Visualizzazione post con etichetta Fondo salva stati. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Fondo salva stati. Mostra tutti i post

giovedì 9 aprile 2020

Mes, ecco su cosa stanno litigando i ministri Ue: quali sono ora le clausole per avere prestiti. E le possibili deroghe previste dal trattato. - Chiara Brusini

Mes, ecco su cosa stanno litigando i ministri Ue: quali sono ora le clausole per avere prestiti. E le possibili deroghe previste dal trattato

Oggi ultima chance per i ministri delle Finanze dopo la fumata nera sull'uso del fondo salva Stati per affrontare l'impatto del virus. Il nodo resta quello delle "condizionalità". Attualmente l'accesso alle linee precauzionali - che aprono la strada allo scudo anti spread della Bce - richiede la firma di un memorandum negoziato tra Commissione e singolo Paese. Il consiglio dei governatori però ha il potere di "fare cambiamenti" e inventarsi nuovi canali di erogazione. Serve la volontà politica. Ma per ora l'Olanda insiste per imporre, ex post, riforme che aumentino la capacità di ripagare i debiti contratti.
La linea di frattura che vede spaccati i ministri delle Finanze dell’Eurozona resta la stessa che il 24 marzo aveva fatto terminare con un rinvio la precedente riunione dell’Eurogruppo: le linee di credito precauzionali del fondo salva Stati Mes e le loro condizionalità. Non sono bastate altre 16 ore di confronto tra i Paesi ed è tutto da vedere se il nuovo appuntamento di questo pomeriggio porterà a ricomporre le divergenze. Il Mes nella sua forma attuale, pensata per rispondere a choc che riguardano un singolo Stato, è “inadeguato“, è la posizione, netta, dell’Italia. Non basta che nell’immediato, come hanno concordato anche i Paesi del Nord Europa, l’unico requisito per accedere ai prestiti sia utilizzarli per coprire i costi legati al Covid-19. Perché il ministro olandese Wopke Hoekstra insiste sul fatto che nel lungo periodo è “ragionevole associare l’uso del Mes con determinate condizioni economiche”. Ma, ammesso che ci sia la volontà politica di trovare un compromesso, quanta flessibilità concede su questo punto il Trattato istitutivo del Mes firmato nel febbraio 2012, la cui riforma come è noto è stata rinviata?
In base al trattato in vigore, il Mes può offrire oggi tre forme di sostegno: da un lato prestiti veri e propri, regolati dall’articol0 16, che richiede la firma di “un programma di aggiustamento macroeconomico dettagliato in un Memorandum of understanding“. Dall’altro linee di credito precauzionali (Pccl) o “a condizionalità rafforzata” (Eccl) descritte all’articolo 14, la cui accensione è condizione necessaria perché la Bce possa attivare il suo scudo anti-spread più potente, il piano di acquisti di titoli illimitato Omt, finora mai utilizzato. Le Pccl sono riservate ai Paesi che rispettano le prescrizioni del Patto di stabilità (tra cui un debito/pil sotto il 60%) e non presentano squilibri macroeconomici eccessivi, per cui l’Italia sarebbe esclusa.
L’attenzione dell’Eurogruppo è concentrata sull’uso delle Eccl, disponibili per i Paesi che abbiano comunque una “situazione economica e finanziaria forte e il cui debito sia sostenibile”, come specifica l’allegato 3. In questo caso il trattato recita che le condizionalità “vanno dettagliate in un Memorandum“. Memorandum che – su incarico del consiglio dei governatori del Mes – verrebbe negoziato tra la Commissione europea e il Paese interessato d’accordo con la Bce e se possibile insieme al Fmi. Il contenuto “deve riflettere la severità delle debolezze da affrontare”, specifica il testo. “I termini e le condizioni” devono poi essere specificati “in un accordo di assistenza precauzionale, firmato dal managing director“, Klaus Regling.
Davanti alla pandemia, anche Olanda e Germania si sono dette d’accordo sul fatto che il memorandum potrebbe limitarsi a un impegno a coprire con i soldi ricevuti il finanziamento dell’assistenza sanitaria e i costi economici causati dal virus. La possibilità di prevedere queste condizioni “light” è stata confermata dal Servizio legale del Consiglio europeo in un parere ad hoc datato 4 aprile, secondo il quale sarebbero in linea con i Trattati. Il vero problema sono i paletti da rispettare a crisi finita: su questo fronte i rigoristi ancora ieri notte insistevano sulla necessità di imporre, ex post, riforme che aumentino la capacità di ripagare i debiti contratti e ripristinare l’equilibrio finanziario. Una condizione inaccettabile per l’Italia.
Ma ci sono altri due aspetti da considerare. Innanzitutto, i soldi messi sul piatto stando alle conclusioni del vertice del 24 marzo non sono molti: con le Eccl verrebbe offerto fino al 2% del pil 2019 di ogni Paese. Per l’Italia (che al fondo ha versato finora meno di 14 miliardi) parliamo quindi di 36 miliardi, a fronte dei 410 a disposizione del Mes. Ma con la firma del Memorandum potrebbe partire il programma Omt della Bce, che assicurerebbe un calmiere senza limite ai tassi di interesse sui titoli di Stato emessi per finanziare le uscite necessarie per affrontare l’emergenza.
Infine, non è detto che gli strumenti a disposizione si limitino a quelli descritti nel trattato. Perché l’articolo 19 prevede esplicitamente che il consiglio dei governatori, in cui siedono i ministri delle Finanze dell’Eurozona presieduti da Mario Centeno, può “rivedere la lista degli strumenti di assistenza finanziaria previsti negli articoli da 14 a 18 e decidere di fare cambiamenti“. Non a caso nei giorni scorsi è emerso che si sta lavorando alla messa a punto di un nuovo strumento ad hoc, il Rapid financing instrument, con 80 miliardi a disposizione e tempi rimborso più brevi rispetto ai 5-10 anni delle Eccl. La novità principale è che sarebbe attivabile solo a fronte di un disastro naturale o di un altro “evento esterno estremo”, come una pandemia. Le condizioni sarebbero dettagliate non in un memorandum ma in un “Economic response plan“, definizione più accettabile vista la natura dell’emergenza che sta colpendo tutti i Paesi europei. Occorrerebbe però in ogni caso impegnarsi a rispettare tutte le regole fiscali europee. La proposta non è bastata al governo Conte, che vede al suo interno l’opposizione senza se e senza ma di gran parte del Movimento 5 Stelle al ricorso al Mes in qualsiasi forma.

