giovedì 30 maggio 2013

I francesi: "Il 2013 sarà un anno senza estate".


L'allarme lanciato da un noto meteorologo tv che, dopo una primavera tra le più fredde e piovose degli ultimi tempi, non prevede affatto miglioramenti. Dovremo passare le ferie con l'ombrello?

Se state organizzando le vostre ferie forse fareste meglio a prepararvi a brutte sorprese. Il 2013 infatti potrebbe passare alla storia come l'anno senza estate. La preoccupante previsione viene da un notometeorologo francese, che prevede tre mesi estivi privi del tepore tipico della bella stagione. Basandosi sui mesi primaverili, effettivamente, i segnali sono a dir poco scoraggianti: al Nord Italia tanto freddo non si pativa dal 1991.
"Siamo in un serio pericolo di un anno senza estate. È una situazione di cui ci sono poche eccezioni, come nel 1975, nel 1983 e nel 1995, quando ci sono state una primavera e un inverno molto piovosi e poi un’estate normale. Ma adesso abbiamo una brutta situazione di partenza", spiega Laurent Cabrol che si fa chiamare "Monsieur Météo".

"La temperatura dell'acqua del mare - aggiunge il meteorologo - è fredda ed è un segno di raffreddamento dell'atmosfera. C'è molta umidità nell'aria. E quando viene il caldo, l'umidità evapora e si trasforma in temporali. E quando ci sono i temporali non si può parlare di una tranquilla giornata di sole".

A riprova dell'allarmante previsione ci sono i dati primaverili: il periodo tra marzo e maggio è stato per molte zone in Emilia, Veneto e Lunigiana il più piovoso degli ultimi 150/200 anni, cioè all'incirca da quando sono cominciate le misurazioni meteorologiche. In città come Parma, Piacenza e in altre zone del Nord-Est si sono registrate negli ultimi tre mesi piogge da record. Maggio da solo, invece, è stato al Nord-Ovest il più freddo dal 1991.

Mps: l'Alzheimer creditizio del Pd.



È la meravigliosa amnesia bancaria del partito di Bersani il quale da decenni avvolge i suoi catenacci intorno a Palazzo Salimbeni.

Più che un buco di bilancio, un buco di memoria. Siena? Non sanno dove sia. Monte dei Paschi? Mai sentito. Mussari? Chi era costui?
È la meravigliosa amnesia bancaria del Pd, il quale da decenni avvolge i suoi catenacci politici intorno a Palazzo Salimbeni, tramite la Fondazione il Monte, nel feudo creditizio-politico dell’ex Pci: e adesso cade dalle nuvole. “Non c’entriamo mica”, dice Bersani dipingendo un mondo favoloso dove “il Pd fa il Pd e le banche fanno le banche”. Il segretario poteva almeno mettersi d’accordo con D’Alema, che nello stesso momento diceva: “Mussari l’abbiamo cacciato noi”, attraverso il sindaco di Siena Ceccuzzi, che di Mussari, tanto per capirsi, è stato pure testimone di nozze. Chi, quel Mussari attivo fin da giovanissimo nel Pci, poi nel Pds e infine nel Partito Democratico, a cui nel 2010 ha donato 100 mila euro? L’avete cacciato voi? Ma allora il Pd c’entra o non c’entra?
L’amnesia bancaria ha fulminato persino Mario Monti, ex International advisors di Goldman Sachs, il quale dice “basta agli incroci tra banche e politica”, dimenticandosi che se esiste incrocio tra banche e politica, lui è quantomeno il semaforo. Il fatto che il ras senese Alfredo Monaci, presidente di Mps immobiliare, sia  candidato nella lista Monti in toscana lascia immaginare oscure commistioni. Insomma, se Fassino diceva “Abbiamo una banca”, ora la banca che il Pd già  possedeva è finita nell’oblìo. 
Dicesi Alzheimer creditizio, quella sindrome implacabile che tende a farci credere l’incredibile: e cioè che Siena è semplicemente la città del panforte e del Palio. Come no.

I SIGNORI DELLA FINANZA PREPARANO L'ESPROPRIO GLOBALE. - V.KATASONOV Ordinario di scienze economiche.





Innanzi tutto facciamo osservare che i signori della finanza hanno già progettato la fase finale della operazione per l'esproprio della ricchezza nazionale della Russia. Il paravento ideologico-propagandistico dietro il quale si attua il disegno di "esproprio globale" è costituito dalla campagna per la lotta al terrorismo internazionale condotta dagli USA e iniziata dopo l'11 settembre 2001. Questa campagna è stata via via integrata da altri strombazzati programmi contro la corruzione, l'evasione fiscale, il riciclaggio di denaro "sporco", la criminalità internazionale, ecc.
In realtà, queste nobili intenzioni di mettere ordine nel mondo intero, e di "salvaguardare gli interessi nazionali degli Stati Uniti", servono a mascherare la corsa della oligarchia finanziaria internazionale verso il dominio planetario. Si stanno infatti creando gli strumenti idonei all'esproprio globale, allo smantellamento degli stati sovrani, alla costituzione del governo mondiale ed alla formazione di un regime totalitario di dimensioni universali (il "lager mondiale").
Il completo esproprio di tutti i beni e la loro concentrazione nelle mani di una ristrettissima èlite internazionale è la condizione sine qua non per la realizzazione del nuovo ordine mondiale. A tal fine i circoli dominanti dell'Occidente in campo finanziario e bancario puntano ai seguenti obiettivi:


