sabato 30 novembre 2013

Palazzo Grazioli, il condomino Berlusconi non paga l’affitto a FI. E cerca casa. - Carlo Tecce

Palazzo Grazioli, il condomino Berlusconi non paga l’affitto a FI. E cerca casa


Negli ultimi sette mesi non è stato pagato il canone delle sale occupate dal parlamentino del Pdl. Il tesoriere smorza le polemiche: "Abbiamo sforato di qualche giorno". Ma il padrone di casa li denuncia per morosità.

Non è senatore neanche a casa sua. Il decaduto Silvio Berlusconi lo sfrattano pure dal “parlamentino” di palazzo Grazioli, un emiciclo di legno intagliato che ha ospitato memorabili conferenze stampa, riunioni plenarie e simulazioni di governo. Perché il conte Emo Capodilista, ereditario assieme a Saverio (detto Lallo) Caravita di Sirignano, ha denunciato il defunto Pdl per morosità: abusivi, non pagano l’affitto da sette mesi, occupano l’aula di un finto Montecitorio, l’ex redazione del Mattinale (primo Piano) compreso l’ufficio di Paolo Bonaiuti e spergiurano di aver disdetto il contratto. E poi il fatidico 27 novembre dopo le fatidiche 17:42 e 30 secondi, il sofferente Berlusconi ha radunato le truppe di Forza Italia proprio nel “parlamentino”. Il tribunale civile di Roma dovrà valutare il danno.
Tra scissioni e riesumazioni, il tesoriere ha bloccato i bonifici: “Quanto sono pignoli, sciocchezze!”, assicura Maurizio Bianconi, toscano, cassiere. E l’avvocato (e deputato) Ignazio Abrignani, costretto a negoziare spiccioli, non vuole passare per taccagno: “Vi posso anticipare che l’accordo è vicino. Non capiamo l’azione di Capodilista. Abbiamo sforato di pochi giorni…”. D’un colpo, l’impunità di Silvio da Arcore evapora.
Ora va scoperto il Cavaliere parsimonioso, che non vuole saldare arretrati di un partito gestito da un tale Angelino Alfano e che la fidanzata Francesca Pascale ha iniziato al risparmio casalingo: inaccettabili i fagiolini a 80 euro per un chilogrammo. E così Berlusconi ha spedito l’architetto Gianni Gamondi in missione per le residenze più blasonate di Roma: caccia alla nuova magione, riservata, immune ai fotografi e ai giornalisti.
LA SCARSA PASSIONE per il giardinaggio di Francesca e Mariarosaria Rossi, senatrice e badante, ha scosso il pigro Silvio. L’episodio viene ricordato come determinante. Le virtù di palazzo Grazioli impongono che i fiori siano cambiati quasi ogni settimana, sempre freschi, impettiti, in salute. Per limare un piccolo spreco, Francesca e Mariarosaria ordinano pacchi di gerani di plastica, talmente ben truccati che il botulino è roba da dilettanti, e i commessi li sistemano nel cortile: la furia dei vicini, fra principi senza regno e duchi senza ducati, non va scritta perché andrebbe ascoltata. Evitato un trauma al barboncino Dudù, molto amico di un pari taglia di Saverio Caravita di Sirignano, Pascale era pronta al trasloco, a liberare anche il piano nobile con balcone su via del Plebiscito dove Berlusconi ha un paio di uffici e segretarie, tre sale da pranzo e dieci camere da letto. Addio Palazzo Grazioli, addio ricordi con Gianpi Tarantini e Patrizia D’Addario e con gli ex illustri coinquilini: il dalemiano Claudio Velardi e la tivù dalemiana, Red.
CALMA, IL CAVALIERE ha predicato calma. Perché il fidatissimo Gamondi, scultore di ville berlusconiane da Antigua a Lampedusa sino a Villa Certosa, non ha trovato il pezzo giusto più che il prezzo: adesso ha occhi solo per Palazzo Taverna. Per un po’ di pigrizia, raccontano gli amici di Fininvest, Silvio s’è fatto sfuggire il Pecci-Blunt, il palazzo con lo sguardo al Campidoglio. Dove Denis Verdini, anni fa, riuniva avventurieri e (Marcello Dell’Utri) per cercare di arrivare alla Consulta chiamata a decidere sul prezioso Lodo Alfano. Ma il Cavaliere, forse, avrà preferito ignorare quei mattoni pregiati e storici che sanno di sconfitta. Le ispezioni di Gamondi vanno avanti, piano: il decaduto non vuole abbandonare la Capitale, anche se non vuole più confondere politica e Pascale: “Per gli incontri di Forza Italia – rivela soddisfatto Abrignani – il presidente ci ha più volte consigliato di vederci nella sede di San Lorenzo in Lucina. Io sono felice perché l’ho scelta io. Ha apprezzato molto: è comoda, elegante, ma non di lusso; grande, ma non enorme; organizzata, ma non dispersiva. E dunque non andremo più a Grazioli”. 
Ovvio, non pagate da sette mesi… “Sì, mi sembra un’analisi corretta”, aggiunge Abrignani. Per i servizi sociali o i domiciliari, anche su suggerimento di Francesca, Berlusconi ha indicato Roma. Il prossimo palazzo dovrà avere un cancello molto imponente, numerose entrate, più verde (chissà se sintetico) e, soprattutto, tanta erba per Dudù. Dismesso da senatore e dismesso il “parlamentino”, il Cavaliere parsimonioso ricomincia da Roma 2.

