giovedì 1 maggio 2014

Derivati, firme false e dichiarazioni “estorte”, la sentenza Eurobox che condanna Unicredit. - Fiorina Capozzi e Gaia Scacciavillani

Derivati, firme false e dichiarazioni “estorte”, la sentenza Eurobox che condanna Unicredit


Il verdetto di primo grado del Tribunale civile di Salerno non è bastato a salvare l'azienda di imballaggi dal fallimento, ma ha fatto un po' di luce sul rapporto tra banche, imprese e finanza tossica. Anche se i quasi 2 milioni di euro oltre agli interessi e alle spese legali che l'istituto milanese è stato condannato a restituire, difficilmente ridaranno un lavoro alla quarantina di ex dipendenti della famiglia Mignano.

Troppo tardi. La sentenza di primo grado del Tribunale Civile di Salerno che il 19 febbraio 2014 ha dato ragione alla Eurobox contro Unicredit, se mai avesse potuto farlo, non è riuscita salvare dal fallimento la società di imballaggi metallici arrivato il 13 marzo scorso. Ma almeno ha fatto un po’ di luce sul rapporto tra banche, imprese e derivati che, in questo caso, è passato anche attraverso firme false e autorizzazioni “estorte”. Anche se i quasi 2 milioni di euro oltre agli interessi e alle spese legali che la banca è stata condannata a restituire a Eurobox, difficilmente ridaranno un lavoro alla quarantina di ex dipendenti della famiglia Mignano che all’inizio della storia, nel 1999, lavoravano per una piccola, ma promettente realtà imprenditoriale (31mila euro di utili su 5,8 milioni di euro di fatturato, con un debito bancario di 1,2 milioni) e che ora sono in mezzo ad una strada. Per di più in una regione, la Campania, dove il lavoro è una merce rara.
La storia è scritta nero su bianco nella sentenza che ilfattoquotidiano.it ha potuto consultare e secondo la quale i contratti con cui Unicredit ha venduto 28 derivati alla Eurobox tra il 2000 e il 2004, non sono validi. Si tratta di prodotti finanziari altamente sofisticati e rischiosi che, lamenta l’azienda, “a dire della banca avrebbero eliminato ogni rischio e assicurato la ‘copertura’ relativa agli affidamenti concessi (quasi 3 milioni di euro, ndr)”. Ma che hanno invece “avuto esiti ampiamente negativi, causando alla società perdite incalcolabili, pari a circa 4 milioni di euro per il solo danno emergente, comprensivo della sorta capitale persa e degli interessi addebitati”, come si legge nel documento nella parte dedicata alle rivendicazioni di Eurobox.
LA FIRMA APOCRIFA SUI CONTRATTI - Alla base delle operazioni, i contratti quadro siglati dalle parti e dai quali dipende la validità delle successive operazioni, ma anche la relativa dichiarazione di operatore qualificato sottoscritta dalla società. Ed è proprio qui che mettono il dito i giudici avallando la posizione di Eurobox. Perché dei due contratti quadro prodotti dalle parti uno è risultato “a firma apocrifa”, quindi falso, in seguito a un accertamento di autenticità mediante consulenza grafica d’ufficio “che ha concluso per la natura apocrifa della firma disconosciuta” dal rappresentante legale della società. E, dunque è “da ritenersi inesistente”. Invece per quanto riguarda il secondo, non disconosciuto, i giudici notano che le operazioni poi realizzate non sono affatto quelle indicate nell’accordo, ma al contrario “presentano caratteristiche strutturali molto più complesse”. In sostanza “la funzione del contratto quadro, consistente nel regolamentare operazioni elementari che la banca avrebbe posto in essere sulle oscillazioni dei tassi di cambio, non ha alcuna attinenza con i prodotti finanziari posti in essere altamente sofisticati e difficilmente comprensibili, basati su di una ‘complessa combinazione di opzioni, parte in acquisto e parte in vendita’ che divenivano sempre più ‘criptici’ e scarsamente trasparenti (…) tanto da vanificare la funzione di copertura”, come scrivono i magistrati sintetizzando la ricostruzione del consulente tecnico d’ufficio. Dall’inquietante ricostruzione, la conclusione circa “la nullità delle operazioni finanziarie, che risulta supportata dall’inesistenza di un contratto quadro sia per i derivati appartenenti alla categoria swap, data la falsità della firma sul contratto quadro disconosciuto, sia per i derivati riconducibili alle opzioni strutturate, data la discrasia tra la previsione relativa all’oggetto dei contratti specifici contenuta nel programma del contratto quadro non disconosciuto e le operazioni in titoli, di tutt’altra natura, concretamente poste in essere”.
E L’ESTORSIONE DELLA DICHIARAZIONE DI COMPETENZA FINANZIARIA - Ma non finisce qui. C’è anche la questione della dichiarazione di “operatore qualificato”. Unicredit, infatti, si era appellata all’artico 31 del Regolamento Consob in base al quale, tra il resto, la nullità dei servizi prestati da un intermediario senza un contratto non si applica nei rapporti tra intermediari autorizzati e operatori qualificati. Definizione, quest’ultima, che oltre agli operatori finanziari include “ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentate”. Permettendo così alla banca di effettuare transazioni su derivati senza preventive autorizzazioni da parte del cliente. E qui ricasca l’asino. Tra i documenti agli atti c’è infatti una prima dichiarazione di operatore qualificato che “è uno dei tre documenti disconosciuti e risultati a firma apocrifa. Come tale da ritenersi inesistente”, si legge ancora nel documento. Ce n’è poi una seconda, datata 26 aprile 2001, che però, sempre