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sabato 11 marzo 2017

Sole 24 Ore, indagati il direttore Napoletano, l’ex presidente Benedini, il deputato Quintarelli e altri 6.

Sole 24 Ore, indagati il direttore Napoletano, l’ex presidente Benedini, il deputato Quintarelli e altri 6

I dieci devono rispondere di false comunicazioni sociali e appropriazione indebita. Al centro dell’inchiesta della Procura di Milano c'è la vicenda degli oltre 109mila abbonamenti digitali al quotidiano economico, sottoscritti tra il 2013 e il 2016 tramite la società inglese Di Source Limited. Per i pm si tratta di account fantasma, attivati solo per far sembrare i conti della casa editrice controllata da Confindustria meno in crisi e gonfiare il bilancio 2015.

False comunicazioni sociali e appropriazione indebita. Sono queste le ipotesi di reato con cui la procura della Repubblica di Milano ha iscritto dieci persone nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sui conti del Sole 24 Ore. A essere coinvolti sono nomi di spicco nel quotidiano controllato da Confindustria. Dopo tre mesi di indagini, la Procura di Milano ha individuato due diversi filoni collegati tra loro. Nel primo sono indagati per false comunicazioni al mercato il direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano, responsabile anche di Radio 24 e dell’agenzia di stampa Radiocor, l’ex presidente del gruppo, già numero uno della Fondazione Fiera Milano, Benito Benedini, e Donatella Treu, ex amministratore delegato e direttore generale dell’editrice. Il secondo troncone riguarda invece il rapporto tra il gruppo di via Monte Rosa e la società inglese Di Source Limited e vede indagati per appropriazione indebita di una cifra che si aggirerebbe intorno ai 3 milioni di euro altre cinque persone: l’ex direttore dell’area digitale, Stefano Quintarelli, che attualmente siede alla Camera nei banchi di Scelta Civica, suo fratello Giovanni Quintarelli, il commercialista Stefano Poretti, Massimo Arioli (ex direttore finanziario del gruppo), Alberti Biella (ex direttore dell’area vendite) e Filippo Beltramini (direttore della società inglese Fleet Street News Ltd).
Le Fiamme Gialle venerdì mattina hanno eseguito perquisizioni nell’ufficio di via Monte Rosa del direttore del quotidiano, negli appartamenti di Treu e Benedini e nell’ufficio del commercialista Stefano Poretti. I finanzieri del Nucleo Valutario, guidati dal colonnello Procucci, hanno eseguito perquisizioni anche sul posto di lavoro di altri cinque indagati. Al centro dell’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e dal pm Gaetano Ruta, come detto c’è la vicenda degli oltre 109mila abbonamenti digitali al quotidiano economico, sottoscritti tra il 2013 e il 2016 tramite la società inglese Di Source Limited. Per i pm milanesi si tratterebbe in realtà di account fantasma, attivati solo per far abbellire i disastrati conti della casa editrice di Confindustria e gonfiare il bilancio 2015.
Secondo gli inquirenti Quintarelli, Arioli e Biella sarebbero stati “soci occulti” della società inglese e si sarebbero appropriati, ai danni delle casse del gruppo editoriale, di circa “3 milioni di euro” in tre anni, tra il 2013 e il 2015. Oltre ai 3 ex manager, anche il fratello del deputato, Poretti, Beltramini e una quarta persona, si sarebbero spartiti la cifra contestata dalla Procura. Nella presunta appropriazione indebita il Sole 24 Ore figura come parte offesa. Stando all’ipotesi degli inquirenti, Di Source, società inglese che in pratica acquistava copie digitali dal Sole 24 Ore per poi rivenderle agli utenti su mandato dello stesso gruppo, avrebbe esercitato in realtà un’attività di vendita soltanto virtuale (i presunti dati falsi sulle copie vendute, però, sarebbero poi stati messi a bilancio del gruppo) e avrebbe avuto alla fine un saldo positivo tra entrate (incassi per la sua attività) e uscite (costi) di tre milioni di euro in tre anni. La cifra che, appunto, secondo l’accusa, si sarebbero spartiti i 7 indagati del filone sull’appropriazione indebita.
Mentre l’accusa di false comunicazioni sociali (altra tranche dell’indagine), contestata agli ex vertici del gruppo e al direttore del quotidiano, riguarda i presunti dati falsi sulle copie che hanno impattato sul bilancio del 2015. Non a caso nel decreto di perquisizione, si parla di “gravi anomalie” nell’andamento “economico della società”, di “vendite” di copie digitali “tanto enfatizzate” ma poi accertate come “false” e anche di una parte “significativa di copie” cartacee finita “dritta al macero”. Da quanto si è saputo, il Nucleo speciale di Polizia Valutaria della Gdf, che ha eseguito le attività di indagine anche nella sede del quotidiano, per quanto riguarda la posizione di Napoletano, ha effettuato un “invito alla consegna” di materiale, anche informatico, e non un sequestro. Cautela utilizzata perché si tratta di un giornalista. Stando agli atti, attraverso i presunti dati falsi sulle vendite “si è veicolato – hanno scritto i pm – un messaggio largamente positivo sull’andamento economico” del gruppo che, invece, non era tale.
Di prammatica la posizione ufficiale di Confindustria, che in una nota ha confermato “piena fiducia alla magistratura nella sua azione e ribadisce la necessità che venga fatta la più ampia chiarezza sui fatti passati relativi al Sole 24 Ore“. L’associazione degli industriali, poi, scarica sul cda dell’editrice il compito di valutare “nella sua autonomia le azioni da prendere”. Dal canto suo Confindustria “valuterà tutte le azioni necessarie a tutela propria e degli altri azionisti“. Invece i vertici dell’editrice freschi di nomina “ribadiscono la propria volontà a fornire agli organi inquirenti la massima collaborazione per l’accertamento dei fatti, confermando che agiranno con determinazione a tutela degli interessi della società”. Silenzio assoluto sul futuro del direttore.

