giovedì 28 gennaio 2016

La città di Sodoma è stata trovata? In Giordania i resti con le caratteristiche del sito distrutto da Dio nel Vecchio Testamento.

Dopo anni di ricerche è stato trovato un sito archeologico risalente tra il 3500 a.C. e il 1540 a.C: è Tal el-Hamaam, in Giordania. Gli archeologi sostengono che si tratti di Sodoma; secondo l'antico testamento questa città venne distrutta insieme a Gomorra, Adama, Zoar e Zobim per volere divino. Secondo gli studiosi, la città venne ricostruita 700 anni dopo essere stata demolita.
Nei 40 ettari studiati, gli archeologi dicono di aver trovato i resti risalente all'età del Bronzo. In base ai reperti trovati e al posizionamento geografico, a est del fiume Giordano, come scritto nella Bibbia, gli studiosi hanno detto di avere tutti gli elementi per affermare che quel sito sia Sodoma.
La famosa città del “peccato” è descritta dagli archeologi come una vecchia zona commerciale di grandi dimensioni e con grandi fortificazioni. Poi, Dio decise di distruggerla e mandò degli angeli a cercare gli uomini da salvare, solo Lot, un uomo della città poté fuggire insieme alla sua famiglia.
La zona restò disabitata per 700 anni dopo la distruzione e venne poi ripopolata nell’età del Ferro, un'epoca che va dal 1200 a.C. al 332 a.C. La storia riportata nel Vecchio Testamento dice che Dio distrusse i "peccatori" malvagi di Sodoma con fuoco e zolfo. Negli anni a venire, entrambe le città sono state usate come metafora per descrivere cosa succede a chi cede al vizio e all'omosessualità.
Steven Collins, dell’università Trinity Southwestern del New Mexico, è stato il coordinatore delle ricerche e, come riporta il Daily Mail, il professore ha dichiarato che Sodoma fosse una città “orrenda” se confrontata con le altre dello stesso periodo.
Gli scavi nella Valle del Giordano sono iniziati nel 2005 e, nei 10 anni successivi, gli archeologi hanno scoperto che si trattasse di una società sofisticata, avevano un ottimo sistema di difesa: resistenti mura intorno alla città larghe più di cinque metri e alte oltre i dieci.
“Quello che abbiamo scoperto è un’importante città-stato fino ad ora sconosciuta agli studiosi” ha detto il professor Collins. “Studiando nel dettagli i testi sacri, coincide con la posizione in cui si trovava Sodoma – aggiunge il professore – siamo giunti alla conclusione che questo sito sia la più grande città esistente ai tempi di Abramo. Sappiamo molto poco l'età del Bronzo, nel sud della valle del fiume Giordano, la maggior parte delle carte archeologiche della zona erano vuote. La distruzione di Sodoma, insieme a quella di Gomorra è descritta in numerosi passi della Bibbia, tra cui la Genesi e il Nuovo Testamento, persino nel Corano”.
Gli studiosi hanno capito dagli scavi che la città fosse fornita di porte, torri, strade principali e pizze, poi l’abbandono, secondo il professor Collins, avvenne in seguito ad un terremoto, altri archeologi sostengono invece l’ipotesi di un asteroide.
“Dopo essere stata abbandonata per 700 anni – spiega il professor Collins - nell’età del ferro la città ha poi iniziato a rifiorire, come dimostrano i cancelli di ferro che introducevano alla città”.

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mercoledì 27 gennaio 2016

"Se Dio esiste dovrà chiedermi perdono."


(Scritta trovata su un muro ad Auschwitz)

Expo 2015, Sala: “Non sapevo dell’appalto dato da Fiera all’architetto De Lucchi”. Ma i documenti lo smentiscono. - Luigi Franco

Expo 2015, Sala: “Non sapevo dell’appalto dato da Fiera all’architetto De Lucchi”. Ma i documenti lo smentiscono

Il candidato alle primarie del centrosinistra per il Comune di Milano dice a Repubblica: "Nel caso di quell'appalto non avevamo fatto alcun nome". Il Corriere, però, pubblica un atto firmato dall'ad di Expo in cui è dimostrato l'esatto contrario. Ilfattoquotidiano.it, inoltre, ha scoperto che il professionista (lo stesso che ha ristrutturato la villa al mare di Sala) ha eseguito altri incarichi per l’esposizione universale: ecco quali.

