lunedì 11 luglio 2011

Piazza Affari in rosso Nuovo record per lo spread Btp-Bund



Avvio in calo per le Borse europee dove continuano a pesare i timori per la crisi del debito. Milano resta la piazza peggiore con l’Ftse Mib in calo dell’1,27. Più contenuti i ribassi sulle altre piazze principali: Francoforte cede lo 0,81%, Parigi lo 0,88%, Londra lo 0,07%. Madrid è in ribasso dell’1,11%, Lisbona lo 0,78%.

E’ nuovo record per lo spread tra Btp e Bund. Questa mattina, secondo le informazioni del sito Bloomberg, il divario fra il rendimento dei titoli di Stato italiani e quelli tedeschi è salito a 266 punti, in aumento del 9,18%. Sale a nuovi massimi anche lo spread dei titoli di Stato decennali della Spagna rispetto al corrispondente Bund che raggiunge i 300 punti dopo che il tasso è salito al 5,80%. Sotto pressione i titoli della Grecia con il tasso del decennale sopra il 17% e lo spread con il Bund a 1.4011 punti mentre il rendimento del biennale ellenico tocca un nuovo record al 31,20%.

Intanto anche la Borsa di Tokyo ha chiuso le contrattazioni in calo dello 0,67 per cento trainata dal ribasso dell’euro, su cui pesa l’incertezza per il debito dei paesi europei. In chiusura l’indice Nikkei 225 ha segnato un calo di 68,20 punti a 10.069,53 punti. Il Topix, l’indice dei titoli della prima sezione ha lasciato sul terreno 4,18 punti (0,48 per cento) a 870,16 punti. L’attività è stata nel complesso debole, con 1,51 miliardi di azioni scambiate sul primo mercato.

ore 09.30 – Borsa di Londra in calo dell’1,14%
La Borsa di Londra apre in calo dell’1,14% con l’indice Ftse a 5.987,39 punti.

09.25 – Cir torna in negoziazione, +0.61 per cento
Apertura volatile per i titoli legati alla galassia della Cir di Carlo De Benedetti. Cir guadagna lo 0,61% dopo uno strappo iniziale a +3,2%, Cofide sale dello 0,2%, Sogefi è invariata e L’Espresso sale dello 0,11%.

09.22 – Borsa di Francoforte in calo dello 0,68%
La Borsa di Francoforte apre in calo dello 0,68% con l’indice Dax a 7.352,73 punti.

09.20 – Mondadori cede il 2,64 per cento
Apertura in calo per tutti i titoli legati alla galassia Fininvest. Oltre a Mediaset, che cede l’1,98%, Mondadori perde l’2,6% e Mediolanum l’1,72%.

ore 09.17 – Mediaset in calo, vola Cir
Avvio in calo per Mediaset nella prima seduta dopo il pronunciamento della Corte d’appello civile di Milano che ha condannato la Fininvest a un risarcimento di 560 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti per la vicenda legata al Lodo Mondadori. A circa una decina di minuti dall’apertura, le azioni del Biscione cedono l’1,98% a 2,97 euro (con un volume di pezzi scambiati pari a oltre 669mila). Fuori dal paniere principale, invece, vola la holding del gruppo De Benedetti (+3,24%) a 1,84 euro (con un volume di pezzi scambiati pari a oltre un milione 100mila).

ore 09.15 – Titolo Cir sospeso per eccesso di rialzo
A pochi minuti dall’apertura dei mercati, il titiolo Cir, che guadagnava +3,24%, è stato sospeso per eccesso di rialzo

ore 09.10 – Reding: “Europa non si faccia guidare da agenzie di rating”
L’Europa non può farsi guidare “da un cartello di tre società statunitensi”. Lo ha affermato Viviane Reding, commissario UE per la giustizia, contestando il peso delle agenzie di rating Standard & Poors, Moody Investor Service e Fitch Ratings in un’intervista al quotidiano ‘Die Welt’. Per la Reding il gruppo dei paesi del G-20, le maggiori economie mondiali, sarebbero d’accordo nell’ipotesi di suddividere in sei società il “cartello” delle tre agenzie. In alternativa, dovrebbero essere create agenzie europee e asiatiche, anche se, ha concluso, tale processo potrebbe richiedere molto tempo.

ore 09.07 – Record spread Btp-Bund, supera 260 punti
Ennesimo record per lo spread Btp-Bund che supera i 260 punti: il rendimento del Btp decennale è salito al 5,40% – sugli schermi Bloomberg – con lo spread rispetto al Bund che si è allargato a 260,2 punti.




domenica 10 luglio 2011

Berlusconi in Sardegna parla solo con Ghedini Sul tavolo il lodo perso e i mercati in bilico.


