martedì 17 marzo 2015

Grandi opere, Anm: schiaffi ai giudici Renzi replica: frasi false e tristi.

Grandi opere, Anm: schiaffi ai giudici
Renzi replica: frasi false e tristi


Rodolfo Sabelli critica pesantemente una serie di interventi legislativi che favorirebbero la corruzione, dalla "depenalizzazione del falso in bilancio alla riduzione della prescrizione". Dura risposta del premier.


"Uno Stato che funzioni dovrebbe prendere a schiaffi i corrotti e accarezzare chi esercita il controllo di legalità. In Italia accade il contrario". 
Così il presidente dell'Associazione nazionale dei magistrati Rodolfo Sabelli commenta l'inchiesta di Firenze sulle tangenti sulle Grandi opere. "I pm sono stati virtualmente schiaffeggiati e i corrotti accarezzati", afferma Sabelli. Dura la replica di Renzi: frasi false e tristi.
Il numero uno dell'Anm si riferisce a una serie di interventi legislativi che avrebbero favorito i corrotti, a cominciare dall'epoca di Tangentopoli, per arrivare nel 2002 "alla depenalizzazione del falso in bilancio e nel 2005 alla riduzione della prescrizione". Sabelli conclude quindi: "Chi semina vento raccoglie tempesta". E chiede a "chi ha responsabilità della cosa pubblica" di dare "il buon esempio" perché nel Paese possa "diffondersi la cultura della legalità".

Dura replica del premier Renzi - "Questo governo intende combattere perché in questo Paese non si formi uno stato di polizia ma di pulizia". Così Matteo Renzi alla Scuola superiore di polizia, spiegando che il ruolo dell'Anticorruzione è quello di "eliminare la sporcizia". Ha poi replicato alle accuse dell'Anm: "Lo Stato non dà schiaffi a magistrati e carezze ai corrotti. Sostenere questo è falso e triste". E ha esortato: "Non abbiate paura dell'appartenenza allo Stato".

Slitta l'esame del ddl anticorruzione. Renzi: "Pene aumentate". Emendamento su falso in bilancio

