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martedì 6 aprile 2021

La mia lettera al direttore Massimo Giannini pubblicata questa mattina su "La Stampa" . - Giuseppe Conte

 

"Gentile Direttore,

da alcune settimane sono impegnato nel compito di rifondare il Movimento 5 Stelle, in modo da rilanciarne la carica innovativa e renderlo pienamente idoneo a interpretare una nuova stagione politica. Anche per questa ragione sto evitando di rilasciare dichiarazioni e di intervenire nell’attualità politica. Ritengo prioritario preparare al meglio una nuova agenda politica, da condividere con la massima ampiezza, che sappia esprimere un progetto di società rispondente ai bisogni più urgenti dei cittadini, ma fortemente proiettata su un modello di sviluppo che coinvolga anche le generazioni future. Ma sono costretto a intervenire per correggere alcune falsità riportate nel lungo editoriale, che Lei ha offerto ai lettori del suo giornale il giorno di Pasqua, dedicato ai vecchi e ai nuovi scenari di politica estera del nostro Paese, con particolare riguardo al conflitto libico, dal titolo “Italia e Libia. Un atlante occidentale”.

Non posso tacere perché queste notizie false, essendo attinenti alla politica estera perseguita dall’Italia negli ultimi anni, non riguardano solo la mia persona, ma anche un buon numero di nostri professionisti, della filiera diplomatica e dell’intelligence, che hanno condiviso gli sforzi e profuso grande impegno in questa direzione.

Non entro, peraltro, nel merito delle varie considerazioni da Lei formulate. Sono sue, opinabili valutazioni. Non Le scrivo per aprire una discussione sui complessi scenari di geo-politica. Ma trovo palesemente fuorviante riassumere tutte le iniziative di politica estera poste in essere dai due governi da me presieduti con l’immagine di un’“Italietta che finalmente si risveglia dalla sbornia nichilista, sovranista e anti-occidentale di questi ultimi tre anni”.

Sono rimasto colpito dall’incipit del Suo editoriale. Con un accorto espediente retorico ha messo in relazione tre notizie: la prima vera, la seconda e la terza completamente false.

La prima notizia, vera, è che “Dopodomani [oggi per chi legge, n.d.r.] Mario Draghi volerà in Libia”. Questa notizia è seguita da un suo commento, pienamente legittimo: “è una missione cruciale, non solo per la difesa del nostro interesse nazionale, ma in parte anche per la ridefinizione del nuovo Ordine Mondiale, la riaffermazione dei valori dell’Occidente, la ricostruzione del ruolo dell’Europa”.

Subito dopo ci sono due notizie false, che non riguardano solo me personalmente quanto la politica estera perseguita dall’Italia. Queste due falsità sono precedute da un suo commento molto malevolo: “Le ultime pezze a colori improvvisate da Giuseppe Conte nel Corno d’Africa e nella Penisola Arabica hanno portato più malefici che benefici”.

La prima falsità: “I due incontri ad Abu Dhabi con Mohammed bin Zayed, tra il novembre 2018 e il marzo 2019, furono talmente inutili sul dossier libico che lo sceicco emiratino diede ordine ai suoi diplomatici di non organizzargli mai più altri colloqui con l’Avvocato del Popolo”.

La seconda falsità: “Il blitz a Bengasi del 17 dicembre 2020, organizzato come uno spot di bassa propaganda solo per riportare a casa i pescatori mazaresi previa photo-opportunity con Haftar, è stato ancora più imbarazzante”.

La prima notizia è smentita dal fatto che dopo le date che Lei ricorda ho avuto ulteriori colloqui con lo sceicco Mohammed bin Zayed, che hanno confermato non solo l’eccellente rapporto personale instaurato, ma anche le ottime relazioni tra i nostri due Paesi. Mi permetta poi di sottolineare che la sua falsità suona davvero ingenua: in pratica ha tentato di convincere i Suoi lettori che lo sceicco emiratino avrebbe informato solo lei che non avrebbe più accettato colloqui con il sottoscritto, quando invece abbiamo sempre operato, anche a tutti i livelli della filiera diplomatica e di intelligence, nella reciproca consapevolezza che i nostri rapporti fossero molto buoni.

La seconda falsità è non meno sorprendente, in quanto già all’epoca dei fatti chiarii che volai in Libia non per piacere, ma perché fu l’unica condizione per ottenere il rilascio dei diciotto pescatori. L’ho fatto. Lo rifarei. Dopo un lungo negoziato e dopo avere respinto altre richieste che giudicai non accoglibili, atterrai all’aeroporto di Bengasi, dove Haftar mi accolse e firmò in mia presenza il decreto di liberazione dei diciotto pescatori. Quanto alla photo opportunity, caro Direttore, la informo che ho ricevuto più volte Haftar a Roma, anche nel pieno di quest’ultimo conflitto libico. Aggiungo che non troverà in giro nessuna mia foto con i pescatori: a loro e a tutti i cittadini di Mazara ho mandato un saluto a distanza. Ho evitato di incontrarli proprio per non dare adito a speculazioni inopportune. Ma vedo che con Lei questa premura, ancora a distanza di tempo, non è servita.

