martedì 2 ottobre 2012

Scoperto un villaggio megalitico. Stilo come Stonehenge. - Elia Fiorenza

Scoperto un villaggio megalitico. Stilo come Stonehenge

STILO (RC) - Inghiottita da una fitta vegetazione dalle parti di Ferdinandea, una sommità del gran bosco di Stilo, che fa da confine con le tre province di Reggio Calabria, Catanzaro e Vibo Valentia, dorme di un sonno millenario. Il leggendario e dimenticato “villaggio megalitico”. Un susseguirsi di “statue giganti” irregolari con simboli particolari, alcuni dei quali, forse, cuneiformi. Protetto dal suo sottobosco impenetrabile, è di fatto isolato. In pochissimi possono affermare di averlo visto. Arrivarci è un’impresa ardua. Nella stagione fredda diventa impossibile. Gli unici momenti favorevoli sono l’inizio della primavera, quando la flora non è ancora esuberante e la fine dell’estate, quando cioè il terreno è più facilmente leggibile. Non esiste una mulattiera percorribile: rovi e alberi intrecciati a mo’ di labirinto sbarrano più volte l'ascesa sul ripido versante e non è raro sentire sibilare le vipere. È un posto fuori dal tempo e non alla portata della semplice curiosità dei camminatori feriali. Ma è questo l’aspetto più affascinante, che attira l’attenzione e la curiosità. Un mondo nel mondo. E ancor più sorprendente è il fatto che queste difficoltà non hanno fermato due giovani studiosi stilesi, Mario e Alfina Tassone. L’arduità del luogo non ha impedito la scoperta a questi due esperti subacquei, di fama internazionale, appassionati di storia locale e responsabili del Diving Center “Punta Stilo” (http://www.divingcenterpuntastilo.it), istituito circa vent’anni fa nella “Città del Sole” dell’illustre frate domenicano Tommaso Campanella. Qualche voce era giunta alle loro orecchie, ma ad incuriosirli sono state proprio le misteriose geometrie visibili tramite mappe, ricerche documentali e numeriche, programmi di immagini satellitari come Google Earth. E proprio tramite questi strumenti alla mano, Mario e Alfina hanno deciso di sfidare il bosco di Stilo con il dottor Giuseppe Oliva dell’Università della Calabria e con alcuni membri dell’associazione Misteryhunters tra cui i dottori Gioia Aurelio, Gerardo Coppola e Roberto Iera, avventurandosi tra boschi di castagno, lecci e faggi e rovi spinosi per poter mirare questo tesoro nascosto, al segreto dell’incontaminato bosco a cavallo tra le Serre e l’Aspromonte. Là, in cima, c’è la testimonianza probabilmente di un’antica presenza umana: un grande villaggio di pietre forse granitiche con evidenti tracce di quarzo, perfettamente evidenti. Esattamente sono tre le località tutte consecutive che devono essere oggetto di subitanei studi approfonditi. Lì vicino poi c’è anche una piattaforma di pietra semi sepolta con impressa una figura parallelepipeda, intensamente scolpita nella roccia. Una serie di simboli, incisi nelle pietra, potrebbe avvalorare la tesi di unità e continuità riguardo l’appartenenza a popolazioni simili o con una origine comune che li hanno realizzati. I simboli sono: la spirale, il rombo o losanga, i segni a coppella, il labirinto. In tutta le aree dove si conservano i resti dei complessi in pietra in genere, secondo alcuni studiosi, il terreno possiede degli “strani poteri”, in grado di influenzare il corso della vita delle piante, degli animali e degli uomini. Come, ad esempio, la crescita rapida e abbondante dei vegetali, la fecondità accertata di uomini e animali, una sorta di benessere psico-fisico delle persone a contatto con la pietra. Di sicuro, oltre ai primi uomini del neolitico, ed ai tagliatori di pietra (come si nota da tracce visibili), questo luogo potrebbe essere stato (o lo è ancora) punto di incontro di misteriosi raggruppamenti spirituali. «Non mi sento di dare una datazione o un’attribuzione a tutto ciò - spiega Mario Tassone -, ritengo sia necessaria un’attenzione particolare al sito da parte delle Università e della Soprintendenza. Ma l’idea che nel cuore del bosco si celi da decine di secoli un villaggio megalitico mi emoziona». 