L’HAI “LETTA” L’ULTIMA? - Gianni Gambarotta

LETTA E SACCOMANNI images


IL GOVERNINO LETTA-LECCA STANZIA 120 MILIONI DI EURO A FAVORE DEI GIORNALONI E APPENA 40 PER I POVERI – I FONDI ALL’EDITORIA ANDRANNO A CALTARICCONE, DE BENEDETTI, RIFFESER, CONFINDUSTRIA, CORRIERE…

I buoni titoli e gli amichevoli articoli sui giornali piacciono anche a Letta & company. La cifra che dovrebbe alimentare un fondo per aiutare le persone con difficoltà economiche sarà attinta dalle cosiddette pensioni d’oro…

Il governo di Enrico Letta ha deciso di reintrodurre il prelievo (ribattezzato con la parrocchiale definizione di contributo di solidarietà) sulle cosiddette pensioni d'oro. La misura era già stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale in quanto contrasta con il principio della generalità della legge contemplato nella nostra Carta repubblicana e fondamento dello Stato di diritto che segna una demarcazione rispetto alle monarchie assolute e le dittature.
Ma si sa, per quelli di sinistra il diritto bisogna che lo rispettino gli altri: se tocca a loro se ne infischiano. Dunque ecco la tassa extra sulle pensioni d'oro che, secondo le aspettative e in attesa di una nuova pronuncia della Corte, dovrebbe fruttare 40 milioni di euro. Cifra che dovrebbe alimentare un fondo per aiutare le persone in condizioni di povertà.
Massimo Mucchetti e Francesco Gaetano CaltagironeMASSIMO MUCCHETTI E FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE
Lo stesso governo Letta ha anche deciso di stanziare 120 milioni di euro a favore dell'editoria. Il settore e in difficoltà innegabili. Ma lo sono anche tanti altri e non ricevono le stesse graziose elargizioni. Ma che cosa volete farci? I buoni titoli e gli amichevoli articoli sui giornali piacciono anche a Letta & c. Dunque ecco i 120 milioni. Ma a chi vanno con precisione? Che cosa si intende esattamente per editoria? Facile rispondere: questi soldi se li divideranno Caltagirone, De Benedetti, Riffeser, Squinzi-Confindustria e i signorini del salottino buono che stanno mandando per aria la Rcs (Corriere della Sera).
y 2bag02 andrea monti riffeserY 2BAG02 ANDREA MONTI RIFFESER
Insomma: i padroni dei giornali e assimilati. Straordinario: 120 milioni per dei signori incapaci di trovare un futuro per le loro case editrici e 40 milioni per i poveri. Sbaglio o c'è qualcosa di stridente in questue due decisioni governative?
CARLO DE BENEDETTI DA FABIO FAZIOCARLO DE BENEDETTI DA FABIO FAZIO

Finanziamento ai partiti, la Corte dei Conti: “Dal 1997 leggi incostituzionali”.