martedì 13 gennaio 2015

Charlie Hebdo: quelli che ‘ci vogliono gli Stati Uniti d’Europa per sconfiggere il terrorismo’. - Alberto Bagnai


(Giuliano Amato che si identifica con Faust non ha prezzo! Per tutto il resto c’è la pattumiera della storia…)

Come molti di voi (esclusi i complottisti), anch’io detesto cordialmente i complottisti. Sapete, quelli che si avventurano in complesse ricostruzioni dei moventi occulti di quanto vediamo accadere, all’insegna del “niente è come sembra”. Sarà anche così, ma vi assicuro che non c’è niente di più istruttivo di un quarto d’ora passato con un politico (di qualsiasi colore, purtroppo) per capire come quello del complotto, di una precisa e luciferina volontà indirizzata ad un ben identificato scopo malvagio, sarebbe in effetti lo scenario migliore! Le cose stanno molto peggio, in realtà: se stiamo come stiamo, è perché la maggior parte di quelli che ci hanno messo nelle attuali condizioni semplicemente non sapevano dove stavano andando, nonostante fossero stati avvertiti, e il bello è che ce lo dicono pure!
Il complottismo, purtroppo, rimane una fisiologica reazione emotiva di fronte a fatti esecrandi come quelli di Parigi che tutti conoscete. Il desiderio di portare un minimo di razionalità nell’assurdo e bestiale caos cui assistiamo ci porta a indulgere un po’ troppo nel cui prodest, fino a sconfinare nella teoria del complotto. La nostra esperienza di italiani (pensate a Ustica) dovrebbe però insegnarci che molto probabilmente cosa sia esattamente successo a Parigi non lo sapremo mai, in parte, nell’immediato, anche per buoni motivi: non è assolutamente detto che le forze dell’ordine debbano dirci tutto quello che sanno, col rischio di favorire i loro e nostri avversari, cioè i terroristi. L’eliminazione dei diretti responsabili è il primo chiodo sulla bara della ricostruzione di una possibile verità.
Però, almeno, che a Parigi sia successo qualcosa di terribile lo sappiamo, e nessuno lo nega. Come è impossibile negare che l’11 settembre del 2001 sia successo qualcosa di tremendo a New York. Sono due episodi che segneranno per sempre la nostra esistenza, due spartiacque, come l’assassinio di Kennedy, o il primo passo sulla luna.
Non sto dicendo nulla di originale, a differenza di Eugenio Scalfari, che oggi (domenica 11 gennaio 2014) nel suo consueto editoriale su Repubblica scrive: “La guerra al terrorismo, insieme ai lutti, alle tensioni, alle paure, ha però un aspetto positivo che non va sottovalutato: fa emergere anche a chi finora era indifferente o addirittura ostile, la necessità di costruire l’Europa unita… Il terrorismo sembra avere scelto l’Europa come terreno di scontro; l’Europa non può che rispondere muovendo un passo verso l’unità non più soltanto economica ma politica”. Parole simili a quelle scritte da un altro brillante editorialista, Roberto Napoletano, sul Sole 24 Ore dell’8 gennaio scorso: “L’Occidente… risponda con gli Stati Uniti d’Europa e la forza politica del più grande mercato di consumo al mondo che decide finalmente di dire la sua non solo con la moneta unica ma anche con un esercito unico”.
Due aspetti fanno rabbrividire in questi spericolati voli pindarici: lo spaventoso cinismo e la sorprendente mancanza di coerenza logica.