1. cancellazione del segreto bancario;
2. eliminazione dei paradisi fiscali (zone offshore);
3. introduzione di procedure semplificate di congelamento e confisca dei beni di
privati cittadini e società da parte delle autorità dei paesi del miliardo d'oro;
4. limitazione della circolazione del contante e obbligo per le persone fisiche di usare i
mezzi di pagamento e regolamento senza contante;
5. costituzione da parte degli uffici finanziari e fiscali di reti di propri agenti ed informatori in banche e società;
6. commistione degli enti finanziari e delle banche centrali con i servizi speciali;
7. approvazione da parte degli USA di leggi extraterritoriali per la lotta agli evasori fiscali e  trasformazione di tutti gli stati, le banche e le società del mondo in agenti degli uffici tributari americani;
8. incentivazione dei processi di accentramento del capitale bancario, riduzione del
numero delle banche con parallela espansione della rete di succursali e filiali delle stesse;
9. concessione di ulteriori poteri e funzioni alla banche centrali (mantenendone invariata l' "indipendenza" dallo stato);
10. realizzazione, tramite accordi internazionali, di una rete di scambio di informazioni finanziarie sulle persone fisiche e giuridiche (dati personali, dati su conti e  transazioni) tra uffici fiscali, servizi investigativi finanziari e dicasteri delle finanze;
11. preparazione e svolgimento di operazioni di "sterilizzazione" di enormi masse di liquidità in giro per il mondo (contante e non, innanzi tutto dollari USA) prevalentemente tramite riforme monetarie e cambi della moneta.


In altri termini, si sta confezionando un "cappuccio" bancario-finanziario sulla intera popolazione terrestre. Banche e società finanziarie cesseranno di essere dei semplici istituti commerciali per trasformarsi in organizzatori materiali dell'esproprio fino a farsi strumento della élite mondiale per il controllo assoluto della popolazione. Di qualcosa del genere iniziò a parlare e scrivere l'economista e socialista tedesco Rudolf Hilferding nel libro intitolato "Il capitale finanziario", uscito a ridosso della prima guerra mondiale. Più avanti, negli anni venti, l'autore aggiornò le proprie idee sulla società totalitaria assoggettata alle banche, riproponendole in forma di teoria del "capitalismo organizzato" (è significativo che egli salutasse l'avvento di un sistema del genere come anteprima del socialismo).
Le autorità statali, gli esponenti politici ed i cittadini della Russia debbono avere chiari i piani dell'oligarchia finanziaria mondiale e le minacce che ne derivano. Si prenda, ad esempio, il punto tre dell'elenco riportato, riguardante le procedure di congelamento e confisca dei beni di privati cittadini e società. Le "innovazioni" sono chiare. I fatti dello scorso marzo a Cipro dimostrano che ora non occorrono più motivazioni giuridiche di alcun genere per confiscare i depositi bancari. Le decisioni sono giustificate con necessità economico-finanziarie ("misure di stabilizzazione"). Comincia a valere il principio di "opportunità", non politica, ma economica e finanziaria. La Svizzera, rinomata per la tutela del segreto bancario, ha approvato una legge, in base alla quale i mezzi di qualsiasi persona fisica o giuridica possono essere d'ora in avanti congelati sul suo conto  già dall'avvio delle indagini e non più dopo la pronuncia della sentenza. Questa novità può essere meglio interpretata, se si considera che gli USA hanno di recente approvato una legge, secondo cui ogni persona (sia negli USA che fuori dei suoi confini) può essere considerata un potenziale terrorista e indagata. La legge s'intitola National Defense Authorization Act 2012 (NDAA). Dato che USA e Svizzera hanno stipulato fra loro un accordo di cooperazione in campo finanziario, lo zio Sam ha ora la facoltà di congelare i mezzi di qualsiasi persona fisica o giuridica depositati in banche elvetiche.
Gli oligarchi ed i funzionari corrotti di tutta la Russia non debbono illudersi che la loro lealtà al Gotha finanziario li ponga al riparo dalla eventualità dell'esproprio. Debbono scordarsi delle loro ricchezze accumulate "con tanta fatica" e chi sa se riusciranno a salvare almeno la vita e la libertà. Se i cleptomani russi capiscono la situazione, dovrebbero per primi chiedere la revisione delle privatizzazioni-truffa degli anni novanta. Dovrebbero pentirsi dei furti di denaro pubblico, degli atti di corruzione e di ogni altra frode economica, comprese le esportazioni di capitali. Certo non sarà facile mettersi d'accordo con il popolo, ma i margini di garanzia saranno certamente maggiori. La proditorietà, la vigliaccheria e l'ipocrisia dell'èlite occidentale appare ormai evidente persino a chi ha scarsa cognizione della storia dell'Occidente.
Va detto, inoltre, che una parte della ricchezza nazionale della Russia è stata esportata legalmente. Penso innanzi tutto alle riserve valutarie governate dalla Banca centrale. Occorre dunque modificare le leggi del paese e rimpatriare quelle somme partendo dalle nuove regole. Non si tratta di operazioni inedite. All'inizio del 1914, molti politici e statisti russi, ma anche gente comune, avvertirono il pericolo imminente e gran parte delle somme di società e privati cittadini russi, nonchè della Banca di Stato dell'Impero, depositate in istituti tedeschi e austro-ungarici furono alla svelta riportate in Russia. Questo paese si trova oggi alla vigilia di una guerra non meno globale, alcuni esperti anzi sostengono giustamente che essa sia già cominciata senza nessuna dichiarazione ufficiale. In una situazione siffatta i dirigenti ed i comuni cittadini della Russia debbono agire con prontezza e puntualità in varie direzioni, ivi compresa la tutela degli interessi parimoniali non solo nazionali, ma anche  personali.

(Traduzione dal russo di Stefano Trocini)
da: www.sovross.ru, 07-05-2013

http://siarivoluzione.altervista.org/index.php/component/k2/item/85-i-signori-della-finanza-preparano-l-esproprio-globale

Photos of LA DITTATURA !!!E.S.M. !!!



ALDO MORO HA DICHIARATO GUERRA A TUTTE LE BANCHE 

Fu infatti così che i governi Moro finanziarono le spese statali, per circa 500 miliardi di lire degli anni ‘60 e ‘70, attraverso l’emissione di cartamoneta da 500 lire “biglietto di stato a corso legale” (emissioni “Aretusa” e “Mercurio”). La prima emissione fu normata con i DPR 20-06-1966 e 20-10-1967 del presidente Giuseppe Saragat per le 500 lire cartacee biglietto di Stato serie Aretusa, (Legge 31-05-1966). La seconda emissione fu regolata con il DPR 14-02-1974, del Presidente Giovanni Leone per le 500 lire cartacee biglietto di stato serie Mercurio, DM 2 aprile 1979.