Slitta l'esame del ddl anticorruzione. Il testo, atteso per martedì in Aula verrà esaminato molto probabilmente dall'Assemblea la prossima settimana. Il governo infatti ha presentato il suo emendamento sul falso in bilancio in Commissione Giustizia ma il termine per i subemedamenti è stato fissato a mercoledì prossimo alle 16.
L'emendamento - Il viceministro per la Giustizia, Enrico Costa, ha presentato l'emendamento sul falso in bilancio al ddl anticorruzione. La seduta della Commissione Giustizia del Senato è stata sospesa per mancanza del numero legale. Quando Costa è arrivato nell'aula della Commissione per presentare l'emendamento, i parlamentari del Pd risultavano infatti assenti. Così il presidente Nitto Palma ha deciso di sospendere la seduta. A Palazzo Madama è arrivato anche il Guardasigilli Andrea Orlando. La seduta è poi ripresa. Per Orlando "ci sono tutte le condizioni per rispettare i tempi per l'Aula. Il testo è equilibrato, efficace e incisivo che colma le lacune. Può mordere il fenomeno della corruzione".
Renzi: "Pene aumentate e prescrizione raddoppiata" - "Contro corruzione proposte governo: pene aumentate e prescrizione raddoppiata. E l'Autorità oggi è legge con presidente Cantone", afferma il premier Matteo Renzi su twitter dopo l'emendamento presentato in Senato sul ddl anticorruzione.
Falso in bilancio, da 3 a 8 anni - Il falso in bilancio torna ad essere un reato. Ma non un reato di danno, bensì di pericolo. Il che significa che non si dovrà provare di aver alterato il mercato o di aver prodotto un danno alla società quando si rappresentano situazioni non vere nei bilanci. Poi scompaiono le soglie di punibilità (previste in un primo momento) e si inaspriscono le pene per le società quotate in borsa, per quelle che emettono titoli sul mercato e per le banche: chi falsifica il bilancio di questo tipo di società rischia da 3 a 8 anni di reclusione. Rendendo così possibili eventuali intercettazioni. Queste alcune delle novità contenute nell'emendamento sul falso in bilancio presentato dal governo al ddl anticorruzione. 
Per le normali società, invece, nel caso in cui "consapevolmente" si espongano "fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero" o li si omettano, la pena è della reclusione da 1 a 5 anni. Cioè senza intercettazioni, previste per i reati con condanne superiori ai 5 anni. Per le piccole società, cioè quelle che secondo il codice civile non possono fallire, è prevista la procedibilità a querela di parte. Per i fatti di lieve entità, la reclusione andrà dai 6 mesi ai 3 anni, mentre è prevista, sulla base di quanto deciso dalla recente riunione del Consiglio dei ministri, la non punibilità per particolare "tenuità del fatto". Ma toccherà al giudice valutare caso per caso. Ma non saranno solo i direttori generali o gli amministratori, o i sindaci a pagare in caso di falso in bilancio. Se i vertici delle società commetteranno tale reato, anche per loro sanzioni più severe: dovranno pagare dalle 200 alle 600 quote. Quindi anche loro avranno interesse a che i propri amministratori siano onesti.
Cioffi del M5S: "Nessuno faccia scherzi" - Intanto il capogruppo del M5S al Senato Andrea Cioffi ammonisce: "Che nessuno pensi di togliere il ddl anticorruzione dall'Aula, nessuno faccia scherzi". Questo alla vigilia della conferenza dei capigruppo che dovrà decidere se calendarizzare il testo per l'Aula. "Una legge anticorruzione è sempre più urgente, anzi diventa indispensabile dopo gli arresti di Incalza e altri. Sono 731 giorni - ha ricordato - che la legge è stata depositata e non è arrivata in Aula per responsabilità della maggioranza.
Grasso esulta - In precedenza la notizia della "esistenza" dell'emendamento sul falso in bilancio aveva indotto all'esultanza Pietro Grasso. "C'è una buona notizia. Alleluja, alleluja! Il famoso emendamento sul falso in bilancio è arrivato e questa è una novità importante", aveva detto il presidente del Senato a margine della presentazione di un libro a Roma.
Nitto Palma: "Soddisfatti ma non gridiamo alleluia" - "Siamo soddisfatti per l'arrivo dell'emendamento del governo sul falso in bilancio. Forza Italia ha immediatamente cessato l'ostruzionismo, anche se non gridiamo 'alleluia' come fa qualcuno", dice invece il presidente della commissione Giustizia Francesco Nitto Palma al termine della seduta di commissione Giustizia con un chiaro riferimento al presidente del Senato e al suo comento. 

Stati Uniti, Robert Durst incastrato dal documentario: «Li ho uccisi io»

Robert Durst (Reuters)

La frase, rubata da un microfono rimasto aperto, sembrava solo un finale ad effetto del documentario trasmesso da Hbo sul miliardario americano, che è stato arrestato.

«Che diavolo ho fatto? Li ho uccisi tutti, ovviamente». 
La frase, rubata da un microfono rimasto aperto ad intervista conclusa, sembrava solo un finale ad effetto del documentario trasmesso da Hbo sulla vita e i misteri di Robert Durst, ma ora pare essere la svolta che potrebbe finalmente mettere la parola fine ad almeno uno dei casi rimasti irrisolti che coinvolgono il miliardario americano. Non a caso, meno di 24 ore prima della messa in onda, dell’episodio finale del documentario «The Jinx», il 71enne erede di un impero immobiliare a New York, è stato arrestato dall’Fbi a New Orleans per l’omicidio di Susan Berman, trovata morta nella sua casa di Beverly Hills nel 2000.