Il Cavaliere decide di non parlare a Mirabello. A villa La Certosa pianifica la strategia dopo la sentenza di sabato sul lodo Mondadori. Intanto, i suoi preparano la bozza per riproporre la cosiddetta "norma salva Fininvest"

Di umor nero dopo la sentenza che lo condanna a risarcire 560 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti, Silvio Berlusconi medita le mosse da fare dal buen retiro sardo di Villa Certosa ma sceglie la linea del silenzio. Il premier tace e aspetta con trepidazione la riapertura dei mercati, dopo lo scivolone in borsa di venerdì scorso e l’attacco speculativo ai titoli pubblici italiani, ma a Piazza Affari guarda con timore anche temendo contraccolpi per il suo impero finanziario, dopo la sentenza Mondadori.

Nubi si addensano sul privato del Cavaliere, ma la preoccupazione in queste ore è insieme quello di una tempesta sul Paese. Ed è per questo che Berlusconi alla fine, dopo aver già deluso i lampedusani disertando la visita nell’isola sabato, oggi lascia a bocca asciutta anche il popolo del Pdl riunito a Mirabello in attesa di una sua telefonata. E diserta pure, come già era noto, il matrimonio di Renato Brunetta, tenendosi alla larga da ogni occasione pubblica. Troppo alto il rischio di lasciarsi andare a sfoghi su quella che il premier considera da tempo una “rapina a mano armata”, una “sentenza politica” delle toghe rosse.

Troppo lo sgomento del Cavaliere, il timore per le sue aziende e il suo patrimonio. Ma insieme, e soprattutto, troppa la trepidazione per la riapertura dei mercati e la preoccupazione di non avvalorare l’immagine di un paese in fibrillazione, alla vigilia della riunione della Consob e di quella dell’Eurozona nel cui ordine del giorno il presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy ha inserito insieme alla crisi greca e portoghese quella italiana. Berlusconi non parla ed è il suo portavoce Paolo Bonaiuti ad ammettere in chiaro che “il premier ha deciso di non parlare perché domani si aprono i mercati, la speculazione è in atto, ci sono dei movimenti che si ripropongono ciclicamente pur non avendo un motivo reale alla base”. Aggiunge Bonaiuti: “L’economia italiana, però è assolutamente solida, così come le sue banche. E gli stress-test che usciranno a fine settimana lo dimostreranno. Bisogna avere dunque fiducia e tranquillità”. Il portavoce del Cavaliere cerca di camminare nel solco del messaggio tranquillizzante che già venerdì scorso il premier aveva inviato ai mercati dopo il pranzo con Tremonti, con rassicurazioni sulla volontà di approvare entro l’estate e senza tentennamenti la manovra, a saldi invariati e in vista di un pareggio di bilancio nel 2014.

Il premier tace, dunque. Nella sua agenda è previsto per domani il rientro a Milano, per studiare insieme ai figli (in particolare la primogenita Marina), ai legali e ai vertici Fininvest il da farsi, prima di tornare a Roma martedì. A Porto Rotondo Berlusconi è rimasto per tutto il giorno con Nicolò Ghedini, studiando la sentenza e valutando il da farsi (resistere tout court, sacrificare utili, vendere rami d’azienda). Sembra scontato che le vie da percorrere siano la richiesta di sospensiva e ricorso in Cassazione, considerato che una fideiussione rende immediatamente esigibile il credito. “Ma qualcosa dobbiamo inventarci, magari ora che la Finanziaria arriva in Senato”, non depone le armi uno dei politici più in contatto con il premier.