Aldo Moro incarcerato dai brigatisti rossi (bieca manovalanza) telecomandati dalla Central Intelligence Agency, con la compiacenza dell’ambasciatore USA Richard Gardner (intimo del presidente della Repubblica uscente Giorgio Napolitano, che più recentemente ha ricevuto in pompa magna il criminale internazionale Henry Kissinger). Lo stesso Kissinger che aveva minacciato di morte Moro, come si evince anche dalle molteplici testimonianze processuali e documentali.
Mentre minacciava Moro, Kissinger stava agendo non in qualità di rappresentante della politica estera degli Stati Uniti, ma piuttosto secondo le istruzioni ricevute dal Club di Roma, il braccio che si occupava della politica estera della Commissione dei 300.
«Mio padre doveva viaggiare sull'Italicus - il treno legato alla strage del 4 agosto 1974 - per raggiungere la famiglia in vacanza in Trentino, ma prima che il convoglio partisse fu fatto scendere per firmare delle carte importanti». Sono parole della figlia dello statista Dc rapito e assassinato dalle Brigate rosse Aldo Moro. Sulla vettura numero 5 di quel treno, l'espresso Roma-Brennero, esplose una bomba che provocò 12 morti e una cinquantina di feriti.

POPOLO ITALIANO INFORMATI SUL SIGNORAGGIO BANCARIO CAPIRAI CHE LA CRISI E' UNA TRUFFA!!!


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mercoledì 29 maggio 2013

Chi finanzia la Fondazione Veronesi? Pulirsi la coscienza e riempirsi la bocca con la finta solidarietà. - Italo Romano

Capita spesso di ricevere inviti per partecipare a campagne di raccolta fondi in favore di enti più o meno legittimi che millantano di fare ricerca nella speranza di trovare cure a malattie spesso mortali, su tutte il cancro.
Si sprecano le sigle, i banchetti nelle piazze italiane sono oramai divenuti postazioni fisse, la solidarietà e la sensibilità delle comunità sono perennemente stimolate nel contribuire economicamente alla “progresso scientifico”.
Tra gli innumerevoli protagonisti spicca senz’altro la Fondazione Umberto Veronesi. Per i pochi che non lo conoscessero, Veronesi è un chirurgo di fama internazionale, direttore dell’Istituto Europeo di Oncologia, Presidente del comitato scientifica della Fondazione Italia USA, ma anche ex Ministro della Sanità ed ex Presidente dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare.
Umberto Veronesi, vegetariano, è noto per essersi apertamente schierato contro la vivisezione, a favore dell’aborto e dell’eutanasia. E’ anche tristemente famoso per alcune dichiarazioni in favore dell’energia nucleare e degli inceneritori prive di qualsiasi valenza scientifica.
Un luminare dell’oncologia a braccetto della lobby del nucleare? In Italia succede anche questo.
A questo punto è lecito domandarsi: chi finanzia la Fondazione Veronesi? 
E’ presto detto. Basta andare sul sito ufficiale dove vi è una intera sezione dedicata agli sponsor partner di Veronesi&Co..
E’ una lunga lista di multinazionali, banche, assicurazioni, general contractor e case cinematografiche:
Eni, Pzifer, Novartis, Acea, Astaldi, Pirelli, UniCredit, UbiBanca, Panasonic, Moncler, Intesa SanPaolo, Ferrarelle, Citroen, BMW, Alitalia, Yamamay, Universal, Todd’s, TNT, Sisal, RCS Quotidiani, Prada, Philips, Mondadori, Kleenex, Lavazza, Conad, HP, Ford, Gruppo Fondiaria SAI, Fastweb. Ferrovie dello Stato, Credit Suisse, Alleanze Assicuarazioni, Acer etc.
Sono solo alcuni dei sostenitori della Fondazione Veronesi.
C’è un’evidente conflitto d’interessi. Difatti questi magnanimi finanziatori sono tra i maggiori responsabili del disastro ambientale, dell’insorgere di nuove patologie mortali, dell’endemica diffussione del cancro e del fallimento socio-economico di interi continenti.
Lucrano tre volte sulla salute della collettività. Prima ci fanno ammalare, poi ci chiedono i soldi per cercare la cura e poi ce la vendono.
Alla luce di ciò viene facile spiegarsi alcune dichiarazione rilasciate da Veronesi in materie a lui completamente estranee se non per motivi meramente economici.
Nonostante il palese controsenso, lo stuolo della falsa solidarietà conta milioni di volontari, accecati dalla buona fede e armati di moralismo, ipocrisia e sensi di colpa, da vomitare contro chiunque cerchi di far luce su dinamiche quantomeno poco chiare e tenta di mettere in dubbio l’utilità del flusso danaroso in moto verso la ricerca privata S.p.a..
Il grande pedagogo Paulo Freire ci spiega, in un memorabile passo del suo ‘Pedagogia degli oppressi, cosa sia la falsa solidarietà.
E’ un’arma al servizio degli oppressori e degli oppressi che imitandoli vorrebbero prenderne il posto.
La cultura degli piagnisteo tende ad ignorare la fonte dei problemi, cercando conforto nel perbenismo radical chic, divenendo essa stessa una colonna portante del sistema tanto criticato.
E’ la società dello spettacolo a dettare legge. Confortata da un formalismo e da un incompetenza dilagante, da una disabitudine al pensare e da un conformismo avvilente.
Per esempio, si tace sulla realizzazione delle discariche e poi si raccolgono fondi per guarire le persone che si sono ammalate anche a causa delle discariche.
C’è chi la chiama polemica fuori luogo. Ma sono coloro per i quali la polemica non ha mai luogo e ne deve averlo. Sono quelli del quieto vivere, sono coloro che galleggiano, sono quelli che ben pensano e nulla hanno da imparare, arroccati nella fortezza Bastiani, divenuti fantasmi nell’eterna e tremante attesa dell’arrivo del nemico dal deserto dei Tartari.
L’unica cosa certa è che la maschera della solidarietà rende inattaccabile qualunque diavolo, immaginiamoci dei figuranti.
Che sia chiaro però: tutto ciò è solo moralismo, apparenza, spettacolo…
Vogliamo debellare gli effetti delle malattie senza estirpare le cause delle stesse. Vogliamo sentirci tutti un pò meglio, calmierando i sensi di colpa e dando sfoggio della nostra impareggiabile sensibilità, nella speranza che il male oscuro tiri dritto dinanzi la nostra porta.