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In quella che potrebbe rivelarsi essere una grande scoperta, Mario e Alfina Tassone con alcuni studenti e ricercatori dell’Unical hanno trovato, nel sito, una struttura simile a una piramide, di notevole dimensioni e di epoca sconosciuta. La costruzione presenta una fabbricazione uniforme in pietra e malta e nel centro della medesima, quasi collocata con un preciso significato, svetta una pietra forse granitica di forma e irregolare grandezza. Certamente i primi elementi raccolti, circa la costruzione della piramide, portano a ritenere che essa sia opera dell’uomo. Nella storia in genere oltre a essere simbolo della carboneria e della massoneria, la Piramide simboleggiava una scala, mezzo di tramite per la salita verso il cielo. La base della Piramide è un quadrato, che esprime il perfezionamento. Il 4 raddoppiato diventa 8, il numero della Conoscenza. Due quadrati formano un rettangolo, o quadrolungo, simbolo dello spazio organizzato, creato e sacralizzato. La simbologia del quadrato è ricca, ed esprime il principio della progressione. È la figura geometrica della perfezione. Esso corrisponde alla terra, alla stabilità, alla sostanza, all’immutabilità. Il Mistero Divino si esprime attraverso 3 + 1 = 4 (3 è Dio, 4 il Mondo). I quattro triangoli che partono dal quadrato di base della Piramide terminano con Uno, il piramidion (la sommità), ovvero il divino. Dio è Uno nella sostanza e tre nel mondo. Il simbolo quinario è basato sull’associazione del quadrato e del suo centro (4 + 1). Il centro è piramidion. Inoltre esprime le radiazioni solari raffigurate da un fascio triangolare di raggi provenienti dal sole. La Piramide concentra quindi il calore e la luce divina, canalizzandoli verso i corpi posti in essa (l’iniziato). «Chiedendo informazioni sul luogo ci venne indicato - affermano i due scopritori - che vi è una strada che si chiama “U Triangulu” al limite delle tre province. Non solo. Nell’area vi sono tre grandi massi di pietre che lo perimetrano: Pietra Spada; Pietra del Caricatore; Pietra del Boario».
«A questo punto ci siamo resi conto che questi siti potevano avere a che fare con il sito Megalitico di Nardodipace, da lì poco distante. L’allineamento di vari siti storici e preistorici, in linee dritte attraverso la campagna fu notato per la prima volta nel XIX secolo» continuano Mario e AlfinaTassone. «Ma fu il libro di Alfred Watins The Old Straight Track, pubblicato nel 1925 che fece conoscere questo fenomeno a un pubblico più vasto. Watkins - affermano - aveva scoperto una vasta rete di allineamenti che includeva terrapieni, menhir, monumenti circolari, circoli di pietre preistorici, chiese medioevali e simili. Egli chiamò questi allineamenti, che di solito corrono per parecchie miglia, “ley”». Da qui «Watkins presenta le prove dell’esistenza di ley in molte parti dell’Inghilterra e Galles. Da allora, altri ricercatori hanno di mostrato che gli allineamenti sono identificabili in tutta la Gran Bretagna e l’Irlanda. In verità, esistono indicazioni di fenomeni analoghi in altre parti del mondo, come per esempio le famose linee di Nazca in Perù e gli allineamenti in direzione di Pueblo Alto nel Chaco Canyon in New Mexico». La scoperta adesso solleverà una serie di domande, come ad esempio quelle riguardanti il modo in cui queste enormi pietre siano state portate fino in quel luogo sperduto chi le abbia portate e lo scopo della costruzione di queste strutture che certamente poco sanno di fenomeno naturale. Inoltre, se la datazione fosse corretta, allora esso sarebbe antico quanto la civiltà neolitica? E poi perché finora nessuno dei ricercatori ha mai trovato o menzionato questa civiltà? Mario e Alfina Tassone, che continuano incessantemente i loro certosini studi, chiedono ora di trovare risposte a queste domande.


http://portale.calabriaora.it/Dettaglio.asp?id=7920

Diaz, la Cassazione: «La condotta della polizia ha screditato l'Italia in tutto il mondo».