I gruppi Pdl del Senato fanno sapere che, già la prossima settimana, riproporranno la norma “salva Fininvest” in un disegno di legge, e se questo fosse approvato almeno da un ramo del Parlamento i giudici non potrebbero non tenerne conto. Ma è chiaro che questa è una via troppo lunga ed aleatoria. Serve altro per fermare il risarcimento, anche se è difficile immaginare cosa dopo gli stop del Quirinale. Raccontano anche che, tra le amarezze del premier di queste ore, ci sia quella di non essersi sentito ‘difesò da molti dei suoi (con i quali infatti ancora oggi Berlusconi non ha inteso parlare) dopo il tentato inserimento in manovra del lodo ‘Salva Fininvest’. E ad inquietare il premier c’è anche il silenzio della Lega, o meglio le sole poche parole che Umberto Bossi ha scelto di pronunciate sulla sentenza che condanna Berlusconi e che per il leader del Carroccio “non è politica”.



Speculazione Italia e riunione UE. Pittella smentito da Van Rompuy?


Italia sotto l'attacco della speculazione. Pittella smentito da Van Rompuy?
Il portavoce di Van Rompuy, De Backer, ha tenuto a chiarire che la riunione UE di domani non riguarda l'attacco speculativo all'Italia: "Si tratta di una riunione settimanale tra il presidente Van Rompuy e il presidente della Commissione europea, Barroso, e non di un incontro di emergenza".Saranno presenti domani alla riunione del Consiglio Europeo anche il presidente della Bce, Trichet, il presidente Eurogruppo,Juncker, e il commissario Ue, Rehn. Resta il fatto che l'attacco speculativo contro l'Italia esiste. Silvio Berlusconi non ha voluto parlare telefonicamente alla Festa della Libertà a Mirabello, un comportamento da molti ritenuto molto strano perchè il premier non si è mai lasciato sfuggire alcuna occasione per parlare al suo popolo e affrontare temi di politica generale e di governo. Il sottosegretario Bonaiuti ha spiegato che il mancato intervento del premier è una scelta per "evitare reazioni a caldo dopo quella sentenza" e perchè ritiene "importante difendere l'economia italiana e i mercati.

Che domani L'UE affrontava proprio questa emergenza speculativa contro l'Italia lo aveva detto il vicepresidente vicario del Parlamento europeo, Gianni Pittella chiarisce su La Stampa : "La riunione d’urgenza convocata per domani dal presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy per discutere come difendere l’eurozona dagli attacchi speculativi all’Italia, dimostra purtroppo come le misure messe finora in campo siano insufficienti per arginare la crisi". E' dunque crisi aperta per l'Italia che rischia di avvicinarsi sempre più alla situazione di Grecia e Portogallo. Lo stesso Pittella aggiunge che è "urgente che a livello europeo si approvi rapidamente una norma che permetta di porre un freno alle vendite allo scoperto e allo scambio di credit default swap, seguendo le indicazioni votate dal Parlamento europeo la scorsa settimana". Venerdì scorso Piazza Affari chiuse con Ftse Mib a -3,47% a 19.049,88 punti, tracollo che Riccardo Foa, responsabile ufficio studi Tosetti Value, ha spiegato ad adnkronos così "Il crollo è causato sia dall'immagine negativa dell'Italia all'estero che dalla situazione economica e finanziaria oggetto di una speculazione. Siamo all'interno di un ciclo speculativo che ha colpito l'Italia. I mercati sono guidati da volatilità ed emotività".



Lodo Mondadori, Cir all'incasso in dieci giorni.


Fininvest studia contromosse. Quagliariello: "Presto una legge sull'esecutività delle sentenze"

FOTO DAL WEB
19:32 - Entro una decina di giorni Cir dovrebbe passare all'incasso, intanto però i legali Fininvest studiano le contromosse. Il giorno dopo il deposito della sentenza con cui la seconda sezione civile della Corte d'Appello di Milano ha condannato la holding del Biscione a versare 560 milioni di euro alla società della famiglia De Benedetti per la vicenda del Lodo Mondadori, gli avvocati del gruppo Berlusconi stanno già impostando il ricorso in Cassazione.
Visto che il provvedimento è immediatamente esecutivo, i legali di Cir invieranno la lettera a Intesa Sanpaolo per chiedere il pagamento del risarcimento non appena otterranno copia autentica dell'atto firmato dai giudici. Presumibilmente entro al fine della prossima settimana o, al massimo, tra dieci giorni.

