martedì 19 maggio 2020

Razza predona. - Marco TRavaglio

Massimo Giannini/ Chi è il nuovo direttore La Stampa: già alla ...
Anche se ogni tanto litighiamo, sono un po’ amico di Massimo Giannini, specialmente da quando fu cacciato dalla Rai dell’Innominabile e lo difesi. E ieri il suo editoriale su La Stampa mi ha fatto male. Non per me, che non c’entro niente. Per lui. Dopo mezza vita passata a denunciare giustamente i conflitti d’interessi politico-affaristico-editoriali di B., tentava di negare il conflitto d’interessi politico-affaristico-editoriale dei suoi editori Agnelli-Elkann. E, così, senza volerlo, lo confermava. Diversamente da B, la Real Casa torinese non ha mai avuto bisogno di entrare direttamente in politica: fin dalla fondazione oltre un secolo fa, è sempre stata “governativa per definizione”, come diceva il capostipite Giovanni Agnelli. Perché ha sempre avuto ai suoi piedi quasi tutti i governi, convinti – anche in cambio di tangenti e buona stampa – che “quel che va bene alla Fiat va bene all’Italia” (Gianni Agnelli). E infatti anche La Stampa, salvo rare parentesi, è sempre stata governativa. Almeno fino a due anni fa, quando andarono al governo due partiti – 5Stelle e Lega – troppo selvaggi per piacere ai soliti salotti, anche se poi Salvini vi è stato subito cooptato. Intanto la Real Casa si comprava pezzo dopo pezzo pure Repubblica, fino alla brutale cacciata di Verdelli e all’arrivo di Molinari, sostituito a La Stampa da Giannini.
Così il giornale più vicino al Pd è passato all’opposizione del governo che ha riportato al potere il Pd, insieme al quotidiano governativo per definizione. Il tutto mentre l’editore incassava da Banca Intesa un assegno di 6,3 miliardi garantiti dallo Stato grazie al dl Liquidità dell’orribile governo Conte. Il vicesegretario del Pd Orlando ha fatto due più due, come chiunque osservi i movimenti dei grandi gruppi finanziari ed editoriali: lorsignori, con i loro media al seguito, non ne hanno mai abbastanza e ora vogliono rovesciare il governo per spartirsi comodamente gli 80 miliardi delle due manovre anti-Covid e quelli in arrivo dall’Ue. Nessuno ha mai parlato di ”complotto” o “congiura”, termini evocati da Giannini (che tira in ballo financo gli odiatori di Liliana Segre e di Silvia Romano) e da quel furbacchione di Mieli per ridicolizzare un tema serissimo: qui si tratta di interessi economici, che sarebbero legittimi se non usassero i media per i propri comodi. Conte, pur tutt’altro che ostile alle imprese, è inviso all’establishment lobbistico-finanziario perché non è un premier à la carte (come lo erano quasi tutti i predecessori). E per giunta non è stato scelto dai soliti noti, ma nientemeno che dai barbari 5Stelle.
Infatti viene attaccato ogni giorno con pretesti ridicoli (gli orari e la punteggiatura delle conferenze stampa) e fake news (nulla a che vedere con la legittima critica) da tutti i grandi quotidiani, fino all’altroieri sdraiati su governi infinitamente peggiori. “Nessuno ci ha mai ordinato alcunché”, “i giornalisti non prendono ordini dall’editore”, giura Giannini. Non ne dubitiamo: certe cose non c’è neppure bisogno di ordinarle. Si fanno col pilota automatico, conoscendo i desiderata dell’editore. Che, quando è vero, ha il solo interesse di vendere i giornali. Ma, quando è finto o “impuro”, usa la stampa per fare affari anche tramite la politica. Vale per gli Elkann, Caltagirone, gli Angelucci, Cairo e anche i De Benedetti. Quando scoppiò lo scandalo della soffiata dell’Innominabile all’Ingegnere sul dl Banche, Repubblica non scrisse una riga: censura dell’editore o autocensura dei giornalisti? E le recenti cronache da Coppa Cobram fantozziana dei due giornali della megaditta sul prestito garantito a Fca erano frutto di ordini superiori o di spontanee obbedienze inferiori?
La Razza padrona descritta da Scalfari prim’ancora di fondare Repubblica e poi di venderla a CdB, non è un’invenzione. Giannini assicura che questa è “un’idea rozza” che “non esisteva neanche negli anni 50, quando a Torino la Fiat e il Pci costruivano la trama delle relazioni industriali del Paese”. Sarà, ma allora e anche molto dopo la Fiat (“la Feroce”) aveva “reparti confino”, schedava gli operai per le loro idee e, quando ne moriva uno in fabbrica, La Stampa, sotto dettatura della capufficiostampa Fiat, tota Rubiolo, scriveva che era “deceduto in ambulanza nel trasporto in ospedale”. Negli anni 90 era cambiato il mondo, Montanelli pregò Orlando di non dirmelo neppure e continuai a scrivere liberamente. Un anno dopo, siccome perseveravo, il capufficio stampa Fiat mi convocò per minacciare di stroncarmi la carriera. Me ne fregai, ma solo perché non lavoravo per giornali Fiat. Ne Il Provinciale, Giorgio Bocca racconta un aneddoto su un dirigente Fiat che rende bene l’idea: “Mi trovai in una villa del Monferrato in casa di un dirigente che un po’ brillo abbracciava alle spalle la sua tota segretaria e le diceva in piemontese: ‘Ninìn, lo senti l’acciaio?’. E lei brancicava nei suoi pantaloni con una mano, senza girarsi…”. Ecco, oggi la sede legale è in Olanda. Ma l’acciaio è sempre lì dietro, in Italia.

