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sabato 24 ottobre 2015

Giustizia, Anm: “Governo più attento alle intercettazioni che alla mafia. Strategia di delegittimazione verso i giudici”.

Giustizia, Anm: “Governo più attento alle intercettazioni che alla mafia. Strategia di delegittimazione verso i giudici”

Nella relazione annuale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, Rodolfo Sabelli, critica l'azione del governo. I magistrati puntano il dito anche contro la riforma della responsabilità civile: "Discutibile nel merito, nel metodo e nei tempi" e "ha preceduto perfino quelle – tuttora irrealizzate – del processo e dell’organizzazione". Ermini, responsabile Giustizia del Pd: "Frasi ingenerose".

Più attenzione sulle intercettazioni che sulla mafia. “Timidezza” nel contrasto all’evasione fiscale. “Consapevole strategia di delegittimazione” della magistratura. Politica e giustizia “subordinate al potere economico”. Nella relazione annuale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati,Rodolfo Sabelli, punta il dito contro l’azione del governo Renzi in materia di giustizia.
Il primo affondo arriva nelle prime righe. “I temi economici vanno ricondotti all’alveo delle decisioni politiche – dice Sabelli al congresso del sindacato dei magistrati- va dunque respinta l’idea strisciante che a minori garanzie e a minori controlli possa corrispondere una maggiore crescita, come se il problema consistesse nella regola e non piuttosto nella sua violazione. L’approdo di una tale impostazione sarebbe la subordinazione della politica e della giurisdizione al potere economico“. Difficile non leggere nelle parole del presidente dell’Anm un riferimento alla norma, contenuta nella legge di Stabilità, che consente i pagamenti fino a 3.000 euro in contanti, presentata dall’esecutivo come uno strumento per favorire la crescita. E una risposta alla posizione del governo, secondo cui – come ha detto il premier Matteo Renzi – “il limite del contante non aiuta l’evasione, né la combatte”.
Al contempo il governo fa poco per combattere la corruzione e la penetrazione delle organizzazioni criminali nella P.A.. “C’è una “timidezza nella disciplina dei mezzi di contrasto al fenomeno della corruzione (…) condotte che spesso si uniscono a fenomeni di criminalità organizzata e per mezzo delle quali realtà mafiose si insinuano nel tessuto della pubblica amministrazione impongono maggiore determinazione e richiedono più penetranti strumenti di indagine e di prova”. Una timidezza, continua Sabelli, che risulta “incoerente” con la scelta di aumentare le sanzioni per alcuni reati comuni, che sa invece di “cedimento a superficiali appetiti giustizialisti“.
Il secondo j’accuse Sabelli lo lancia contro la riforma della responsabilità civile dei magistrati realizzata dal governo prima di quella del processo, ritenuta dai giudici prioritaria. Tra politica e magistratura “oggi si sviluppano tensioni nuove o si riaccendono altre antiche e mai davvero sopite, che alimentano delegittimazione e sfiducia nel sistema giudiziario – affonda il presidente dell’Anm – il terreno sul quale sono state realizzate riforme relative al trattamento giuridico della magistratura, discutibili nel merito, nel metodo e nei tempi, che hanno preceduto perfino quelli delle riforme – tuttora irrealizzate – del processo e dell’organizzazione; sul quale è intervenuta la nuova legge sulla responsabilità civile, che appare condizionata da ragioni estranee alle finalità risarcitorie che le sono proprie; sul quale avanzano proposte di nuovi illeciti disciplinari, incoerenti con l’attuale sistema di fattispecie tipiche; sul quale si muovono disegni di riforma processuale che riflettono sulla responsabilità del magistrato le carenze dell’organizzazione e l’inadeguatezza delle regole. Tutti aspetti troppo delicati, perché siano fatti materia di scontro e oggetto di riforme affrettate“.
“Le riforme operate sullo stato giuridico di una categoria già sofferente per il peso dei carichi di lavoro, delle crescenti responsabilità e della carenza di risorse, unite a demagogiche semplificazioni – ha detto ancora Sabelli – hanno aggravato il diffuso malcontento dei colleghi e rischiato di incoraggiare istanze e reazioni di stampo corporativo”. I giudici sono “consci dei pericoli che potrebbero venire dall’immagine, facile e falsa, di un’associazione raffigurata come espressione di una corporazione rivendicativa, tutta volta alla difesa dei propri privilegi, immagine purtroppo sostenuta e rilanciata da più parti, in una consapevole strategia di delegittimazione“.
Concentrandosi sui temi relativi all’organizzazione e alle procedure interne alla sfera giudiziaria, il governo ha tralasciato di intervenire in aree che toccani più da vicino la vita dei cittadini. Il tema delle intercettazioni, ad esempio, “ha finito con l’assumere una centralità che risulta persino maggiore dell’attenzione dedicata ai problemi strutturali del processo e a fenomeni criminali endemici” come la mafia. Tutto questo avvienne nonostante una criminalità organizzata “diffusa ormai in ogni ambito e le forme di pesante devianza infiltrate nel settore pubblico e dell’economia“.
Sabelli ha anche lamentato la disorganicità degli interventi nella materia penale e chiesto misure per l’efficienza. Ma anche maggiore attenzione ai temi civili: “Le persistenti lacune legislative in materie delicate quali i rapporti di convivenza e il fine vita, oggetto di casi giudiziari anche drammatici, vedono il giudice affrontare ancora, da anni, un impegno difficile e solitario, a fronte di una richiesta di giustizia che viene da una società in continua evoluzione“.
La replica del Partito Democratico è affidata a Davide Ermini: “Bisogna fare attenzione a non fare confusione. Fino ad oggi né il governo né il parlamento hanno messo mano al sistema delle intercettazioni – afferma il responsabile Giustizia dei dem – per questo alcune frasi sulla ‘politica non attenta’ ci appaiono ingenerose“. “Non è stata toccata nessuna delle attuali competenze degli organi inquirenti o di quelli giudicanti. Ci siamo preoccupati solo dell’aspetto legato alla pubblicità delle intercettazioni”, ha detto ancora Ermini.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/23/giustizia-anm-da-governo-piu-attenzione-alle-intercettazioni-che-alla-mafia-strategia-di-delegittimazione-verso-i-giudici/2153974/