Pdl, Bisignani: “Schifani e Alfano giuda che volevano liberarsi di Berlusconi”.

Pdl, Bisignani: “Schifani e Alfano giuda che volevano liberarsi di Berlusconi”


Le rivelazioni del faccendiere nel libro "L'uomo che sussurra ai potenti" secondo il quale molti nel centrodestra erano pronti a mollare il Cavaliere che dal canto suo ha corteggiato in tutti i modi Renzi. Le stragi di Palermo? "Ideate tra Mosca e Roma". E poi i legami tra Grillo e la Cia.

Berlusconi ha corteggiato in tutti i modi Matteo Renzi. Il Cavaliere ha rischiato di essere tradito dai suoi, compreso Renato SchifaniAlfano voleva mollare il leader Pdl. Le stragi che hanno ucciso Falcone eBorsellino sono state ideate tra Mosca e Roma. Poi i rapporti tra Grillo e i servizi segreti americani. Sono alcune delle verità di Luigi Bisignani nel libro-intervista realizzato con il giornalista Paolo Madron, “L’uomo che sussurra ai potenti” (edito da Chiarelettere, in vendita dal 30 maggio). Come dice il sottotitolo del libro il faccendiere, quello che Berlusconi definì “l’uomo più potente d’Italia”, racconta di “trent’anni di potere in Italia tra miserie, splendori e trame mai confessate”. Bisignani è stato condannato in via definitiva a 2 anni e mezzo per l’inchiesta Enimont e ha patteggiato una pena di un anno e 7 mesi per il processo P4. 
I presunti traditori di Berlusconi e la corte a Renzi
Innanzitutto i presunti tradimenti (o tentativi di tradimento) all’interno del centrodestra. “Più che di tradimento vero e proprio – precisa Bisignani – parlerei di piccoli uomini creati da Berlusconi dal nulla e improvvisamente convinti di essere diventati superuomini”. Il faccendiere e ex giornalista parla di “molti Giuda”. “Il primo che mi viene in mente – continua – è Renato Schifani, avvocato di provincia di Palermo, ex presidente del Senato. Con Angelino Alfano, altro siciliano, lavoravano alla costruzione di una nuova alleanza senza Berlusconi”. Nella ricostruzione sui presunti complotti contro Berlusconi all’interno del Pdl, Bisignani assicura che tra chi tramava c’erano “in primis alcuni di An: GasparriLa RussaMantovano eAugello. Certamente non Altero Matteoli che è rimasto sempre leale”. “E tra le donne – aggiunge – la favorita di Angelino, Beatrice Lorenzin, premiata con il ministero della salute”. 
Quanto ad Alfano, in particolare, una volta insediato il governo Monti, si mosse per cercare alleanze per abbandonare Berlusconi. “Finché il governo Berlusconi stava in piedi, seppur con una maggioranza risicata, Alfano non si mosse. Cominciò a farlo non appena insediato l’esecutivo Monti, nel momento in cui per Berlusconi iniziava la fase più aspra di un calvario politico giudiziario che sembra non finire mai”. Secondo Bisignani, Alfano cercò la sponda di Casini “il quale in realtà lo ha sempre illuso. E non interrompendo mai un filo sotterraneo con Enrico Letta, all’epoca vicesegretario del Pd”. Il faccendiere ha poi aggiunto che “la sua corte cercò di costruirsela incontrando parlamentari nella casa ai Parioli che Salvatore Ligresti gli aveva fatto avere in affitto. E in più stringendo un asse con Roberto Maroni, che da ex potente ministro dell’Interno, dopo aver fatto fuori Umberto Bossi, preconizzava la morte civile del Cavaliere e l’investitura di Alfano come nuovo leader”.
A Bisignani arriva la risposta secca di Schifani: “Io mi occupo di politica e non di malaffare – dichiara a Porta a Porta – e non ho mai avuto il piacere di incontrare questo faccendiere, e la non veridicità delle sue parole è dimostrata dal fatto che io sono capogruppo del Pdl al Senato e Alfano è vicepremier”. 
Ma Berlusconi, secondo Bisignani, guardava altrove. Aveva già un’altra carta da giocare: Matteo Renzi. “Berlusconi lo ha corteggiato in tutti i modi” spiega nell’intervista. “Nei sondaggi riservati – prosegue – Renzi volava, tanto che Berlusconi non si sarebbe mai ributtato nella mischia. Solo Bersani fece finta di non accorgersene, mobilitando tutto l’apparato del partito per batterlo alle primarie. E scavandosi così la fossa”.
“Alfano? Pensava a costruirsi il monumento”
Il tentativo di “eliminare” politicamente Berlusconi partì proprio quando il Cavaliere fece diventare Alfano segretario politico del partito. Ma “una volta incoronato, nell’estate del 2011, contro il parere di tanti – spiega Bisignani nel libro – Alfano ha pensato soprattutto a costruire un monumento a se stesso”. Secondo quanto racconta il faccendiere l’ex ministro della Giusizia “se ne stava chiuso nel suo ufficio bunker in via dell’Umiltà, dove per chiunque era impossibile entrare. Passava più tempo con i giornalisti, su Facebook e Twitter che con i parlamentari e con la base del partito e gli esponenti del mondo imprenditoriale, bancario e culturale che pure avevano desiderio di conoscerlo. Inoltre Alfano ha una vera mania per i giochini sul cellulare, cui non rinuncia nemmeno durante le riunioni. E poi ha la debolezza di consultare sempre l’oroscopo e di regolare le giornate in base a quel che c’è scritto…”. E sui parlamentari del Pdl che definisce “Giuda” perché complottavano contro Berlusconi afferma: “Si montavano a vicenda, senza capire che, quando è ferito, Berlusconi dà il meglio di sé”.
“Monsignor Fisichella lavorava a un dopo Berlusconi”
In molti, insomma, secondo Bisignani, lavoravano a un dopo Berlusconi. Tra questi monsignor Rino Fisichella, a lungo rettore della Pontificia Università Lateranense e attualmente presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. “Con Alfano e il fidatissimo Maurizio Lupi lavorava sodo al dopo Berlusconi anche l’arcivescovo Rino Fisichella” sostiene Bisignani. “Alcuni incontri riservati con Casini e Lorenzo Cesa – ricorda – si svolsero proprio Oltretevere, in un ufficio nella disponibilità di Fisichella, il quale era molto amareggiato per non essere stato fatto cardinale da Joseph Ratzinger”.
