mercoledì 20 gennaio 2021

Salvini e Meloni danno lezioni. Ma loro per vent’anni hanno collezionato disastri. Dal sì al Mes al voto favorevole sul Trattato di Dublino. Ecco i capolavori della Destra nel segno di Silvio. - Antonio Acerbis

 

A destra sono sicuri: un nuovo governo, a trazione sovranista, farebbe senz’altro meglio di quello in carica. Non avremo quanto meno nessun “Barbapapà”, per citare l’intervento di due giorni fa di Giorgia Meloni. Nessun governo che cerca “complici per mantenere la poltrona”, come spiegato ieri in Aula da Matteo Salvini tra un insulto e l’altro ai senatori a vita. I due, Matteo e Giorgia, sono certi: la rovina di questo Paese è Giuseppe Conte. Perché è “in delirio di onnipotenza” dato che “per rimanere dov’è prima è di destra, poi di centro, poi di sinistra, populista, liberale, socialista, amico e nemico di Salvini, di Renzi, di Di Maio”.

INCOERENZA TOTALE. Eppure. Eppure resta una domanda: quante volte abbiamo visto Salvini e Meloni lavorare in maggioranza? Il primo è da una vita in politica, la seconda è stata addirittura ministra. Fa quantomeno sorridere che la Meloni, per esempio, abbia detto al presidente del Consiglio: “Ricordo quando diceva voliamo alto: con la Mastella Airlines, voi la prima Repubblica la fate ampiamente rimpiangere”. Proprio lei che è rimasta ministra grazie al passaggio in maggioranza dei due ex Idv, Domenico Scilipoti e Antonio Razzi. Ma è soprattutto andando nel concreto dei provvedimenti che scopriamo cosa ci hanno regalato le destre al governo.

Partiamo dal Mes, il tanto odiato e vituperato Mes. Bene: ad approvarlo per la prima volta fu il governo Berlusconi nell’agosto del 2011, tre mesi prima delle dimissioni (e il successivo arrivo di Mario Monti) e ad appena due giorni dalla lettera congiunta del presidente uscente della Bce Jean Claude Trichet e di quello in pectore Mario Draghi con la quale indicarono all’Italia una serie di misure urgenti per superare la crisi. In quel governo sedeva proprio la Meloni ed era appoggiato in maggioranza dalla Lega oggi guidata da Salvini.

LA LUNGA LISTA. Ed è solo il primo esempio di una serie a dir poco infinita di perle. Non si può dimenticare, ancora, che la tanto criticata legge Fornero che ha devastato il mondo dei lavoratori ha collezionato il voto a favore, ancora una volta, tanto della Meloni quanto del Carroccio. Senza dimenticare le tante leggi fortemente volute da Silvio Berlusconi. Una su tutti: il lodo Alfano che assicurava immunità ai parlamentari o, ancora, la depenalizzazione di gravi reati come il falso in bilancio. Leggi che i partiti di centrodestra – e dunque anche Lega e l’allora An, poi Pdl – hanno votato convintamente. Esattamente come convintamente hanno votato norme di cui oggi si direbbero assolutamente contrari, come lo svuota-carceri o le leggi bavaglio sulle intercettazioni, di cui negli anni d’oro del berlusconismo tanto si discuteva.

MIGRANTI SI’, MIGRANTI NO. Forse, però, una delle leggi più controverse votate in tempi non sospetti dalla destra è il Trattato di Dublino, il regolamento europeo che dispone che gli immigrati possano fare domanda di asilo nel Paese di approdo. Un trattato iniquo che ha determinato quella che oggi per quella stessa destra è una “invasione” assurda e ingiustificata. Peccato che, in un certo senso, siano stati proprio loro a volerla e determinarla. Già, perché il regolamento di Dublino II è stato adottato nel 2003 e votato in sede di Consiglio dal governo Berlusconi. E chi c’era in maggioranza? L’allora Alleanza Nazionale e la Lega.