La teoria del Big Bang è in crisi. Siamo sul punto di assistere ad una rivoluzione cosmologica? - Oliver Melis



Quello che i cosmologi sanno, e neanche tanto bene, si riduce al 5% dell'universo osservabile, il restante 95% costituito da materia oscura e dall'energia oscura sfugge totalmente alla comprensione.

Gli astronomi grazie a una serie di osservazioni hanno stabilito che l’universo dopo essere emerso da uno stato ad alta temperatura e densità si espande da miliardi di anni. Nel corso dei decenni una serie di nuovi dati e nuove misurazioni ha permesso di perfezionare ancora di più l’evoluzione del cosmo. Il confronto delle misurazioni fatte fino ad ora sembrano confermare che il nostro universo si è evoluto proprio come prevede la Teoria del Big Bang.
Tuttavia, nonostante questo, i cosmologi non sono riusciti a spiegare alcune caratteristiche essenziali dell’universo. Quello che i cosmologi sanno, e neanche tanto bene, si riduce al 5% dell’universo osservabile, il restante 95% costituito da materia oscura e dall’energia oscura sfugge totalmente alla comprensione. Si brancola nel buio anche per quanto riguarda la materia ordinaria, protoni, elettroni e neutroni, non si sa perché si sono, per cosi dire, “salvati” dalla furia iniziale del Big Bang.
Per quanto i cosmologi e i ricercatori si sforzino, le leggi nella natura che hanno ricavato, sostengono che gli elementi che compongono tutto quello che osserviamo non dovrebbero esistere, semplicemente si sarebbero dovuti annullare con l’antimateria, comparsa secondo queste leggi nella stessa quantità della materia.
Inoltre, per spiegare quello che osservano, hanno dovuto introdurre un concetto che afferma che lo spaziotempo nei suoi primi istanti si è dilatato ad una velocità enorme in un minuscolo lasso di tempo, un concetto chiamato inflazione cosmica del quale non sappiamo nulla.
Forse questi enigmi, per quanto complessi un giorno verranno svelati. Tuttavia, nonostante la realizzazione di importanti esperimenti, l’obiettivo di catturare le particelle che compongono la materia oscura per ora è fallito. Anche il più potente acceleratore del mondo, il Large Hadron Collider non ha rivelato nulla che ci avvicini alla risoluzione di questi misteri.
Proprio per questo, alcuni cosmologi si stanno chiedendo se questi enigmi possono portare la ricerca verso un qualcosa di molto diverso dall’immagine che abbiamo del nostro universo e della sua nascita.
Abbiamo visto come i cosmologi hanno spiegato alcune osservazioni introducendo un qualcosa che le giustifichi, ad esempio, la materia oscura che sembra comporre gran parte della materia dell’universo e che sembra costituita da un qualcosa che non interagisce con i fotoni e interagisce debolmente con la materia ordinaria.
Pur non sapendo nulla della materia oscura, i cosmologi ritengono che le particelle che la compongono interagiscono per mezzo di una forza approssimativamente potente quanto la forza debole nucleare (che governa il decadimento radioattivo), allora il numero di queste particelle che avrebbero dovuto emergere dal Big Bang corrisponderebbe approssimativamente alla quantità di materia oscura trovata oggi nell’universo. Queste particelle sono state chiamate WIMP o Weakly Interacting Massive Particle (particelle massive debolmente interagenti).
I fisici si sono impegnati in un ambizioso programma sperimentale per identificare queste sfuggenti particelle “WIMP” per capire come si sono formate durante il Big Bang. La ricerca di queste particelle è stata implementata grazie alla realizzazione di rivelatori di materia oscura sempre più sensibili posti in laboratori sotterranei in grado di rilevare collisioni tra una particella di materia oscura e gli atomi che compongono il bersaglio. Questi esperimenti sofisticati pur avendo funzionato magnificamente, addirittura oltre quanto progettato, non hanno osservato le collisioni sperate. Un decennio fa, molti scienziati erano ottimisti sul fatto che questi esperimenti avrebbero dato frutti, tuttavia la materia oscura si è rivelata molto più sfuggente di quanto immaginato.
Sebbene la caccia alle WIMP non sia ancora stata abbandonata, la mancanza di segnali negli esperimenti sotterranei ha portato molti fisici a rivolgere la loro attenzione verso altri candidati in grado di spiegare la materia oscura. Una delle particelle candidate è chiamata assione, e dovrebbe essere un’ipotetica particella ultra leggera.
Gli assioni sono previsti dalla teoria proposta dai fisici delle particelle Roberto Peccei e Helen Quinn nel 1977. Sebbene gli scienziati stiano cercando assioni in esperimenti che utilizzano potenti campi magnetici per convertirli in fotoni, queste ricerche devono ancora porre vincoli molto rigidi alle proprietà delle particelle stesse.
Esiste una possibilità che tutte queste particelle si siano formate in modo diverso da quanto ipotizzato. Ad esempio, le WIMP dovrebbero essere state prodotte in grande numero nel primo millesimo di secondo dopo il Big Bang, raggiungendo l’equilibrio con il plasma che permeava l’universo composto da quark, gluoni e altre particelle subatomiche. Il numero di WIMP che avrebbero dovuto giustificare la materia oscura presente oggi dipende dalla frequenza delle interazioni. Nei calcoli gli scienziati ipotizzano che lo spazio si sia espanso costantemente durante la prima frazione di secondo, senza eventi inaspettati. Ma è del tutto plausibile che semplicemente non sia andata così.
Purtroppo, pur avendo una buona conoscenza generale dell’universo, i cosmologi non hanno adeguate conoscenze dei primissimi istanti della sua formazione e quasi nulla circa il primo trilionesimo di secondo. Quando si tratta di come il nostro universo potrebbe essersi evoluto, o agli eventi che potrebbero aver avuto luogo durante questi primi momenti, sostanzialmente non abbiamo osservazioni dirette su cui fare affidamento. Questa era è celata alla vista, sotto strati impenetrabili di energia, distanza e tempo.
La comprensione di questo effimero lasso di tempo è, per molti aspetti, poco più di un’ipotesi basata su inferenza ed estrapolazione. La materia e l’energia esistevano in forme diverse rispetto a oggi e potrebbero aver sperimentato forze che non sono state ancora rilevate. Potrebbero essersi verificati eventi e transizioni che la scienza deve ancora scoprire.
Per questo, molti cosmologi hanno iniziato a considerare la possibilità che il non aver trovato le particelle che compongono la materia oscura potrebbe dirci molto non solo sulla natura della materia oscura stessa, ma anche sull’era in cui è stata creata. Studiando la materia oscura, gli scienziati stanno imparando qualcosa sui primi momenti dopo il Big Bang.