Depositate le motivazioni della sentenza che ha decapitato gli ex vertici della polizia per le violenze durante il G8 di Genova.

Sono parole dure quelle che si leggono nella motivazione della sentenza che il 5 luglio scorso ha confermato le condanne per gli ex vertici della polizia coinvolti nell'assalto alla scuola Diaz, dove alloggiavano i no-global e dichiarato prescritti i reati di lesioni gravi nei confronti di alcuni agenti imputati durante il G8 di Genova nel 2001. La condotta violenta della polizia nell'irruzione alla scuola Diaz ha «gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero». A sottolinearlo sono i giudici della quinta sezione penale della Cassazione, nelle motivazioni della sentenza con cui. La sentenza (n. 38085) è stata depositata ed è lunga 186 pagine. Le violenze della polizia e gli immotivati arresti di massa dei no-global inerti e innocenti, hanno «gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero».
LA MACELLERIA MESSICANA - Ma non solo. La Cassazione ha sottolineato che l'irruzione alla scuola Diaz di Genova fu «un puro esercizio di violenza» da parte della polizia, «di una gravità inusitata». E ancora:. «L'assoluta gravità - si legge nella sentenza numero 38085 - sta nel fatto che le violenze, generalizzate in tutti gli ambienti della scuola, si sono scatenate contro persone all'evidenza inermi, alcune dormienti, altre già in atteggiamento di sottomissione con le mani alzate e, spesso, con la loro posizione seduta in manifesta attesa di disposizioni, così da potersi dire che s'era trattato di violenza non giustificata e punitiva, vendicativa e diretta all'umiliazione e alla sofferenza fisica e mentale delle vittime». «Tutta l'operazione si è caratterizzata per il sistematico e ingiustificato uso della forza da parte di tutti gli operatori che hanno fatto irruzione nella scuola Diaz e la mancata indicazione, per via gerarchica (da Canterini a Fournier e da questi ai capi squadra, fino agli operatori), di ordini cui attenersi»
RISCATTO DI IMMAGINE - Secondo la Cassazione poi gli arresti sono stati condotti dalla polizia per riscattare la propria immagine «L'immagine della polizia doveva essere riscattata, essendo apparsa inerte di fronte ai gravissimi fatti di devastazione e saccheggio che avevano riguardato la città di Genova, e il riscatto sarebbe dovuto avvenire mediante l'effettuazione di arresti, ovviamente dove sussistenti i presupposti di legge». Questo, secondo la ricostruzione della Cassazione, il motivo per cui si decise l'irruzione alla scuola Diaz, avvenuta nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2001.