TRISTE RISULTATO. Basta questo piccolo ex-cursus per compendere che le parole di Salvini e Meloni – che ora, nel gioco delle parti, chiedono a gran voce le elezioni e annunciano un incontro urgente con Sergio Mattarella – se le porta via il vento. Parlare di poltrone, di incoerenza, di incapacità e inaffidabilità è come lanciare un boomerang. E restare fermi. Perché prima o poi quelle stesse parole di accuse e attacchi torneranno indietro. Purtroppo capita sempre così con chi ha campato di politica come Salvini e la Meloni (e a differenza di Conte). Adesso sono loro a parlare di “poltrone”. Sarebbe però curioso capire quando loro molleranno la loro, di poltrona.

https://www.lanotiziagiornale.it/salvini-e-meloni-danno-lezioni-ma-loro-per-ventanni-hanno-collezionato-disastri/

La politica per Renzi e Salvini è come la PlayStation: prima distruggi, poi cerchi un accordo. - Luca Telese (16-1-2020)

 

Indietro non si torna, e martedì in Parlamento si decide chi ha vinto e chi ha perso, in questa crisi. Senza trucchi, senza prove di appello, spero. Nella vigilia della battaglia si cerca sempre il compromesso, questo è noto. Ma c’è qualcosa di incredibile nella notizia di queste ore, nel tentativo di ricomposizione della maggioranza messo in atto dai messaggeri di Italia Viva.

Nell’idea cioè che – non prima e non dopo, ma proprio mentre infuria la battaglia – si possa anche pensare di rappacificarsi: ti tendo una mano mentre con l’altra, pronto a colpirti, impugno il coltello dietro la schiena. Il vero momento in cui Giuseppe Conte ha iniziato la partita della sua vita – lo abbiamo scritto – è stato proprio quello in cui ha cancellato la subordinata dell’accordicchio, il momento in cui ha detto molto grande nettezza: “Se Renzi esce dal governo non ci può più tornare”.

Questa è oggi la linea, non solo sua, ma del governo, di Nicola Zingaretti, del M5s e del Pd. Non potrebbe essere altrimenti, se si segue il codice minimo della morale politica, viene da dire: ma evidentemente non è così, o il codice della morale non appartiene a tutti. E così ieri parla l’ex ministra Elena Bonetti e lancia messaggi concilianti dai microfoni di Sky, parla Teresa Bellanova e tenta di dialogare, parlano persino i pretoriani come Luciano Nobili, che in questa vigilia di battaglia finale usano per la prima volta paroline dolci.

Emergono ipotesi strampalate, come quella secondo cui i renziani in Aula potrebbero addirittura astenersi nel voto di fiducia: dal momento che qualsiasi altro voto li porterebbe a spaccarsi. Ma se io ho appena detto di un premier che mette a rischio la democrazia, e che può esserci un altro “tizio” al suo posto (parole di Renzi, solo 48 ore fa) come posso poi immaginare di dargli via libera?

Davvero la linea può cambiare solo in base alle convenienze del momento? E qui, a far scattare un interrogativo non è il classico e sempre valido adagio: “Timeo Danaos, et dona ferentes”, e cioè che bisogna diffidare dei nemici soprattutto quando dicono di voler portare dei regali. Ma la singolare coincidenza tra il modo di agire dei “due Mattei”, che accomuna nel momento estremo delle crisi sia Salvini che Renzi.

Si tratta di un nuovo moderno ossimoro della politica italiana, quello per cui, mentre provo ad ammazzarti, cerco contemporaneamente anche ad usarti come rete di sicurezza. Così un anno e mezzo fa Matteo Salvini, proprio mentre provava ad accoppare il M5s al Senato, offriva la presidenza del Consiglio a Luigi Di Maio. E così oggi Matteo Renzi, proprio mentre prova ad accoppare Conte al Senato, gli spiega che ci si potrebbe anche rimettere allegramente insieme in un Conte ter.

Così uno tiene la poltrona, l’altro salva la faccia, e tutti sono contenti. Mi viene in mente, mentre associo questi due tic politicistici, che “i due Mattei” rivelano una affinità anagrafica e culturale, e quindi anche politica. Non a caso hanno esordito entrambi nella palestra dei quiz televisivi. E non a caso hanno una idea della politica che pare fondata più sui social e sulla Playstation, che sulle idee.

Il social non ha memoria lunga, perché è un frutto che rinasce ogni giorno: puoi avere successo anche sostenendo posizioni contrapposte, se nessuno ti ricorda la tua incoerenza. E il videogame è fondato sull’idea che tu hai tre o cinque vite, che al contrario di quella reale, puoi giocarti in modo diverso, e ogni volta ricominci: una per morire nel burrone, una per imparare ad usare un’arma.