Questa, assieme alle altre, è la prova che il governo vuole agevolare la parte malata del paese e intralciare l'unica Istituzione che garantisce la legalità. 
Mi sembra di rivivere il deprecato periodo berlusconiano.

Infine: se adesso si sono limitati ad impedire che le intercettazioni vengano pubblicate, e mi risulta incomprensibile accettarlo, quanto tempo pensate che passerà prima che ne impediscano del tutto l'uso?

Cetta

giovedì 31 ottobre 2013

Giustizia, responsabilità civile dei magistrati: cosa ci chiede davvero l'Europa. - Claudio Forleo

Tribunale

Da anni ormai sentiamo i politici italiani, soprattutto i più vicini a Berlusconi, sostenere la necessità di mettere mano alla responsabilità civile dei magistrati, perchè "ce lo chiede l'Europa". Ieri anche Matteo Renzi è tornato sull'argomento, come già fatto alla Leopolda, chiedendo una riforma che rispetti gli "standard europei".

Ai politici conviene giocare su un equivoco, che in molti (per questioni elettorali) non chiariscono: cosa ci chiede davvero l'Europa? 
Una legge che regola la responsabilità civile dei magistrati esiste da 25 anni. E' la cosiddetta legge Vassalli, la 117 del 1988, emanata sulla scia del referendum del 1987.  Cosa prevede: chi è vittima di provvedimenti giudiziari contraddistinti da "grave violazione di legge, affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento, negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento, emissione di un provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione" ha diritto ad un risarcimento.
Da chi? Dallo Stato, il quale può rivalersi sul magistrato nel caso in cui si sia macchiato di "dolo" (detto barbaramente: l'ha fatto apposta) o"colpa grave" (negligenza). Ha diritto al risarcimento "chi ha subìto un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell'esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia". Per diniego di giustizia si intende chi è vittima di "omissioni o ritardi ingiustificati nelle sentenze o in altri provvedimenti".  "La misura della rivalsa - prosegue ancora la legge - non può superare una somma pari al terzo di una annualità dello stipendio, al netto delle trattenute fiscali, percepito dal magistrato al tempo in cui l'azione di risarcimento è proposta". 
Altro punto che è meglio chiarire: se ad esempio l'imputato viene condannato in primo grado, ma assolto in Appello, in assenza di dolo o colpa grave è molto difficile parlare di errore giudiziario. E' fisiologico che nel sistema italiano, contraddistinto da tanti (troppi?) gradi di giudizio, le prove possano essere valutate diversamente. Ed è improprio, come ha fatto Renzi alla Leopolda, partire dal caso Scaglia (assolto nella vicenda Telecom Sparkle - Fastweb) per agitare l'ennesima richiesta di riformare la giustizia e infilarci poi la questione 'responsabilità dei magistrati'.  A meno che non dimostri che i pm che lo hanno indagato, chiesto il rinvio a giudizio e la custodia cautelare, così come i vari giudici che hanno avallato quelle richieste, abbiano violato le leggi in vigore.
Renzi non è nuovo a questo genere di scivoloni in materia di giustizia. Nel 2012, a proposito del caso Mills, fece passare l'ennesima prescrizione perBerlusconi come una vittoria dell'ex Cavaliere. Sempre su B, dopo il rinvio a giudizio per la compravendita di senatori, ci ha informati che lui sapeva già tutto, perchè dall'ex premier potevamo aspettarci un comportamento del genere. Pm e giudice in una sola persona, prima ancora che il processo venga celebrato, alla faccia del presunto garantismo sbandierato su Scaglia.