“Falcone, Andreotti pensava che c’entrasse il Kgb”
Poi un po’ di sguardi verso il passato. Prima tappa, le stragi del 1992. Giulio Andreotti, ha sempre avuto un convincimento e cioè che i motivi delle stragi di mafia in cui morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino “non si dovessero cercare a Palermo, ma fra Mosca e Roma”. Il sette volte presidente del Consiglio, secondo Bisignani, era convinto che Falcone sarebbe stato eliminato “perché collaborava a una spinosa indagine della magistratura russa sui finanziamenti del Kgb al Partito comunista”. Bisignani ricorda anche che Falcone avrebbe dovuto incontrare, due giorni dopo la strage, il procuratore penale di Mosca Valentin Stepankov: “Andreotti era certo che da lì bisognasse partire per capire meglio la strage, e su questo concordava anche Francesco Cossiga. Il quale era al corrente dell’iniziativa di Falcone”. Secondo il faccendiere “la sinistra ha sempre taciuto ma ora “credo che dovrà fare i conti con Piero Grasso, per anni capo della procura antimafia, ora presidente del Senato”. Dovrà fare i conti con lui “per la sua onestà intellettuale e perché, tra i primi atti, ha chiesto l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulle stragi”. 
“Tangentopoli? Tutti, da Agnelli a De Benedetti, tentarono di bloccare i pm”Poi la vicenda Tangentopoli: “I protagonisti sotto assedio” del capitalismo italiano, “tutti indistintamente, da Agnelli a De Benedetti, cercarono disperatamente di bloccare il pool dei giudici di Milano”. La “fortezza” in cui si arroccò il capitalismo per respingere l’offensiva giudiziaria contro il sistema delle tangenti fu Mediobanca. “Fu lì – racconta Bisignani – che si tenne una riunione riservata presieduta da Enrico Cuccia, il custode di tutti i segreti. Vi presero parte, oltre all’avvocato Agnelli e a Cesare RomitiLeopoldo Pirelli accompagnato da Marco Tronchetti ProveraCarlo De Benedetti, Giampiero PesentiCarlo Sama per il Gruppo Ferruzzi e ovviamente l’amministratore delegato dell’istituto,Vincenzo Maranghi”.
Proprio Maranghi, dopo una perquisizione della polizia giudiziaria a Piazzetta Cuccia, organizzo nella notte “un pulmino che portò via tutte quelle carte dal contenuto inquietante” che non erano state scoperte. Agli investigatori era infatti sfuggita una parete mobile “celata dietro una libreria in una delle sale del piano nobile dell’istituto – dove si custodivano altri segreti”. Secondo Bisignani, “tutta la storia di Mediobanca è fitta di episodi simili” a quello sul “pulmino” di Maranghi, come il caso dei fondi neri scoperti nella Spafid, la fiduciaria di Mediobanca che “custodiva la contabilità ufficiale e parallela dei grandi gruppi”, fino alle “carte segrete su Gemina” rinvenute in “una botola” dalla Guardia di Finanza.
Tornando alla riunione “anti-pool” in Mediobanca “fu unanimemente decisa la totale chiusura a ogni possibile collaborazione con la Procura di Milano” nonché la “perentoria denuncia dei metodi che stavano destabilizzando il paese e la sua economia”. Cuccia incaricò Romiti di “coordinare ogni iniziativa” e ordinò “a quegli imprenditori che avevano interessi nell’editoria” di supportare la linea “senza tentennamenti”. Il fronte però si sfaldò presto un po’ perché i tg di Berlusconi, che “all’epoca non faceva parte del giro di Mediobanca”, cavalcarono l’onda di Mani Pulite ma soprattutto perché le delle ammissioni di un dirigente Fiat “fecero cambiare radicalmente la strategia decisa” facendo scattare il “tana libera tutti”.
Quando Cossiga mandò i carabinieri al Csm
Un altro retroscena riguarda Cossiga, il “presidente picconatore”. Nel novembre del 1991 l’allora presidente della Repubblica fece intervenire i carabinieri davanti al Csm, rivela Bisignani. “Non fidandosi in quel momento – racconta Bisignani – nonostante fossero suoi amici, dei ministri della Difesa Virginio Rognoni e dell’Interno Vincenzo Scotti, chiamò personalmente al telefono il comandante della legione dei carabinieri di Roma, il colonnello Antonio Ragusa, perché si preparasse a fare irruzione al Csm in piazza Indipendenza”. “In quella riunione – spiega Bisignani – il Csm doveva occuparsi dei rapporti tra i capi degli uffici giudiziari e i loro sostituti. Una materia che, secondo Cossiga, non era di sua pertinenza”. Secondo il racconto di Bisignani, Ragusa mise in stato d’allerta la vicina caserma: “I carabinieri rimasero al loro posto. Ma Ragusa che era in contatto telefonico diretto con Cossiga, entrò da solo negli uffici di piazza Indipendenza e convinse il vicepresidente Giovanni Galloni a togliere dall’ordine del giorno l’argomento incriminato”.
I rapporti tra i servizi segreti Usa e Beppe GrilloI rapporti dei servizi segreti degli Stati Uniti con Beppe Grillo sono il tema di un capitolo del libro intervista a Bisignani. Oltre a raccontare una vicenda già conosciuta come il pranzo tra Beppe Grillo e alcuni agenti e diplomatici americani e il dispaccio dell’ex ambasciatore Ronald Spogli, aggiunge: “Avendo avuto anch’io il dispaccio in mano, c’è qualcosa che andrebbe approfondito” in quanto sono stati occultati “chirurgicamente quasi tutti i destinatari sensibili” tra cui oltre alla Casa Bianca, al Dipartimento di Stato e alla Cia “c’è da scommetterci ci fosse il Dipartimento dell’energia e la National Secuity Agency, che si occupa soprattutto di terrorismo informatico”. “Agli americani – spiega Bisignani – è noto il rapporto strettissimo che Grillo ha con due loro vecchie conoscenze. Franco Maranzana, un geologo controcorrente di 78 anni, considerato il suo più grande suggeritore su tematiche energetiche e ambientali non politically correct, in contrasto così con la linea ecologica che viene attribuita al movimento. E soprattutto Umberto Rapetto, un ex colonnello della Guardia di finanza”.