secondo i giudici “è stata indotta dalla banca, la quale era perfettamente a conoscenza della sua contrarietà al vero”. La prova l’ha fornita la testimonianza di un quadro direttivo dell’allora Unicredit Banca d’Impresa che all’epoca era gestore dei rapporti tra la banca e le imprese clienti. “Il teste ha confermato di aver chiesto alla società di dichiararsi operatore qualificato contestualmente alla stipula dei contratti swap nell’anno 2000; ha aggiunto che la società Eurobox srl aveva comunicato alla banca, sin dall’inizio del rapporto, la non conoscenza degli strumenti finanziari ed in particolare dei contratti swap e di aver illustrato di quali prodotti si trattasse, la loro struttura ed i rischi”. E se l’organo amministrativo della società non era in grado di capire il funzionamento degli strumenti più semplici, è la deduzione dei giudici, “a maggior ragione non poteva avere alcuna capacità di comprensione della complessa struttura delle altre e più sofisticate operazioni”.
LA CONDANNA E IL RISARCIMENTO - Da qui la condanna a Unicredit alla restituzione di 1.985.670 euro alla società “ a titolo di indebito oggettivo conseguente alla nullità delle operazioni in derivati”, oltre agli interessi, alle spese processuali nonché a quelle della consulenza tecnica d’ufficio. Niente da fare, invece, per quanto riguarda la richiesta di risarcimento dei danni subiti (quantificati in 2 milioni) in conseguenza primo delle operazioni nulle, secondo del ritiro degli affidamenti e, terzo, delle segnalazioni che Unicredit aveva fatto alla Centrale Rischi della Banca d’Italia. Questo a causa di questioni meramente tecniche. Per quanto riguarda il primo punto, il rifiuto è motivato proprio della nullità del contratto che esclude la responsabilità precontrattuale. Sulle conseguenze del ritiro degli affidamenti, il no dei giudici al risarcimento è invece motivato dal fatto che Eurobox, appellandosi al recesso immotivato da parte della banca, non ha assolto all’onere di “enunciare le ragioni della sua tesi e fornire la prova del canone di buona fede e del danno risarcibile”. L’azienda avrebbe infine dovuto documentare adeguatamente anche la segnalazione alla Centrale Rischi in quanto il tabulato fornito è inutilizzabile “trattandosi di documento prodotto da una parte già decaduta dalla facoltà processuale e stante l’opposizione della controparte alla sua introduzione nel processo”. E così il risarcimento è stato rigettato.
IL “PADRE” DEL COMMERCIO ITALIANO DEI DERIVATI, PIETRO MODIANO - Se ne riparlerà, probabilmente, in sede penale, dove l’ex imprenditore Rino Mignano ha presentato denuncia contro i vertici di Unicredit per usura su derivati e conti correnti. La prima udienza è in calendario per il prossimo 6 maggio. E scriverà un altro capitolo di una storia che ha dell’incredibile con una banca che presenta in Tribunale documenti con firme false e un’azienda che cade sui derivati fabbricati dalla divisione di Unicredit all’epoca dei fatti guidata da Pietro Modiano, oggi alla guida della Sea, la società che gestisce gli aeroporti di Milano, e della Carlo Tassara, l’indebitata holding del finanziere Romain Zaleski che non fa dormire sonni tranquilli ai banchieri, a partire dalla Intesa SanPaolo di Giovanni Bazoli. Del resto lo stesso Modiano – che ha guidato Unicredit Banca Mobiliare dal 1999 al 2004 e Unicredit Banca d’Impresa dal 2003 al 2004 – aveva ampiamente riconosciuto gli errori della commercializzazione dei prodotti finanziari strutturati ammettendo tra il resto che “ci sono situazioni in cui si sono fatti errori e quindi si deve riparare”.
Il caso della Eurobox ricorda molto da vicino quello della Divania, l’azienda pugliese per il cui fallimento del giugno 2011 la Procura di Bari ha recentemente chiamato in causa i derivati di Unicredit accusando di bancarotta i vertici e gli ex vertici della banca milanese, a partire dall’ex ad Alessandro Profumo oggi al Montepaschi e dall’attuale numero uno, Federico Ghizzoni
La perizia di parte redatta dal consulente Roberto Marcelli racconta che Eurobox nel 1999 era una piccola azienda “in forte espansione, operante nel settore dello scatolame pressoché esclusivamente sul territorio nazionale”. Poi sono arrivati i derivati per coprire esposizioni sul dollaro che in realtà l’impresa aveva solo in minima parte rispetto al proprio fatturato. E, sempre secondo il perito di parte per il quale in Italia i “derivati creativi” siano stati venduti a 35mila aziende, “la banca ha condizionato il mantenimento e l’estensione delle linee di credito della società, alla sottoscrizione dei contratti derivati: in più circostanze si è riscontrata la concomitanza delle due operazioni”. La conclusione, scrive il perito, è arrivata “quando si è raggiunto il limite della capacità di credito del cliente” e l’istituto di credito ha proposto alla società un ultimo prodotto per il progressivo rientro. Ma l’imprenditore si è rifiutato di pagare per la chiusura dell’ultimo derivato. Così Unicredit ha segnalato Eurobox alla Centrale di rischi facendo scattare in automatico le richieste di rimborso di tutti i finanziamenti concessi all’impresa. A quel punto, l’azienda, che ha continuato industrialmente a funzionare (nel 2012 ancora produce utili per 1.500 euro su 90mila euro di fatturato, ma ha accumulato debiti per quasi 11 milioni e ha un patrimonio netto negativo con 8 milioni di perdite riportate a nuovo), è entrata in crisi di liquidità.