L’Universo si espande.

L’espansione dell’Universo fu scoperta nel 1929 da Hubble che misurò la velocità di allontanamento delle galassie che più erano distanti, più velocemente si allontanano dalla Via Lattea. Da quella scoperta Hubble estrapolò il tasso di espansione che oggi è una costante che i cosmologi studiano. La costante di Hubble è stata di difficile calcolo e ancora oggi il suo valore non riscuote il consenso di tutti i cosmologi. I ricercatori combinando i dati più recenti, calcolano che l’universo si sta attualmente espandendo ad una velocità compresa tra 72 e 76 km / s / Mpc.
I cosmologi possono utilizzare un’altra strada per calcolare la costante di Hubble, studiando la luce primordiale emessa quando i primi atomi si formarono circa 380.000 anni dopo il Big Bang.
Questa luce, emessa in quei tempi lontani, è nota come sfondo cosmico a microonde e ci mostra come la materia era distribuita in tutto l’universo in quel momento rivelando alcuni dettagli interessanti, ad esempio quanta materia c’era e quanto rapidamente lo spazio si espandesse. Dallo sfondo si deduce anche un valore diverso della costante di Hubble, di circa 67 km / s / Mpc, un valore significativamente più piccolo di quello che i cosmologi hanno trovato attraverso misurazioni dirette. Una discrepanza tra i due sistemi che determinano la costante di Hubble che è incompatibile nel contesto del modello cosmologico standard.
Per rendere questi risultati coerenti, gli astronomi sarebbero costretti a cambiare il modo in cui pensano che il cosmo si sia espanso ed evoluto, o di riconsiderare le forme di materia ed energia nell’universo durante le prime centinaia di migliaia di anni dopo il Big Bang.
Nonostante decenni di sforzi, i misteri su materia ed energia oscura rimangono, come rimane da comprendere l’inflazione cosmica. Tuttavia i cosmologi ritengono di trovarsi davanti a una possibile rivoluzione, forse i primi momenti dell’universo sono molto diversi da come li hanno immaginati.
Secondo la teoria generale della relatività, la velocità con cui lo spazio si espande dipende dalla densità della materia e dall’energia che contiene. Quando i cosmologi deducono il valore della costante di Hubble dal fondo cosmico a microonde, devono fare ipotesi sulla quantità di materia oscura, neutrini e altre sostanze presenti.
Forse, per spiegare la discrepanza tra le diverse misurazioni della costante di Hubble si potrebbe ipotizzare che il cosmo contenesse più energia del previsto durante i primi centomila anni dopo il Big Bang. Questa energia potrebbe aver preso la forma di una specie esotica di luce e particelle debolmente interagenti, o di un qualche tipo di energia oscura associata al vuoto che è scomparsa da tempo dall’universo.
Allo stesso modo anche i fisici del 1904 non erano ancora stati capaci di risolvere problemi come l’etere luminifero, l’orbita di Mercurio o il funzionamento del Sole. Tuttavia questi problemi sono stati il punto focale della rivoluzione in fisica. E nel 1905, la rivoluzione arrivò, inaugurata da Albert Einstein e dalla teoria della relatività.
Quando gli scienziati hanno combinato la relatività con la teoria della fisica quantistica, è diventato possibile spiegare la longevità del Sole, nonché il funzionamento interno degli atomi. Queste nuove teorie hanno aperto le porte a nuove linee di indagine in precedenza inimmaginabili, compresa quella della cosmologia stessa.
Le rivoluzioni scientifiche possono trasformare profondamente il modo in cui vediamo e comprendiamo il nostro mondo. Ma un cambiamento radicale non è mai facile da osservare. Probabilmente non c’è modo di dire se i misteri affrontati oggi dai cosmologi siano i segni di una imminente rivoluzione scientifica o semplicemente gli ultimi pochi punti in sospeso di uno sforzo scientifico concluso.
Non c’è dubbio, i cosmologi hanno compiuto progressi incredibili nella comprensione dell’universo, della sua storia e della sua origine. Ma è innegabile che gli esseri umani rimangono disarmati e incerti quando la cosmologia affronta i primi istanti della storia dell’universo che nasconde i suoi segreti che se svelati  apriranno le porte a una rivoluzione scientifica senza precedenti.