Concludo. Ci auguriamo tutti che il viaggio del premier Mario Draghi in Libia possa rivelarsi utile. Il dossier libico rimane strategico per gli interessi italiani ed europei ed è estremamente rilevante negli equilibri geo-politici mondiali. Non credo che nessuno abbia difficoltà ad aderire al suo auspicio che questa possa essere la svolta che l’intero mondo occidentale attende da anni.Ma non serve e non vale a rafforzare questi auspici la denigrazione di chi è venuto prima.

Gentile Direttore, Lei e l’intero gruppo editoriale a cui il Suo giornale fa riferimento avete abbracciato convintamente una causa. Ora, non dico che debba fidarsi di me. Ma dia retta almeno a un raffinato stratega quale Talleyrand, che ai suoi collaboratori raccomandava sempre: “𝘚𝘶𝘳𝘵𝘰𝘶𝘵 𝘱𝘢𝘴 𝘵𝘳𝘰𝘱 𝘥𝘦 𝘻𝘦̀𝘭𝘦” (“Soprattutto non troppo zelo”). Quando si eccede in fervore si rischia di servire male la causa.

Cordialmente,
Giuseppe Conte" (FB)

martedì 19 maggio 2020

Razza predona. - Marco TRavaglio

Massimo Giannini/ Chi è il nuovo direttore La Stampa: già alla ...
Anche se ogni tanto litighiamo, sono un po’ amico di Massimo Giannini, specialmente da quando fu cacciato dalla Rai dell’Innominabile e lo difesi. E ieri il suo editoriale su La Stampa mi ha fatto male. Non per me, che non c’entro niente. Per lui. Dopo mezza vita passata a denunciare giustamente i conflitti d’interessi politico-affaristico-editoriali di B., tentava di negare il conflitto d’interessi politico-affaristico-editoriale dei suoi editori Agnelli-Elkann. E, così, senza volerlo, lo confermava. Diversamente da B, la Real Casa torinese non ha mai avuto bisogno di entrare direttamente in politica: fin dalla fondazione oltre un secolo fa, è sempre stata “governativa per definizione”, come diceva il capostipite Giovanni Agnelli. Perché ha sempre avuto ai suoi piedi quasi tutti i governi, convinti – anche in cambio di tangenti e buona stampa – che “quel che va bene alla Fiat va bene all’Italia” (Gianni Agnelli). E infatti anche La Stampa, salvo rare parentesi, è sempre stata governativa. Almeno fino a due anni fa, quando andarono al governo due partiti – 5Stelle e Lega – troppo selvaggi per piacere ai soliti salotti, anche se poi Salvini vi è stato subito cooptato. Intanto la Real Casa si comprava pezzo dopo pezzo pure Repubblica, fino alla brutale cacciata di Verdelli e all’arrivo di Molinari, sostituito a La Stampa da Giannini.
Così il giornale più vicino al Pd è passato all’opposizione del governo che ha riportato al potere il Pd, insieme al quotidiano governativo per definizione. Il tutto mentre l’editore incassava da Banca Intesa un assegno di 6,3 miliardi garantiti dallo Stato grazie al dl Liquidità dell’orribile governo Conte. Il vicesegretario del Pd Orlando ha fatto due più due, come chiunque osservi i movimenti dei grandi gruppi finanziari ed editoriali: lorsignori, con i loro media al seguito, non ne hanno mai abbastanza e ora vogliono rovesciare il governo per spartirsi comodamente gli 80 miliardi delle due manovre anti-Covid e quelli in arrivo dall’Ue. Nessuno ha mai parlato di ”complotto” o “congiura”, termini evocati da Giannini (che tira in ballo financo gli odiatori di Liliana Segre e di Silvia Romano) e da quel furbacchione di Mieli per ridicolizzare un tema serissimo: qui si tratta di interessi economici, che sarebbero legittimi se non usassero i media per i propri comodi. Conte, pur tutt’altro che ostile alle imprese, è inviso all’establishment lobbistico-finanziario perché non è un premier à la carte (come lo erano quasi tutti i predecessori). E per giunta non è stato scelto dai soliti noti, ma nientemeno che dai barbari 5Stelle.
Infatti viene attaccato ogni giorno con pretesti ridicoli (gli orari e la punteggiatura delle conferenze stampa) e fake news (nulla a che vedere con la legittima critica) da tutti i grandi quotidiani, fino all’altroieri sdraiati su governi infinitamente peggiori. “Nessuno ci ha mai ordinato alcunché”, “i giornalisti non prendono ordini dall’editore”, giura Giannini. Non ne dubitiamo: certe cose non c’è neppure bisogno di ordinarle. Si fanno col pilota automatico, conoscendo i desiderata dell’editore. Che, quando è vero, ha il solo interesse di vendere i giornali. Ma, quando è finto o “impuro”, usa la stampa per fare affari anche tramite la politica. Vale per gli Elkann, Caltagirone, gli Angelucci, Cairo e anche i De Benedetti. Quando scoppiò lo scandalo della soffiata dell’Innominabile all’Ingegnere sul dl Banche, Repubblica non scrisse una riga: censura dell’editore o autocensura dei giornalisti? E le recenti cronache da Coppa Cobram fantozziana dei due giornali della megaditta sul prestito garantito a Fca erano frutto di ordini superiori o di spontanee obbedienze inferiori?
La Razza padrona descritta da Scalfari prim’ancora di fondare Repubblica e poi di venderla a CdB, non è un’invenzione. Giannini assicura che questa è “un’idea rozza” che “non esisteva neanche negli anni 50, quando a Torino la Fiat e il Pci costruivano la trama delle relazioni industriali del Paese”. Sarà, ma allora e anche molto dopo la Fiat (“la Feroce”) aveva “reparti confino”, schedava gli operai per le loro idee e, quando ne moriva uno in fabbrica, La Stampa, sotto dettatura della capufficiostampa Fiat, tota Rubiolo, scriveva che era “deceduto in ambulanza nel trasporto in ospedale”. Negli anni 90 era cambiato il mondo, Montanelli pregò Orlando di non dirmelo neppure e continuai a scrivere liberamente. Un anno dopo, siccome perseveravo, il capufficio stampa Fiat mi convocò per minacciare di stroncarmi la carriera. Me ne fregai, ma solo perché non lavoravo per giornali Fiat. Ne Il Provinciale, Giorgio Bocca racconta un aneddoto su un dirigente Fiat che rende bene l’idea: “Mi trovai in una villa del Monferrato in casa di un dirigente che un po’ brillo abbracciava alle spalle la sua tota segretaria e le diceva in piemontese: ‘Ninìn, lo senti l’acciaio?’. E lei brancicava nei suoi pantaloni con una mano, senza girarsi…”. Ecco, oggi la sede legale è in Olanda. Ma l’acciaio è sempre lì dietro, in Italia.