mercoledì 30 aprile 2014

La Cassazione: il Parlamento è incostituzionale.




"Il Parlamento e Napolitano sono anti costituzionali. 
La Cassazione dà ragione al M5S sull'incostituzionalità del Parlamento dopo la sentenza n.1/2014 ammazza Porcellum della Consulta, allo stesso tempo ci dà ragione sull'obbligo costituzionale, disatteso da Napolitano, di sciogliere le Camere in tempi brevi. 

In sostanza la Suprema Corte, nella sentenza promossa contro il Porcellum e dalla stessa rimandata alla Consulta, sostiene il concetto più volte ribadito dal M5S che se le Camere sono state elette con una legge incostituzionale, allora esse devono essere rimosse e sostituite. 
E ciò perché il principio di continuità degli organi costituzionali può consentire una dilazione dei tempi dello scioglimento per consentire alle Camere, per esempio, di modificare proprio la legge elettorale; non consente però di portarle avanti fino alla fine naturale della legislatura. Il titolare, però, del potere di effettuare tale valutazione è il Capo dello Stato.

Scalfaro avrebbe sicuramente sciolto, 
Napolitano da monarca qual è, è del tutto insensibile su questo tema. 
L'Italia deve tornare ad essere un Paese democratico, dove la sovranità appartiene al popolo. 
Napolitano, ormai garante solo della casta, se ne deve andare subito a casa, non prima di aver sciolto le Camere." 
Danilo Toninelli, cittadino portavoce M5S alla Camera

Leggi la sentenza della Cassazione


http://www.beppegrillo.it/2014/04/la_cassazione_il_parlamento_e_incostituzionale_napolitanoacasa.html

martedì 29 aprile 2014

Strage via D'Amelio, Mancino s'avvale facoltà di non rispondere.