La sindaca Raggi a Ostia bloccata dentro la sua auto: attacco squadrista di Casapound.

La sindaca Raggi a Ostia bloccata dentro la sua auto: attacco squadrista di Casapound

Con la mascherina tricolore sul volto Luca Marsella, il leader ostiense di Casapound e consigliere municipale, ha bloccato l'auto della sindaca e poi rivendicato il gesto: "Ed ora denunciatemi, multatemi, la mia risposta è sempre quella: me ne frego". L'indignazione dell'Anpi e il monito della presidente della Comunità ebraica di Roma. 

"State a fa' le passerelle, venga a piazza Anco Marzio o a Ostia non ci viene più. Perché qui non scende, non la facciamo scendere", ha minacciato il consigliere di CasaPound al municipio X, Luca Marsella. La sindaca Virginia Raggi ha incassato le invettive protetta dai vetri dell'auto di servizio ma intorno la tensione è stata alta e la scorta ha avuto il suo da fare per contenere Marsella ed altri militanti che continuavano ad agitare la piccola folla di commercianti e imprenditori del lido.
La sindaca Raggi contestata a Ostia da Casapund "State a fa' le passerelle". Coia: "Aggressione gravissima"


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È stato il leader ostiense di Casapound a guidare la protesta di questa mattina - con modalità da attacco squadrista-  nei confronti della sindaca di Roma, Virginia Raggi, durante la visita in un mercato per l'avvio della Fase 2. Mezz'ora di tensione, con la sindaca rimasta in auto, poi risolta dagli agenti di scorta della prima cittadina, con la mediazione della presidente del X Municipio, la pentastellata Giuliana Di Pillo. "È l'ennesimo episodio di violenza di cui si rende protagonista questo gruppo di squadristi. Ora basta, la misura è colma", il commento dell'Anpi. "La strumentalizzazione della crisi è un campanello d'allarme che ci impone di mantenere alta l'attenzione affinché la violenza e l'impunità non trovino spazio di imporsi", gli fa eco la presidente della comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello.

Non è certo la prima volta che il movimento di estrema destra va allo scontro con l'amministrazione a cinque stelle. Su tutte basti ricordare le polemiche nate ormai un anno fa quando la Raggi fece togliere la scritta "Casapound" dalla sede del movimento, un edificio occupato nel cuore della Capitale. Ne nacque un fitto botta e risposta con tanto di manifestazione da parte degli estremisti, scesi in strada per protestare contro la sindaca. Sul litorale a condurre la battaglia è sempre Luca Marsella, più volte protagonista di occupazioni dell'aula consiliare. Qualche settimana fa, invece, annunciò anche l'occupazione di ex palazzi militari da parte dei famiglie in difficoltà. Un'azione definita "irresponsabile" sia dal M5S che dal Partito Democratico. Oggi l'ennesima protesta, questa volta nel cuore di Ostia.

a mascherina tricolore sul volto, ha bloccato l'auto della sindaca, urlandole contro e invitandola a visitare i commercianti che stanno soffrendo per la crisi. "Basta passerelle, da 'sta macchina non vi facciamo scendere", ha urlato più volte. Il Movimento 5 Stelle fa quadrato attorno alla sindaca e, attraverso una nota dei parlamentari, parla di "intimidazione da parte degli estremisti di destra". "Non è possibile tollerare questa prepotenza da parte di chi evidentemente non è in grado di sostenere un dialogo diverso dalla violenza", le parole della minisindaca di Ostia, Giuliana Di Pillo. "Ma quali minacce - la replica di Marsella -, stamattina ad Ostia è esplosa soltanto la rabbia sacrosanta dei romani contro un sindaco inadeguato. E da consigliere mi sono fatto sentire anch'io, perché mi hanno votato per questo. Ed ora denunciatemi, multatemi, la mia risposta è sempre quella: me ne frego".

https://roma.repubblica.it/cronaca/2020/05/18/news/raggi_a_ostia_attacco_squadrista_di_casapound-257026162/

lunedì 18 maggio 2020

Vita di “Littorio” la Belva Umana e le giravolte da Di Pietro a Boffo. - Pino Corrias