Come in quel film con Tom Cruise che muore e risorge nella stessa battaglia – “Vivi, muori ripeti” – Renzi pensa che se una volta salti su una mina girando a destra, quella successiva puoi salvarti girando a sinistra. Ecco perché ai giocatori di playstation di Italia Viva non sembra un assurdo uccidere e rappacificarsi, perché il gioco non pone vincoli di valore.

Fai solo quello che ti diverte, o che ti permette di passare ad un altro quadro. Sarebbe molto bello se Conte e Zingaretti, come sembra, non cadessero in questa tentazione, così lontana dalla loro formazione. Il mondo e la politica si reggono su regole antiche: in una lotta fratricida tertium non datur: se sopravvivi hai vinto, se muori ha perso. E se martedì Renzi fallisce nella sua congiura di Palazzo, non c’è un altro quadro in cui giocare, c’è solo il Game over.

https://www.tpi.it/opinioni/renzi-salvini-politica-playstation-commento-telese-20210116728319/

Governo: fiducia stretta per Conte in Senato. Zingaretti: "Ora rafforzare il governo". - Chiara Scalise


Sono 156 i 'sì', i 'no' 140, 16 gli astenuti. Il premier: ora rendiamo più solida la maggioranza. Renzi: pronti a un esecutivo di unità nazionale.


"Con il voto di ieri al Senato è stato evitato il salto nel buio di una crisi, ma ora è il momento di voltare pagina, rafforzare la forza parlamentare del governo". Così il segretario dem Zingaretti che indica i due fronti su cui agire: i problemi degli italiani e una prospettiva politica del governo.

"Oggi i costruttori vanno cercati nel Paese", dice intanto il segretario della Cgil Landini, che sollecita il governo a convocare subito le parti sociali, a partire dal confronto sul Recovery plan, perché dai 'ringraziamenti bisogna passare ai fatti'.

IL FILM DELLA LUNGA GIORNATA AL SENATO.

Niente maggioranza assoluta in Senato ma 156 voti favorevoli alla fiducia consentono al governo di andare avanti, per il momento. I no sono 140, 16 astenuti. Il verdetto dell'Aula di Palazzo Madama arriva segnato dalla polemiche. Il presidente Casellati blocca il voto: l'ex 5S Ciampolillo e Nencini arrivano sul filo e riescono a votare, a sostegno del governo, solo in extremis. Protestano Lega e FdI, che annunciano si appelleranno al Colle. Italia Viva conferma l'astensione, in segno di "disponibilità", seppure a tempo, a discutere ancora con la maggioranza. I senatori guidati da Matteo Renzi al momento tengono in ostaggio l'esecutivo giallo-rosso: se si sommassero alle opposizioni, a Palazzo Madama i rapporti di forza cambierebbero (senza Nencini, sono infatti 17 in tutto, contando anche un senatore assente per Covid, e dunque sommati ai 140 no delle opposizioni supererebbero l'attuale maggioranza).

In Aula come nelle commissioni, paralizzando l'attività parlamentare. Che vi sia un "problema di numeri" lo mette a verbale anche il premier: "se non ci sono, il governo va a casa", dice chiaro e tondo davanti ai senatori. Dove ingaggia anche un duello con l'ormai rivale Renzi: l'ex premier sceglie di intervenire in discussione generale, così da garantirsi la replica del premier. Lo accusa di "non essere salito al Quirinale per paura" e di chiudersi in "un arrocco dannoso". Come il centrodestra, parla di "mercato indecoroso di poltrone" e con un tono apocalittico torna a ripetere la necessità di un cambio di passo, dalla scuola all'economia, "o i nostri figli ci malediranno", dice. C'è chi si chiede se il leader di Iv abbia in serbo un cambio di strategia, cercando la rottura definitiva e infischiandosene del rischio diaspora fra i suoi: i parlamentari di Italia Viva si riuniranno poco dopo e confermeranno l'astensione.

