giovedì 24 settembre 2020

Ce la pagherete. - Marco Travaglio

 












Non capire come voterà il Paese è umano. Ma non capire come ha votato il Paese è diabolico. Eppure ci riescono in tanti. Lasciamo perdere gli opinionisti, che capiscono benissimo ma devono scrivere l’opposto per contratto. Ma i politici sul voto degli elettori dovrebbero costruire il loro futuro. Cos’hanno detto gli elettori? Intanto che i parlamentari sono troppi, in perfetta quanto rara sintonia col Parlamento che aveva approvato – pur obtorto collo, su pressione e per paura dei 5Stelle – quella riforma col 98%. Quindi, se quella riforma era populista, ha stravinto il populismo e tutte le analisi sulla fine o sul calo del populismo sono baggianate. Ora, che chi puntava al No finga di non accorgersene, passi. Ma che non se ne accorga chi puntava al Sì è deprimente. Per questo l’uscita di Di Battista che frigna per “la più grande sconfitta M5S di sempre”, è suicida sia nei tempi sia nei contenuti. Nei tempi, perché il referendum è stato una delle più grandi vittorie M5S di sempre e andava festeggiato almeno per un paio di giorni, anziché fare gné gné a Di Maio e agli altri che, diversamente da Dibba, si sono spesi nella campagna del Sì. Nei contenuti, perché le Regionali i 5Stelle le perdono sempre, da quando sono nati, anche quando vincevano le Politiche nel 2013 e le stravincevano nel ’18 e intanto venivano battuti in Sicilia e Lazio.

Le Regionali, per quanto appaia bizzarro, decidono chi governa le singole Regioni, così come le Comunali i Comuni. Gli elettori votano per i candidati presidenti o sindaci, non per il governo o per i segretari di partito. E sommare i voti di lista nelle Regioni e nei Comuni per stabilire chi ha vinto su scala nazionale è come sommare i fichi e le patate. Si può al massimo stabilire chi ha perso, in base alle dichiarazioni della vigilia. Se Salvini puntava al 7-0, è ovvio che ha perso: è finita 3-4. Se l’altro Matteo mirava a far vincere Giani e far perdere Emiliano e Sansa, è ovvio che ha perso: Giani ha vinto per 8 punti e Iv ha preso il 4,5; Emiliano ha vinto nonostante Iv e Sansa avrebbe perso anche con Iv. Di vincitori nazionali c’è solo la Meloni, che ha strappato le Marche con un fedelissimo e ha aumentato i voti dappertutto. Tutti gli altri hanno perso voti. Anche Zingaretti: ha salvato Toscana, Puglia e segreteria, ma oltre alle Marche ha perso terreno in Liguria, Toscana e Veneto. I veri vincitori sono i cosiddetti “governatori”, trainati dall’effetto Covid e dal populismo trasformista da “cacicchi” che ne fa delle star locali, non nazionali e sganciate dai partiti: Zaia, Toti (anche per il dopo-Morandi), De Luca, Emiliano. Successi personali più che partitici. De Luca aveva 5 liste dei più vari colori.

Emiliano addirittura 15, dall’estrema sinistra alla destra. Zaia la sua, che ha svuotato la Lega. In più, quasi dappertutto, è scattato il soccorso grillino per tre fattori: la fiducia in chi ha gestito la pandemia; il voto utile, disgiunto o diretto, al male minore; la corsa sul carro del vincitore. Come si fa a non capire che gli stessi elettori, in un’elezione nazionale col proporzionale, avrebbero votato in modo totalmente diverso dalle Regionali col maggioritario a turno secco e dalle Comunali col doppio turno? Chi fa un altro mestiere non deve studiare le leggi elettorali, ma per chi fa politica è proprio il minimo. Col proporzionale (Politiche), ciascuno va per conto suo e le alleanze si fanno dopo le elezioni. Col maggioritario a doppio turno (Comuni), si corre da soli e le alleanze si fanno tra il primo e il secondo turno (e, se non i partiti, le fanno gli elettori). Col maggioritario a turno secco (Regionali), le alleanze si fanno prima del voto (e, se non i partiti, le fanno gli elettori delle forze sfavorite scegliendo il meno distante dei due favoriti).
Perciò Emiliano e De Luca hanno avuto molti voti grillini, ma anche forzisti e leghisti: tutta gente che alle Politiche tornerà all’ovile. Come i grillini che han votato Giani. E i veneti della lista Zaia, alle Politiche, voteranno quasi tutti Lega. Ecco perché la vittoria dei presidenti Pd non è di Zingaretti, se non per averlo aiutato a sventare la manovra dei poteri forti per rimpiazzarlo con Bonaccini, rovesciare Conte, scaricare il M5S e tentare l’ennesimo inciucio con quel che resta di FI e pezzi di Lega. Emiliano e Giani l’hanno capito: Zinga&C. pare di no. Infatti, consigliati da Repubblica e dai “padri nobili” che non ne azzeccano una, avanzano pretese bizzarre o ideologiche: il Mes (di cui non si parla da nessuna parte in Europa, neppure più a Cipro), lo Ius Soli (non proprio in cima ai pensieri degli italiani, e nemmeno degli stranieri) e i decreti Sicurezza (dove basta qualche ritocco sulla linea Mattarella, senza tanti strepiti). Del resto, se anche il Pd avesse vinto, gli elettori l’avrebbero premiato per il governo giallorosa che, anziché perdersi in quelle fumisterie, s’è occupato di cose più urgenti e vitali: Covid, tre manovre da 100 miliardi, bonus ai più deboli, Recovery Fund. E ora, si spera, una legge elettorale senza più liste bloccate, su cui il Fatto lancia oggi una petizione di costituzionalisti del Sì e del No da firmare sul sito. Qualcuno ha detto che il nostro appello a “turarsi il naso”, in Puglia e Toscana, è servito come quello di Montanelli nel 1976: ne siamo felici. Ma quella volta, subito dopo il voto, il grande Indro inviò un telegramma alla Dc che cantava vittoria: “Vi abbiamo votato, ma ce la pagherete”

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