Vita di “Littorio” la Belva Umana e le giravolte da Di Pietro a Boffo

Il “Giornale” poi “Libero” - B. lo sceglie al posto di Montanelli: lui nega tutto, poi innesta la baionetta. Idolatra il pm, lo impallina e infine (querelato) si scusa.
A tavola è vegetariano. Alla macchina per scrivere, carnivoro. Il suo giornalismo è una forma mentale di body building, che nutre con le frustrazioni dei suoi lettori trasformate in estrogeni. Fuma la pipa, le sigarette, ma specialmente tutti i rancori che trova, contro i più ricchi e insieme contro i più poveri. I primi li maneggia con cautela, i secondi senza. Ama i gatti e i cavalli più degli uomini, e i meridionali più dei negri, in quest’ordine.
È nato una prima volta a Bergamo, vantandosene. La seconda a Milano, nello stanzone Cronaca del Corriere della Sera, quando nei minuti concitati della chiusura serale, qualcuno gridò: “Colleghi voglio un sinonimo di assassino!”. E dal fondo del salone, il cronista più giovane e allampanato levò in alto la mano e rispose: “Comunista!”. Risero tutti, compresi i comunisti. E uno di loro chiese: “Chi sarebbe questo spiritoso?”. Feltri. Vittorio Feltri.
Era l’anno 1977. Feltri, 34 anni, sorriso e cravatta da sbarbato di prima classe, era appena arrivato dai cugini minori del Corriere d’Informazione. Lo aveva voluto Piero Ottone, ma era diventato il cocco del suo vice, Franco Di Bella, fuoriclasse di storiacce di nera, proprio come il mitico Nino Nutrizio, il direttore della Notte, che aveva allevato il primissimo Feltri alla scuola dei titoli a scatola tipo: “Ecco la belva umana!”.
Al Corriere sbriga in fretta il suo lavoro di inviato speciale. Frequenta sarti, signore e ippodromi. Coltiva ambizione maggiori. E siccome gli viene facile semplificare il genere umano in amici e nemici, ha sufficienti attitudini per fare il direttore. Il suo primo successo è l’Europeo, settimanale di sinistra che a fine anni 80 viaggia ormai anonimo sulla scia di due corazzate, l’Espresso e Panorama. Lui cambia rotta, lo trasforma in un motoscafo armato silurante e in tre anni di polemiche e battaglie – anche contro la vecchia redazione – lo porta da 70 a 120 mila copie.
Stessa apoteosi quando sale in groppa a un cavallo quasi morto, l’Indipendente, quotidiano diretto da un educatissimo Ricardo Franco Levi che a forza di fingersi inglese stava perdendo gli ultimi lettori italiani. Al ronzino gli toglie il fieno e ci mette la birra. E siccome è l’anno 1992, quello dei portenti di Tangentopoli, costruisce, in nome del popolo, altari per Di Pietro e forche per tutti gli altri. Specie Bettino Craxi, che rinomina “il Cinghialone”, appena è sicuro che sia davvero caduto in trappola.
Il quotidiano supera le 100 mila copie, un miracolo editoriale. E anche un buon investimento visto che quando Silvio Berlusconi si toglie i guanti per scendere in politica e riempire il vuoto lasciato dai fuggiaschi della Prima repubblica, anno 1994, sceglie proprio Feltri per sostituire Montanelli alla guida de Il Giornale.
Un minuto prima dell’assalto, Vittorio fa l’offeso: “Io! Proprio io dovrei fare la pelle a Montanelli? È una cazzata!” Un minuto dopo innesterà la baionetta sul nuovo campo di battaglia, che è proprio l’opposto di quello di prima, stavolta accanto a Berlusconi, a Craxi, a “tutte le vittime di Tangentopoli”, contro Di Pietro torturatore, contro il presidente Scalfaro moralista, contro i giudici golpisti e i loro oscuri mandanti. Chi? Sempre loro, i “comunisti!”.
E siccome con la baionetta non ci taglia i tartufi, i titoli rotolano un tanto al chilo, da “Norberto Bobbio mandante morale dell’omicidio Calabresi”, fino a “La lebbra sbarca in Sicilia”, colpa dei negri invasori venuti a rubarci donne e salute. Tutti capolavori di sobrietà: “Velina ingrata” per Veronica Lario, “Patata bollente” per Virginia Raggi, ma anche “Veltroni paraculo” o “Renzi, per fermarlo bisogna sparargli”.
Per quanto si dichiari anarchico, monarchico, radicale, libertario e presidenzialista, Vittorio Feltri è un campione del giornalismo reazionario. Ogni epoca ha avuto i suoi e suonano più o meno tutti la stessa musica: spezzare le reni al nemico, qualunque sia il nemico. Nel suo caso con un imbattibile fiuto per i lettori: “Ho sempre scelto i più arrabbiati”. Ne ha trovati così tanti da raddoppiare quelli del Giornale, per poi fondarne uno in proprio, Libero, nell’anno 2000, col quale supererà le 220 mila copie, ma sempre facendo a pugni qualche volta con la legge, più spesso con la deontologia “dei parrucconi”, cioè l’Ordine dei giornalisti che lo radia e lo assolve ad anni alterni. Tutte medaglie per i suoi fan e per i suoi eredi, Maurizio Belpietro, Alessandro Sallusti e l’agente segreto Betulla, il patriota Renato Farina, l’eroe dei Due Stipendi.
Insensibile alla coerenza, ogni volta che si è trovato a corto di argomenti o con troppe querele per quelli malamente usati, Feltri è stato capace di clamorose giravolte. La migliore con Di Pietro a cui aveva attribuito un “tesoro nascosto” di 5 miliardi di lire: tutti i dettagli in cronaca per settimane. Salvo concludere lo scoop in un giorno solo con una lettera di scuse in prima pagina, più altre due per smentire la lunga serie di bugie. Stesso copione nel caso Dino Boffo, il direttore del quotidiano cattolico Avvenire, contro il quale pubblica una falsa informativa della polizia, montando uno scandalo sessuale che pretendeva speculare a quello delle Olgettine di Berlusconi. Per poi smentire tutto, scusarsi, e per le dimissioni di Boffo, dirsi “addolorato”. Da allora “metodo Boffo” è diventato sinonimo di macchina del fango, il prototipo analogico degli odiatori digitali.
Col tempo Littorio è diventato un’icona del cattivismo: guai alla lagna del bene pubblico se interferisce con i miei privilegi privati. E man mano che la sua prosa si è fatta più greve e ripetitiva – come capitò al ringhio di Oriana Fallaci, sua somma ispirazione – è diventato più iracondo e insieme più fragile nelle sue sfuriate in pubblico, dove offre a spallate la sua dottrina del me ne frego. Dichiarandosi ricco, cinico e felice. L’eroe di un giornalismo carognone, il feltrismo, che narra l’Italia agli italiani, avvelenandoci ogni giorno un po’.