Microfono ancora aperto.
La polizia di Los Angeles, dove il miliardario dovrà essere ora trasferito, ha spiegato che «in base a nuove indagini e prove venute alla luce, abbiano identificato Robert Durst come la persona responsabile della morte di Ms Berman». Non è stato però specificato di quali prove si tratti, ma il Los Angeles Times ha rivelato che il documentario ha avuto un ruolo determinante nella decisione di procedere all’arresto. La frase incriminata, per molti una vera e propria confessione, è stata registrata mentre Durst si era alzato, evidentemente con il microfono ancora aperto, per andare al bagno. E lo stesso regista Andrew Jarecki intervistato oggi da Good Morning America ha ammesso che al momento della registrazione non si era accorto di quella battuta cruciale. «E’ stato così spaventoso quando l’abbiamo sentita, è stato inquietante», ha detto il regista raccontando come, durante il montaggio, abbia ascoltato il borbottio di Durst.

«Da anni sostiene la sua innocenza, nulla è cambiato»
Anche l’avvocato del miliardario, Chip Lewis, è convinto che l’arresto sia stato coordinato con la messa in onda del documentario. «Da anni sostiene la sua innocenza, nulla è cambiato», ha aggiunto il legale affermando che comunque il suo legale non si opporrà al trasferimento a Los Angeles per fronteggiare le accuse. Berman, una scrittrice il cui padre era legato alla mafia di Las Vegas, fu uccisa proprio pochi giorni prima di essere ascoltata dalla polizia che aveva riaperto il caso della scomparsa della moglie di Durst, il primo eclatante omicidio per il quale il miliardario è stato accusato. 
In realtà il corpo di Kathie McCormack, scomparsa nel 1982 mentre si stava recando a New York dove studiava, non è mai stato trovato, e Durst ha sempre sostenuto di averla vista l’ultima volta alla stazione ferroviaria di Westchester dove l’aveva accompagnata. I familiari della donna accusarono da subito il marito, descritto come un violento che aveva più volte aggredito la moglie, ma Durst non fu mai arrestato. Mentre il miliardario finì in manette, e in tribunale, nel 2001 per l’omicidio di Morris Black, un suo vicino di Galveston, in Texas, dove Durst viveva, travestito da donna in un anonimo appartamento da 300 dollari al mese, per sfuggire al sempre crescente interesse di media e polizia alla sua vicenda. In questo caso Durst - che tentò anche la fuga dopo essere stato rilasciato con una cauzione di un miliardo di dollari per essere poi catturato in Pennsylvania - ammise di aver ucciso Black per legittima difesa durante una lite e di averne smembrato il corpo «perché preso dal panico». Una linea difensiva che fu accolta dalla giuria texana: il miliardario patteggiò una pena di 5 anni ma già l'anno dopo era libero sulla parola. 
Ora però Durst rischia la pena di morte

Hawaii da sogno: 100% di energie rinnovabili entro il 2040.