Nicola Mancino (foto: ANSA)


Ex ministro chiamato a deporre al processo in corso a Caltanissetta.
L'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, chiamato a deporre al processo per la strage di via D'Amelio in corso a Caltanissetta, si è avvalso della facoltà di non rispondere. L'ex politico Dc, che è imputato al dibattimento sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, doveva essere sentito come imputato di procedimento connesso: tale status gli ha dato la possibilità di astenersi dal testimoniare. 
"Non voglio sottrarmi in alcun modo, ma non voglio interferire su un procedimento in cui non sono stato ancora interrogato", ha detto riferendosi proprio al processo di Palermo sulla trattativa in cui è accusato di falsa testimonianza. Mancino avrebbe dovuto deporre sul suo incontro col giudice Paolo Borsellino avvenuto l'1 luglio 1992, giorno del suo insediamento alla guida del Viminale.

MA MI FACCIA IL PIACERE-Marco Travaglio-Il Fatto Q.-28 aprile 2014



Razzi suoi. “Mio figlio commercia in unghie finte per donna. Ed è bravissimo anche a           montarle sulle dita” (Maria Jesus Razzi, moglie del deputato FI Antonio, Corriere della sera, 24-4). Uno spende tanti soldi per far studiare i figli, ma poi non c'è niente da fare: le soddisfazioni arrivano.

Pacchetto sicurezza. “Non ci sentiamo sicuri in Italia” (Barbara Berlusconi, figlia di Silvio, Vanity Fair Spagna, 23-4). Dev'essere da quando si aggira a piede libero un frodatore fiscale condannato a 4 anni.


Il Piccolo Padre. “Napolitano si fa padre quando dice a Renzi 'ciao Matteo'...” (Tg3, 26-4). “Il Presidente, con il suo pragmatismo riflessivo...” (ibidem). E Donna Rachele, che dice Donna Rachele?

Uomini d'onore. “Desidero non far mancare una parola su come fanno onore all'Italia i nostri due marò ingiustamente detenuti” (Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, nel 49° anniversario della Liberazione, 25-4). Hanno una mira infallibile.

L'accelerato Firenze-Roma. “Ma ora Renzi accelera: 'Avanti come un treno'” (La Stampa, 22-4). Confonde l'Italicum con l'Italicus.


La bella addormentata nel Boschi. “Vorrei tre figli, a volte penso di essere già in grave ritardo. Sono single da un anno, la vita di coppia mi manca. Torno sempre tardi dal lavoro, la casa è sempre vuota, sono lì da sola a bermi una tazza di latte e magari ho passato la giornata a discutere di emendamenti con uno dell'opposizione” (Maria Elena Boschi, deputato Pd e da due mesi ministro delle Riforme, Vanity Fair Italia, 23-4). Qualcuno, per favore, la aiuti. Magari trovandole un fidanzato. O almeno un posto in miniera o alla catena di montaggio.


Gare di burlesque. “I pm: 'Finte infermiere per l'affare milionario di Stamina'” (Corriere della sera, 24-4). Berlusconi: “Ragazzi, com'è che io non ne sapevo nulla?”.

Come passa il tempo. “Confessioni di un finanziere: 'Incasso tangenti per lo Stato'” (Libero, 26-4). Berlusconi: “Ragazzi, com'è che io non ne sapevo nulla?”.


Achille Renzi. “Ma quale misura elettorale: gli 80 euro arrivano dopo le elezioni!” (Matteo Renzi via twitter, Corriere della sera, 24-4). Come l'altra scarpa agli elettori di Achille Lauro.

Schifaiuti. “L'adesione dell'amico Paolo Bonaiuti al gruppo di Ncd conferma lo stato di profonda crisi in cui versa Forza Italia” (Renato Schifani, presidente Ncd, Ansa, 23-4). Vero. Mai, però, come lo stato di profonda crisi in cui versa Ncd dopo le adesioni degli amici Schifani e Bonaiuti.

Schifagcom. “I ridotti tempi di notizia e di parola dedicati al Ncd costituiscono una grave violazione ai principi del pluralismo,della par condicio e della parità di accesso ai mezzi di informazione nei tg e nei programmi di approfondimento Rai, Mediaset e La7” (Schifani in un esposto all'Agcom, 24-4). Schifani che invoca la par condicio: era dai tempi del Sarchia-pone che non si rideva tanto.