Secondo Bisignani l’incontro con Grillo dovrebbe essere avvenuto nel marzo del 2008 in quanto il rapporto dell’ambasciatore Spogli dal titolo “Nessuna speranza. Un’ossessione per la corruzione” reca la data del 7 marzo 2008. Con ogni probabilità, secondo Bisignani, quel documento è finito nelle mani del presidente Obama. Quindi fornisce le conclusioni del rapporto sulle idee di Grillo: “La sua miscela fatta di spumeggiante umorismo, supportata da dati statistici e ricerche, fa di lui un credibile interlocutore per capire dal di fuori il sistema politico italiano”. Inoltre, racconta che dopo le elezioni del febbraio scorso una delegazione di grillini “capeggiata dai due capigruppo in parlamento, Vito Crimi e Roberta Lombardi, è andata a omaggiare l’ambasciatore David Thorne. Lo stesso che, parlando agli studenti, ha pubblicamente lodato il nuovo movimento come motore necessario per le riforme di cui ha bisogno l’Italia”.
“Il Pdl voleva far cadere Monti subito, fu Letta a arrabbiarsi e a scongiurare la crisi”
La crisi del governo Monti poteva arrivare molto prima e non a fine dicembre. “Dopo pochi mesi di governo – riferisce Bisignani – mezzo Pdl voleva far cadere Monti. Ma fu proprio Letta, con voce alterata, a convincere tutti che lo spread sarebbe schizzato alle stelle e che la colpa sarebbe ricaduta tutta sul Cavaliere che a quel governo aveva appena dato appoggio”. Sul ruolo di Gianni Letta, Bisignani ricorda anche che quando Berlusconi e Fini fecero saltare l’accordo sulla Bicamerale, “fece sapere a D’Alema che il Cavaliere aveva commesso un errore”. “Allo stesso modo – ricorda – nel febbraio del 1996 dissentì dal no di Berlusconi a un governo guidato da Antonio Maccanicogrand commis di Stato che avrebbe aperto le porte a una collaborazione tra Forza Italia e la sinistra. La bocciatura di Maccanico segnò la successiva vittoria elettorale dell’Ulivo di Romano Prodi”.
“Scalfari ad ogni scoop mi regalava champagne”
Spazio anche ai ricordi personali nei rapporti con i personaggi più influenti della stampa italiana. Nel libro sono descritti i rapporti con i direttori dei giornali più importanti. Di Eugenio Scalfari ricorda di avergli offerto diverse notizie quando era capo ufficio stampa del ministero del Tesoro Gaetano Stammati. “Ogni volta che lo aiutavo a fare uno scoop – ricorda – mi mandava una bottiglia di champagne. Credo che fosse altrettanto con un’altra sua fonte, Luigi Zanda, portavoce di Francesco Cossiga, al Viminale e poi alla presidenza del consiglio, con il quale credo abbia conservato una forte amicizia”. Sul direttore del Corriere Ferruccio De Bortoli invece dice: “Sempre compassato, dotato di una camaleontica capacità di infilarsi tra le pieghe del tuo discorso e di una grande dialettica, non sufficiente però a nascondere il fatto di non aver quasi mai un’opinione troppo discorde da quella dell’interlocutore: democristiano con i democristiani, giustizialista con i giustizialisti, statalista o liberista a seconda di chi ha davanti”. Bisignani racconta inoltre di aver favorito i suoi rapporti con Geronzi ma non con D’Alema “visto che i due si detestavano cordialmente”. “E durante il governo Berlusconi – ricorda – i motivi di contatto sono stati molteplici”.
Papa Francesco e la riforma dello Ior
In un passaggio del libro Bisignani parla anche delle mosse future di papa Francesco per trasformare lo Ior: “Secondo alcune autorevoli indiscrezioni lo riformerà trasformandolo in una vera banca della solidarietà al servizio dell’evangelizzazione. Uno strumento di aiuto per le chiese povere e per le missioni sparse nel mondo. I centri missionari saranno uno dei punti fondamentali di papa Francesco, secondo la miglior tradizione dei gesuiti”. Secondo Bisignani, la riforma dello Ior avverrà attraverso la riclassificazione di tutti i conti e saranno “autorizzati solo quelli che fanno capo ufficialmente a congregazioni e ordini religiosi. Nessuno potrà più gestire fondi, depositi e titoli se non nell’esclusivo interesse di enti religiosi”. Bisignani ha quindi spiegato che “la Curia conosce bene le sue intenzioni”. “Non fu un caso – ha aggiunto – se nel conclave precedente, per scampare il pericolo della sua salita al soglio pontificio come voleva il suo grande elettore di allora, Carlo Maria Martini, gesuita come lui, gli fu preferito Ratzinger. Meglio conosciuto nei palazzi apostolici e quindi considerato più malleabile”.
Cairo editore di La7? “Facilita future alleanze”Telecom ha venduto La7 a Urbano Cairo, preferendolo al fondo Clessidra, perché “si dice nell’ambiente che si è scelto il contendente finanziariamente più debole così da facilitare una possibile futura alleanza con Diego Della Valle o con De Benedetti, a seconda di come butterà la politica”. In particolare sull’interesse di De Benedetti per La7, Bisignani sostiene che l’Ingegnere sarebbe stato disponibile all’acquisto “però solo con un’adeguata dote, quella che poi il consiglio Telecom ha concesso proprio a Cairo e non a lui, secondo me facendolo irritare. Vedrà che alla fine rientrerà nella partita”. Infine “ad accelerare la vendita de La7 – racconta – ha contribuito anche lo studio legale Erede con una lettera che nelle ore che precedettero il consiglio d’amministrazione decisivo”. Del legale Bisignani ricorda che “ha assistito Cairo nell’operazione e ha ottimi rapporti con De Benedetti”.