Hawaii

HAWAII - Hawaii paradiso incontaminato e meta da sogno. Sì, ma non solo. Se tutto va bene – e l'impegno non è certo da poco – entro il 2040 l'arcipelago del Pacifico più famoso al mondo sarà alimentato da energie 100% rinnovabili. L'idea arriva da Camera e Senato nazionali, che hanno stabilito all'unanimità l'aumento del loro Renewable Portfolio Standard (RPS) dall'attuale obiettivo del 70% entro il 2030 al 100% entro il 2040 appunto. È chiaro che il salto di 12 punti percentuali in appena sei anni è un traguardo notevole, ma il senatore Mike Gabbard, che ha proposto il disegno di legge, rassicura: «Possiamo arrivare al 65% entro il 2030, quindi il 100% è sicuramente fattibile».
UN SETTORE ENERGETICO PARTICOLARE - Ad oggi, il Paese ricava appena il 21% della propria energia da fonti alternative e presenta un mercato energetico che ha davvero poco a che fare con quello del resto degli Usa. Come l'Alaska e il Texas, le Hawaii non possiedono una propria rete elettrica. Nel 2013, sono state il Paese con i prezzi dell'energia elettrica più alti (tre volte superiori alla media nazionale) a causa della forte dipendenza dalle importazioni: tanto per avere un'idea dei numeri, il Paese ogni anno spende da 3 a 5 miliardi di dollari per l'importazione di combustibili fossili. Più di due terzi della produzione di energia elettrica sull'isola deriva dal petrolio importato, mentre nel resto degli Stati Uniti il petrolio conta per meno dell'1% nella produzione di elettricità.
LE COMPAGNIE TRADIZIONALI CONTRO L'ENERGIA PULITA - Nel 2013, la capacità installata di energia rinnovabile (vento, biomassa e geotermica) è stata pari a poco più di 600 megawatt, mentre l'energia eolica ha rappresentato il 42% del totale. L'industria del solare è decollata negli ultimi cinque anni e sta raddoppiando ogni anno. Basti pensare che il Paese ha alcune delle risorse eoliche più importanti al mondo, il sole che splende quasi ogni giorno, le onde e persino un vulcano. Secondo il presidente della commissione Casa, Energia e Ambiente, Chris Lee, le compagnie legate all'energia tradizionale hanno iniziato a spingere contro questa "alternativa più economica", rifiutandosi ad esempio di collegare i pannelli solari delle case sostenendo che ci sono stati «problemi tecnici», cosa non vera. «Lo stesso tipo di tattica ostruttiva per impedire la concorrenza che ALEC ha sostenuto per anni» (ALEC è un'organizzazione che riunisce politici conservatori e grandi interessi corporativi).
ARCIPELAGO A RISCHIO - A questo punto la scelta green delle Hawaii pare non più rinviabile. Le condizioni ambientali dell'isola sono molto precarie: erosione delle coste, barriere coralline che stanno morendo, siccità, inondazioni, condizioni meteorologiche estreme. Secondo il National Climate Assessmen, le Hawaii sono a forte rischio per gli effetti dei cambiamenti climatici: l’aumento del livello dell’oceano provocherà infiltrazioni saline nelle già limitate riserve di acqua dolce. L’aumento delle temperature e il cambiamento dei modelli delle precipitazioni metteranno ancora più a rischio la sopravvivenza degli animali autoctoni, e il turismo, che rappresenta un quarto dell’economia dello Stato, rischia di perdere aree strategiche come Waikiki Beach e da solo potrebbe significare una perdita di 2 miliardi di dollari di introiti l'anno.

Il patto tra il ministro Lupi e Incalza: "Per te faccio cadere il governo". E a suo figlio, Rolex, vestiti e lavoro. - Carlo Bonini


Il presidente di Anas Pietro Ciucci e il ministro Maurizio Lupi/Anas

Il presidente di Anas Pietro Ciucci e il ministro Maurizio Lupi/Anas


La telefonata: "Ti garantisco che se viene abolita la Struttura Tecnica di missione viene giù tutto... Se no vanno a cagare, cazzo".


ROMA . Non è iscritto nel registro degli indagati Maurizio Lupi. Ma le buone notizie, per lui, finiscono qui. Le 268 pagine dell'ordinanza del gip Angelo Antonio Pezzuti lo documentano ministro nelle mani dell'associazione per delinquere che, negli ultimi 15 anni, ha gestito appalti delle Grandi opere pubbliche per 25 miliardi di euro. Poco più che un ventriloquo di chi di quell'associazione è il motore: l'immarcescibile Ercole, "Ercolino", Incalza, "il venditore di fumo e cipolle", "l'uomo che vuol far credere che la luna è fatta di formaggio ", come dicono di lui nelle intercettazioni. Il Kaiser Soze delle Infrastrutture (14 procedimenti penali a carico e una sequela di assoluzioni o archiviazioni per "intervenuta prescrizione"). Così potente da "scrivere il programma del Ncd", da chiedere e ottenere la protezione di Alfano quando l'aria si fa greve e da mandargli un suo uomo, Francesco Cavallo, per cancellare un'interdittiva antimafia. Padrone a tal punto del Grande Gioco da imporre a Lupi la scelta dei suoi due sottosegretari, gli ex socialisti Riccardo Nencini e Umberto Del Basso De Caro. "Dopo che hai dato la sponsorizzazione per Nencini lo abbiamo fatto viceministro  -  si compiace Lupi con Incalza al telefono  -  Ora parlagli e digli che non rompa i coglioni. E comunque complimenti, sei sempre più coperto...".