Azienda Usa, dati positivi da primi test.



Coronavirus, per Moderna un success fase 1 della sperimentazione.

La societa' statunitense di biotecnologia Moderna ha annunciato che i primi risultati della sua sperimentazione sul potenziale vaccino per il coronavirus sono stati "positivi". La 'fase 1' dei test clinici - si spiega - ha mostrato che le persone che si sono sottoposte alla sperimentazione hanno sviluppato anticorpi in modo del tutto simile ai pazienti di Covid-19 che sono guariti.
   
 I livelli di anticorpi rilevati nelle prime otto persone sottoposte ai test clinici con l'mRNA-1273, spiega la societa' Moderna che ha il suo quartier generale in Massachusetts, sono uguali o superiori a quelli riscontrati nei pazienti guariti dal Covid-19. Inoltre il potenziale vaccino avrebbe finora dimostrato di essere "sicuro e ben tollerato", non presentando gravi effetti collaterali. Moderna, che lavora con l'Istituto nazionale delle allergie delle malattie infettive guidato dal virologo Anthony Fauci, avviera' ora la 'fase 2' della sperimentazione e spera di partire con la 'fase 3' nel mese di luglio.

Palamara&C con Cafiero De Raho contro Di Matteo nel “pool stragi”. - Marco Lillo e Antonio Massari

Palamara&C con Cafiero De Raho contro Di Matteo nel “pool stragi”

