giovedì 12 luglio 2012

Truffa sui corsi di formazione arrestato Rossignolo.


L'imprenditore titolare della De Tomaso è agli arresti domiciliari per truffa ai danni dello Stato. Altre due persone in manette: un dirigente e un mediatore. L'ipotesi: sottratti 13 milioni e mezzo di finanziamenti.



L'imprenditore Gian Mario Rossignolo è stato arrestato dalla Guardia di Finanza all'alba nell'ambito di un'inchiesta della Procura di Torino su corsi di formazione professionale alla De Tomaso di Grugliasco, dichiarata fallita dal Tribunale di Livorno. E' agli arresti domiciliari.



L'ORIGINE DELL'INCHIESTA
Rossignolo è stato arrestato nella sua villa a Vignale Monferrato ed è stato posto ai domiciliari per aver superato i 70 anni di età. L'operazione scattata oggi ha toccato Piemonte, Lombardia e Toscana:  oltre 50 uomini delle Gialle Gialle hanno notificato tre ordinanze cautelari emesse dal Gip di Torino su richiesta della Procura del capoluogo piemontese per il reato di concorso in truffa ai danni dello Stato.

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Oltre a Rossignolo sono stati arrestati un dirigente della De Tomaso, bloccato a Livorno, e un mediatore creditizio, che opera nel Bergamasco dove è stato fermato all'alba. Quest'ultimo è coinvolto nell'inchiesta per aver fornito una polizza - poi risultata falsa, secondo l'accusa - richiesta dalle procedure per l'erogazione 

dei fondi per i corsi di formazione. Nell'operazione la Guardia di Finanza ha eseguito anche otto perquisizioni. 

Finanziamenti pubblici per sette milioni e mezzo di euro per corsi di formazione che, in realtà, non sono mai stati avviati: è questa la contestazione che viene mossa  a Gian Mario Rossignolo e agli altri due coinvolti. A questi si aggiungerebbero altrie sei milioni versati dalle Regioni. Quindi in totale una truffa da 13 milioni e mezzo.

FOTO De Tomaso per immagini, dal prototipo agli schiaffi degli operai

Le ordinanze sono state emesse dal gip di Torino su richiesta del procuratore aggiunto Alberto Perduca e notificate come si ricordava in tre regioni. In particolare, a Livorno ha sede la De Tomaso, azienda automobilistica produttrice di auto di lusso rilevata da Rossignolo, ex manager della Zanussi e della Telecom, nel 2009 e già dichiarata fallita dal locale tribunale di Livorno (un'istanza analoga è in corso presso il tribunale fallimentare di Torino).

In Piemonte la De Tomaso aveva acquisito lo stabilimento ex Pininfarina di Grugliasco e gran parte dei dipendenti dell'azienda che avrebbero dovuto essere riqualificati con i corsi di formazione finanziati con fondi pubblici. Secondo l'accusa, per accedere ai contributi è stata utilizzata una fidejussione falsa dell'ammontare di alcuni milioni e parte dei fondi è finita direttamente nelle tasche di dirigenti della De Tomaso.

Al mediatore sono andati 1,7 milioni di premio per aver procurato la polizza fidejussionaria richiesta dal ministero successivamente rivelatasi falsa. Si indaga anche su 400 mila euro di retribuzioni riconosciute in tre mesi ai membri della famiglia Rossignolo e a dirigenti di fiducia. Dei mille dipendenti che nell'arco dei tre anni dovevano usufruire dei corsi finanziati e che in realtà non sono mai partiti, appena in 67 hanno iniziato la formazione e solo per pochi giorni.



http://torino.repubblica.it/cronaca/2012/07/12/news/truffa_sui_corsi_di_formazione_arrestato_rossignolo-38918953/?ref=HREC2-10

Svizzera, tagliano l’erba e trovano lingotti d’oro.


I lingotti ritrovati a Klingau

I lingotti trovati a Klingau

Incredibile ritrovamento a Klingau, ma nessuno finora ha reclamato il sacchetto il cui valore ammonta a 104.000 euro.