Corte dei Conti

Il Procuratore del Lazio Raffaele De Dominicis, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale di tutte le leggi emanate, in difformità con il referendum dell’aprile 1993. La decisione è stata presa nell'ambito dell'indagine sull'ex cassiere della Margherita Luigi Lusi. Staderini (radicali): "Confermata truffa con destrezza".

Il Procuratore del Lazio della Corte dei Conti, Raffaele De Dominicis, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale di tutte le leggi, a partire dal 1997, che hanno reintrodotto il finanziamento pubblico dei partiti, per averlo fatto in difformità con quanto proclamato dai cittadini con il referendum dell’aprile 1993. 
La decisione – ha reso noto lo stesso procuratore nel corso di un incontro con i giornalisti a margine dell’udienza di parificazione del rendiconto della Regione Lazio – è stata presa nell’ambito dell’indagine istruttoria aperta nei confronti dell’ex amministratore-tesoriere della Margherita, Luigi Lusi, sotto processo anche penalmente per illecite sottrazioni di denaro pubblico.
Ricordando che i cittadini, in occasione del referendum fornirono “una risposta decisamente negativa in relazione alla persistenza delle erogazioni di contributi statali a beneficio dei partiti politici e dei movimenti e/o gruppi ad essi collegati”, la questione di legittimità viene sollevata visto che le disposizioni successive al ’97 “sono da ritenersi apertamente elusive e manipolative del risultato referendario, e quindi materialmente ripristinatorie di norme abrogate”.
Per la Corte dei Conti, quindi, “tutte le disposizioni impugnate, a partire dal 1997 e, via via riprodotte nel 1999, nel 2002, nel 2006 e per ultimo nel 2012, hanno ripristinato i privilegi abrogati col referendum del 1993, facendo ricorso ad artifici semantici, come il rimborso al posto del contributo; gli sgravi fiscali al posto di autentici donativi; così alimentando la sfiducia del cittadino e l’ondata disgregante dell’antipolitica”.
Dalla normativa contestata, poi, deriva per il procuratore De Dominicis “la violazione del principio di parità e di eguaglianza tra i partiti e dei cittadini che, per mezzo dei partiti stessi, intendono partecipare alla vita democratica della Nazione. Infatti, – continua il procuratore – i rimborsi deducibili dal meccanismo elettorale risultano estesi, dopo il 2006, a tutti e cinque gli anni del mandato parlamentare, in violazione del carattere giuridico delle erogazioni pubbliche, siccome i trasferimenti erariali, a partire dal secondo anno, non solo si palesano come vera e propria spesa indebita, ma assunti in violazione del referendum dell’aprile 1993″. La differenziazione degli importi dei rimborsi dopo il primo anno dalle elezioni “si configura arbitraria e discriminatoria perché consolida la posizione di vantaggio solo di quei partiti che hanno raggiunto la maggioranza politico-parlamentare”.
“Una truffa continuata con destrezza ai danni del popolo italiano e della Costituzione, organizzata dai partiti attraverso il Parlamento”, afferma con nettezza ancora maggiore il radicale Mario Staderini, commentando il documento della Corte dei Conti. “Quella che sino ad oggi era un’accusa politica diventa finalmente -seppure con venti anni di ritardo- una sacrosanta accusa giuridica nei confronti della partitocrazia italiana”.

venerdì 29 novembre 2013

«Fonsai: 451 mila euro a La Russa allora ministro» La replica: «Pagamenti di vecchie fatture»

Parcelle pagate dalla compagnia dei Ligresti tra 2009 e 2010.

Tra il 2009 e il 2010, quando era ministro della Difesa, Ignazio La Russa avrebbe percepito dal gruppo Fonsai 451 mila euro come «parcelle spese sinistri» e «altre prestazioni di servizi». È quanto emerge dagli atti dell’inchiesta di Milano - secondo quanto scrive la Repubblica - che vede indagati Salvatore Ligresti e Giancarlo Giannini per corruzione. Anche il figlio dell’ex ministro, Geronimo, avrebbe ricevuto parcelle professionali dal gruppo per un totale di 211mila euro. Analogo trattamento economico per il fratello del parlamentare di Fratelli d’Italia, Vincenzo, per un totale di 300mila euro.