La banca, capofila di un pool di istituti di credito, nel dicembre 2009, dopo la decisione con cui il Tribunale aveva condannato Fininvest a risarcire 750 milioni, aveva fornito a quest'ultima una fideiussione - rinnovata fino al prossimo ottobre - di 806 milioni nell'ambito di un accordo tra le parti che finora ha "congelato'" il risarcimento.

Intanto il pool di avvocati che segue Fininvest, già domani mattina si riunirà per valutare il provvedimento "per decidere il da farsi". E non si tratta solo di cominciare ad impostare il ricorso in Cassazione, ma di trovare una via per tentare di ottenere la sospensione dell' esecutività immediata della sentenza di secondo grado. Una delle possibilità è quella di presentare al Tribunale un ricorso per bloccare il pagamento a Cir da parte delle banche. Una strada per ora ipotetica, a cui seguirà comunque il ricorso in Cassazione. I legali hanno tempo 60 giorni dalla notifica della sentenza da parte di Cir, ma vista la sospensione per la pausa estiva, i termini si allungheranno almeno fino alla fine di ottobre.

Solo contestualmente al ricorso, come prevede il codice di procedura civile, Fininvest potrà presentare ai giudici d'Appello l'istanza per sospendere l'efficacia del provvedimento di condanna ritenendo che da ciò "possa derivare un grave e irreparabile danno". Ma, se la società della famiglia De Benedetti avrà già incassato il risarcimento, si tratterebbe di un'istanza del tutto inutile e dunque non rimarrebbe che attendere che la Suprema Corte metta la parola fine a questa causa.
"Presto una proposta di legge sull'esecutività delle sentenze"
Intanto il vicepresidente dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello annuncia che "La settimana prossima, il gruppo Pdl al Senato presenterà una proposta di legge sulla sospensione dell'esecutività delle sentenze". La stessa che era stata inserita nella manovra e poi stralciata. ''Presentiamo quel testo e vediamo le reazioni'', afferma Quagliariello, che però esclude che la norma possa essere ''retroattiva'', in modo da riguardare anche la sentenza della Corte d'Appello sul lodo Mondadori che ha condannato Fininvest.
''C'e' stata una polemica sul provvedimento inserito nella manovra - spiega il vicepresidente dei senatori Pdl - Ma ora ci interessa dimostrare che si trattava di una norma che aveva una sua giustificazione di carattere generale e una razionalità di ordine giuridico ed economico. Il resto lo vedremo".



Bot, azioni, fondi: cosa cambia. Ecco i conti con il superbollo. Giuditta Marvelli

La stangata sul risparmio si porta via i magri rendimenti offerti negli ultimi anni dai titoli di Stato.

MILANO - Negli ultimi dodici mesi se gli unici averi di famiglia parcheggiati sul dossier titoli fossero stati diecimila euro investiti in Bot, a casa sarebbero tornati interessi netti sufficienti per due pizze (25 euro). Nel 2012, immaginando che i rendimenti annuali dei Buoni del Tesoro restino fermi dove sono ora (1,5% netto) e che il bollo sul deposito salga a 120 euro, la pizza rischia di diventare singolare (10 euro). E infine, nel 2013, anche l'ultima Margherita potrebbe scomparire. Mangiata non da voi, ma dal superbollo a 150 euro.

PROSPETTIVA - Il condizionale è d'obbligo. Ieri, infatti, il ministro delle Finanze Giulio Tremonti, spiegando i particolari del decreto che contiene la manovra e che è stato firmato dal presidente della Repubblica, ha detto che la stangata sui dossier titoli non è un dogma. L'imposta - che oggi ammonta a 34,20 euro l'anno per tutti coloro che ricevono l'estratto conto delle loro posizioni in titoli e che nel 2013 è destinata a ultra decuplicare (380 euro) per chi ha più di 50 mila euro e a crescere di quattro volte abbondanti (150 euro) per chi resta sotto i 50 mila - potrebbe anche essere modificata. Ma solo se si troverà un modo migliore - impresa non certo facile - per portare a casa gli 8 miliardi di gettito assicurati dalla misura, che riguarda 10 milioni di conti: la metà, circa delle famiglie italiane.

