I dem, spaventati dalla crisi, fanno retromarcia su rimpasto e cabina di regia. Di Maio: “Discutere il premier fuori dal mondo”. Renzi isolato.
“La parola crisi mette paura in Europa, bisognerebbe accostarcisi con un po’ di pudore e prudenza perché può dare la sensazione di un paese che mette meno a fuoco i propri obiettivi”. David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, ripete a In mezz’ora in più da Lucia Annunziata, quello che va dicendo da un paio di giorni. “Dobbiamo avere paura della crisi, non assecondarla”. È netto Sassoli. A Bruxelles la preoccupazione di una crisi di governo in Italia, mentre parte il processo del Recovery Fund, aumenta.
Sarà magari anche per questo, ma la giornata di ieri fa registrare toni più bassi. A partire proprio dal Pd. In un primo momento Nicola Zingaretti ha mandato avanti Matteo Renzi. Poi al Nazareno hanno capito che c’è il rischio di una crisi “al buio”. E così correggono il tiro. Con lo stesso segretario che avverte: “Il governo ha bisogno di un rilancio ma il rimpasto adesso non è prioritario”. E Goffredo Bettini che condanna le “opache manovre” perché “se cade il governo si vota”.
Nel frattempo, a Palazzo Chigi si preparano alla “verifica”. Il premier vuole guidare il processo. E dunque sta mettendo a punto un’agenda di incontri con le delegazioni dei partiti e poi con i loro leader, che dovrebbero partire già oggi.
Le trattative sotto traccia, a partire proprio dalla gestione delle risorse europee, vanno avanti. Afferma Bettini: “Conte ha confermato che la bozza del piano di ripresa e resilienza è una bozza aperta”. Come dire, il Pd ha tutte le intenzioni di frenare quella che i dem definiscono la voglia di “accentramento” di Conte. E così oggi ci sarà un seminario di tutto il partito, proprio per discutere del Recovery Plan. Sul tavolo, c’è qualche modifica (anche se l’impianto resta lo stesso) al piano in se stesso. E soprattutto la struttura di governance: azzerarla, come vorrebbe Renzi, per il Pd non è possibile. L’idea è quella di lavorare sulla task force, sia delimitando i poteri sostitutivi e derogatori dei manager, sia dando un ruolo chiaro ai ministeri. A lavorare sul piano e sulla struttura di governance sono in questi giorni però tutti i partiti, M5s compreso. In discussione c’è il “come” non il “sé”. E’ ancora Sassoli a chiarire: “La lite sulla cabina di regia per il Recovery plan? Ce l’avranno tutti. Il riferimento è il governo. Ma l’Italia ha 209 miliardi e vanno amministrati: come fai a farlo se non hai una regia? Serve un coordinamento che aiuti la macchina”. Affonda: “Io sento che le indicazioni date da Conte possono essere contestate, migliorate, però certamente servirà un aiuto al governo”. Da notare che sabato anche Paolo Gentiloni (anche lui un big del Pd con un ruolo di primo piano in Europa, Commissario agli Affari Economici) ci aveva tenuto a mettere l’attenzione sulle “procedure” e cioè sull’”attuazione” del piano: “Più che sui nomi, sulle task force, ragionerei sulle procedure. I piani vanno attuati perché poi ogni sei mesi deve arrivare un bonifico da Bruxelles. Per questo deve esserci una corsia preferenziale”. Un altro tema, quello di una normativa ad hoc (di cui aveva parlato lo stesso premier un paio di mesi fa), che entrerà nella discussione.
Politicamente, il Pd passa alla fase successiva dell’attacco al premier: non è in discussione il suo ruolo tout court, ma i dem vogliono pesare di più. Nella stessa dinamica si inserisce la richiesta di misure anti Covid più restrittive, dopo le immagini di assembramento ieri nelle vie dello shopping delle grandi città. Ma intanto anche Anche Maria Elena Boschi (sempre negli studi della Annunziata) fa un relativo passo indietro: “Non vogliamo nessuna crisi. L’argomento rimpasto è chiuso. La priorità è usare bene i fondi europei e allo stesso tempo coinvolgerci”. Ma poi fa cadere lì l’avvertimento neanche tanto velato: “Se c’è crisi, non credo che andremo al voto. M5S ha un problema non solo per il secondo mandato ma anche perché tanti di loro non tornerebbero in Parlamento”. Come dire: un’altra maggioranza la troviamo. Va detto pure che Luigi Di Maio, corteggiato dai renziani come eventuale premier al posto di Conte, e considerato uno dei principali “congiurati contro di lui, smentisce categoricamente via Tweet: “Ancora fake news su di me, evidentemente qualcuno semina zizzania, quindi voglio essere chiaro: è fuori dal mondo mettere in discussione Giuseppe Conte. Se poi ci sono differenze di vedute, si risolvono da persone adulte, ma basta falsità!”.
Si riparte dalla verifica e dalla parlamentarizzazione del percorso del Recovery. Esiti, comunque, imprevedibili.