotutto siamo italiani, pizza e mandolino, restiamo e subiamo; forse perchè in passato abbiamo sprecato troppe energie a conquistare e civilizzare altri popoli; siamo un popolo stanco, avvilito, non amiamo più combattere: una "raccomandazione" e via, vita facile, senza pensieri, senza preoccupazione, senza responsabilità, basta una croce su un simbolo senza alcun significato!
Alla faccia dell'etica!!!!!!!
domenica 3 maggio 2009
Appunti sull'anticomunismo.
Luigi Cipriani. Appunti sull'anticomunismo dal dopoguerra ad oggi.
GLADIO.LE DATE. Andreotti.
Il Sifar pose allo studio fin dal 1951 la realizzazione di una organizzazione clandestina di resistenza per uniformare e collegare in un'unico omogeneo contesto operativo e difensivo le strutture militari italiane e quelle dei paesi alleati. Risultava ai servizi segreti italiani che analoghe organizzazioni Usa stessero predisponendo nel nord Italia gruppi clandestini. Nota del gen.Musco 8 dicembre 1951.
Mentre la struttura italiana clandestina di resistenza era in fase di avanzata costituzione, venne sottoscritto in data 26 novembre 1956 dal Sifar e dal servizio Usa un accordo relativo alla organizzazione e all'attività della rete clandestina denominato Stay behind, con il quale furono confermati tutti i precedenti impegni intervenuti nella materia fra Italia e Usa e vennero poste le basi per la realizzazione dell'operazione Gladio.
Una volta costituita Gladio, su richiesta della Francia, l'Italia fu chiamata nel 1959 ai lavori del Ccp (Comitato clandestino di pianificazione) operante nell'ambito dello Shape (Supreme head quarters allied powers Europe). Tale organo aveva il compito di studiare l'attività informativa offensiva in caso di guerra, con particolare riferimento ai territori di possibile occupazione da parte del nemico.
Nel 1964 il nostro servizio venne invitato ad entrare nel Cca (Comitato clandestino alleato) destinato a studiare i problemi di collaborazione tra i diversi paesi per il funzionamento delle reti di evasione e fuga. Vi facevano parte Usa, Belgio, Gran Bretagna, Francia, Olanda, Lussemburgo, Germania ovest.
Nel 1956 venne costituita nell'ambito dell'ufficio R del Sifar una sezione addestramento denominata Sad attraverso la quale, per la prima volta nella sua storia, il Sifar attua il comando delle forze speciali e dell'apparato organizzativo, didattico e logistico necessario al loro funzionamento. La struttura fu coperta da massima segretezza e, per tale ragione, suddivisa in un 'ordinamento cellulare' così da ridurre al minimo ogni danno derivante da defezioni, incidenti o sfasamento della rete.
GLADIO.LE DATE. Andreotti.
Il Sifar pose allo studio fin dal 1951 la realizzazione di una organizzazione clandestina di resistenza per uniformare e collegare in un'unico omogeneo contesto operativo e difensivo le strutture militari italiane e quelle dei paesi alleati. Risultava ai servizi segreti italiani che analoghe organizzazioni Usa stessero predisponendo nel nord Italia gruppi clandestini. Nota del gen.Musco 8 dicembre 1951.
Mentre la struttura italiana clandestina di resistenza era in fase di avanzata costituzione, venne sottoscritto in data 26 novembre 1956 dal Sifar e dal servizio Usa un accordo relativo alla organizzazione e all'attività della rete clandestina denominato Stay behind, con il quale furono confermati tutti i precedenti impegni intervenuti nella materia fra Italia e Usa e vennero poste le basi per la realizzazione dell'operazione Gladio.
Una volta costituita Gladio, su richiesta della Francia, l'Italia fu chiamata nel 1959 ai lavori del Ccp (Comitato clandestino di pianificazione) operante nell'ambito dello Shape (Supreme head quarters allied powers Europe). Tale organo aveva il compito di studiare l'attività informativa offensiva in caso di guerra, con particolare riferimento ai territori di possibile occupazione da parte del nemico.
Nel 1964 il nostro servizio venne invitato ad entrare nel Cca (Comitato clandestino alleato) destinato a studiare i problemi di collaborazione tra i diversi paesi per il funzionamento delle reti di evasione e fuga. Vi facevano parte Usa, Belgio, Gran Bretagna, Francia, Olanda, Lussemburgo, Germania ovest.
Nel 1956 venne costituita nell'ambito dell'ufficio R del Sifar una sezione addestramento denominata Sad attraverso la quale, per la prima volta nella sua storia, il Sifar attua il comando delle forze speciali e dell'apparato organizzativo, didattico e logistico necessario al loro funzionamento. La struttura fu coperta da massima segretezza e, per tale ragione, suddivisa in un 'ordinamento cellulare' così da ridurre al minimo ogni danno derivante da defezioni, incidenti o sfasamento della rete.
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