Paradiso Tavolara: l’isola dei tesori vive sotto il mare










OLBIA. L’isola dei tesori ora non ha più segreti. La montagna di Tavolara si specchia vanitosa su uno specchio blu. Ma sotto il livello del mare c’è un universo incantato, praterie di Posidonia, distese di sabbia, gorgonie, coralli, costoni di granito. Un universo da vivere con il fiato sospeso. Ma che da oggi è un po’ meno misterioso. L’Area marina protetta ha realizzato una cartografia dettagliata tridimensionale di tutti i fondali intorno a Tavolara.
Un progetto ambizioso e di grande prestigio portato a termine grazie alla collaborazione alle strumentazioni, e ai fondi, della Conservatoria delle coste francesi, dell’Agenzia dell’acqua transalpina e della società Andromede. Il direttore dell’Area marina protetta, Augusto Navone, è riuscito nel miracolo di convincere i partner transalpini a puntare su Tavolara, all’interno del progetto Pim piccole isole del mediterraneo, per realizzare una cartografia hi-tech dei fondali. Ma l’attività di raccolta delle informazioni, andata avanti in diverse fasi, ha consentito anche di far conoscere con un’altra isola. Quella che vive sotto la pelle del mare, un serbatoio di biodiversità, di specie rare che vivono e crescono solo all’interno dell’Amp.
La cartografia fa capire quale è lo stato di salute dei fondali. Navone spiega che la situazione è buona, ma ci sono alcuni aspetti che dovranno essere rivisti. L’Amp fino a oggi ha sempre consentito alle imbarcazioni di gettare l’ancora nei fondali sabbiosi, ma i controlli non sono mai stati opprimenti. E più di qualcuno ha tradito la fiducia. Ci sono tratti di Posidonia in sofferenza. Colpa delle ancore selvagge. Per questo in futuro le aree in cui gettare l’ancora saranno indicate e fatte rispettare con molta più decisione. Vietata anche la pesca a traina, in particolare se fatta con i piombi guardiani. Le analisi dei fondali hanno portato alla luce molti rifiuti legati a questo tipo di attività.
Ma per il resto i fondali intorno a Tavolara sono un universo incantato. E grazie al lavoro portato avanti dal team di ricerca ora si conosce nei dettagli anche tutto quello che esiste oltre i 50 metri. Per ottenere le carte ad altissima definizione, che finiranno anche in un’applicazione per Iphone e Ipad, sono state utilizzate apparecchiature ad altissima tecnologia come il sonar laterale, ma c’è stata anche una attenta e continua ricerca sul campo. La tutela dell’Amp sarà ancora più efficace grazie a questo strumento fondamentale per conoscere il mondo sommerso.

Borse Gucci a spese del contribuente. - KLEINJUNG


Decadenza tardoromana dei politici italiani
I consiglieri del PdL alla Regione Lazio, pur essendo i meglio pagati del mondo, non hanno avuto remore a servirsi dei fondi stanziati per il gettito fiscale: spese per champagne, ostriche e borse firmate. E nessuno vuole ammetterlo.
L’Italia deve risparmiare e i cittadini italiani sono costretti a stringere la cinghia: più tasse e lavorare più a lungo, ma i deputati del consiglio regionale del Lazio sembrano curarsi poco di tutto ciò. Festeggiano a base di champagne e ostriche, organizzano feste in maschera ambientate nell’antica Roma, in cui si celebra, a spese dei contribuenti, Lucullo, il decadente generale romano.
“Che cosa dobbiamo pensare di una persona che guadagna 52.000 € netti al mese e poi va al supermercato a fare acquisti per 80.000 euro a spese del partito?” si chiede Pietro Senaldi del quotidiano Libero parlando di Franco Fiorito, ex capogruppo del Popolo della Libertà, presso il Consiglio Regionale del Lazio. “Pare che non ci sia alcun limite”, afferma Senaldi.
“Batman” percepiva 52.000 € al mese
Fiorito grazie a tutta una serie d’incarichi, anche di poco conto, fondi e sovvenzioni, è riuscito ad accumulare uno stipendio di 52.000 euro netti al mese, che di per sé è già uno scandalo, anche se apparentemente legalizzato. E solo perché Fiorito non ne poteva ricevere proprio più, che adesso si è dimesso da capogruppo del partito ed è diventato un caso da pubblico ministero: pare che abbia acquistato a spese del proprio partito case e automobili. Ma il politico dalla grossa stazza, a Roma conosciuto da tutti con il soprannome di “Batman”, non ha paura della prigione.
“Non ho mai preso neanche una lira del partito”, dice Fiorito. “Ho amministrato correttamente i fondi a me affidati, l’ho già dimostrato agli inquirenti, e non ho altro da aggiungere. Forse qualcuno ha commesso qualche sciocchezza, ma io no di certo”.
Nel corso dell’inchiesta è emerso che a ogni consigliere del PdL venivano messi a disposizione 100.000 euro – “per curare il rapporto tra elettori ed eletti”. In questo contesto sono saltate fuori ricevute per champagne e borse di Gucci e più della metà della spesa è stata documentata con false fatture.
Il Presidente si dice all’oscuro di tutto
La presidente della Regione Lazio, Renata Polverini che dovrebbe essere stata a conoscenza del sistema, si dice all’oscuro di tutto e ieri ha invitato i consiglieri regionali ad un azzeramento “. Se non prendiamo delle drastiche decisioni, il malumore nei confronti della politica comporterà l’impossibilità per noi di continuare a rappresentare i nostri elettori”, ha detto Polverini in Consiglio. “Invito quindi a una profonda riflessione su ciò che diremo nei prossimi giorni e su ciò che stiamo facendo.”
In ogni caso: il parlamento regionale ha deciso di dimezzare le commissioni. Ciò significa meno gettoni di presenza e meno indennità per il presidente. Ma il problema di fondo non cambia, dice Senaldi: i partiti italiani sono sommersi da una vera e propria pioggia di denaro pubblico.
“200 milioni di euro l’anno e senza alcuna documentazione!” Il giornalista è sconcertato. “E ‘chiaro che poi uno va al ristorante con l’amica. Ci sono fondi versati a persone che non hanno alcun compito; e li devi spendere, altrimenti non arriva più nulla.”
Le Regioni italiane corrispondono ai Länder tedeschi, ma hanno molte meno competenze. I consiglieri regionali e i deputati italiani, oltre ai fondi a copertura delle spese per lo champagne e i festini del partito, percepiscono stipendi da fare invidia alla cancelliera tedesca. Forse Angela Merkel si ricorderà di tutto ciò quando dovrà decidere la prossima volta, in materia di aiuti per i paesi indebitati nella zona Euro.