Ma torniamo alla responsabilità civile dei magistrati. La Corte di Giustizia Europea ha emesso due sentenze (2006 e 2011), in cui viene affrontato l'argomento della 'responsabilità degli Stati membri dell'Unione Europea', chiamati a risarcire i danni "causati ai cittadini da manifeste violazioni del diritto comunitario da parte di un giudice". In sostanza l'Europa ci chiede di modificare la legge Vassalli, perchè 'limiterebbe' la platea di chi ha diritto a chiedere un risarcimento, non essendo oggi applicabile alle violazioni del diritto comunitario. Ma fa riferimento alla sola 'responsabilità diretta dello Stato", non dei singoli magistrati che fanno parte dell'Ordine giudiziario, un potere dello Stato.
Anche l'ultima lavata di capo (settembre 2013) arrivata dalla Commissione Europea, ci intima di modificare l'articolo in questione, altrimenti andremo incontro a sanzioni. Tanto le sentenze della Corte che l'ultimo 'avviso' della Commissione sono stati utilizzati dal Pdl come clava per attaccare sul fronte giustizia, utilizzando però argomenti che poco o nulla hanno a che fare con il merito della questione. In primo luogo, come abbiamo visto, non è vero che in base alla legge "i magistrati che sbagliano, non pagano". E se commettono reati, vengono indagati e processati (non godono di 'scudi' o immunità) Se incappano in infrazioni disciplinari, il Csm (organo di autogoverno della Magistratura) è chiamato a giudicarli.
L'equivoco cui facevamo riferimento è che l'Europa non chiede l'introduzione nel nostro ordinamento della responsabilità diretta dei magistrati. Argomento su cui invece, secondo l'Huffington Post, anche i 'renziani' starebbero discutendo. 
Nel corso degli ultimi anni, i tentativi di far approvare emendamenti che introducevano una "responsabilità diretta di fatto" sono stati numerosi.  Ma è stato proprio il Consiglio d'Europa a sostenere, nella raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati membri sui giudici n.12 del 2010, adottata il 17 novembre 2010, che "i giudici non devono essere personalmente responsabili se una decisione è riformata in tutto o in parte a seguito di impugnazione".
La legge sulla responsabilità civile dei magistrati può e deve essere migliorata (seguendo le indicazioni dell'Europa). Ha ragione Renzi quando dice di pensare "ad una cosa seria che rappresenti la garanzia migliore per il magistrato serio", ma il rischio è che, visti i precedenti, una riforma venga utilizzata dalla politica, da questa politica, per intimidire la magistratura. 
Introdurre un sistema di responsabilità diretta, offrendo all'imputato che è stato condannato la possibilità di denunciare direttamente il magistrato, creerebbe un evidente cortocircuito. Quanti potenti di turno utilizzerebbero questa arma impropria? Quanti magistrati, dopo aver visto qualche collega sepolto da denunce il più delle volte basate sul nulla, chiuderanno poi un occhio o tutti e due per evitare lo stesso trattamento? Sarebbe il caos, anzi la paralisi di una macchina già lenta. Ma forse è proprio questo quello che vogliono.