"SE ROMPONO FACCIO LA CRISI"
Già, Lupi è a tal punto prigioniero di Incalza che, non solo  -  come annota l'ordinanza  -  va a difenderlo in Parlamento rispondendo a una lunga interrogazione dei 5 Stelle con un testo preparato dall'avvocato del grand commis (Titta Madia). Fa di più. Il 16 dicembre scorso è pronto a far cadere il governo Renzi, o comunque a giocare la carta del ricatto politico, se Palazzo Chigi dovesse insistere nel pretendere la soppressione o comunque il diretto controllo della Struttura tecnica di missione (di cui Incalza è presidente e che del sistema di corruzione è il perno). "Vado io  -  dice il ministro a "Ercolino"  -  Te lo dico già... Cioè io vorrei che tu dicessi a chi lavora con te che se no vanno a cagare! Cazzo! Non possono dire altre robe! Su questa roba ci sarò io lì e ti garantisco che se viene abolita la Struttura tecnica di missione viene giù il governo! L'hai capito? Non l'hanno capito?".

Del resto, quello che succede negli uffici di Porta Pia sembra il segreto di Pulcinella e trova una nitida descrizione nelle parole di Giovanni Paolo Gaspari (nipote dell'ex ministro dc Remo), già alto dirigente delle Ferrovie dello Stato e consigliere del ministero. Il 25 novembre del 2013, al telefono con Giulio Burchi, già presidente di Italferr spa, dice: "Ercolino... è lui che decide i nomi. Fa il bello e il cattivo tempo lì dentro. Il dominus totale. Al 100 per cento. Non si muove foglia. Sempre tutto lui fa. Tutto, tutto, tutto! Ti posso garantire. Maurizio (Lupi ndr) crede di fare qualcosa. Ma fa quello che gli dice quest'altro". Al punto da costruirgli annualmente il "bando su misura" che lo deve riconfermare nell'incarico di capo della Struttura tecnica. "Hanno naturalmente fatto un bando che si adatta solo ad Ercolino. Cioè deve aver fatto il capo della Struttura tecnica di missione per 10 anni, se no non può concorrere... Hai capito? ".

GLI AMICI PEROTTI E CAVALLO
Per Lupi, essere nelle mani di Incalza significa rispondere anche ai due uomini che ne sono i suoi facilitatori: Stefano Perotti (che di Incalza è anche socio nella "Green Field system", la società in cui ritorna il denaro prezzo della corruzione), l'ingegnere asso piglia tutto delle direzioni dei lavori imposte da Incalza ai general contractor delle Grandi opere, e Francesco Cavallo, un tipo senza arte né parte che, come si legge nel suo curriculum ("Negli ultimi 10 anni  -  scrive di sé  -  ho maturato esperienze significative nella gestione delle relazioni istituzionali, promuovendo e coadiuvando con successo i rapporti con opinion leaders, policy maker, istituzioni e stakeholders e gli affari istituzionali delle organizzazioni con le quali ho collaborato"), ha pochi ma decisivi meriti: è uomo di Cl (di cui Lupi è espressione nel governo e da cui è retribuito in pianta stabile attraverso "La Cascina" per "prestazioni inesistenti"), è stato amministratore delegato dell'Editrice del settimanale di area " Tem pi" e consigliere della Metropolitana milanese negli anni di Letizia Moratti sindaco. Ma, soprattutto, conosce Lupi dal 2004, come documentato da un'inchiesta di Bari sulla coop bianca "La Fiorita".
Nel rapporto tra Lupi e Perotti  -  che fino a prova contraria lavora con appalti del ministero  -  c'è un tratto amicale che non ha evidentemente in alcuna considerazione anche solo l'imbarazzo per un oggettivo conflitto di interesse. Lupi e signora sono regolarmente ospiti delle cene organizzate da Perotti nella sua casa di Firenze. Partecipano, la scorsa estate, al matrimonio della figlia in una cornice di ballerine vestite da farfalle. E, siccome  -  come scriveva Flaiano  -  gli italiani innanzitutto "tengono famiglia", Perotti si prende cura del giovane Luca, figlio del ministro, una laurea in ingegneria al Politecnico di Milano e una prima esperienza di lavoro a San Francisco.