martedì 19 novembre 2019

Meccanismo europeo di stabilità, cosa prevede la bozza di riforma che può aprire la strada alla ristrutturazione del debito. - Chiara Brusini

Meccanismo europeo di stabilità, cosa prevede la bozza di riforma che può aprire la strada alla ristrutturazione del debito

Cinque mesi fa il via libera dei capi di Stato Ue, da confermare entro dicembre. Ma spaventano le condizionalità a cui sarebbero sottoposti gli aiuti finanziari ai Paesi in crisi. Il governatore di Bankitalia Visco vede un “rischio enorme". E Giampaolo Galli, audito come rappresentante dell'Osservatorio sui conti pubblici, ha avvertito: "Azioni o parole che possano ingenerare il timore di una ristrutturazione o peggio di un default, vanno considerati come un pericolo per l'Italia e per gli italiani".

La riforma del “fondo salva Stati” (Mes) creato nel 2011 durante la crisi dei debiti sovrani è finita all’improvviso al centro di una polemica politica sollevata da Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Che chiedono al presidente del Consiglio Giuseppe Conte di chiarire se e quando sia stato firmato un accordo per cambiarlo “senza coinvolgere il Parlamento“. Le tappe della revisione, in realtà, sono note e dettagliate in diversi documenti dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea della Camera e del Servizio Studi del Senato. L’ultima risale al 21 giugno 2019, quando i capi di Stato e di governo dei Paesi Ue – sulla base di un precedente accordo raggiunto il 14 dicembre 2018, mentre l’Italia trattava sulla manovra – hanno adottato una dichiarazione che tra il resto “prendeva atto dell’ampio accordo raggiunto dall’Eurogruppo sulla revisione del trattato Mes”. In entrambi i casi Conte era a capo del governo sostenuto dalla Lega: il ministro dell’Economia era Giovanni Tria e uno dei vicepremier era Matteo Salvini che – secondo una lunga nota informale di Palazzo Chigi – è stato tenuto a parte di tutto il percorso. E il via libera finale è atteso per dicembre.

Sono molto meno chiare le conseguenze che potrebbero discenderne per l’Italia. Perché la riforma evoca la possibilità che i debiti pubblici giudicati troppo elevati siano ristrutturati. Per i mercati equivale a parlare di default, con tutto quel che ne deriva. La Grecia insegna.

La bozza di riforma messa a punto dall’Eurogruppo prevede una serie di condizionalità a cui sarebbero sottoposti gli aiuti finanziari che il Mes, oggi guidato dal tedesco Klaus Regling, può concedere ai Paesi dell’Eurozona che si trovino in gravi difficoltà e perdano l’accesso al mercato. Tra cui il rispetto rigoroso dei criteri di Maastricht e del Fiscal Compact, a partire da un rapporto debito/pil inferiore al 60% o “almeno” un tasso di riduzione del debito in eccesso debba essere pari a 1/20 all’anno. Inoltre i vertici del Meccanismo – che ha 700 miliardi di capitale e vede l’Italia al terzo posto tra i soci dietro Germania e Francia – sarebbero chiamati a valutare in via preventiva la situazione finanziaria degli Stati, compresa la sostenibilità del debito stesso. La parola “ristrutturazione“, va detto, non compare. Ma nel preambolo si parla della possibilità, nel caso in cui il fondo conceda aiuti finanziari accompagnati da un programma di aggiustamento, di un “coinvolgimento del settore privato” (“private sector involvement”) che di fatto è una perifrasi per dire che i creditori pagherebbero un prezzo. Ristrutturazione, dunque.