Conte riprende la parola e si difende: rivendica il dialogo e ribadisce come la responsabilità della rottura sia tutta sulle spalle di Italia Viva, "difficile governare con chi mina equilibri", attacca. Occupare "le poltrone" poi non la reputa un'accusa pertinente: l'importante è farlo "con disciplina e onore", come recita la Costituzione. Quello di cui il Paese ha bisogno "è una politica indirizzata al benessere dei cittadini" per evitare che "la rabbia sociale" esploda e si trasformi in "scontro", è la tesi argomentata dall'avvocato. E dunque serve un governo, in grado di agire. Con il voto a tarda sera si chiude la maratona parlamentare e si apre però la difficile composizione della crisi aperta dal senatore di Rignano con le dimissioni delle ministre una settimana fa. E ora sarà il momento delle scelte: c'è il ministero dell'Agricoltura da affidare, la delega dei servizi da esercitare e, soprattutto, l'azione del governo da rilanciare con un nuovo patto di legislatura, a partire dal Recovery plan, cercando di allargare la maggioranza a quel drappello di responsabili o 'volenterosi', come li ha definiti il presidente del Consiglio, in grado di traghettare in acque più sicure l'esecutivo.

Dieci giorni è l'arco temporale che il presidente del Consiglio si dà per rimettere mano alla sua squadra. Sono le 9.30 quando il premier si alza nell'Aula del Senato la prima volta ma i pontieri non hanno in realtà mai smesso di tenere i contatti e fare di conto. La senatrice Liliana Segre, classe 1930, scende a Roma da Milano per garantire il proprio sostegno. L'Aula le tributa un lungo applauso al suo arrivo e molte le dichiarazioni che ne apprezzano la scelta. A metà mattinata l'asticella segna quota 153 voti certi in favore del governo, 8 in meno dalla maggioranza assoluta pari a 161 (anche se un senatore 5S è assente giustificato per ragioni di Covid), che metterebbe in sicurezza il Conte II.

Alla maggioranza basta, lo vanno ripetendo nei corridoi da giorni, qualche voto in più delle opposizioni per cavarsela. Annunciano il voto favorevole anche il senatore a vita Mario Monti, convinto dalla conversione europeista del premier, la senatrice a vita Cattaneo e Casini. Non ci sono Renzo Piano e Carlo Rubbia. Ma proprio senatori a vita subiscono l'attacco di Matteo Salvini: tira in ballo Grillo, il leader della Lega e ricorda - scatenando la bagarre nell'emiciclo - quando il fondatore M5S diceva "muoiono troppo tardi" per stigmatizzare la loro discesa nell'arena parlamentare. Per il sì sono poi arruolati, Lonardo (la moglie di Mastella), l'ex M5S Buccarella, Tommaso Cerno che annuncia di tornare nel Pd e De Falco. Durante tutta la giornata si spera anche nell'effetto Polverini (che ha votato alla Camera la fiducia lasciando FI e ritrovandosi al centro di molti gossip): e a sera sono due i senatori azzurri che votano sì, Maria Rosaria Rossi, che è la vera sorpresa, dal momento che era fra le fedelissime di Berlusconi, e Andrea Causin. Espulsi entrambi dal partito, sono un viatico per l'operazione responsabili.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/01/18/governo-conte-alla-prova-del-senato-sfida-con-renzi-dopo-i-321-si-della-camera_5382d034-8479-4571-baba-2e4b9dd4e1e1.html

E magari… - Massimo Erbetti

 

E magari adesso qualcuno si appassionerà un po' più alla politica…

E magari qualcuno adesso la seguirà un po' di più…
E magari adesso qualcuno si renderà conto che la politica non è poi così noiosa…

Perché la politica è anche ansia, attesa, tattica….ed è imprevedibile.

153...no 154...no no, scusate abbiamo sbagliato sono 153...e poi la RAI diceva 153…e la 7 152...e Sky dapprima 154...poi 153…

E poi la ressa…voto chiuso, voto non valido…ma no, è valido…sospendiamo…e poi Ciampolillo…ma chi cavolo è Ciampolillo?

E poi come in una partita di calcio…il VAR…il VAR…ma no dai mica staremo scherzando?...E invece è tutto vero…la Casellati, vuole vedere le registrazioni…e li il colpo di scena, Ciampolillo ha chiesto di votare qualche secondo prima che la Casellati chiudesse le votazioni…poi altro colpo di scena…tra la richiesta di Ciampolillo e la chiusura del voto, anche Nencini ha chiesto di votare…

Risultato finale: Conte batte Renzi 156 a 140…partita finita.

