sabato 1 ottobre 2011

Liberiamoci di Berluskonia. di Giorgio Bocca






Un mondo tutto finto. Dove ai poveri viene fatto credere di essere ricchi e agli infelici di essere privilegiati. Dove il sogno è un consumo è senza limiti e le donne si comprano al chilo. Ora basta, no?


L'ultima di Silvio: "Io non ho mai pagato le donne". Mai pagato le donne? Forse voleva dire l'esatto contrario: che è l'uomo che ha pagato le donne più di ogni altro arrivato al potere. Con lui si è vista in Italia la prima corte di donne al governo, ha preso delle donne di scarsa o nessuna formazione intellettuale e di governo e gli ha affidato mezzi e poteri per il funzionamento dello Stato, riforme come quella della scuola o il turismo o le pari opportunità. E per la prima volta la presenza femminile al governo del paese è stata manifesta nei mezzi d'informazione: donne in tutte le cerimonie pubbliche, presentate e segnalate anche per la loro avvenenza, a cominciare dalla crocerossina ammirata dal nostro in una sfilata per una festa della Repubblica. Donne a corona attorno al capo, il petto proteso in suo onore.

Dice il nostro: "Non ho mai curato e favorito i miei interessi ma sempre quelli del paese". Che faccia di bronzo, si diceva una volta. Con Berlusconi, sotto la sua guida, esempio e incitamento, è avvenuto il mercimonio totale del bene pubblico, una folla di affaristi, commercianti, speculatori lo hanno applaudito quando diceva "sono uno di voi, sono uno del partito del fare non del parlare o del sognare". Del fare che? Lo ha detto esplicito esplicito quando ha parlato della funzione della televisione e dei suoi meriti: "Aprire gli immensi pascoli della pubblicità", sin lì limitata dalla radio e dalla televisione pubblica, offrire agli uomini del fare i mezzi per moltiplicare le loro offerte, i loro inganni, le loro contraddizioni.

Fin dalle prime trasmissioni televisive si capì dove stava il genio mercuriale del nostro: non solo fingere che l'Italia fosse improvvisamente diventata il paese dell'abbondanza, ma di un'abbondanza hollywoodiana, in technicolor, da Miami Beach, da Quinta strada. Uscivano allora le istruzioni che il nostro dava ai registi e agli autori delle sue televisioni: credersi ricchi, apparire ricchi ancora prima di diventarlo. 


La fabbrica di Berluskonia, il regno del consumo senza limiti e della felicità assoluta sotto la guida del buon sultano, avvenne con la costruzione di Canale 5, Italia 1 e Retequattro. Passando negli studios televisivi alla periferia di Milano si capiva che Silvio non solo era capace di moltiplicare i bisogni e desideri, ma anche di far credere ai poveri di essere ricchi e agli infelici di essere privilegiati. I poveri cristi noleggiati o assunti per far funzionare la produzione appena entrati nel recinto magico si trasformavano, si sentivano eleganti, spigliati, erano entrati nel prato dei miracoli, del benessere e della bontà. Qui la bonarietà naturale del nostro è diventata un'arma irresistibile di dominio.

Il capo dei capi, l'uomo dei miracoli e della provvidenza era anche buono, correva al letto degli ammalati, soccorreva gli afflitti. Esagerava un po', come nel recente messaggio alla nazione, vantando anche carità pelose o ambigue quando non malsane, come il prestito generoso a Lele Mora dipinto come uomo buono e generoso, lui che in vita sua ha sempre gestito una scuderia di attricette e attorucoli pronti a tutto pur di arrivare in tv, pronti anche a seguire il capo nei giorni delle sue demenze senili, del suo delirio d'eterna giovinezza a cui l'uomo generoso, il migliore dei buoni padri di famiglia ha sacrificato moglie e figli, in una serie televisiva simile a quelle hollywoodiane di J. R.

Silvio a parole ama le donne, le fa ricche, le corteggia, e le consiglia per la vita: "Sposatevi un miliardario". Ma non è così facile come dice lui.



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