Lo stesso Regling nei mesi scorsi ha rimarcato che l’Italia “non ha mai perso l’accesso ai mercati, e non rischia di perderlo in futuro”, perché “ha un attivo delle partite correnti” e “dunque non ha mai avuto e non avrà bisogno di ricorrere” all’Esm. Le rassicurazioni preventive lasciano però il tempo che trovano, hanno notato molti osservatori: anche la direttiva Brrd sul bail in bancario entrò in vigore in sordina fino a quando le conseguenze del coinvolgimento di azionisti e obbligazionisti hanno iniziato a farsi sentire dolorosamente sulla pelle dei risparmiatori.

Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco la settimana scorsa, commentando l’ipotesi di riforma del Mes, ha parlato di “rischio enorme che il mero annuncio di una introduzione della ristrutturazione del debito possa innescare una spirale perversa di aspettative di default”. E il professor Giampaolo Galli, audito come rappresentante dell’Osservatorio sui conti pubblici di Carlo Cottarelli, ha evidenziato “elementi di criticità” e “preoccupazione” perché “azioni o parole che possano ingenerare il timore di una ristrutturazione (del debito, ndr) o peggio di un default, vanno considerati come un pericolo per l’Italia e per gli italiani”. “Il Mes è un’istituzione molto utile”, è stata la sua conclusione, “che deve continuare ad avere il pieno sostegno dell’Italia” perché prevede anche aspetti positivi come l’approvazione del backstop, una sorta di “rete di sicurezza finanziaria”, per il Fondo di risoluzione unico delle Banche, da utilizzare per far fonte a crisi bancarie nel caso in cui non fossero sufficienti le risorse disponibili.

Ma “preoccupa l’idea che, in certe circostanze, la ristrutturazione del debito pubblico possa diventare una precondizione per avere accesso alle risorse del MES”. E “occorre rafforzare il ruolo della Commissione rispetto al Mes, evitare che le Cac “single limb” (nuove clausole da inserire nei titoli di Stato di tutti i Paesi membri, ndr) facilitino eccessivamente la ristrutturazione del debito”, oltre a “sottolineare con forza che la ristrutturazione del debito pubblico non può essere decisa sulla base di valutazioni meccaniche e va valutata con grande attenzione, con il pieno coinvolgimento delle autorità nazionali, perché rischia di aggravare la condizione economica e sociale di una nazione, nonché di avere effetti di contagio molto negativi sull’intera eurozona“.

Per ora il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, rispondendo al presidente della Commissione finanze del Senato Alberto Bagnai che accusava l’esecutivo di scarsa trasparenza sul negoziato per la riforma, si è limitato a parlare di “occasione perduta” perché “una parte molto significativa del lavoro è stata già discussa, negoziata e definita” dal precedente governo, il Conte 1. Il via libera dei capi di Stato in effetti è arrivato il 21 giugno, quando l’esecutivo gialloverde godeva ancora di piena salute. Il 19 giugno Camera e Senato avevano però approvato due risoluzioni di maggioranza (Molinari-D’Uva e Patuanelli-Romeo) che tra l’altro impegnavano il governo “in ordine alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, a non approvare modifiche che prevedano condizionalità che finiscano per penalizzare quegli Stati membri che più hanno bisogno di riforme strutturali e di investimenti, e che minino le prerogative della Commissione europea in materia di sorveglianza fiscale”. E anche a “render note alle Camere le proposte di modifica al trattato MES, elaborate in sede europea, al fine di consentire al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo e, conseguentemente, a sospendere ogni determinazione definitiva finché il Parlamento non si sia pronunciato”.

Prima del via libera, atteso per dicembre e a cui dovrà seguire la ratifica dei parlamenti nazionali, c’è comunque ancora qualche chance per modificare l’accordo. Il professore Galli in audizione ha ricordato che dopo l’Eurogruppo del 7 novembre il presidente Mario Centeno ha dato per chiuso il negoziato – i testi sono “considerati non più emendabili perché approvati dai capi di Stato a giugno” – ma resta “un minimo spazio negoziale sul memorandum tra Mes e Commissione. Che sarà cruciale perché il Mes è un organo intergovernativo che si mette dichiaratamente dal punto di vista di chi eroga il prestito e non del comune interesse europeo”


https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/11/18/meccanismo-europeo-di-stabilita-cosa-prevede-la-bozza-di-riforma-concordata-a-giugno-che-puo-aprire-la-strada-alla-ristrutturazione-del-debito/5569017/

Leggi anche:
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/11/18/fondo-salva-stati-palazzo-chigi-revisione-gia-firmata-palesi-falsita-se-scopre-ora-il-tema-e-segno-di-trascuratezza-da-vicepremier/5569620/