E come in ogni partita che si rispetti, partono le polemiche…era rigore…no, il rigore non c'era…"arbitro, Ciampolillo era in fuorigioco.. *..." assolutamente no" dice l'arbitro… chissà se stamattina sulla Gazzetta dello Sport ci sarà il titolone ad 8 colonne: "Conte vince in zona Cesarini"

Ma magari la politica non è questo, no? La politica è e deve essere altro. Nessuno ieri in quell'aula sapeva perché si fosse innescata quella crisi, nessuno tranne chi quella crisi l'ha creata…ho ascoltato le parole della Bellanova…e vi dico la verità sono rimasto sconcertato…molto più sconcertato che per le parole di Salvini…quelle di Salvini ci stavano, è il gioco delle parti…ma la Bellanova no…non puoi parlare di una nazione sull'orlo del precipizio…di disoccupazione giovanile…di cassa integrazione…di mancanza di visione del futuro…di sanità allo sfascio, quando tutto quello di cui stai parlando è il frutto del tuo governo…perché non dimentichiamolo, dal 2013 al 2018 al governo c'è stato Renzi e quando non c'era lui, c'era qualcuno espressione del suo partito.

Non puoi parlare di Sanità, quando negli anni hai tagliato 36 miliardi a quel comparto…non puoi farlo…non devi farlo perché è immorale...ma a pensarci bene cosa c'è di morale in questa pagliacciata?

Perché questa crisi è una pagliacciata bella e buona…vuoi far cadere il governo? Voti contro, non ti astieni…prendi e voti contro…ma siccome lo sai bene che se voti contro e vai ad elezioni sparisci…che fai? Ti astieni, così il governo la maggioranza la ha e rimane in piedi…e tu puoi…secondo i tuoi calcoli da ricattatore…continuare a ricattare…

Una crisi ridicola, assurda, che nessuno ha capito e a non capirlo non siamo solo noi italiani, tutto il mondo si chiede il perché di questa crisi…

Comunque è finita, la maggioranza ha ottenuto la fiducia e si va avanti…"eh ma…mancano 5 voti…dove li trova Conte?..." chiacchere…chiacchere da bar…polemiche post partita che non portano a niente, se non a riempire i titoli di giornale e le bocche dei detrattori.

Il fatto è uno e uno solo: maggioranza ottenuta…stop!! In futuro nessuno si chiederà se hai vinto con due o tre gol di scarto…negli annali c'è sempre e solo il nome del vincitore, non il risultato, non se ha giocato bene o male, ne tanto meno c'è il nome dello sconfitto…per il perdente c'è solo l'oblio…


E magari…stavolta lo sconfitto, il perdente…quello che è passato dal 40% al 2 virgola niente…ce lo leviamo veramente dalle scatole…e magari…vivremo tutti un po' meglio.

https://www.facebook.com/photo?fbid=10219136132899831&set=a.2888902147289

Ora però piantatela. - Marco Travaglio

 

Viste le premesse, in Senato poteva andare molto peggio. Ma anche molto meglio, se nel Pd tutti avessero remato nella stessa direzione come nel M5S e in LeU. Quattro giorni fa il dem Walter Verini dichiarava al Dubbio che i parlamentari scippati da Iv al Pd “non c’è bisogno di andarli a cercare”, perché il loro “smarrimento si tocca con mano”. Possibile che in quattro giorni il Pd non sia riuscito a riconquistarne nemmeno uno in Senato? Del resto domenica è stato Di Maio, non il suo capogruppo Delrio, a scoprire che l’ex leader e deputato del Pd Maurizio Martina pensava di astenersi sulla fiducia perché in procinto di passare alla Fao, quando ancora i giallorosa temevano di mancare la maggioranza assoluta pure alla Camera, e a convincerlo a votare in extremis. L’impressione è che una parte del Pd sperasse di sfregiare il premier, per tenerlo in piedi ma zoppo e forzargli la mano in vista di un rimpastone o addirittura di un nuovo governo con chi scalpita all’uscio di Palazzo Chigi, magari al posto di ottimi ministri come la Lamorgese.