PER LUCA REGALI E INCARICHI
A gennaio del 2014, Perotti fa infatti assumere Luca Lupi  -  ragazzo a cui tiene dai giorni della laurea per la quale ha pensato bene di regalare un Rolex da 10.350 euro  -  dal cognato, Giorgio Mor, mettendolo a lavorare nel cantiere per il palazzo di San Donato dell'Eni, di cui ha la direzione dei lavori. "Il ragazzo deve prendere 2.000 euro più Iva mensili", istruisce la segretaria e si raccomanda con il cognato di "farlo diventare il suo uomo su Milano". Ma che in quell'assunzione ci sia qualcosa che non va e che la cosa dunque non vada fatta sapere in giro è così chiaro a tutti che, al telefono, il nome di Luca Lupi non viene pronunciato. Per tutti è "il cugino della moglie di Perotti". E lo stesso Mor chiede di essere rassicurato se "la triangolazione" (e cioè l'assunzione per via indiretta, ma con costi a carico di Perotti) "non sia rischiosa ". È un fatto che, nel febbraio del 2014, dopo l'interrogazione dei 5 Stelle su Incalza e un articolo del " Fatto" che lo collega a Perotti, il figlio dell'ingegnere, Philippe, suggerisca al padre che da quel momento "niente più mail o telefono". E che, un mese fa, Perotti decida di aiutare il figlio del ministro a cambiare aria con un lavoro a New York, chiedendo che lo prenda in carico l'amico Tommaso Boralevi.

C'è anche chi pensa a saldare i vestiti sartoriali del ragazzo. È Cavallo. Che del resto è generoso anche con Nicola Beneduce, uomo nella segreteria di Lupi. Anche per lui, insieme al sarto che serve Lupi jr., un bell'orologio. "Tra i 7 gli 8 mila euro".




Noi non conosciamo i tecnocrati di Stato, questa casta segreta di dirigenti pubblici che le statistiche internazionali considerano la meno efficiente e la più pagata del mondo. Non li conosciamo perché si rifiutano scaltramente di andare in televisione: l'assenza di volto è per loro garanzia di impunità e di durata.
Chi di voi, fino a ieri, sapeva dell'esistenza di Ercole Incalza, da trent'anni burattinaio delle grandi opere, colui che decide cosa si fa e soprattutto chi lo fa? Proviene dalla Cassa del Mezzogiorno, la «cantera» dello spreco italico, e da lì è passato ai Lavori Pubblici, dove ha comandato da monarca assoluto con gli ultimi sette governi di destra, sinistra e centro.
Il processo ci dirà se l'ingegner Incalza è davvero il corruttore che lo accusano di essere. Di sicuro consentire a un uomo - fosse anche San Francesco - di imbullonarsi per decenni a una poltrona, maturando relazioni e segreti che potrà usare come arma di scambio e di ricatto, è lo specchio di un sistema marcio e imbelle. Perché noi non sapevamo di Incalza, ma la politica sì.
Arrivato al ministero, l'onorevole Lupi ha trovato il mandarino dei Lavori Pubblici ormai in pensione eppure ancora al vertice di una fantomatica «struttura tecnica di missione» che gli consentiva di continuare a dirigere, a settantuno anni, il traffico degli appalti.
Invece di accompagnarlo ai giardinetti, Lupi lo ha difeso in privato e nelle aule parlamentari, lodandone le qualità insostituibili quando i Cinquestelle ne chiesero la testa. E adesso si scopre che l'imprenditore Perotti, indagato perché in combutta con Incalza, regalò al figlio neolaureato del ministro un Rolex e un posto di lavoro nello studio del cognato. Corrotti, corruttori, figli e cognati: il selfie del nostro Paese.
La nausea è tanta, ma la soluzione sarebbe semplice. Limitare drasticamente la durata degli incarichi pubblici e considerare il ministro in carica responsabile degli atti firmati dai suoi burocrati. In tal caso, Lupi dovrebbe dimettersi in giornata.