MILANO - Certo, non capita tutti i giorni di trovare dell’oro nei cespugli. In Svizzera, invece, è successo proprio così. Mentre stavano tagliando l’erba a Klingnau, piccolo comune vicino al confine con la Germania, due operai comunali hanno trovato in un cespuglio un sacchetto di plastica con lingotti d'oro del peso di 2,5 chilogrammi. Il valore: 104.000 euro. Al momento, la polizia brancola nel buio. Nessuno finora ha reclamato il prezioso metallo giallo.
MISTERO - I lingotti erano avvolti in carta velina bianca e legati con del nastro adesivo. Come riferiscono i media elvetici, i due dipendenti comunali avevano in un primo momento sospettato si trattasse di pacchetti con dello stupefacente. Stupefatti sono invece rimasti di fronte alla scoperta. Si tratta di «un caso senza precedenti», ha detto il portavoce della polizia cantonale, Bernhard Graser. In realtà, il ritrovamento risale al 28 giugno, ma la notizia è stata resa pubblica solo ora. Finora nessuno si è fatto vivo per segnalare il singolare «smarrimento». Sottolinea Graser: «Vicino al sacchetto di plastica con l'oro qualcuno ha scavato una buca, il caso è davvero misterioso». I pezzi sono punzonati e provengono dalle banche UBS e Bank Leu (Credit Suisse). I due istituti di credito non hanno voluto commentare, dicono di aspettare i risultati delle indagini.

L’Unione europea blocca i fondi alla Sicilia: “Gravi carenze nei sistemi di controllo”.


Il versamento di diversi fondi Ue alla Sicilia è sospeso fino a nuovo ordine. Questa l’indicazione dei servizi del commissario Ue per gli affari regionali Johannes Hahn. Il blocco è stato comunicato ufficialmente da Bruxelles alla Regione ed è stato causato da “gravi carenze” riscontrate nei sistemi di controllo. La doccia fredda per il governo della Regione – in gioco ci sarebbero circa 600 milioni di euro – è arrivata da Bruxelles con una lettera inviata dal direttore generale della Commissione europea per gli affari regionali, Walter Deffaa, braccio operativo del commissario competente, l’austriaco Johannes Hahn.
“La Commissione – ha detto all’Ansa un portavoce dell’esecutivo comunitario – ha riscontrato l’esistenza di gravi carenze nella gestione e nel sistema di controllo dei programmi operativi” sotto osservazione. Una situazione, ha aggiunto, che “colpisce l’affidabilità delle procedure di certificazione dei pagamenti” e rispetto alla quale “non sono state prese misure correttive. Fino a quando queste gravi carenze non saranno state risolte, i pagamenti non riprenderanno”.
A dare l’anticipazione della pesante misura adottata da Bruxelles è stato oggi il “Giornale di Sicilia”, secondo il quale ad essere nel mirino della Commissione europea sono gli investimenti effettuati dagli assessorati alle infrastrutture, all’economia, alla salute e per la protezione civile. I funzionari europei hanno segnalato che, nell’ambito delle procedure per l’assegnazione degli appalti, in un caso era sfuggito ai controlli della regione il fatto il vincitore della gara avesse procedimenti giudiziari a carico. In molti altri casi, secondo i rilievi di Bruxelles, le verifiche sono state parziali o inadeguate.
Lo stop di Bruxelles riguarda il rimborso, attraverso i fondi strutturali messi a disposizione dall’Ue, di spese per 600 milioni di euro già effettuate dalla Regione tra la fine del 2011 e il mese scorso. In particolare 200 milioni sarebbero stati spesi tra ottobre e dicembre 2011 e altri 400 da gennaio a giugno scorso. Già lo scorso 6 gennaio una lettera di ‘avvertimentò era stata inviata da Bruxelles all’Italia per chiedere di chiarire la situazione sull’impiego di 198 milioni di euro entro sei mesi. Il termine è scaduto il 6 luglio scorso e le conseguenze del mancato chiarimento non hanno tardato ad arrivare.
Il presidente della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo, ha così commentato le notizie provenienti da Bruxelles:“”I rilievi della Commissione europea, a quanto pare, riguardano certificazioni, controlli e gestioni. Adempimenti tutti di carattere prettamente tecnico di cui chiederemo conto ai dirigenti che se ne sono occupati. Intanto – ha aggiunto il governatore – ovvieremo ai rilievi e adotteremo ogni misura che riterremo adeguata a superare la difficoltà. E’ una comunicazione, peraltro datata, rispetto alla quale la buona collaborazione che abbiamo avviato con il ministero della Coesione territoriale credo che ci abbia fatto già superare parecchi dei rilievi che ci sono stati mossi”.

