“Quest’estate ero al mare in Sicilia, e leggevo sui giornali gran polemiche sugli stipendi dei consiglieri regionali. Gli onorevoli siciliani, come li chiamano laggiù. Allora ho pensato di andare a vedere quanto guadagnano davvero governatori e consiglieri comparando le indennità con i dati relativi al benessere economico della popolazione, cioè Pil e tasso di disoccupazione. Il risultato è sconfortante”. Andrea Garnero parla dal suo ufficio di Bruxelles, è un giovane economista che ha lasciato Cuneo per girare le università europee. Ma il suo cuore è rimasto impigliato nei guai tricolori.
Su lavoce.info ha pubblicato un report sui costi della politica regionale ed emette un verdetto chiaro: gli stipendi degli amministratori sono salati mentre i risultati dell’investimento deludono. Soprattutto nel Sud. A contendersi la maglia nera le solite note: Sardegna, Sicilia, Campania, Calabria, Puglia, Molise. Terre preziose per chi riesce a salire sullo scranno, visto che i governatori meritano compensi tra i 10 e i 14 mila euro al mese (record assoluto la Sardegna con 14.644 euro, subito dietro Puglia e Sicilia) e i consiglieri viaggiano amabilmente tra i 9 e gli 11 mila euro.
Il guaio è che proprio in quelle aree il prodotto interno lordo pro capite è scarso e la disoccupazione galoppa. Come dire, costano tanto e rendono poco? “Esatto – risponde Garnero –. In controtendenza totale rispetto alle altre regioni europee, in Italia se la macchina amministrativa è più cara i risultati sul territorio sono più scarsi. Vorrei chiarire che i compensi da me indicati sono precisi con un’approssimazione cui ho dovuto cedere per l’impossibilità materiale di avere tutte le voci necessarie a stabilire il costo reale, ma la sostanza è certa: l’efficienza amministrativa è ancora un miraggio per noi”.
Perché anche dove i dati socioeconomici sono meno opachi, il prezzo da pagare resta alto. Il leghista Roberto Cota guadagna 13 mila euro al mese e deve combattere una disoccupazione del 7,6 per cento nel suo Piemonte che a Pil (28.800 euro pro capite) sta messo maluccio rispetto ai superlaboriosi di montagna come la Valle d’Aosta (30.600 euro) o la provincia autonoma di Trento (31.000 euro). Idem la collega laziale Renata Polverini, che nonostante una bella ricchezza territoriale (31.100 euro a testa, da bilanciare sempre con la saggia regola del pollo diviso in due anche quando uno resta a bocca asciutta) si prende 12 mila euro al mese, ma vede i disoccupati salire oltre il 9 per cento della popolazione attiva. La Lombardia, che batte tutti in Pil (33.900 euro) offre uno stipendio da supermanager ai suoi fedeli amministratori: 11.739 euro aRoberto Formigoni e addirittura di più, 12.523 euro, ai consiglieri regionali (vedi Nicole Minetti).
“Almeno lì le cose funzionano un po’ – sospira Garnero –, e non è un’idea sbagliata calcolare che quando uno regge bene un servizio pubblico vada pagato come se gestisse un’azienda privata. Ma ci sono anche Regioni dove gli amministratori lavorano con buoni risultati e sono foraggiati molto meno: vuol dire che si può fare”.
I meno peggio della classe sono le piccole autonomie di montagna, da Bolzano alla Valle d’Aosta, ma anche l’Emilia Romagna, la Toscana, le Marche, il Friuli. Saranno loro il modello da imitare nel federalismo che verrà? “Discorso complesso – chiude Garnero –. E soprattutto mi chiedo: se fossimo già in uno Stato federale e capitasse il default della Sardegna o della Sicilia, che succederebbe all’Italia?”. All’Italia non si sa, ma la Padania dovrebbe per forza tagliare i compensi ai suoi amministratori.
L'articolo di Andrea Garnero:
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002573.html
da Il Fatto Quotidiano del primo ottobre 2011
Su lavoce.info ha pubblicato un report sui costi della politica regionale ed emette un verdetto chiaro: gli stipendi degli amministratori sono salati mentre i risultati dell’investimento deludono. Soprattutto nel Sud. A contendersi la maglia nera le solite note: Sardegna, Sicilia, Campania, Calabria, Puglia, Molise. Terre preziose per chi riesce a salire sullo scranno, visto che i governatori meritano compensi tra i 10 e i 14 mila euro al mese (record assoluto la Sardegna con 14.644 euro, subito dietro Puglia e Sicilia) e i consiglieri viaggiano amabilmente tra i 9 e gli 11 mila euro.
Il guaio è che proprio in quelle aree il prodotto interno lordo pro capite è scarso e la disoccupazione galoppa. Come dire, costano tanto e rendono poco? “Esatto – risponde Garnero –. In controtendenza totale rispetto alle altre regioni europee, in Italia se la macchina amministrativa è più cara i risultati sul territorio sono più scarsi. Vorrei chiarire che i compensi da me indicati sono precisi con un’approssimazione cui ho dovuto cedere per l’impossibilità materiale di avere tutte le voci necessarie a stabilire il costo reale, ma la sostanza è certa: l’efficienza amministrativa è ancora un miraggio per noi”.
Perché anche dove i dati socioeconomici sono meno opachi, il prezzo da pagare resta alto. Il leghista Roberto Cota guadagna 13 mila euro al mese e deve combattere una disoccupazione del 7,6 per cento nel suo Piemonte che a Pil (28.800 euro pro capite) sta messo maluccio rispetto ai superlaboriosi di montagna come la Valle d’Aosta (30.600 euro) o la provincia autonoma di Trento (31.000 euro). Idem la collega laziale Renata Polverini, che nonostante una bella ricchezza territoriale (31.100 euro a testa, da bilanciare sempre con la saggia regola del pollo diviso in due anche quando uno resta a bocca asciutta) si prende 12 mila euro al mese, ma vede i disoccupati salire oltre il 9 per cento della popolazione attiva. La Lombardia, che batte tutti in Pil (33.900 euro) offre uno stipendio da supermanager ai suoi fedeli amministratori: 11.739 euro aRoberto Formigoni e addirittura di più, 12.523 euro, ai consiglieri regionali (vedi Nicole Minetti).
“Almeno lì le cose funzionano un po’ – sospira Garnero –, e non è un’idea sbagliata calcolare che quando uno regge bene un servizio pubblico vada pagato come se gestisse un’azienda privata. Ma ci sono anche Regioni dove gli amministratori lavorano con buoni risultati e sono foraggiati molto meno: vuol dire che si può fare”.
I meno peggio della classe sono le piccole autonomie di montagna, da Bolzano alla Valle d’Aosta, ma anche l’Emilia Romagna, la Toscana, le Marche, il Friuli. Saranno loro il modello da imitare nel federalismo che verrà? “Discorso complesso – chiude Garnero –. E soprattutto mi chiedo: se fossimo già in uno Stato federale e capitasse il default della Sardegna o della Sicilia, che succederebbe all’Italia?”. All’Italia non si sa, ma la Padania dovrebbe per forza tagliare i compensi ai suoi amministratori.
L'articolo di Andrea Garnero:
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002573.html
da Il Fatto Quotidiano del primo ottobre 2011