Luca Lupi, il figlio del ministro coinvolto nell'inchiesta Grandi appalti.

Luca Lupi, figlio del ministro delle Infrastrutture del governo Renzi.
Luca Lupi, figlio del ministro delle Infrastrutture del governo Renzi.

Papà Maurizio ha diramato anche una nota alle agenzie, nel primo pomeriggio del 16 marzo, per provare a bloccare la “macchina del fango”.
Ma il turbillion ormai era partito, l'intercettazione servita di buona lena, lo “scandalo” scoppiato.
E così, nel giro di poche ore dall'ennesima retata anti-mazzette, il giovane Luca Lupi, 25 anni, figlio del ministro delle Infrastrutture, si è ritrovato su tutte le prima pagine dei giornali.
Il suo nome, infatti, compare negli atti dell'indagine della procura di Firenze su un presunto giro di tangenti legate alla realizzazione delle grandi opere - Tav ed Expo, ma no solo - che ha portato all'arresto di quattro persone e all'iscrizione nel registro degli indagati di altre 50.

LAVORO E REGALONE. Secondo i pm, Stefano Perotti - uno dei quattro arrestati con l'accusa di corruzione - per ingraziarsi il favore del ministro, di cui è amico da molto tempo, avrebbe procurato un lavoro proprio al figlio Luca nel cantiere del nuovo centro direzionale dell'Eni a San Donato.
E sempre dai coniugi Perotti il giovane avrebbe ricevuto un generoso regalo in occasione della laurea, un Rolex da 10 mila euro.

A NEW YORK DA MARZO. «Non ho mai chiesto all'ingegner Perotti né a chicchessia di far lavorare mio figlio. Non è nel mio costume e sarebbe un comportamento che riterrei profondamente sbagliato», ha dichiarato il ministro Lupi, precisando che il figlio lavora a New York dai primi di marzo.
In effetti Luca, che non è indagato nell'inchiesta, ha lasciato l'Italia un paio di settimane fa.

Studente modello, «perbene, serio e in gamba»

Diplomato al liceo scientifico Istituto Sacro Cuore di Milano (voto finale 100/100), il primogenito del ministro si è laureato al Politecnico in ingegneria civile con 110 e lode, nel 2013. Scriveva sulla rivista dell'ateneo, Polipo, e per un po' ha fatto volontariato con il Banco Alimentare. Un «ragazzo perbene, serio e in gamba», dicono di lui in ateneo. 

INTERNSHIP IN CALIFORNIA. Gli studi per la tesi - tema: “Integration of New Typologies in Design and Analysis” - gli sono valsi sei mesi di internship in California prima della laurea, nello studio Som (Skidmore owings and Merrill Llp), lo stesso che da marzo l'ha chiamato a lavorare nella sede di New York.
Prima del trasferimento, però, il giovane ingegnere ha lavorato come consulente per lo studio di architettura e ingegneria Mor, di Girogio Mor.
Ed è su questa consulenza che si sono appuntate le attenzioni dei magistrati.

I PM: «DUE MILA EURO AL MESE». «Perotti nell'ambito della commessa Eni, stipulerà un contratto con Giorgio Mor, affidandogli l'incarico di coordinatore del lavoro che, a sua volta, nominerà quale 'persona fissa in cantiere' Luca Lupi' per 2 mila euro al mese», scrive il Gip nell'ordinanza.

IL MINISTRO: «ERANO 1.300 NETTI». In realtà i termini dell'accordo non erano esattamente questi: «In attesa del visto per lavorare negli Stati Uniti», ha spiegato il ministro Lupi, «ha lavorato da febbraio 2014 a febbraio 2015 presso lo studio Mor di Genova con un contratto a partita Iva per un corrispettivo di 1.300 euro netti al mese».

lunedì 16 marzo 2015

RUSSIA, trovata pietra con microchip alieno di 250 milioni di anni fa.