Valentino, il marchio passa al Qatar.



Il gruppo vende a Mayhoola for Investments SpcIl valore dell'operazione è di almeno 700 milioni di euro.


Mancava solo l'ufficialità. E dopo poco è arrivata. Il gruppo Valentino finisce in Qatar. Mayhoola for Investments Spc, società partecipata da un «primario investitore» del paese - spiega un comunicato -, ha acquisito l'intera partecipazione della società dal fondo Permira e i Marzotto per almeno 700 milioni di euro. Recenti indiscrezioni avevano indicato i reali del Qatar dietro l'interesse per l'operazione.
IL PREZZO- Il prezzo dell'operazione non viene reso noto. Secondo alcune indiscrezioni finanziarie, tuttavia, la cessione sarebbe stata realizzata sopra i 700 milioni di euro, con un multiplo quindi di 27-28 volte il margine operativo lordo del 2011 (22 milioni di euro). L'annuncio ufficiale non svela chi via sia dietro Mayhoola, ma fonti finanziarie confermano che si tratta della famiglia dei reali del Qatar. Il gruppo Valentino ha chiuso il 2011 con un fatturato di 322 milioni di euro, e segna una crescita del 60% del fatturato tra il 2009 e il 2012.
Valentino, il marchio passa al QatarValentino, il marchio passa al Qatar     Valentino, il marchio passa al Qatar     Valentino, il marchio passa al Qatar     Valentino, il marchio passa al Qatar     Valentino, il marchio passa al Qatar
Maria Grazia Chiuri, a destra, e Pier Paolo Picciolo, gli stilisti di ValentinoMaria Grazia Chiuri, a destra, e Pier Paolo Picciolo, gli stilisti di Valentino
IL GRUPPO- Con l'operazione - spiega una nota - Mayhoola acquisisce il controllo di Valentino spa e la licenza M Missoni, mentre MCS Marlboro Classic, altro marchio getsito dal gruppo è stato separato dal perimetro di cessione e resterà in carico a Permira. Il fondo con la famiglia Marzotto, ha acquisito il controllo di Vfg nel 2007, nel quadro di una transazione che comprendeva anche una quota di maggioranza in Hugo Boss.
«HANNO FATTO UN OTTIMO LAVORO»- Un rappresentante di Mayhoola ha osservato che «Valentino è da sempre un marchio di grande fascino e di indiscusso posizionamento. Siamo rimasti colpiti dal lavoro fatto in questi anni dai direttori creativi Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli e da tutto il management team guidato da Stefano Sassi. Il nostro obiettivo è quello di supportare il management al fine di raggiungere una piena valorizzazione delle prospettive di questo magnifico marchio. Crediamo inoltre che Valentino sia la base di partenza ideale per creare una più ampia presenza nel settore del lusso».


http://www.corriere.it/cronache/12_luglio_12/valentino-qatar_f9ddc582-cbfe-11e1-b65b-6f476fc4c4c1.shtml

Operazione anti-pedofilia di Anonymous: in Belgio si dimette un esponente locale di estrema destra.


Prime vittime in Belgio dell’operazione anti – pedofilia di Anonymous: un deputato locale della formazione di estrema destra Vlaams Belang, pur reclamando la sua innocenza, si è dimesso dal partito dopo aver visto il suo nome sulla lista pubblicata su internet dal collettivo. Sono 500 indirizzi di posta elettronica di persone per Anonymous attive sui siti pedofili.

Fine del mondo 2012, la profezia Maya “creata” da un prof di storia dell’arte. - Chiara Di Martino




E' stato un docente del Minnesota, Joseph Anthony Argüelles  con il suo libro "Il fattore Maya" a trovare nel 21 dicembre 2012 un significato “apocalittico”. Per gli esperti il calendario chiude invece soltanto dei cicli temporali. Una settimana fa scoperto un altro geroglifico in Guatemala.