I COSTI - Aspettando le eventuali novità, ecco allora qualche ragionamento, chiavi in mano, per farsi un'idea. Cominciamo dal presente. I numeri del 2011 si riferiscono al rendimento effettivo totalizzato nell'ultimo anno dai Bot (0,8%) e dalle azioni (9% circa), dividendi compresi. Il risparmiatore più povero (10.025 euro in Bot) e quello più abbiente (109.736 euro in azioni) si trovano con queste cifre dopo aver pagato il bollo da 34 euro, le tasse (12,5%) e il costo della tenuta titoli che, per chi possiede solo titoli di Stato brevi, è pari in media a 30 euro e per chi invece ha anche le azioni raddoppia a 60.

LE INCOGNITE - E nei prossimi due anni che cosa succederà? Nessuno può dire né dove andranno i tassi - oggi il mercato si aspetta un ulteriore ritocco all'insù dello 0,25% da parte della Bce - né che cosa succederà in Borsa. I conti, quindi, sono stati fatti tenendo fermi gli ultimi due dati disponibili: il rendimento dei Bot annuali che nel frattempo è raddoppiato (1,5% netto a metà giugno) e il 9% (sempre dividendi compresi) registrato in Borsa da giugno 2010 ad oggi. Ed ecco il quadro: nel 2012 il Bot people da 10.000 euro a fine corsa si trova con dieci euro in tasca. In teoria ha comprato un titolo che rende il doppio di quello precedente, ma il superbollo da 120 euro spazza via (quasi) tutto. E peggio va nel 2013 quando sul suo 1,5% netto verrà caricata l'imposta da 150 euro e si ritroverà con 9.977 euro. Chi possiede 50 mila euro di Bot, invece, riesce ad ammortizzare meglio la botta del superbollo e a vedere l'effetto dei tassi più elevati: nel 2012, al netto di bollo da 120, imposte e spese tenuta dossier, si ritrova con 637 euro che scendono a poco più di 600 nel 2013. Rispetto al 2011, quindi, gode di un interesse (calante ma sempre positivo) superiore a 200 euro.

BOLLO E AZIONI- Decisamente più impegnativo, invece, l'effetto combinato del super bollo e della riforma fiscale sulle azioni. Per i Bot infatti, fatta salva l'incidenza dell'imposta sul dossier titoli, il 12,5% resterebbe fisso. La legge delega, presentata insieme alla manovra, chiarisce che i titoli di Stato non verranno toccati dal provvedimento che dovrebbe uniformare al 20% le sorti fiscali di azioni, corporate bond, conti correnti, depositi bancari e altri strumenti. Per le azioni, quindi, ipotizzando che nel 2012 entri in vigore l'aliquota unica sui redditi da capitale, i minori guadagni rispetto al 2011 dovuti al maggior peso delle imposte vanno da 170 euro (investimento azionario da 10 mila euro nel 2012) ai 1.100 abbondanti registrati da chi possiede centomila euro di azioni nel 2013. In questo caso infatti, per chi volesse passare all'incasso del capital gain, l'aliquota non sarà più del 12,5% ma del 20%, mentre il bollo - sempre che le cose non cambino - arriverà a 380 euro. A parità di rendimento, quindi, se nel 2011 il piccolo azionista è arrivato a fine corsa incassando una plusvalenza netta di 9.736 euro, nel 2013 il suo bottino finale potrebbe scendere a 8.550.

OPZIONI - Cambierà qualcosa o i conti sono questi? Il cammino della manovra con bollo è appena cominciato. Resta da vedere se arriverà in porto così, costringendo gli italiani a interrogarsi sul futuro. A capire se è meglio abbandonare dossier titoli modesti e pieni solo di titoli di Stato per migrare su depositi on line e prodotti assicurativi, che risolvono alla radice il problema. Oppure se è conveniente considerare l'opzione dei fondi comuni, che molte banche infilano nei dossier per praticità ma che potrebbero benissimo essere detenuti - a differenza di Bot & C - senza bisogno di deposito.