Avanti c'è posto. “Abbiamo numeri consolidati e noi di Ncd attendiamo altri arrivi dopo Paolo Bonaiuti” (Schifani, Corriere della sera, 26-4). Si parla di Gianpi Tarantini, Lele Mora e Mariano Apicella.

Sinonimi. “Berlusconi, lunedì partirà la nuova vita da volontario” (il Giornale, 25-4). In effetti le carceri italiane sono sovraffollate di volontari.

Tutto vero. “Prima superiamo Grillo, poi riprendiamo Alfano” (Elisabetta Gardini, europarlamentare FI, Libero, 22-4). Poi ti svegli.

Pirletti. “Quando il Primo Maggio sarà anche la festa dell'impresa, avremo fatto tombola” (Giuliano Poletti, Pd, ex capo delle coop rosse, ora ministro del Lavoro, Sette-Corriere della sera, 25-4). E quando il Primo Maggio sarà anche la festa della tombola, avremo fatto l'impresa.

Pirlenzi/1. “Se Silvio insiste vado in piazza anch'io. Sull'Italicum ho i numeri anche se lui si sfila” (Matteo Renzi, La Stampa, 25-4). I numeri della tombola.

Pirlenzi/2. “Renzi fiducioso: 'Forza Italia rispetterà i patti'” (La Stampa, 26-4). Come sempre, del resto.

Il costituzionalista. “L'Italicum, con il nuovo Senato, è incostituzionale” (Silvio Berlusconi, Porta a Porta, 24-4). È quasi come se l'avesse scritto lui.

Misture. “Marò, rimosso l'inviato De Mistura. Le ministre Mogherini e Pinotti: 'Servono figure nuove'” (Corriere della sera, 25-4). Nel senso di figure di merda.

The must to be place. “Stamina, quando Vannoni cercò di sbarcare a Capo-verde” (La Stampa, 26-4). Poi da Capoverde gli dissero: “Resti pure nel Terzo Mondo”.

Sola andata. “Napolitano: dall'Ue non si torna indietro” (La Stampa, 14-4). Lasciate ogni speranza voi ch'entrate.

Un egiziano a Roma. “Prima gli italiani!” (Manifesto elettorale di Magdi Cristiano Allam, nato al Cairo da genitori egiziani e candidato in Italia con Fratelli d'Italia, aprile 2014). 

Non resta che accontentarlo. Non votandolo

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Una nana bruna da brividi. - Eleonora Ferroni

Rappresentazione artistica della nana bruna WISE J085510.83-071442.5. Crediti: Robert Hurt/JPL, Janella Williams/Penn State University
Rappresentazione artistica della nana bruna WISE J085510.83-071442.5. Crediti: Robert Hurt/JPL, Janella Williams/Penn State University

La sua temperatura si aggirerebbe fra i -48 e i -13 gradi centigradi. Si trova a "soli" 7,2 anni-luce da noi e ciò la rende il quarto sistema più vicino al nostro Sole. Essendo così fredda, la stella è stata osservata all'infrarosso da Spitzer e WISE, risultando invisibile agli altri telescopi.

Usando il Wide-field Infrared Survey Explorer (WISE) e lo Spitzer space telescope della NASA, un astronomo della Pennsylvania State Universtiy ha scoperto quella che sembra essere la nana bruna più fredda mai osservata prima. La stella, ghiacciata quasi come il nostro Polo nord, si trova a 7,2 anni luce da noi ed è la quarta stella più vicina al Sole. Il sistema più vicino alla nostra stella è Alpha Centauri, un terzetto di stelle a circa 4 anni luce di distanza.

Cosa sono le nane brune? Si tratta di stelle troppo piccole per riuscire a innescare la fusione dell’idrogeno, che le farebbe essere delle vere e proprie stelle, ma troppo grandi per potersi considerare a pieno diritto pianeti. Per questo in molti adottano il termine “stelle mancate” riferendosi ad esse. La stella si chiama WISE J085510.83-071442.5 e la sua temperatura si aggirerebbe tra i -48 e i -13 gradi centigradi. Precedentemente erano state trovate altre nane brune fredde, ma sempre a “temperatura ambiente” (che di solito non supera i 20 gradi). La sua massa è stata stimata da 3 a 10 volte quella di Giove, per questo gli esperti hanno anche ipotizzato che possa trattarsi di un gigante gassoso espulso dal nostro Sistema Solare. Se, invece, fosse davvero una stella si tratterebbe di una delle nane brune con la massa più bassa mai scoperta.