Il che fa tremare al pensiero dello spettacolo che potremmo ciucciarci nei prossimi giorni: un nuovo mercato delle poltrone che paralizzi il governo per altre settimane, cioè un pernacchione in faccia agli italiani che da ieri sera speravano di aver archiviato questa crisi demenziale. Il governo l’ha sfangata. E Conte è riuscito, almeno per ora, nel capolavoro di liberarci dai due massimi irresponsabili della politica: i due Matteo. Ma se il governo perderà altro tempo non per rimpiazzare i ministri che i rispettivi partiti ritengano inadeguati e riempire le caselle vuote con un riconoscimento ai nuovi venuti, ma per rimettere tutto in discussione, peggio se con una crisi formale per il “Conte ter” che richiederebbe giorni e giorni di chiacchiere inutili e incomprensibili, si giocherà la fiducia di quella maggioranza di italiani che dicono: “Meglio un governo coi responsabili che con gli irresponsabili”. E potrebbe financo resuscitare i due Matteo, che al momento languono al minimo storico della loro parabola politica. L’Innominabile, supportato dagli opinionisti della destra e della sinistra salviniana, ha tentato anche ieri di rivoltare la frittata con le solite balle. Ha persino attribuito la crisi più pazza del mondo a un fantomatico “arrocco personale” di Conte contro di lui, quando tutti sanno che è accaduto l’opposto: è stato lui a rovesciare il governo ritirando la sua delegazione e dando al premier del “vulnus per la democrazia”. Ma a furia di sentir ripetere quelle panzane, col coro della stampa dei padroni alle spalle, i ricordi sbiadiranno. E, se gli italiani non vedranno subito un governo che si rimette al lavoro, risorgeranno anche i morti.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/20/ora-pero-piantatela-2/6071651/

COME PREVISTO. - Rino Ingarozza

I miei amici Biagio Cringoli e Daniela Zanin mi hanno sollecitato ad esprimere un mio parere su quanto successo ieri in Senato. Lo faccio volentieri.