Caso Csm - Il procuratore estromette il pm della Trattativa e l’amico Luca esulta: “Grande Federico!”
Il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho ha rimosso Antonino Di Matteo dal pool stragi nel maggio del 2019. La ragione ufficiale offerta allora dal capo della DNA era l’intervista rilasciata dal pm palermitano alla trasmissione Atlantide condotta da Andrea Purgatori su La 7 il 18 maggio 2018. Un provvedimento severo visto che Di Matteo non svelava alcun segreto ma faceva solo dei ragionamenti su fatti noti. Al Fatto fonti vicine al procuratore dissero: “Quei fatti erano sì noti ma il procuratore Cafiero De Raho non ha gradito che su di essi raccontasse in tv la sua personale valutazione”. Il punto, secondo Cafiero De Raho, era che quelle valutazioni di Di Matteo erano oggetto allora di discussione tra Di Matteo stesso e i colleghi del pool stragi della Direzione Nazionale Antimafia di cui il pm palermitano faceva parte.
Ora dalle chat del magistrato Luca Palamara depositate nell’indagine perugina che ha sconvolto il Csm nel maggio del 2019 emerge un fatto inedito.
Il 26 maggio 2019, quando La Repubblica esce con lo scoop di Salvo Palazzolo che annuncia: “Direzione nazionale antimafia, Di Matteo rimosso dal pool stragi per un’intervista (…) Dopo la puntata di Atlantide andata in onda sabato 18, il procuratore capo Federico Cafiero de Raho ha deciso la rimozione del magistrato dal neonato pool stragi”. Il magistrato della Dna Cesare Sirignano, appartenente alla stessa corrente della magistratura Unicost, invia un file alle 8 e 39 di mattina all’amico Palamara. Pronto il leader di Unicost la commenta così alle 8 e 42: “Grande Federico”. Dove Federico è evidentemente Federico Cafiero de Raho, autore del provvedimento contro Di Matteo.
Pochi secondi dopo Sirignano replica con uno stringato “Noi siamo seri”.
Cesare Sirignano fa sapere al Fatto che “Non c’era alcun ragionamento precedente al provvedimento del Procuratore Cafiero De Raho tra me e Palamara. Lo dimostra il fatto che io invio un file che lei mi dice potrebbe essere l’articolo. Quindi Palamara non ha saputo nulla da me prima e il provvedimento era stato fatto alcuni giorni prima. Io lo seppi a cose fatte comunque perché ero a Vienna e il Procuratore non me ne parlò. Quel ‘Siamo seri’ è una frase breve di una chat che doveva restare privata e non ha nessun altro riferimento se non forse alla serietà di atteggiamento in generale”.
Che Palamara non fosse proprio un sostenitore di Antonino Di Matteo lo si capisce anche da un’altra conversazione intercettata stavolta dal trojan nascosto nel cellulare del magistrato romano nel maggio del 2019. Quando con un collega della Procura di Roma, Stefano Fava, discuteva dei rapporti difficili con la corrente Autonomia e Indipendenza, di cui insieme a Piercamillo Davigo fa parte anche Sebastiano Ardita, e che ha sostenuto Di Matteo per l’elezione al Csm nell’ottobre 2019. In quel giorno di maggio 2019 mentre era intercettato insieme a Fava, Palamara temeva di essere antipatico ad Ardita e ricordava di quando lui era al Csm nella consiliatura precedente e si era schierato contro l’approdo di Di Matteo alla Direzione Nazionale Antimafia.
Inoltre sempre dalle sue chat si scopre che Palamara non gradiva proprio l’esistenza del pool stragi.
La sera del 6 maggio 2019 infatti il leader di Unicost scrive a Sirignano: “Questo gruppo per indagare sulle stragi tutti ne parlano. Ma c’era bisogno?”
Sirignano risponde: “Sì ma non è per indagare sulle stragi, è per verificare eventuali collegamenti tra le indagini che potrebbero essere sfuggiti o non acquisti (acquisiti, ndr) Luca domani vediamoci nel tardo pomeriggio”. Palamara insiste: “Ti dico che non è grande mossa”. E Sirignano: “Luca ma tu non hai capito che Federico (Cafiero de Raho, anche lui Unicost, ndr) rappresenta la nostra forza”.
Palamara replica: “Lo so. Ma non deve sbagliare mosse”. Palamara non ha alcun ruolo nella strategia della Direzione Nazionale Antimafia. In teoria. Certamente quando Giovanni Falcone aveva ideato questo ufficio non immaginava che lo stra-dominio delle correnti della magistratura (che lui aveva sperimentato sulla sua pelle quando lo avevano fatto fuori dalla corsa a procuratore di Palermo) potesse rivelarsi così pervasivo a distanza di 30 anni.
Il potere di Palamara derivava dalla capacità di controllare, mediante i suoi uomini dentro Unicost, i voti necessari per far progredire le carriere dei magistrati nelle votazioni al Csm. Quando il 27 luglio 2017 Federico Cafiero De Raho era stato battuto nella corsa per la Procura di Napoli, Palamara scriveva al Procuratore: “Ho lottato insieme a te fino all’ultimo. Persa una battaglia non la guerra” e Cafiero de Raho: “Carissimo Luca sono convinto che ancora dobbiamo lottare insieme. Grazie, comunque, per avermi assecondato nella scelta, che non condividevi, di andare avanti (…) Un forte abbraccio”. Il 23 ottobre 2017 Federico Cafiero de Raho scrive a Palamara scherzosamente: “Grande capitano”, però in quel caso il riferimento è al ruolo nella Nazionale magistrati di calcio.
L’11 maggio 2018 Palamara invia a De Raho un articolo dell’Ansa che riporta le sue dichiarazioni non molto favorevoli a Di Matteo. Il titolo del lancio era “Stato-mafia: De Raho, pm che lavora non si aspetti sostegni”. E il procuratore nazionale diceva su Di Matteo: “È evidente che sulla trattativa ciascuno abbia il suo punto di vista, ma associarsi o sostenere un pubblico ministero vorrebbe dire già avere una tesi (…) chi svolge un ruolo di garanzia per il cittadino non può sentirsi minacciato o condizionato. Chi ha un ruolo come il nostro non può mai essere influenzato da una minaccia, noi abbiamo il compito di rappresentare lo Stato”.
Palamara commentava: “Bravissimo!!!!!!” con sei punti esclamativi. Senza risposta.

Perchè altrimenti siamo fottuti. - Roger Hallam

Extinction Rebellion. Settimana di ribellione internazionale ...

Il fondatore del movimento per salvare il pianeta “Extinction Rebellion”: il virus ci insegna che dipendiamo dalla natura tanto quanto la natura dipende da noi. Perciò va preservata.