Giuseppe Sala ce la mette tutta per rendere la sua posizione sempre più indifendibile. “Non sapevo dell’affidamento di Fiera, o certamente non lo ricordavo”, dice in un’intervista a Repubblica riguardo all’incarico per gli allestimenti del padiglione Zero e dell’Expo Center, curati da Michele De Lucchi. Lo stesso architetto che il manager ha fatto lavorare nella sua villa al mare di Zoagli (Genova). “Nel caso dell’appalto dato da Fiera, non avevamo fatto alcun nome”, aggiunge l’amministratore delegato di Expo e candidato alle primarie milanesi del centrosinistra. Peccato che nello stesso giorno il Corriere citi un documento in cui Expo il nome di De Lucchi a Fiera lo fa, eccome. E l’atto è firmato dallo stesso Sala: un’integrazione alla convenzione con cui Expo incarica Fiera della realizzazione degli allestimenti, in cui nero su bianco si premette che “al fine di procedere ad affidare la progettazione del Padiglione Zero, Expo spa ha acquisito una soluzione ideativa dall’architetto Michele De Lucchi”. Una premessa che legittimerà Fiera a dare il lavoro a De Lucchi, senza gara e per quasi 500mila euro più Iva, in modo da garantire la “continuità” con il professionista che si è già occupato del concept del padiglione per 110mila euro, questa volta su incarico di Expo, ma sempre senza gara.
Nulla che Sala abbia raccontato a Repubblica. O che abbia detto nella conferenza stampa di mercoledì, da lui stesso convocata per dare i suoi chiarimenti sui lavori eseguiti da De Lucchi nella villa al mare, ovvero il progetto “di una parte degli interni e delle finiture esterne della casa”. Per una parcella da 70mila euro più Iva. Ma la lista delle omissioni di Sala non si ferma qui. Ilfattoquotidiano.it ha scoperto infatti che l’architetto ha eseguito altri incarichi per l’esposizione universale. Ha lavorato per il padiglione di Intesa Sanpaolo, e soprattutto per il progetto della Via d’Acqua Sud, l’appalto affidato alla Maltauro e finito al centro dell’inchiesta che nell’ottobre del 2014 ha portato agli arresti dell’ex vice commissario di Expo Antonio Acerbo e di Domenico Maltauro. Un secondo filone scaturito dalle indagini che qualche mese prima avevano scoperchiato la “cupola degli appalti” di Gianstefano Frigerio e Primo Greganti, facendo finire in carcere Angelo Paris, in quel momento braccio destro di Sala in Expo, ed Enrico Maltauro, l’allora amministratore delegato della società di costruzioni.
Ebbene, tra i consulenti della Malturo che hanno contribuito a disegnare il progetto della Via d’Acqua Sud c’era anche lo studio di De Lucchi. Niente di illecito. Solo che questo Sala non lo ha detto. Anzi, parlando della sua casa a Zoagli, il candidato alle primarie si è preso pure il lusso di scherzare: “Se De Lucchi ha ricevuto 110mila euro per il Padiglione Zero e 70mila da me per una casa, ciò dimostra che sono un bravissimo negoziatore quando si tratta di soldi pubblici e non quando sono i miei”. Una mezza verità. Come detto, l’archistar ha incassato anche 500mila euro per gli allestimenti del padiglione Zero e dell’Expo Center da Fiera Milano. Oltre che altri 59mila euro ricevuti da Expo, per l’ideazione e il concept dell’icona itinerante Agorà.
Somme da aggiungere a quanto fatturato a Intesa Sanpaolo. E a Maltauro, per la consulenza sulla Via d’Acqua Sud, un appalto originariamente affidato per 42,5 milioni di euro, poi scesi a 13 per la riduzione dei lavori decisa in seguito alle proteste dei comitati No Canal. Quanto sia stato il compenso per De Lucchi, ilfattoquotidiano.it  lo ha chiesto al suo studio, che però non ha fornito dettagli in quanto tali informazioni “riguardano privati rapporti contrattuali”. Ieri Sala diceva di non avere “niente da nascondere sugli incarichi all’architetto. Ho parlato solo di quelli di Expo Spa, perché è questa la società che amministro”. Resta che l’aspirante sindaco non ha detto tutta la verità. E tra le cose che ha omesso, una riguarda documenti da lui stesso firmati. E l’altra è legata a un appalto che ha già fatto scandalo.

Caso Saguto, indagato per corruzione e concussione anche ex prefetto di Palermo. - Giuseppe Pipitone

Prefetto-Francesca-Cannizzo

Francesca Cannizzo, trasferita a novembre 2015, era già finita nell'inchiesta coordinata dai procuratori aggiunti di Caltanissetta a causa di un fortissimo legame che la lega alla zarina delle misure di prevenzione, al centro di un cerchio magico fatto di favori, prebende e raccomandazioni all'ombra dei beni sequestrati a Cosa nostra.