Consob al lavoro contro la speculazione Ue, riunione sul debito dell’Eurozona.


La Commissione si riunirà in serata per fare il punto della situazione alla vigilia della riapertura dei mercati e dopo lo scorso 8 luglio, ormai noto come "il venerdì nero". Non è escluso, un provvedimento restrittivo sulle vendite allo scoperto in base a quanto già in vigore in altri paesi europei.


La Consob corre ai ripari. Dopo lo scorso 8 luglio, ormai noto come “il venerdì nero”, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa si riunisce in serata per fare il punto della situazione alla vigilia della riapertura dei mercati e per adottare misure di contrasto alla speculazione ribassista.

Le banche italiane sono state l’oggetto principale degli attacchi, anche se il numero uno di via Nazionale, Mario Draghi, è intervenuto con parole rassicuranti per dirsi certo che gli intermediari nazionali supereranno – e “con un margine significativo” – gli stress test europei grazie alla loro adeguata capitalizzazione. Tra le misure che la Consob potrebbe intraprendere, non è escluso un provvedimento restrittivo sulle vendite allo scoperto (un’operazione finanziaria che consiste nella vendita di titoli non direttamente posseduti dal venditore, ndr) in base a quanto già in vigore in altri paesi europei. Un “consiglio” che arriva anche da Lamberto Cardia, a capo della Commissione dal 2003 al 2010: “Le vendite allo scoperto in presenza di una situazione di grave crisi andrebbero totalmente vietate per il periodo necessario o al massimo consentite nell’ambito della giornata”, ha detto oggi l’ex presidente.

La Consob già in passato era intervenuta sulle vendite allo scoperto dopo il panico sui mercati generato dal crac Lehman Brothers. Dopo Sec e Fsa, infatti, anche la Commissione italiana di vigilanza sui mercati avviò nell’autunno 2008 un deciso giro di vite sulle vendite allo scoperto deliberando, in quell’occasione, che la vendita di azioni di banche e imprese di assicurazioni quotate nei mercati regolamentati italiani e qui negoziate “dovesse essere assistita dalla disponibilità dei titoli da parte dell’ordinante al momento dell’ordine e fino alla data di regolamento dell’operazione”. In questo modo di fatto veniva impedita la pratica di vendita allo scoperto su quei particolari settori oggetto di attacco speculativo, che consiste appunto nella cessione di titoli che non sono materialmente in possesso del venditore.

L’intervento dell’Unione europea. Intanto il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha convocato una riunione di emergenza per domani mattina per discutere della crisi del debito nell’Eurozona. Smentita dallo stesso Van Rompuy, la voce che gli attacchi speculativi all’Italia siano oggetto dell’incontro, al vertice prenderanno parte il presidente della Commissione europea,Jose Manuel Barroso, il presidente della Bce Jean-Claude Trichet e quello dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker. Al centro del summit sarà la discussione sul secondo pacchetto di aiuti alla Grecia. All’incontro, proseguono le fonti, è stato invitato anche il commissario europeo agli Affari economici e monetari Olli Rehn.




La speculazione che verrà. - di Superbonus


Le tensioni sul debito non dipendono ancora dai fondi speculativi ma dai grandi investitori preoccupati per la tenuta dei conti dell'Italia e per la crisi politica.


I mercati, la Bce e i politici non parlano più lo stesso linguaggio. Ci ha provato Mario Draghi venerdì a chiedere una tregua con una dichiarazione irrituale a mercati aperti: “Le banche italiane sono solide e la manovra finanziaria è un importante passo avanti”. Ma anche lui ha usato un linguaggio antico per investitori che già provano a immaginarsi un mondo dopo l’euro.