Il cinismo è sempre il solito, quello dei cosiddetti “federalisti europei”, con i quali i nostri in larga misura si identificano. Avevamo già stigmatizzato il fatto che questa corrente di pensiero ritiene che qualsiasi mezzo sia lecito, anche la violenza di una crisi economica, pur di condurre il gregge europeo verso la Gerusalemme celeste degli Stati Uniti d’Europa. Ma va detto che Scalfari riesce a sorprenderci, riesce a far fare al discorso un indubbio salto di qualità (verso il basso, ovviamente). “Guardate il bicchiere mezzo pieno!” ci dice, “sono morte parecchie persone, ma almeno ora gli altri capiranno che ci vuole un’Europa unita”. Ah, ecco, ci mancava! Ora siamo addirittura alla teorizzazione di una funzione “positiva” della violenza fisica se volta, sia pure indirettamente, al raggiungimento del fine ultimo: gli Stati Uniti d’Europa (li chiama così, con un significativo riflesso pavloviano, l’altro gigante del pensiero unico che ho evocato sopra). Insomma: la violenza della crisi economica non è bastata? Pensate ancora di essere in grado di governarvi da voi, voi merde di italiani, invece di dare le chiavi di casa alla Merkel? E allora speriamo che la paura che vi siete presi vi convinca che non è il caso!
Il fine giustifica i mezzi, o meglio, giustifica la fine di tante vite umane.
Vorrei emettere il simmetrico auspicio che queste parole facciano scaturire in qualcuno un legittimo dubbio sulla natura antidemocratica dell’attuale processo di costruzione europea, che poi è l’oggetto del mio ultimo libro. Anche perché, notate, qui si cerca di vedere con ributtante spregiudicatezza “il lato positivo” di un fatto esecrando, dal quale tutti e ciascuno usciamo sconfitti, vittime e carnefici, Oriente e Occidente, laici e religiosi, e soprattutto lo si fa in nome di un colossale non sequitur logico.
Ve la metto così, semplice semplice: a voi sembra che questo non sia mai successo?
Perché vedete, qui delle due l’una: o Scalfari e Napoletano spingono il loro allucinato ed efferato delirio ideologico fino a negare che i fatti dell’11 settembre si siano mai verificati (iscrivendosi di fatto al PCI, il Partito Complottista Italiano), oppure c’è un evidente problema. Per quanto ne so io, così, cercando su Wikipedia, gli Stati Uniti sono uniti dal 1788, e quindi lo erano anche l’11 settembre del 2001: nel 2001 avevano un bilancio federale, avevano una Fed simile alla Fed (con un affettuoso pensiero a quelli che ragliano di Bce simile alla Fed), avevano un’unica intelligence (la Cia), avevano l’Fbi, avevano un unico esercito, che poi è quello che ha assicurato mezzo secolo di pace in Europa (non l’euro: la Nato ha mantenuto la pace), e che ora tante soddisfazioni ci sta dando, nel suo esportare democrazia qua e là, talora anche alle porte di casa nostra. Non mi sembra, e me ne rammarico, e ne sono ancora sconvolto nel profondo, come ognuno di noi, che essere uniti da 213 anni sia valso loro ad evitare l’esecranda tragedia delle Torri gemelle.
Quindi, perdonatemi, ma non riesco a capire: se il terrorismo colpisce, e colpisce in modo forsennato e letale, perfino l’ipotetico modello che i nostri “europeisti” si sono dati (e che caso strano non è un modello europeo ma americano), io sinceramente il nesso fra necessità di combattere il terrorismo e Stati Uniti d’Eugenio, pardon, d’Europa, non lo vedo.
E voi?
Vedo invece, quello sì, che c’è un opinionista italiano che trova un lato positivo nei fatti di Parigi. Ecco, gli amici dell’“Europa” sono di questa risma: persone il cui cinismo è superato solo dalla propria eleganza. Ricorderete infatti che stiamo parlando di quello che ci ha minacciato dicendoci in diretta televisiva che o facciamo come dice lui, o la Merkel ci metterà la testa nel cesso
Un ottimo presupposto per costruire una fraterna unione fra popoli, non trovate?