Tra conferme e smentite, non è ancora chiaro perché non desti altrettanto interesse la più volte proclamata inattendibilità scientifica della “profezia dei Maya”, secondo la quale il prossimo 21 dicembre ci sarebbe da dire addio a questo mondo. L’ultima “apparizione” della data risale a poco più di una settimana fa, in un testo scoperto nel sito di La Corona in Guatemala, un lungo geroglifico di 1.300 anni fa intagliato sui gradini di una scala. “Un testo che parla dell’antica storia politica dei Maya”, ha commentato Marcello Canuto, direttore del Middle American Research Institute della Tulane University e co-direttore degli scavi a La Corona insieme a Tomás Barrientos della Universidad del Valle de Guatemala. La data ci sarebbe, ma più che un riferimento a una catastrofe riguarderebbe la volontà del sovrano Yuknoom Yich’aak K’ahk’ di Calakmul, a pochi mesi dalla sconfitta ricevuta dal rivale Tikal nel 695 a.C., di scongiurare le paure del popolo rimandando a una data piuttosto lontana la fine del suo regno.
Una precedente – anche se di poco – scoperta del più antico calendario Maya, ad opera degli archeologi della Boston University, ha rinvenuto, nella stanza di un tempio scoperto nel complesso archeologico di Xultun, dipinti che raffigurano figure umane in uniformi nere e cicli lunari e planetari, datati IX secolo dopo Cristo. Sarebbero dunque più antichi dei Codici Maya, risalenti al periodo compreso fra 1300 e 1500. Le annotazioni sulle pareti sembrano rappresentare i vari cicli del calendario Maya: il calendario cerimoniale di 260 giorni; il calendario solare di 365 giorni; il ciclo di 584 giorni del pianeta Venere e il ciclo di 780 giorni di Marte. Anche in questo caso, non vi è prova di una profezia, ma soltanto della fine di un ciclo. Che il 2012 fosse il termine conclusivo di un lungo periodo lo aveva già ribadito a dicembre Sven Gronemeyer de La Trobe University in Australia: la tavoletta ritrovata su un mattone trovato nelle rovine di Comalcalco, vicino Tortuguero, indica la descrizione del ritorno dal cielo della misteriosa divinità Maya della guerra Bolon Yokte. L’era che si chiuderà, secondo le previsioni dei Maya, il prossimo dicembre è quella iniziata 5.125 anni fa con l’avvio dell’Età dell’Oro. Bolon Yokte, infatti, è, tra le tante cose, la divinità del cambiamento: secondo lo studioso tedesco, l’antico sovrano Bahlam Ajaw si era limitato ad indicare il passaggio del dio e l’intenzione di accoglierlo nel tempio di Tortuguero. Per qualche giorno, inoltre, si è diffusa la notizia che la data del 21 dicembre fosse errata e che la fine sarebbe arrivata il 5 giugno scorso (il giorno del transito di Venere, per intenderci, quando il pianeta è transitato davanti al Sole rendendosi visibile dalla terra): ma, essendo arrivati a luglio, si può dire di aver tirato il primo sospiro di sollievo.
“Gran parte della cultura Maya è basata sullo scorrere del tempo e sulla sua ciclicità – spiega Daniele Petrella, dottore di ricerca in Archeologia presso l’Università di Napoli L’Orientale, amministratore della società Archeologia Attiva e direttore della prima missione archeologica italiana in Giappone –: tanto per dirne una, il Tempio di Cuculcàn aveva 365 gradini. Ma la misurazione del tempo di questo popolo non si limitava, come è noto, a un solo calendario. I loro calcoli cronologici, ritrovati in numerosi scritti, sono di difficile traduzione rispetto ai nostri. Schematizzando, possiamo dire che, in base a un complesso calcolo sul lungo computo, ogni 5.125 un ciclo si riazzera e ne parte un altro. Il 21 dicembre 2012 non è altro che uno di questi punti, coincidente solitamente con cambiamenti più o meno evidenti dei sistemi naturali e a cui la cultura occidentale associa una fine catastrofica”. Ma se si tratta solo della fine di uno dei tanti cicli cronologici, come (e perché) è nata l’idea che proprio al termine di questo ciclo ci si dovesse preparare alla fine del mondo? “Nella seconda metà degli anni Ottanta – racconta Vincenzo Reda, scrittore appassionato di archeologia e autore del libro “101 Storie Maya che Dovresti Conoscere Prima della Fine del Mondo” – un professore di storia dell’arte del Minnesota, Joseph Anthony Argüelles (scomparso a marzo dello scorso anno) pubblica un libro, Il fattore Maya: lo studioso era rimasto affascinato dal senso circolare del tempo Maya e ha ritrovato nel 21 dicembre 2012 un significato “apocalittico”. Detto questo, c’è da precisare che il giorno è stato ricostruito tramite una correlazione operata con il nostro calendario (relativo, come tutti gli altri calendari esistenti) e anche se c’è grande accordo sulla data non si può parlare di unanimità”. “In ogni caso – spiega ancora Reda – credo che la difficoltà di sfatare questa presunta profezia sia da attribuire alla nostra cultura e al suo bisogno antico di escatologia e di apocalittico. I Maya avevano l’ossessione del tempo: se noi ad ogni giorno associamo un santo, questo popolo vi associava addirittura un dio che, con un pesante fardello, lo trasportava fino al giorno successivo per consegnarlo a un’altra divinità. In sintesi, ciò che accadrà il 21 dicembre sarà, secondo complessi calcoli matematici e astronomici, la fine di un periodo composto da 13 Baktun, ciascuno dei quali di circa 400 anni”.
Basta avere ancora qualche mese di pazienza, dunque, e molto probabilmente tutta la faccenda si risolverà come il Millennium Bug: in un falso allarme. 