LE PARCELLE - Le parcelle di La Russa, che non è indagato ed ha uno studio legale a Milano, emergono da un documento dell’Isvap in cui figurano i pagamenti fatti a parti correlate da Fonsai nel biennio 2009-2010. Dall’atto, frutto del lavoro ispettivo dell’authority, emerge che nel 2009 La Russa percepì dalla compagnia dei Ligresti e dalla sua controllata Milano Assicurazioni circa 297.400 euro, a cui si aggiunsero altri 153.600 euro nel 2010. La Russa è considerato parte correlata in quanto fratello di Vincenzo, allora consigliere di Fonsai, nonché padre di Geronimo, ex amministratore della controllante Premafin. L’Isvap rileva anche che nello stesso biennio Vincenzo La Russa percepì da Fonsai a titolo di «parcelle spese sinistri» circa 300 mila euro mentre l’allora quasi trentenne Geronimo La Russa, fatturò 211 mila euro tra «parcelle spese sinistri» e «altre prestazioni di servizi». Che i La Russa lavorassero molto con le società dei Ligresti è emerso con chiarezza a partire dal 2011, quando la Consob ha obbligato le società quotate a un maggior livello di trasparenza sui rapporti economici con parti correlate, quali sono gli amministratori, per neutralizzare i rischi di conflitti di interesse e di indebiti benefici. Dalle relazioni sulle remunerazioni per gli esercizi 2011 e 2012 delle società dei Ligresti emerge infatti che Vincenzo La Russa ha percepito complessivamente da Fonsai 1,094 milioni di euro (di cui 907 mila per prestazioni professionali e il resto come emolumento da consigliere). Una cifra vicina agli 1,1 milioni è stata versata da Premafin a Geronimo La Russa, anche in questo caso in gran parte (1,054 milioni) per «prestazioni professionali rese dallo Studio Legale La Russa» a Fonsai e a sue controllate. I servizi fatturati dalla famiglia La Russa alle compagnie dei Ligresti erano stati in passato oggetto di polemiche.
LA REPLICA DI LA RUSSA - Sentito telefonicamente, Ignazio La Russa replica così: 
«Mi meraviglia questo clamore - afferma - da avvocato ho intrattenuto rapporti con il gruppo Fonsai fin dal 1978». Ma tra il 2009 e il 2010 era ministro: «Da quando sono diventato ministro ho interrotto le mie attività professionali». E allora quei soldi? «Evidentemente si tratta di pagamenti per vecchie fatture incassati successivamente». Il ruolo di suo figlio e di suo fratello? «Si tratta di professionisti, che fanno il proprio lavoro, e che non vanno confusi o associati a me». Anche in passato ci sono state polemiche per le attività professionali della famiglia La Russa remunerate da società del gruppo Ligresti. Nel 2012, l’allora ministro, emanò un comunicato: «La collaborazione professionale degli studi legali La Russa con SAI S.p.A. è iniziata assai prima che in SAI S.p.A. entrasse il Gruppo Ligresti e che dura quindi continuativamente ormai da circa 40 anni». Per La Russa l’entità dei compensi percepiti dal fratello e dal figlio nel 2011 è «lecita» nonché, «modesta dedotte tasse, spese di studio e dei colleghi collaboratori». L’esponente di Fratelli d’Italia aveva anche assistito Salvatore Ligresti nel corso della trattativa con Unipol per l’integrazione dei due gruppi. «Io faccio l’avvocato - aveva affermato in occasione di un incontro in Mediobanca nel marzo del 2012 -. Da ministro mi sono astenuto dall’esercitare la professione e ora il mio studio può riprendere il mio apporto».

Monumento ai decaduti. - Marco Travaglio.



http://www.serviziopubblico.it/articolo/dettaglio/4013/page/3?cat_id=10

Sardegna: niente fondi, dai venditori di fumo. (#lettamente).