Ho scritto questo libro sulla crisi climatica e l’inerente bisogno di una disobbedienza civile di massa prima che esplodesse la tragica pandemia del coronavirus. In occasione della sua pubblicazione in Italia, sento il dovere di anteporvi questa breve premessa, conscio di quanto ora più che mai sia impossibile affrontare un discorso sulla catastrofe del clima senza menzionare le terribili sofferenze che l’attuale emergenza sta infliggendo alla popolazione italiana e a milioni di altri cittadini in tutto il mondo. La diffusione del contagio ci ricorda che non siamo avulsi dall’ambiente naturale, bensì a esso interconnessi per molteplici aspetti quotidiani che spaziano dal bisogno di respirare a quello di assumere cibo. Dipendiamo dalla natura tanto quanto la natura dipende da noi. Il virus ci ha messo ancora una volta di fronte a un dato di fatto: siamo tutti mortali e inermi di fronte a determinate manifestazioni del cosmo. Siamo ormai tutti consapevoli di quanto il nostro pianeta si regga su un equilibrio ecologico estremamente fragile che, quando viene alterato, tende a ricercare un nuovo assetto condannando all’estinzione un gran numero di specie viventi. Ci basti osservare il ritmo con cui aumentano le epidemie man mano che proseguiamo nella distruzione indiscriminata della biodiversità. Ecco perché, se non ridurremo l’emissione di gas serra nell’atmosfera, condanneremo le prossime generazioni a livelli inimmaginabili di sofferenza. Dopo tre decenni di grida d’allarme inascoltate da parte della scienza, la nostra inerzia ci ha condotti sull’orlo del baratro. La crisi ecologica è a un punto di non ritorno, pari a quello che ha portato alla diffusione incontrollata del coronavirus. Non è una corrente politica o l’opinione di una minoranza ad affermarlo. È la scienza nuda e cruda. (…) È ORA DI APRIRE GLI OCCHI e guardare in faccia la realtà. Esistono fatti immutabili e incontrovertibili, tra cui le leggi della fisica: se la temperatura aumenta, i ghiacci si sciolgono; in condizioni di siccità i raccolti muoiono; gli incendi distruggono le foreste. Sono tutti fenomeni reali, e questo è solo un assaggio di ciò che ci aspetta. All’orizzonte si profila il collasso ecologico. L’estinzione o la sopravvivenza della specie umana dipenderà in larga parte dalla capacità delle nostre società di attuare, nei prossimi dieci anni, cambiamenti rivoluzionari. Qui l’ideologia non c’entra. Si tratta di pura matematica e fisica. Secondo le Nazioni unite, per contenere l’innalzamento delle temperature entro la soglia di sicurezza di 1,5°C, entro il 2030 dovremmo dimezzare le emissioni di anidride carbonica. La stima rischia di essere ottimistica, visto che, stando agli ultimi rilevamenti, il permafrost si sta sciogliendo con novant’anni di anticipo e i ghiacciai dell’Himalaya stanno scomparendo due volte più in fretta del previsto. Anche senza tener conto di ulteriori incrementi della temperatura provocati dalle emissioni antropiche, nel giro di dieci anni basteranno gli effetti di feedback e l’attuale ciclo di riscaldamento a determinare un aumento della temperatura di 2 °C. In breve, siamo fottuti. Resta solo da capire fino a che punto e quanto tempo ci rimane. DOBBIAMO RASSEGNARCI a questa fatalità? Secondo me no. In molti ormai, superando la debolezza umana di coprirsi gli occhi di fronte alle verità sgradevoli, sono arrivati ad accettare i fatti a cui la scienza ci mette di fronte già da un pezzo. Tuttavia non ne hanno ancora elaborato le implicazioni politiche e sociali. (…) Serve un’immediata inversione di rotta, che non potrà essere attuata senza una rivolta e una trasformazione radicale delle nostre società e della nostra politica. E non parlo di semplici avvicendamenti tra partiti ai vertici del potere. Quello che serve è uno stravolgimento della struttura stessa delle nostre società. Proprio come le specie viventi, le istituzioni non sono capaci di evolversi in maniera repentina. Affinché il cambiamento avvenga in tempo utile, bisogna rimpiazzarle con nuovi sistemi politici, sociali e culturali. (…) Si tratta di agire sul senso comune. Nel 1776, Thomas Paine scrisse un pamphlet intitolato proprio Common Sense per dire ai cittadini delle colonie americane ciò che in cuor loro sapevano già ma non osavano esprimere apertamente: bisognava dichiarare l’indipendenza dalla Corona britannica. Quel testo fu letto soltanto dal 10% della popolazione, eppure gli si riconosce il merito di aver infuso a molti americani il coraggio di fare quel salto verso l’ignoto. Lo scopo del mio libro è identico. La verità che comunica la conosciamo già: così non si può andare avanti. Ormai può salvarci solo una rivoluzione della società e degli Stati, un tuffo nell’ignoto come quello sollecitato da Paine. (...) Da un punto di vista prettamente sociale, è un dato di fatto che la cultura riformista, di sinistra come di destra, tipica dell’at - tuale società neoliberista non sia adatta allo scopo. Detto fuori dai denti, le Ong, i partiti e i movimenti politici che ci hanno portati al disastro degli ultimi trent’anni – dal 1990 le emissioni globali di CO2 sono aumentate del 60% – rappresentano l’intralcio più grosso al cambiamento. Si ostinano a proporre soluzioni graduali, spacciandole per efficaci. (...) Il nuovo paradigma impone di passare dalle parole all’azione, dalle proteste alla violazione in massa della legge attraverso la disobbedienza civile nonviolenta, dall’esclusivismo elitista alla mobilitazione democratica popolare. (…) Bisogna agire subito, in prima persona e senza aspettare l’intervento delle caste al potere. Già oggi esiste un movimento di transizione. È essenziale ampliarlo in maniera massiccia e integrarlo con la ribellione. È degli ultimi mesi del 2019 la notizia paradossale secondo cui nel mondo vengono investiti circa 1,9 trilioni di dollari nel gas e nel carbone, proprio mentre l’elettricità prodotta dai pannelli solari e dalle turbine eoliche è sul punto di diventare meno costosa dei combustibili fossili a livello globale, e in molti Paesi lo è già. Non c’è tempo da perdere. Bisogna agire. Sarà una bella avventura.

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