La cosa Berlusconi. - Josè Saramago


Questo articolo, con questo stesso titolo, è stato pubblicato ieri sul quotidiano spagnolo “El País”, che me lo aveva espressamente commissionato. Considerando che in questo blog ho lasciato alcuni commenti sulle prodezze del primo ministro italiano, sarebbe strano non mettere anche qui questo testo. In futuro ce ne saranno sicuramente altri, visto che Berlusconi non rinuncerà a quello che è e a quello che fa. Né lo farò anch’io.
La Cosa Berlusconi
Non trovo altro nome con cui chiamarlo. Una cosa pericolosamente simile a un essere umano, una cosa che dà feste, organizza orge e comanda in un paese chiamato Italia. Questa cosa, questa malattia, questo virus minaccia di essere la causa della morte morale del paese di Verdi se un profondo rigurgito non dovesse strapparlo dalla coscienza degli italiani prima che il veleno finisca per corrodergli le vene distruggendo il cuore di una delle più ricche culture europee. I valori fondanti dell’umana convivenza vengono calpestati ogni giorno dalle viscide zampe della cosa Berlusconi che, tra i suoi vari talenti, possiede anche la funambolica abilità di abusare delle parole, stravolgendone l’intenzione e il significato, come nel caso del Polo della Libertà, nome del partito attraverso cui ha raggiunto il potere. L’ho chiamato delinquente e di questo non mi pento. Per ragioni di carattere semantico e sociale che altri potranno spiegare meglio di me, il termine delinquente in Italia possiede una carica più negativa che in qualsiasi altra lingua parlata in Europa. È stato per rendere in modo chiaro ed efficace quello che penso della cosa Berlusconi che ho utilizzato il termine nell’accezione che la lingua di Dante gli ha attribuito nel corso del tempo, nonostante mi sembri molto improbabile che Dante l’abbia mai utilizzato. Delinquenza, nel mio portoghese,  significa, in accordo con i dizionari e la pratica quotidiana della comunicazione, “atto di commettere delitti, disobbedire alle leggi o a dettami morali”. La definizione calza senza fare una piega alla cosa Belusconi, a tal punto che sembra essere più la sua seconda pelle che qualcosa che si indossa per l’occasione. È da tanti anni che la cosa Belusconi commette crimini di variabile ma sempre dimostrata gravità. Al di là di questo, non solo ha disobbedito alle leggi ma, peggio ancora, se ne è costruite altre su misura per salvaguardare i suoi interessi pubblici e privati, di politico, imprenditore e accompagnatore di minorenni, per quanto riguarda i dettami morali invece, non vale neanche la pena parlarne, tutti sanno in Italia e nel mondo che la cosa Belusconi è oramai da molto tempo caduto nella più assoluta abiezione. Questo è il primo ministro italiano, questa è la cosa che il popolo italiano ha eletto due volte affinché gli potesse servire da modello, questo è il cammino verso la rovina a cui stanno trascinando i valori di libertà e dignità di cui erano pregne la musica di Verdi e le gesta di Garibaldi, coloro che fecero dell’Italia del  secolo XIX, durante la lotta per l’unità, una guida spirituale per l’Europa e gli europei. È questo che la cosa Berlusconi vuole buttare nel sacco dell’immondizia della Storia. Gli italiani glielo permetteranno?
Articolo scritto l'8 giugno 2009.