Nell’inchiesta sulla gestione dei beni sequestrati a Cosa nostra c’è un altro autorevole indagato. L’ex prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo, è infatti sospettata di corruzione e concussione in concorso con Silvana Saguto, l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale del capoluogo siciliano, figura principale dell’inchiesta della Procura di Caltanissetta. Cannizzo ha occupato la poltrona più alta della prefettura di Palermo fino al novembre del 2015, quando il ministero dell’Interno aveva provveduto a trasferirla, sostituendola poi con Antonella De Miro. Già prima della formale iscrizione nel registro degli indagati, infatti, il nome dell’ex prefetto era già finito nell’inchiesta coordinata dai procuratori aggiunti di Caltanissetta Lia Sava e Gabriele Paci.
Colpa di un fortissimo legame che lega Cannizzo alla Saguto, la zarina delle misure di prevenzione, al centro di un cerchio magico fatto di favori, prebende e raccomandazioni all’ombra dei beni sequestrati a Cosa nostra. Non è un caso, infatti, se il magistrato sotto inchiesta arriva a festeggiare il suo sessantesimo compleanno a Villa Pajno, residenza ufficiale prefettizia: merito del rapporto strettissimo che la lega al prefetto. A leggere le intercettazioni disposte dai magistrati nisseni, emerge poi come tra le due donne ci sia stato un continuo scambio di favori. Come quando il ricercatore universitario Carmelo Provenzano chiama la Saguto ringraziandola per la segnalazione del suo nome al prefetto di Palermo “quale potenziale commissario del Cara di Mineo”, annotano le fiamme gialle.
“Ti volevo dire che ieri, davanti a me, ha telefonato quella da Roma per chiedere i dati al prefetto”, dice il magistrato a Provenzano, che subito risponde entusiasta: “Mamma mia se è così, prima di festeggiare, un bacio in bocca ti do guarda. Sei una potenza”. In un altra occasione, invece, è la Saguto che chiama un amministratore giudiziario, per una richiesta ben precisa: “Io ti devo chiedere il favore per il prefetto: di quello là da assumere”. “È un inferno”, è invece la lamentela consegnata alle microspie dalla stessa Cannizzo, turbata per il traffico cittadino che le impedisce una puntatina al mare. “Ce ne possiamo fregare dell’inferno se vieni con me, abbiamo la mia macchina, c’è la preferenziale”, risponderà pronta la Saguto, titolare di un’auto blindata con tanto di lampeggiante, che in almeno un’occasione è stata spedita in lavanderia per ritirare “la casacca del prefetto”.
È per meglio indagare sull’effettivo ruolo di Cannizzo che i pm nisseni hanno chiesto sei mesi di proroga delle indagini. Ma non solo. Gli inquirenti vogliono anche approfondire i rapporti tra l’ex zarina delle misure di prevenzione e l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, asso pigliatutto delle amministrazioni giudiziarie. Il legale, negli anni, ha accumulato decine di incarichi, tutti conferiti dalla sezione misure di prevenzione e retribuiti con compensi milionari. Nello stesso periodo, lo studio legale Cappellano Seminara si è avvalso delle preziosissime consulenze, pagate con cifre a cinque zeri, dell’ingegner Lorenzo Caramma, che – manco a farlo apposta – è il marito della Saguto.

martedì 26 gennaio 2016

Natura e cultura, un buon connubio.



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Honda Clarity a idrogeno sbarca in Usa, Europa entro autunno.

Honda Clarity a idrogeno sbarca in Usa, Europa entro autunno © Honda

In California costerà 60.000 dollari. 


(ANSA) - ROMA, 26 GEN - Al Washington Auto Show, dove sono state diffuse le specifiche e il prezzo per il mercato statunitense, la nuova Clarity ha destato grande curiosità.

Spaziosa e confortevole, la terza generazione della Honda a idrogeno sarà venduta anche in Europa, a partire dal prossimo autunno. Con una linea più filante, un abitacolo più spazioso della Toyota Mirai e cinque posti anziché quattro, la vettura della Casa di Hamamtsu con motori elettrici alimentati da pile chimiche si prepara, quindi, a lanciare una sfida globale alla rivale delle Tre ellissi.

L'attacco della Clarity avrà uno dei suoi palcoscenici fondamentali in California, dove sarà disponibile da fine 2016 a un prezzo di 60.000 dollari, al cambio circa 55.000 euro. In alternativa l'auto sarà proposta con un leasing di circa 500 dollari al mese, pari a 460 euro. Nella prima fase di commercializzazione sarà acquistabile negli USA solo in alcune aree test, fra cui Los Angeles, la zona circostante la baia di San Francisco e Sacramento. La strategia Honda, però, prevede da subito il lancio anche in Europa, per evitare che Toyota e Hyundai e le Case tedesche monopolizzino un mercato che sta vedendo i suoi primi ma significativi sviluppi nel Centro e Nord del Vecchio continente. Dal prossimo autunno, quindi, la Clarity sarà proposta anche in alcuni Paesi della UE, con una formula che non è ancora stato chiarito se sarà di acquisto, leasing o prevederà entrambe le soluzioni.