venerdì 6 dicembre 2019

Signora mia. - Marco Travaglio

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Quando finalmente avremo il governo Salvini, con Savoini agli Esteri, Siri all’Economia, Berlusconi alla Giustizia, Dell’Utri agli Interni, Verdini alle Riforme e la Casellati al Quirinale, qualcuno si domanderà come sia stato possibile. E potrà rispondersi riguardando la puntata di Otto e mezzo di mercoledì, con l'ex Senatore PD Gianrico Carofiglio , Massimo Giannini e VIttorio Sgarbi. Titolo: “Dal Mes a Bibbiano: il Pd non ci sta”. Si parte dalla legge Bonafede, in vigore da un anno, che blocca la #prescrizione alla sentenza di primo grado per i reati commessi dal 1° gennaio 2020. Parla subito #VittorioSgarbi, noto giureconsulto: “La legge è una scemenza perché ci sono molti processi inutili”. Quali? I suoi. Ergo “la prescrizione è la cosa più democratica e civile del mondo”, anche se durante il processo ce l’abbiamo solo noi e la Grecia. “Sono d’accordo. con #Zingaretti e #Renzi che chiedono tempi certi per i processi”: veramente è ciò che prevede la riforma Bonafede del processo, bloccata prima da Salvini e ora da Zinga&Renzi, ma lui non lo sa. Gruber: “Dunque hanno torto Di Maio e Di Battista”. Sgarbi: “C’è il reato del figlio dei Grillo” (che è incensurato, diversamente da Sgarbi, pregiudicato per truffa allo Stato).