Regione Lazio, in carcere "Batman" Fiorito Il Gip: «Fatture nel tritacarte e nel cestino».


«Avrebbe potuto scappare all'estero: domiciliari non idonei» L'arrestato: «In cella ci sarà gente meglio di quelli del Pdl»

Gli uomini del nucleo valutario hanno arrestato per ordine della procura di Roma l'ex capogruppo Pdl alla Regione Lazio Franco Fiorito accusato di peculato per aver utilizzato fondi del partito a fini personali. Nell'ordinanza si evidenzia il pericolo di fuga e l'inquinamento probatorio. Sono in corso perquisizioni nelle sue abitazioni. Un «depistaggio mediatico» nei confronti di avversari e persone coinvolte nella vicenda, sarebbe stato messo in atto, secondo l'accusa, da Franco Fiorito. Il convincimento è espresso nel provvedimento cautelare del gip Stefano Aprile.
FATTURE NEL TRITACARTE - «Frammenti di fatture destinate al gruppo consiliare del Pdl sono stati ritrovati nel tritacarte e nella pattumiera dell'abitazione di Fiorito» scrive il Gip nell'ordinanza. Dunque Fiorito, che disponeva «liberamente della documentazione che custodiva», avrebbe di fatto manipolato o distrutto parte della stessa. La documentazione, si legge nell'ordinanza di custodia cautelare, ha come oggetto «cravatte di seta, sciarpe in lana-seta e portadocumenti in pelle».
NON PRONTAMENTE REPERIBILE - Sempre il Gip contesta a Fiorito «di non essere stato prontamente reperibile in occasione della perquisizione del 14 settembre scorso». Quel giorno, è scritto nel provvedimento, «la Guardia di Finanza non ha trovato la documentazione sottratta al gruppo Pdl della Regione, che invece lo stesso ex capogruppo ha consegnato cinque giorni dopo». Secondo il giudice, l'ex capogruppo del Pdl ha utilizzato, in particolare, alcune fatture per «formare dossier riguardanti i suoi più diretti avversari politici nell'ambito del Gruppo consiliare e consegnarli agli organi di informazione».
«POTEVA FUGGIRE ALL'ESTERO»- E Fiorito avrebbe potuto fuggire all'estero: il Gip ne è convinto: «Come emerso dall'esito delle indagini compiute - si legge nel documento - Fiorito dispone di tre immobili a Tenerife e lì è anche titolare di cinque conti correnti. L'indagato può avvalersi di una grande imbarcazione e ha in corso di acquisizione un immobile a Mentone (Francia). Tali circostanze rendono concreto il pericolo che, con l'evolversi delle indagini e disponendo l'indagato di ingenti risorse economiche, possa darsi alla fuga».
DOMICILIARI NON IDONEI - Anche per questo motivo la misura dei domiciliari, per Fiorito, «non è idonea». Ma soprattutto non garantirebbe che « l’indagato non approfitti dei sostanziali margini di libertà per proseguire, anche trasgredendo la prescrizioni fondamentali, la sua illecita attività o comunque per non disperdere i contatti necessari per poterla riprendere in tempi migliori». In casa, infatti, avrebbe disposizione "tutti gli strumenti tecnologici necessari" a tal fine.
Scandalo Lazio, il sorriso di FioritoScandalo Lazio, il sorriso di Fiorito     Scandalo Lazio, il sorriso di Fiorito     Scandalo Lazio, il sorriso di Fiorito     Scandalo Lazio, il sorriso di Fiorito     Scandalo Lazio, il sorriso di Fiorito