I sistemi stellari più vicini al Sole - Crediti: Penn State University

“È molto eccitante scoprire un vicino così ravvicinato per il nostro Sistema Solare”, ha detto Kevin Luhman, astronomo del Center for Exoplanets and Habitable Worlds. “E considerando la sua temperatura estrema, potrebbe dirci molto riguardo le atmosfere dei pianeti, che solitamente hanno temperature altrettanto fredde”, ha sottolineato. Luhman ha però specificato che, nonostante si trovi davvero vicino al Sole, la nana bruna non è un obiettivo appetibile per prossime future esplorazioni e missioni con equipaggio umano proprio a causa delle temperature troppo fredde. ”Questo oggetto è apparso muoversi molto velocemente nei dati WISE – ha aggiunto l’astronomo – questo ci ha suggerito che era qualcosa di speciale”. La spiegazione è semplice: più il corpo da osservare è prossimo alla Terra o, in questo caso, ai telescopi e più sembra muoversi velocemente. Per scovare la nana bruna ghiacciata WISE ha dovuto scandagliare il cielo due volte all’infrarosso, osservando alcune regioni anche tre volte. Questi oggetti possono risultare invisibili se osservati con telescopi che lavorano in luce visibile. Pur essendo molto fredda, invece, il bagliore termico della stella è stato catturato da WISE.
WISE J085510.83-071442.5 è stata osservata per la prima volta nel marzo del 2013 tra alcuni scatti di maggio 2010 e novembre 2010 e subito è stato rilevato il suo muoversi velocemente. Luhman ha poi analizzato ulteriori immagini scattate con Spitzer e il telescopio Gemini Nord sul Cerro Pachon in Cile trovando di nuovo la nana bruna in movimento a giugno 2013 e gennaio 2014. Le osservazioni con Spitzer sono state utili per determinarne la temperatura, mentre i dati combinati di Spitzer e WISE hanno contribuito a rilevare la distanza attraverso l’effetto di parallasse, cioè lo stesso principio che spiega perché un dito della nostra mano sembra spostarsi da un lato all’altro a seconda se guardiamo solo con l’occhio sinistro o destro.

Sempre durante le ricerche del 2013 Luhman, attraverso le immagini di WISE, aveva scoperto una coppia di nane brune molto calde ad una distanza di 6,5 anni luce da noi, e si tratta proprio del terzo sistema più vicino al Sole. La sua ricerca di corpi in rapido movimento ha anche dimostrato che il Sistema Solare esterno probabilmente non possiede un grande pianeta sconosciuto, chiamato “Pianeta X” o “Nemesis”.

Il quartetto galattico. - Nadia Drake

Il quartetto galattico e l'aurora in Alaska

Quartetto galattico
Fotografia per gentile concessione NASA / CXC / SAO (raggi X); Detlef Hartmann (ottico); NASA / JPL-Caltech (infrarosso)

Quattro galassie brillano in questa fotografia diffusa il 23 aprile dal team del Chandra X-ray Observatory della NASA. L'immagine è il risultato di una nuova collaborazione tra fotografi dilettanti e NASA.

In senso orario, partendo dal'immagine in altro a sinistra: la galassia M101 (la "Girandola", nella costellazione dell'Orsa Maggiore), M81 (anche questa nell'Orsa Maggiore), Centaurus A (sede di un enorme getto in eruzione dal suo buco nero centrale) e M51 (la "Galassia vortice").

Le fotografie sono state ottenute dalla sovrapposizione dei dati di Chandra (raggi-X, in in rosa-viola), quelle dello Spitzer Space Telescope (infrarosso, in rosso nelle foto) e le immagini nell'ottico scattate da due astrofotografi.


http://www.nationalgeographic.it/scienza/spazio/2014/04/28/foto/il_quartetto_galattico_e_l_aurora_in_alaska-2116449/4/#media

lunedì 28 aprile 2014

TRAVAGLIO SCATENATO: LADRONI A 5 STELLE.