Devo dire che in relazione al voto, non mi aspettavo nulla di più e nulla di meno. È chiaro che la maggioranza si deve ancora costruire nelle prossime settimane.
Vediamo come andrà a finire.
Certo è che più di questo non si poteva chiedere. Chi si aspettava la maggioranza assoluta, francamente, non so su quali basi poggiava questa sua convinzione. 157 voti (tanti sono perché manca il voto di un Senatore 5 stelle, assente alla votazione) sono una buona base di partenza ma se dovessero rimanere tali, ci sarebbe, ad ogni votazione, un patema d'animo. Ed è una cosa che francamente non può andare avanti. Vedremo gli sviluppi. C'e' da dire che, paradossalmente, se Italia viva (grazie all'ossigeno) avesse votato no, invece di astenersi, il Governo avrebbe raggiunto la maggioranza assoluta. Questo perché almeno sei o sette si sarebbero sfilati e avrebbero votato a la fiducia. E questo Bean2 lo sapeva e per questo ha optato per l'astensione. E anche questa cosa inquadra il personaggio. Se hai provocato la crisi, vuol dire che vuoi affossare il Governo e allora che senso ha astenersi? Il motivo è quello che ho detto prima. Ha avuto paura. Non ha avuto le palle (e scusate la volgarità). Anche perché nel caso in cui nessuno di loro avesse votato la fiducia, si rischiava di far cadere il Governo e hanno una paura matta delle elezioni.
Comunque prevedo assegni in bianco del "solito noto" per convincere i "tengo famiglia" a cambiare maglia (come sono abituati a fare). Promesse di "saldo mutuo casa", magari un posto di lavoro nei tanti giornali o a Mediaset, per compensare la perdita di "fatturato" per la fine anticipata della legislatura. Prevedo un periodo di "vomito indotto" e di "caviale e champagne" ad ogni Senatore convinto, da parte della destra.
Detto questo e cioè quello che ci aspetta, secondo me, volevo eprimere la mia delusione per l'atteggiamento del Movimento.
Ne ho sentite di ogni, durante gli interventi, sia alla Camera, che al Senato da parte della destra e, eccezione fatta per il solo Gianluca Perilli, non adeguatamente rintuzzati da parte del Movimento.
Giorni fa ho fatto un post e l'ho inoltrato anche al Movimento, esortantolo a "incazzarsi" e controbattere le efferatezze e restituire al mittente il fango che quotidianamente la destra rovesciava sul Movimento stesso, o perlomeno, ribattere le palesi contraddizioni della stessa. In Parlamento è successa la stessa cosa.
Mi spiegate perché si debba stare in silenzio di fronte a dichiarazioni tipo: " Il presidente Berlusconi ci ha insegnato che si deve guardare prima al bene comune, che al proprio". Com'è possibile restare in silenzio di fronte ad una affermazione del genere?
Come si fa a non controbattere "tanto che guardava al bene comune, che ha scambiato il Parlamento come luogo dei suoi affari e che ha sottratto al popolo 368 milioni".
Per non parlare della Meloni, con questa storia delle poltrone che fa ridere i polli.
Tant'e' che la più grillina di tutti si è dimostrata la moglie di Mastella, signora Sandra Lonardo, che ha risposto "all'alouatta de Roma" (alouatta è il nome scientifico della scimmia urlatrice), sputtanandola in diretta nazionale.
Non capisco il perché di tutto ciò. Nessuno del Movimento (almeno quelli che ho ascoltato io) e nemmeno del resto della maggioranza le ha rinfacciato il suo mantenimento della poltrona, grazie al "convincimento berlusconiano" dei vari Scilipoti e Razzi.
Io non dico che la si doveva mandare a fanculo come meriterebbe, ma almeno metterla di fronte alle proprie contraddizioni.
Non capisco perché non ci si è indignati e non si sia sottolineato il vergognoso, maleducato, becero e schifoso linguaggio dei vari Meloni (appena ribattezzata alouatta) Sgarbi, Centinaio, Borghi e selfieman.
Idem per quanto riguarda Mr. Bean 2 quando parla del MES sanitario perché "bisogna mettere più soldi nella sanità". Perché nessuno gli ha detto "Ma lo dici per lavarti la coscienza, perché da Presidente del Consiglio, ne hai tolti circa 17 ?"
O ancora, con questa storia dei banchi a rotelle, perché nessuno che abbia detto " ma la volete finire con questa storia dei banchi a rotelle?
La nostra priorità è stata quella di cambiare gli arredamenti scolastici, mentre tu e gli altri mandavate, tutt'al più, dello scotch per incollare banchi e sedie. E i banchi a rotelle lo hanno richiesto i presidi". Come si fa a tollerare ancora questo bavoso bugiardo seriale che si scaglia ancora contro il reddito di cittadinanza, quando lui ha fatto una mancia elettorale (i famosi 80 euro) che ci costa 10 miliardi l'anno, a gente che, perlomeno, aveva già un reddito, infischiandosene delle file alla caritas, di chi aveva reddito zero?
È mai possibile che queste cose le dobbiamo dire noi sui social?
Direi di no. Non è più possibile.
Per quanto riguarda il futuro del Governo, vedremo. Si dovrà navigare a vista.
Mal che vada andremo a nuove elezioni con questa situazione:
Lega, Forza Italia, Fratelli del duce
da una parte.
Movimento 5 stelle, PD, LEU con Conte come Premier (magari con un suo partito).
Una partita aperta. Senza ombra di dubbio, ma con una certezza : dopo l'addio dalle scene di Mr. Bean (l'originale) ci sarà, finalmente anche quello di Mr. Bean 2 con la sola differenza che, quella del primo, sarà stata una scelta personale, quella del secondo, una scelta degli altri.
Ciao a tutti.

martedì 19 gennaio 2021

Il premier chiede “aiuto”, apre al proporzionale e si prepara al Conte-ter. - Luca De Carolis

 

Il primo tempo della partita dove Giuseppe Conte si gioca tutto è andato bene, anzi meglio. Il conto recita 321 Sì alla Camera, cioè cinque voti sopra la maggioranza assoluta. Ma è oggi al Senato che il presidente del Consiglio dovrà cercare una maggioranza, se non assoluta, almeno cospicua nella votazione di fiducia. L’unica via per “voltare pagina”, come ha promesso ieri a Montecitorio, sancendo la rottura definitiva con Matteo Renzi, “perché non si può cancellare quanto accaduto”. Però ora servono voti, tanti, quantomeno per non restare lontano da quella quota 161 voti che ieri sera pareva ancora irraggiungibile. “Questi 321 voti possono aiutarci” sussurravano ieri diversi giallorosa, fiduciosi nel fatto che l’esito potrebbe spingere qualche renziano a dire sì in Senato. Nell’attesa ieri Conte ha provato ad aiutarsi con un discorso in cui ha promesso, molto.