Si va avanti con entusiasmo. Perchè le cose non stanno come vogliono farci credere. Per fortuna! - Sergio Di Cori Modigliani


Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono”.

                          Malcolm X, fondatore e leader del movimento Black Panthers 


Ramazzando nel dibattito collettivo, nel tentativo di aggirare le banalità, scempiaggini, mistificazioni, falsità, manipolazioni, che in questi giorni i media compatti -sia quelli cartacei che televisivi e sul web- ci stanno regalando, ne ho trovato uno che spicca di gran lunga al di sopra dello squallore generale. Non soltanto per il contenuto, ma anche e soprattutto per la certificazione della firma. L’autore è uno dei più noti esperti italiani su questioni politiche nazionali, docente di Storia dei partiti Politici e Politologia all’Università degli Studi di Urbino. Il professore si chiama Ilvo Diamanti. L’altro ieri, nel corso di un talk show televisivo ha spiegato, con intelligente argomentazione, come vada letto un risultato elettorale in Italia: il risultato delle politiche del 25 febbraio ha sancito la sconfitta bruciante del PDL e quella personale di Silvio Berlusconi, il quale ha perso il 48% del suo elettorato. Ma il cavaliere ha stravinto il dopo-elezioni. Il PD, dal canto suo, ha preso più voti ma non ha vinto, perché non ha raggiunto la maggioranza necessaria per governare da solo; in compenso ha straperso il dopo-elezioni. Il M5s ha stravinto le elezioni e non è stato in grado di stravincere il dopo-elezioni. Le cose stanno così. Le amministrative sono diverse dalle politiche e vanno considerate, dunque, in un ambito diverso. E’ necessario, comunque, verificare come verrà gestito da tutti il dopo-elezioni. Perché è quello che conta.

Analisi puntuale che sottoscrivo.

Il dopo-elezioni è fondamentale. Vi sono diversi precedenti in Italia dai quali poter apprendere delle lezioni civiche sul funzionamento della strategia politica. Nella fondamentale elezione del 1986, la Democrazia Cristiana puntava ad allungare di almeno il 15% la sua distanza dal P.C.I. I comunisti avevano come obiettivo quello di diventare il primo partito italiano, essendo ormai chiaro a tutti che era una questione di tempo il crollo dell’impero sovietico. I socialisti cercavano una poderosa affermazione aumentando di almeno il 10% rispetto al turno precedente. Vinse la D.C. mantenendo lo stesso risultato. Il P.C.I. si avvicinò a una distanza dello 0,8% restando però secondo. Il P.S.I. passò dal 12,2 al 12,8%. In realtà persero tutti e tre, poiché nessuno raggiunse l’obiettivo prefissato considerato imprescindibile, mostrando al paese un quadro politico –pur nelle sue differenze- molto ma molto simile a quello attuale. Va da sé che ciascuno cantava e pretendeva vittoria. Ma quando Occhetto, Andreotti, Forlani, Craxi, si sedettero intorno a un tavolo, Bettino Craxi li stracciò letteralmente, come se avesse preso il 50%. La documentazione ufficiale di quella riunione durata ben sei ore non è ancora pubblica. Lo sarà, a termini di Legge, nel 2016. Ciò che conta è il Senso della vicenda.

In Politica, come giustamente sta spiegando il prof. Diamanti, non contano tanto i numeri, bensì l’uso che se ne fa. Applicare una strategia da ragionieri come se si trattasse del consiglio di amministrazione di una società quotata in borsa, dove conta soprattutto la voce di chi possiede il pacchetto maggioritario delle azioni, è perdente.

E’ un po’ come al gioco delle carte; che sia poker, bridge, burraco o tresette è irrilevante: alla fine, anche se non si hanno buone carte, vince chi sa giocare meglio.

Quindi, il dato delle amministrative va letto, argomentato e dibattuto alla luce di una sana e intelligente strategia del dopo-elezioni.

Mettiamola così: “E’ finita la campagna elettorale, per il momento non si vota più; finalmente è possibile cominciare a parlare di politica. Era ora”.

Finora, infatti, non si è mai parlato di Politica, ma si è vissuti all’interno di una gigantesca nuvola di perenne campagna elettorale, iniziata lo scorso settembre. La cupola mediatica ha partecipato con tutta la sua gigantesca forza adattandosi all’ambiente e alla circostanza; dopotutto sono ben pagati proprio per fare questo lavoro, senza che il lettore o il telesionato se ne accorga. Ciò che conta, oggi, è affrontare il dopo-.elezioni e vedere come “leggere” il risultato per comportarsi di conseguenza.