Attenzione: venditori di fumo all'orizzonte!
Dopo i disastri in Sardegna il Governo ha attivato la sua macchina del fumo, sbandierando su tutte le gazzette che il fondo per le calamità naturali sarà rimpinguato dai 68 milioni derivanti dal taglio al finanziamento pubblico ai partiti. Compiaciuta approvazione generale... peccato non sia vero nulla.
I 68 milioni per gli alluvionati, fiore all'occhiello del sottosegretario Legnini:

1) Non vanno alla Sardegna;
2) Non sono 68 ma 60
3) Il taglio al finanziamento ai partiti non è di questo Governo.
Proviamo a spiegare. Il famigerato taglio al finanziamento pubblico è stato fatto dal governo Monti nel 2012, mentre il governo Letta non ha ancora fatto un bel nulla in proposito: la sua #leggetruffa dorme in Senato e chissà quando si sveglierà.
La legge Monti, inoltre, già vincolava la destinazione dei fondi ai territori sconquassati dalle calamità naturali -o dall'urbanizzazione ad minchiam- a partire dal 2009. Quindi Marche, Lucca, Massa Carrara, Genova, La Spezia, Toscana, L'Aquila, Calabria e Basilicata. Di Sardegna non c'è menzione, dato che non avevano la palla di vetro (anche se quando si parla di dissesto idrogeologico il futuro è purtroppo certo...)
Ma la cosa più grave è che il governo Letta ha scippato quasi 8 milioni, 7.629.845 per la precisione, ai territori colpiti dalle calamità naturali: il comma 251 del maxiemendamento alla legge di stabilità dispone che dei 68 milioni previsti (e declamati da Legnini) 8 sono destinati a "interventi strutturali di politica economica". In due parole: fare cassa!
comma251.jpg
La notizia vera sarebbe quindi: "Abbiamo grattato 8 milioni agli alluvionati". Scommettiamo che non la sentirete in nessun TG?

ATTENZIONE !! Equitalia: se la multa arriva per raccomandata è nulla!

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Equitalia: se la multa arriva per raccomandata è nulla!

Migliaia di cartelle esattoriali di Equitalia sarebbero annullabili per effetto di alcune sentenze pronunciate dalle Commissioni Tributarie di varie province d’Italia.

A dare speranza ai tanti che in si trovano ad avere a che fare con la temutissima società di riscossione è un vizio di forma riscontrato dai tribunali: Equitalia, infatti,non sarebbe autorizzata a inviare direttamente notifiche di pagamento. Secondo l’articolo 26 del D.P.R. n. 602 del 1973, infatti, tali comunicazioni possono essere fatte soltanto dai soggetti legittimati e autorizzati, e l’articolo appena citato elenca, per filo e per segno, questi stessi soggetti: ufficiali di riscossione, messi comunali o agenti di polizia municipale (negli ultimi due casi per rendere valida la notifica è necessaria la stipula di una convenzione tra Comune e concessionario). Tutto ciò che non rientra in queste categorie non è autorizzato alla notifica diretta. Equitalia, sinora, era ricorsa alla notifica tramite raccomandata perché il primo comma dell’articolo 26 (che reca le disposizioni sulla “Notificazione della cartella di pagamento“) prevede la possibilità dell’invio postale con ricevuta di ritorno all’interessato: come hanno dimostrato diverse pronunce (CTP Lombardia n. 61/22/10, CTP Lecce n. 909/5/09, Tribunale di Rossano 08/01/2008), però, le comunicazioni postali sono concesse, anche in questo caso, solo ed unicamente agli agenti di riscossione: nessuna possibilità, quindi, che a farlo sia un altro soggetto.

I cittadini che hanno ricevuto, negli anni scorsi, le vituperate cartelle di Equitalia tramite raccomandata, si stanno facendo forti di queste sentenze e hanno cominciato a far arrivare alla società di riscossione una valanga di ricorsi da tutta Italia, con buone possibilità, visti i precedenti, di ottenere ragione da vari Tribunali d’Italia.