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Ecco una foto della pietra, la moneta è stata messa per fare un confronto con le dimensioni del microchip alieno.

E’ stata trovata in Russia, nella regione di Rostov, da alcuni scienziati russi, una pietra con un microchip, presumibilmente alieno, risalente a più di 250 milioni di anni fa, un tempo in cui noi ci sognavamo di essere una civiltà avanzata, secondo gli scienziati, a quei tempi la terra era abitata da un’altra civiltà sconosciuta.
Su questa pietra è quindi presente un microchip alieno con una tecnologia precedentemente sconosciuta agli scienziati, ciò confermerebbe la teoria secondo la quale milioni di anni fa sulla terra vivesse un popolo molto più evoluto del nostro, che possibilmente ha abbandonato il pianeta grazie alle loro tecnologie così avanzate.
Per rispondere a tutte le vostre domande e dubbi, ecco un video che mostra chiaramente la pietra e la tecnologia che essa contiene, il cosiddetto microchip alieno.

Furti di luce, maxi inchiesta con cento indagati a Palermo. L'Enel licenzia gli impiegati infedeli. - Romina Marceca

Furti di luce, maxi inchiesta con cento indagati a Palermo. L'Enel licenzia gli impiegati infedeli

Sul registro degli indagati sono finiti professionisti, forze dell'ordine, commercianti e anche un verificatore della società. Un elettricista, soprannominato "il mago dei computer", è riuscito a modificare centinaia di contatori. A tradire l'azienda anche gli uomini di fiducia che si occupano di controllare gli impianti sospetti: licenziati in cinque.

E' l'inchiesta che da tre anni scava dentro e fuori all'Enel svelando truffe e furti di luce. Colpo su colpo, polizia e procura hanno alzato il velo su un fenomeno che a Palermo cresce di anno in anno. In cento, tra commercianti, professionisti, poliziotti e carabinieri, ma anche un verificatore dell'Enel, sono già finiti sott'inchiesta.
La beffa è che a tradire la società sono anche gli uomini di fiducia dell'Enel. Si chiamano verificatori e sono degli elettricisti provetti formati proprio per svelare le ruberie. In cinque sono stati già licenziati. Di questi, tre sono stati condannati, un altro è in attesa di giudizio e il quinto è coinvolto nella maxi inchiesta che coinvolge mezza città. La procura, per la mole di nomi e carte, ha dovuto istituire un pool di quattro magistrati - Maurizio Agnello, Renza Cescon, Claudio De Lazzaro e Gaetano Guardì - che da tre anni lavora all'indagine seguita dalla sezione Reati contro l'amministrazione della squadra mobile.


Il personaggio attorno al quale si sono concentrati gli investigatori, sin da subito, è Lino Caruso, un elettricista che è riuscito a violare il software di centinaia di contatori senza lasciare traccia e soprannominato "il mago dei computer". "Ho la terza media e ho studiato su internet. Ma quale mago, quello che facevo io l'hanno fatto anche altri", ha dichiarato a Repubblica. Dietro la sua porta ci sarebbe stata la fila per ottenere la modifica al misuratore dei consumi. Una modifica che ha consentito anche a grossi imprenditori della città di abbattere i consumi. Tutto al costo di massimo 300 euro. Il metodo cosiddetto della "regressione" è stato impossibile da intercettare anche agli esperti dell'Enel che hanno ammesso: "Non ci sappiamo spiegare come abbia potuto fare". 
E proprio dopo che il caso è scoppiato, l'Enel è corsa ai ripari. Ingegneri e studiosi hanno messo a punto alcune modifiche sui contatori, ancora top secret, sperando ancora una volta di riuscire a contrastare i furbetti della bolletta.


http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/03/14/news/furti_di_luce_maxi_inchiesta_a_palermo_l_enel_licenzia_gli_impiegati_infedeli-109495668/