Innanzitutto, una legge proporzionale “quanto più condivisa”, cioè quanto invocano i centristi di varia natura e Forza Italia. Ma anche il “rafforzamento della squadra di governo”, aprendo a un rimpasto ampio e quindi a un Conte ter, l’unica formula con cui placare gli appetiti degli alleati presenti e futuri. Un riassetto che il premier, raccontano, vuole chiudere “in pochi giorni”. Al punto che, secondo voci insistenti, potrebbe salire prestissimo al Colle per concordare tempi e modi del rimpasto: già domani o giovedì. Ma tutto ovviamente dipenderà dal voto in Senato: vitale per il premier, provato da certe scorie. Per questo nel suo intervento a Montecitorio assicura che “mi avvarrò anche della facoltà di designare un’autorità delegata per l’intelligence di mia fiducia.” Ma soprattutto chiede: “Se avete delle proposte di modifica della legge (sui Servizi, ndr), seguite i canali istituzionali e se avete delle richieste di controllo, c’è il Copasir. Ma teniamo fuori il comparto di intelligence dalle polemiche”. Però i punti nodali del discorso sono altri. Partendo da quella richiesta ai deputati: “Aiutateci a ripartire e a rimarginare al più presto la ferita che la crisi in atto ha prodotto con i cittadini”.

Ed è la via per imbastire il processo dialettico all’avversario, a quel Renzi che non citerà mai, come un perfetto innominabile. “Provo un certo disagio, perché sono qui a provare a spiegare le ragioni di una crisi di cui non ravviso alcun plausibile fondamento” sostiene Conte, che accusa Italia Viva “di attacchi anche scomposti, al termine dei quali ha deciso di scomporsi”. Una lunga “teoria di contrappunti spesso sterili”, sostiene, con “continui rilanci”. Un assalto che “ha fatto anche aumentare lo spread”. Ma ora basta, assicura Conte, che punta su “un’alleanza a vocazione europeista, che faccia una scelta di campo”: molto diversa da quei sovranisti da cui il premier prende le distanze, anche se nel 2018 a Chigi era arrivato anche grazie a loro, ai leghisti che infatti in aula gli rinfacciano il suo fresco passato. Ma Conte ora ha altro in testa, sostituire Iv con gruppi organizzati. Così apre il più possibile, invocando “il contributo di formazioni che si collocano nel solco delle migliori e più nobili tradizioni europeiste: liberale, popolare, socialista”. Certo, “l’appoggio dovrà essere limpido e trasparente” giura, come a dire che non vuole il mercato dei posti. Però, per richiamare i Responsabili di varia natura, Conte mostra il miele che serve, una legge elettorale proporzionale cui abbinare “alcuni correttivi alla forma di governo”, anche per “restituire al Parlamento un ruolo centrale”.

Non a caso, ventila misure anche per “ridurre il ricorso alla decretazione d’urgenza”. Sa dai tanti mal di pancia per un governo considerato troppo accentratore, e infatti un dem critico come Graziano Delrio lo dice: “Sulla centralità del Parlamento voltiamo pagina”. Dopodiché al Pd e anche a un pezzo mica piccolo del M5S, per non parlare dei Responsabili, devi dare anche altro. E Conte apre: “Alle forze di maggioranza chiederò di completare il confronto per un patto di fine legislatura e di concordare le forme più utili anche a rafforzare la squadra di governo”. Per ora precisa solo l’ovvio, ossia che non terrà la delega all’Agricoltura. Ma la partita dei ruoli è già in corso. E si riparla di uno sdoppiamento del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, mentre per i Responsabili servirebbero almeno due ministeri e il Pd è tornato a puntare il Viminale. Ma prima c’è l’ordalia, in Senato.

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