La Clarity, che promette un'autonomia per pieno di idrogeno di oltre 480 chilometri, è stata progettata su una nuova piattaforma che servirà per lo sviluppo di una ibrida plug-in attesa sul mercato nel 2018. Rispetto alla precedente FCX Clarity che sostituisce, il nuovo modello presenta accumulatori più compatti del 33% ma con una potenza superiore del 60%.

Questo progresso ha permesso di confinare le pile fuel cell e la ''power unit'' elettrica in uno spazio comparabile a quello occupato da un benzina V6, lasciando così liberi gli ingegneri nipponici di sviluppare una cabina spaziosa e confortevole per cinque persone.


http://www.ansa.it/canale_motori/notizie/eco_mobilita/2016/01/26/honda-clarity-a-idrogeno-sbarca-in-usa-europa-entro-autunno_b758ba7f-c0b8-4d51-841e-6ff567d029e4.html


Le auto a idrogeno

In questa speciale sezione "auto idrogeno" dedichiamo la nostra attenzione alle auto di prossima concezione alimentate a idrogeno, anziché petrolio, e sul motivo che le rende così importanti. 

Cosa è un auto a idrogeno?
Un auto a idrogeno non si distingue per molti versi dalle auto tradizionali. Quello che cambia è il criterio di alimentazione. L'idrogeno è un vettore di energia, una sorta di batteria chimica in grado di conservare l'energia e rilasciarla quando viene richiesta. L'auto a idrogeno si basa su questo principio.

Cosa cambia alla stazione di servizio?
Fare il pieno a idrogeno durerà lo stesso tempo in cui oggi si riempie un serbatoio di gas gpl o metano. Attualmente esistono stazioni di servizio sperimentali per piccole flotte di auto a idrogeno, spesso acquistate dalle istituzioni pubbliche e dalle grandi aziende per favorire l'arrivo della tecnologia.

Le auto a idrogeno sono tutte uguali?
Al momento esistono due tecnologie alternative per realizzare un'auto a idrogeno. La prima è conosciuta con il nome di Fuel Cell ed è basata sulle celle di combustione da cui scaturisce l'energia elettrica per muovere i veicoli dotati a loro volta di motore elettrico. La seconda strada è la combustione diretta di idrogeno, in questo caso le automobili mantengono il tradizionale motore a combustione ma sono alimentate dall'idrogeno anziché da benzina o diesel. Quest'ultima strada viene seguita in particolar modo da BMW.

Le auto idrogeno inquinano?Le auto a idrogeno non rilasciano emissioni inquinanti ma soltanto vapore acqueo. Se l'intero parco circolante fosse composto da auto a idrogeno scomparirebbe il problema delle polveri sottili e dello smog urbano, inoltre si abbatterebbe sensibilmente l'emissione di gas serra nell'atmosfera. Va comunque precisato che l'inquinamento da delocalizzato (auto) diverrebbe accentrato nei luoghi di produzione dell'idrogeno. Quest'ultimo punto è di fondamentale importanza per valutare l'impatto ambientale finale della auto a idrogeno. In altre parole, è importante capire come sarà prodotto l'idrogeno.

Come viene prodotto l'idrogeno?
L'idrogeno è un buon vettore di energia. È però necessario produrlo poiché sulla Terra non esiste allo stato naturale ma soltanto in quello combinato con altri elementi. Attualmente può essere prodotto da tutte le fonti d'energia conosciute. L'impatto ambientale è però diverso. Ad esempio, l'idrogeno può essere prodotto tramite il reforming dagli stessi combustibili fossili. In questo caso però l'inquinamento evitato dalle auto a idrogeno viene spostato alla ciminiera della fabbrica che lo produce, pertanto l'impatto finale sull'effetto serra è uguale. L'altra strada per produrre idrogeno è il processo di elettrolisi per scindere l'acqua in atomi di idrogeno e di ossigeno. Questa seconda strada ha il vantaggio di non essere inquinante ma richiede una grande quantità di energia per funzionare che potrebbe essere fornita dalle centrali nucleari e dalle energie rinnovabili in modo pulito. In questi ultimi due casi si riducono le emissioni di gas serra in atmosfera e l'impatto finale sull'effetto serra è positivo.