I trader che venerdì per tutto il giorno si sono scambiati opinioni e informazioni sanno che il capitale della più solida istituzione europea copre a stento il 10 per cento dell’attivo e che i passi avanti non bastano: le finanze pubbliche andrebbero risanate subito con tagli immediati. Il comunicato di Palazzo Chigi “la manovra finanziaria sarà approvata entro luglio” alle orecchie degli operatori come una barzelletta mentre lo spread dei Btp decennali raggiungeva il 2,40 per cento aumentando dello 0,70 in una settimana. Una “barzelletta”, una “commedia”, queste sono le parole più usate da chi con un click del mouse può vendere o comprare 100 milioni di Btp. Sono i market maker che macinano profitti o perdite anticipando gli ordini dei “real money”, fondi e compagnie assicurative che comprano per detenere i titoli, per offrire ai propri clienti rendimenti sui prodotti finanziari collocati al pubblico.

Più di un market maker si è lamentato venerdì sera di non aver realizzato abbastanza profitti: a inizio giornata tutti avevano venduto Btp alle poche banche italiane che acquistavano con lo spread al 2,20 per cento. Ma intorno al 2,30 per cento si erano ricoperti vendendo Bund pensando che fosse finita. E invece sul più bello sono arrivati i grossi fondi tedeschi e americani a scaricare i Btp, complici i dati sulla disoccupazione Usa che lasciano presagire un rallentamento della crescita mondiale. Quindi una minor crescita dell’Italia e una maggior difficoltà nel ripagare il debito. La cattiva notizia è che gli speculatori veri, gli hedge fund che comprano e vendono a soli fini speculativi non hanno ancora venduto. Solo un paio erano come si dice in gergo “corti”, avevano cioè venduto allo scoperto (senza averli mai comprati) i Btp.

Il meccanismo perverso della speculazione ancora non si è messo in moto, le vendite sono nella maggior parte reali. L’Europa e l’Italia non sono affidabili, hanno avuto innumerevoli aperture di credito dagli operatori in quest’ultimo anno, la Grecia il Portogallo e l’Irlanda sono problemi che un establishment che ha perso completamente il senso del pericolo. E ora i nodi vengono al pettine sia per la Spagna sia per l’Italia.
Chi ha perso soldi credendo che si sarebbero risolte le situazioni debitorie più problematiche non è disposto a perderne altri. E si allontana da tutto quello che è troppo rischioso, troppo indebitato o troppo difficile da capire. Ci sono altri mercati e altri Paesi dove allocare la ricchezza: una famosa società di gestione del risparmio organizza a Milano lo Yuan Happy Hour presentando i suoi nuovi prodotti in valuta cinese, altro denaro che se ne va, altri flussi di real money che non torneranno a comprare i Btp.

C’è qualcuno che in mezzo a ogni bufera invoca nuove regole contro gli speculatori, venerdì lo ha fatto l’onorevole Francesco Boccia del Pd che voleva vietare la vendita dei Credit defaults swap(Cds, le assicurazioni sul rischio di fallimento dei paesi): la notizia apparsa fugacemente su Bloomberg mentre lo spread fra Btp e Bund aveva appena toccato il massimo storico del 2,47 per cento ed i Bonos spagnoli addirittura il 2,82 per cento ha provocato una nuova ondata di ilarità. I Cds non c’entrano niente: chi vende allo scoperto lo fa prendendo in prestito i Btp da altri, per lo più assicurazioni, e restituendoli dopo aver lucrato fra il prezzo di vendita ed il prezzo di riacquisto.

Per fermare le vendite allo scoperto bisognerebbe proibire i pronti contro termine, (o REP0), impossibile perché tutto il sistema si basa su questo strumento, la stessa Bce quando eroga denaro alle banche lo fa sulla base di un prestito titoli. Ma proprio questo comprensibile errore è la cartina di tornasole di due mondi che non parlano più la stessa lingua: i regolatori gridano alla speculazione, gli operatori chiedono soluzioni che non arrivano. Nella conferenza stampa di giovedì il presidente della Bce Jean Claude Trichet, interrogato sulle soluzioni per il debito dei Paesi in crisi, ha risposto: “Non chiedete a me, chiedete ai governi, noi ci occupiamo di stabilità dei prezzi e della moneta”.

Se si vuole fermare la caduta, non chiedete di farlo agli operatori finanziari: loro si occupano di fare profitti non di salvare gli Stati.