Su tutti i media il M5s è il grande perdente di queste elezioni. E’ un trucco mediatico. Fecero la stessa cosa con i socialisti nel 1986. Il più fiero antagonista di Craxi, il quotidiano la repubblica, era addirittura arrivato al punto di paventare un aumento dei socialisti, in termini elettorali, del 60%, avvicinandosi al P.C.I. Alla fine delle elezioni, quindi, l’aumento di voti ottenuto dai socialisti venne presentato come “Craxi sconfitto alle urne: il P.S.I. tiene ma non dilaga”. Perché mai avrebbe dovuto dilagare? La strategia di Craxi non era affatto quella di essere il leader di un partito di massa, bensì di rappresentare, con forza realistica, dei blocchi sociali laici formati da imprenditori e professionisti decisi a contrastare il consociativismo, già operativo, dei catto-comunisti. Per alcuni versi è simile alla posizione assunta dal M5s a queste elezioni, tanto è vero che si sono presentati soltanto nel 35% dei luoghi deputati. Se il M5s avesse puntato a vincere le elezioni amministrative affermandosi come “partito-massa” si sarebbe presentato dovunque e Grillo avrebbe condotto una aggressiva campagna elettorale come quella realizzata in Sicilia e a Parma. L’obiettivo consisteva nel garantirsi una presenza all’interno delle istituzioni locali per cercare di avvicinarsi all’obiettivo finale del movimento: scardinare il sistema marcio italiano sorretto da partiti fatiscenti e cancellare per sempre una società diseguale, uno stato inefficace e inefficiente, per ricostruirlo dalle fondamenta su basi diverse, più consone alle esigenze collettive della comunità nazionale. Allo stesso tempo dimostrare cifre alla mano (in questo caso sì) che il PD e il PDL seguitano la loro folle corsa verso l’auto-distruzione. Tant’è vero –calcolo ragionieristico oggettivo- che il PD perde il 43% dei consensi ottenuti nel 2008 su scala nazionale; e il PDL perde addirittura il 65% dei voti raccolti nel 2008. Questo dato illuminante consente al mio quotidiano surrealista di pubblicare la notizia (con editoriale chiesto al prof. Diamanti) aperto dal seguente titolo: “Berlusconi eclissato: prosegue l’emorragia di voti nel PDL esplosa alle politiche. Il PD vince ai numeri ma non controlla più la società: lascia sul tappeto 295.164 voti, questo è il numero degli elettori che hanno scelto di non votarlo più.

Il dato oggettivo delle amministrative è il seguente; osservatelo con attenzione:

PD: 26,26% 2013. Nel 2008 aveva preso il 34,03%.
PDL: 19,21% 2013. Nel 2008 aveva preso il 36,57%.
A me sembra che gli elettori abbiano parlato molto chiaramente. Da aggiungere, infatti, il dato che, in casa PD, nel 78% dei casi, le personalità elette sono esponenti della società civile scollati dalla burocrazia centrale, spesso contrari a questo governo e in netta opposizione a Letta, Franceschini, e in antagonismo alla segreteria attuale. Luca Zingaretti (un politico davvero abile che conosce molto bene la sua professione ed è un abile stratega) ha sostenuto invece Ignazio Marino ed evidentemente gestirà a nome del PD “il post-elezioni diamantino”. Pochi hanno ricordato che Marino stava quasi per essere buttato fuori dal partito in quanto fiero sostenitore di Rodotà, dell’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, della necessità della trasparenza, dell’immediato taglio dei costi alla politica, e addirittura sostenitore a livello nazionale dell’abolizione delle sovvenzioni all’editoria e giornali. Praticamente il programma del M5s. Lo ha addirittura dichiarato apertamente in conferenza stampa, rifiutandosi di nominare i burocrati. Ha deciso di non mettere il simbolo del partito per non far scappare via gli elettori. Se andate su facebook e andate a leggere i commenti di tanti piddini romani (anche nomi molto noti) noterete che sono in molti ad affermare che è bene che la direzione nazionale capisca che la vittoria di Marino a Roma non ha nulla a che fare con questo PD.
Tutto ciò per spingere i lettori più intelligenti a meditare, dedicare dei pensieri e dibattere sui risultati elettorali delle amministrative, pensando a come gestire il dopo-elezioni.
Perché lì vince la Politica. Lì vince chi ha una solida strategia, chi è lungimirante, chi si sottrae alle fantasie ragionieristiche piccolo-borghesi dei numeri e ne trae le dovute conseguenze.
Ciò che il paese ha confermato è la bocciatura dell’attuale classe politica dirigente.
Gli elettori non sono andati di corsa a votare per il M5s perché il movimento –e ne è consapevole - non era in grado di poter esprimere una efficace, competente, adeguata classe dirigente da presentare in alternativa all’attuale quadro fatiscente offerto da PD e PDL. Non è ancora il momento.
Su questo è necessario lavorare nel dopo-.elezioni.
Viviamo come pesci dentro un acquario, ammaliati dalla nostra mitomania che ci fa pensare di essere luminescenti animaletti che scorrazzano nei mari del Pacifico Meridionale. Non è così.
Viviamo dentro un falso perenne: è la condizione del Paradosso della Surrealtà.
Il PDL che ruota tutto intorno al grande comunicatore Berlusconi crolla perché non arriva nessuna comunicazione: il mittente è diventato afono, vecchio, intorpidito; soprattutto non ha nulla da comunicare a nessuno. Forse neppure a se stesso.
Il risultato è paradossale.
E così, dunque, va letto.
Hanno vinto gli italiani che lentamente si stanno svegliando. All’astensione va aggiunto, infatti, anche il calcolo di schede bianche e nulle che porta il dato nella città di Roma a un 39,8% di voti validi. Più chiaro di così, si muore.
Stiamo sulla strada giusta, quindi. E’ legittimo essere ottimisti.
E’ fondamentale saper gestire il dopo-elezioni e sottrarsi alla falsificazione dei media che disperatamente stanno cercando di nascondere i propri scheletri nell’armadio, ormai con le ante aperte e il popolo italiano che sornione, osserva lo spettacolo divenuto pubblico.

Siamo soltanto all’inizio.