mani nella marmellata
Beccati. 
Finalmente li hanno presi con le mani nel sacco. 
Ecco cosa nascondono i 5Stelle, ecco perché Grillo e Casaleggio han fondato il MoVimento, ecco perché i grillini fanno politica: per fare soldi. 
La scoperta la dobbiamo ai segugi di Repubblica, che in due giorni han piazzato altrettanti scoop mica da ridere. I titoli parlano da sé: "Una pioggia di euro dagli spot sul blog, ecco la miniera d'oro di Beppe e Casaleggio", "Le ombre nel bilancio dei grillini al Senato". Hai capito quei ladroni? Zitti zitti, mentre tuonano contro i finanziamenti pubblici ai partiti, accumulano un tesoro nella grotta di Alì Babà. 
Come fanno? 
Semplice. 
Il nababbo Gianroberto Casaleggio, la cui società che edita il blog di Grillo (il 77° d'Italia) è sempre andata in perdita e nel 2012 racimolò un utile di 69.500 euro, incassa soldi a palate dalle pubblicità, pagate dagli inserzionisti un tot ogni mille clic.

Quanto? 

Secondo il Sole 24 Ore 5 euro. 
Secondo il titolo di Repubblica 0,92 euro; 
secondo l'articolo di Repubblica 0,64 euro. 
Per un totale annuo di 5-10 milioni secondo il Sole, 
di 570 mila euro secondo Repubblica . 
Se ne saprà di più il mese prossimo, quando sarà pubblicato il bilancio 2014 sul 2013 ("sarà molto migliore del 2013", ha anticipato il guru). 
È vero che non conterrà il dato scomposto del blog di Grillo; ma, essendo questo la principale attività della società, si capirà se l'ordine di grandezza è quello indicato dal quotidiano della Confindustria o da Repubblica. Nel primo caso, sarebbero un bel po' di soldi (peraltro legittimi, per giunta privati). Nel secondo, saremmo poco sopra l'accattonaggio. In ogni caso, la domanda sorge spontanea: siccome è assolutamente pacifico e dichiarato che il blog di Grillo, come peraltro tutti i siti web di questo mondo, si finanzia con gli spot, dove sarebbe il "mistero" dei finanziatori? Basta aprirlo e vedere chi sono gli inserzionisti. Non c'è nulla di meno misterioso di un'inserzione pubblicitaria. Si dirà: ma il blog di Grillo è l'organo ufficiale di un movimento politico. Verissimo. Esattamente come l'Unità ed Europa per il Pd, la Padania per la Lega, e così via (Forza Italia non ne ha bisogno). 
Ma con due lievi differenze. 
1) I giornali di partito incassano fior di milioni dallo Stato, cioè da tutti i cittadini, compresi quelli che non si sognerebbero mai di votare per quei partiti, e senza quella "pioggia di euro", quella "miniera d'oro", fallirebbero all'istante; in più, sulla carta e sul web, fanno pubblicità e incassano altri soldi da inserzionisti privati. Secondo: nessuno mena scandalo per tutto ciò, nessuno pubblica "inchieste" sulla "pioggia di euro" e la "miniera d'oro" degli house organ dei partiti.

Ma attenzione: ora, sempre grazie a Repubblica , conosciamo pure "le ombre nel bilancio dei grillini al Senato". Quali? Tenetevi forte: "affitti da 2 mila euro al mese ai dipendenti della comunicazione" (il prezzo medio di un trilocale al centro di Roma), "pranzo da 6,71 euro consumato il 6 giugno dal senatore Lucidi" nel ristorante di Palazzo Madama" e soprattutto, scandalo degli scandali, "buffet in onore di Beppe Grillo che l'11 luglio 2013 tenne una conferenza stampa al Senato", roba da "114 euro" per 55 persone (il capo e 54 senatori), cioè 2 euro a testa, mica bruscolini. Ed ecco la prova che c'era qualcosa da nascondere: nel rendiconto "per uso interno", il sardanapalesco banchetto fu registrato come "acquisto di panini e bibite per accoglienza Grillo", mentre in quello pubblico c'è scritto "spese di rappresentanza". Capita la furbata?

Dopodiché, astuti come volpi, i 5Stelle potevano papparsi 42 milioni di rimborsi elettorali, invece li hanno lasciati allo Stato; ogni tre mesi potrebbero intascarsi 2,5 milioni non spesi fra diarie e indennità, invece li versano in un fondo per le piccole imprese; potevano pure spartirsi i 420 mila euro avanzati dai contributi raccolti nella campagna elettorale 2013, invece li hanno devoluti ai terremotati dell'Emilia. Ma il movente è chiaro: farsi una gazzosa da 2 euro con Grillo alla facciazza degli italiani. Sporcaccioni.