L'ORDINANZA - Nell'ordinanza del gip di Roma si spiega che sono 193 i bonifici, per 1,380 milioni di euro, finiti sui conti di Fiorito. La somma, per i pm, è stata sottratta dal conto del gruppo Pdl. Complessivamente Fiorito ha movimentato, in due anni, 6 milioni di euro. Non corrisponde poi al vero che Fiorito avesse diritto a triplicare la propria disponibilità di fondi in base al cumulo delle cariche. Lo hanno accertato i pm dopo avere esaminato i regolamenti regionali. In virtù di questa cumulabilità Fiorito percepiva 300mila euro l'anno, oltre lo stipendio, perchè capogruppo e presidente commissione.
LE AUTO - L'ordinanza contiene anche una raccolta delle stravaganze di Fiorito. Ci sono infatti anche un caldaia per la villa al Circeo e un Suv acquistato durante l'emergenza neve a Roma tra le spese effettuate da Fiorito con i fondi del gruppo Pdl. Fiorito, come detto, avrebbe acquistato anche una caldaia per la villa al Circeo. Pm e Guardia di Finanza hanno accertato che Fiorito ha acquistato il 13 febbraio scorso (nei giorni in cui Roma era alla prese con una storica nevicata) un 4x4 per un valore di 35 mila euro. Gli inquirenti poi definiscono come «vendita singolare» anche il passaggio del suv Bmw e di una Smart dal gruppo Pdl alla Regione Lazio. Un'operazione in cui l'ex capogruppo risulta sia venditore che acquirente. Le due autovetture furono comprate proprio da Fiorito quando era capogruppo. Per la procura, tale compravendita appare anomala. Su queste due auto gli esperti nominati dal partito per la gestione del passaggio di consegne tra Fiorito e Battistoni hanno annunciato l'avvio di una azione giudiziale per la restituzione dei due mezzi.
«SONO INNOCENTE» - «Urlo forte la mia innocenza». Queste le prime parole di Fiorito dopo l'arresto al telefono con l'Ansa. «Su cosa punterò per difendermi? Sulla verita», dice spiegando di essere in attesa della formalizzazione dell'arresto. «Mi devono prendere le impronte digitali e poi fare la foto segnaletica», ha concluso Fiorito. «Non ho paura del carcere sono un uomo forte e mi sento innocente, sono certo che verrà dimostrato. E poi in carcere non credo che troverò gente peggiore di quella che ho frequentato in regione e nel partito. Anzi». «L'ordinanza - aggiunge Fiorito - si basa su un ipotetico pericolo di fuga e sul fatto che essendo ancora consigliere e presidente della Commissione bilancio potrei reiterare il reato: ma Consiglio e Commissione sono ufficialmente sciolto. Di certo non mi aspettavo di essere arrestato, e non credo che sia giusto», ha concluso Fiorito.
LA DIFESA - Dura invece la reazione del difensore dell'arrestato, Carlo Taormina: «Al di la di quelle che sono le pressioni mediatiche che reclamano che il capro espiatorio paghi per tutto. Accanto a Fiorito mancano 70 consiglieri. Il peculato non è pertinente, quei soldi entrano nelle casse del gruppo che è espressione del partito quindi equiparato a un'associazione privata. Al massimo si può discutere di un'appropriazione indebita». Fiorito potrebbe essere interrogato dal giudice già domani. «Faremo le nostre rimostranze nelle sedi opportune», dice Taormina, annunciando così il ricorso al tribunale del riesame contro il provvedimento di arresto del suo assistito.