Tocca a Carofiglio, che solo due settimane fa a Otto e mezzo apprezzava la blocca-prescrizione e criticava il Pd che vuol tornare indietro. Ma, oplà, è già guarito. Forse è posseduto da Ghedini e Paniz. O forse teme di dare ragione ai 5Stelle quando pensa che abbiano ragione: “L’intervento non va bene, è scadente, sciatto”. Perché? Perché parla di “sospensione” della prescrizione anziché di blocco. Gravissimo. E non solo: “Il primo processo con la nuova norma arriverà nel 2023”. E allora? Voleva una legge incostituzionale che si applicasse retroattivamente ai processi in corso per i reati commessi prima, così da farla bocciare dalla Consulta? Mistero. Ma ecco Giannini, che per 20 anni, con tutta Repubblica, ha denunciato la vergogna della prescrizione e invocato una legge identica alla #Bonafede. Anche lui dovrebbe dire che stavolta han ragione i 5Stelle. Ma non ce la fa proprio, come Fonzie quando provava a dire “ho sbagliato” e gli si seccava la lingua. Così butta la palla in tribuna e scuote il capino con aria sconsolata: “Scene di ordinario caos, ormai la politica gira a vuoto, problemi che ci trasciniamo da 20 anni: Ilva… Alitalia… debito pubblico… evasione… La prima legge sulle manette agli evasori è dei primi anni 80 e siamo ancora qui a discuterne… Non si sblocca niente”. Signora mia, dove andremo a finire. Il guaio è che i putribondi Conte e 5Stelle qualcosa hanno sbloccato.


La blocca-prescrizione è legge da un anno, le manette agli evasori sono nel decreto Fiscale appena varato. Se n’è accorto? Lo dirà? Niente, lingua secca: “Sono tutti ugualmente colpevoli”. Chi ha creato quei problemi e chi ne ha risolti un paio. “L’arrivo dei 5Stelle sembrava l’anno zero: non è cambiato nulla”. Prima c’erano i vitalizi e ora non ci sono più, c’era la prescrizione eterna e ora non c’è più dopo la prima sentenza, i corrotti non finivano dentro e ora ci finiscono, gli evasori erano impuniti e presto pagheranno, i poveri non avevano un euro e ora hanno il reddito di cittadinanza, il precariato era a vita e ora è più limitato. Ma per Giannini non è cambiato nulla. Sgarbi invoca “una politica con un’alta visione ideale” (Sgarbi): tipo tornare subito al voto perché nel 2018 gli elettori si sono sbagliati e han votato “quattro scappati di casa” (i 5Stelle); ora bisogna rimediare, votando e rivotando a oltranza finchè non vincono “le famiglie dei partiti”. Gruber: “Di Maio è molto critico con l’alleato Pd, e anche Di Battista che ogni tanto riemerge” (veramente sono Pd e Iv che minacciano di votare la prescrizione modello FI, ma fa niente).
Meglio parlare del Mes che Sgarbi, noto economista, chiama “Mec”. Lo criticano le destre, le sinistre e pure i centri di mezza Europa, ma il problema sono Di Maio e Dibba. Si potrebbe ricordare che Salvini chiedeva l’arresto di Conte per alto tradimento e il premier l’ha sbugiardato in Parlamento 26 volte, ma meglio di no. Giannini l’ha vista così: “#Conte e #Salvini si sono presi a sediate” (testuale), “Salvini e Di Maio dicono che il #Mes è uno schifo e un tradimento” (Di Maio non l’ha mai detto, ma facciamo buon peso), “Conte con la sua pochettina non sta da nessuna parte”, “Ma si può andare avanti così?”. Signora mia. Seguono vezzosi accenni a “bagni di sangue”, “uscite dall’euro”, “fallimenti dell’Italia”. Sgarbi trova che il problema sono i “deliri di #Grillo” e l’“antileghismo astratto”, poi butta lì che “alle regionali in #Calabria c’è un grande candidato, il sindaco di #Cosenza #Occhiuto (imputato per corruzione e bancarotta fraudolenta, ndr), ma la Lega non lo vuole”. E come si fa? Ma passiamo a #Bibbiano, dove il sindaco Pd s’è visto revocare l’obbligo di dimora dalla Cassazione, con motivazioni ancora ignote. Ma in studio tutti credono di averle lette. Gruber: “La Cassazione definisce la misura ingiustificata”. Carofiglio: “Dice che la misura non doveva essere applicata” e poi il sant’uomo era “semplicemente accusato di abuso d’ufficio” (e lo è ancora, anche per falso ideologico, visto che l’inchiesta è in corso e non c’è stata alcun’assoluzione). Sgarbi: “Io l’ho sempre difeso”. #Carofiglio: “Bravo!”. Sgarbi ha un attacco di rabbia, bava alla bocca e denti digrignati: “Il nemico di Bibbiano non è Salvini, è Di Maio che l’ha coperta di merda! Incapaci! Schifosi!”. Ma è un attimo, poi viene sedato dall’apposito infermiere. #Gruber: “Di Maio chieda scusa al Pd”. Giannini: “Anche la #Lega. E non al Pd, ma al Paese! É un crimine contro il Paese. Tutto per otto bambini! E nessuno del Pd è indagato tranne il sindaco”. Lo sono anche gli ex sindaci #Pd di Montecchio e Cavriago, ma fa niente. Sigla.


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