Strage di Stazzema, in Italia finì con 8 ergastoli. Il pm: “Sono stupito, c’erano rei confessi”.


Strage di Stazzema, in Italia finì con 8 ergastoli. Il pm: “Sono stupito, c’erano rei confessi”


L'inchiesta della Procura militare di La Spezia era iniziata dopo il ritrovamento dell'armadio "della vergogna". Il magistrato che ha coordinato l'inchiesta: "C'erano prove e ammissioni". I condannati non furono mai arrestati perché la Germania non ha mai concesso l'estradizione.

C’erano anche documenti sul massacro di Sant’Anna tra quelli trovati nel 1994 nell’armadio della vergogna. E qui dentro una sorta di istruttoria sulla strage. Da lì partì l’inchiesta della Procura militare di La Spezia. A distanza di poco meno di sessant’anni iniziò il processo agli ufficiali che dell’eccidio furono ritenuti i responsabili perché dettero l’ordine di scatenare quell’inferno. Si rinunciò a cercare tutti gli esecutori materiali: tutti coloro che con la divisa delle Reichsfuehrer SS circondarono il piccolo paese dell’Appennino toscano trucidando 560 tra anziani, donne e bambini. Si rinunciò perché gli imputati sarebbero stati centinaia. Alla fine del processo di primo grado furono condannati all’ergastolo 10 tra ex ufficiali e sottufficiali tedeschi, in Cassazione ne furono confermati 8 (cioè quelli ancora in vita). Ma non furono mai estradati, la Germania ha sempre respinto le richieste.L’unica speranza sarebbe stata la pronuncia di un tribunale tedesco, ma la Procura di Stoccarda ha archiviato.
Ma come si arrivò al processo italiano? E’ l’estate del 1994: il procuratore militare di Roma, Antonino Intelisano, sta cercando documentazione su Erich Priebke e Karl Hass, entrambi organizzatori dell’eccidio alle Fosse Ardeatine. Invece in un armadio rivolto verso il muro trova 695 fascicoli e un registro con 2274 notizie di reato: riguardano crimini di guerra compiuti durante l’occupazione nazifascista in Italia. Tra questi anche le più efferate stragi nei confronti di civili: ferite mai rimarginate che riguardano le Fosse Ardeatine, la strage di Marzabotto, di Lero, Korica, Scarpanto, quella del duomo di San Miniato (in provincia di Pisa). E poi il massacro di Sant’Anna di Stazzema. E’ tutto materiale istruttorio raccolto dalla magistratura su incarico del governo. Secondo diverse inchieste, una interna alla magistratura e una della commissione Giustizia, ci furono presumibilmente pressioni della politica: niente processi ai tedeschi, per ragion di Stato. Le prove non ci furono mai.
Nel 2004, dunque, il giudice delle udienze preliminari accolse la richiesta di rinvio a giudizio per i tre ufficiali SS accusati di essere gli esecutori dell’eccidio. Tra i militari tedeschi accusati: Gerhard Sommer, oggi 91enne, comandante la settima compagnia del II battaglione del 35esimo reggimento Grenadieren, facente parte della 16esima SS-Panzergrenadier-Division Reichsführer SS; e gli ufficiali Alfred Schonber e Ludwig Sonntag. Il 22 giugno 2005, dieci ex ufficiali e sottufficiali tedeschi vennero condannati all’ergastolo per il massacro (questa la sentenza). Al momento della sentenza i dieci erano tutti ultraottantenni.
Alla fine del 2007 vennero confermati dalla Corte di Cassazione gli ergastoli all’ufficiale Gerhard Sommer e ai sottufficiali nazisti Georg Rauch e Karl Gropler. La sentenza conferma che l’eccidio è stato un atto terroristico premeditato. Fu una strage ”prevalentemente di anziani, donne e bambini”. In tutto 560: i ragazzi e bambini furono 116, il più piccolo aveva solo 20 giorni.
Otto i condannati definitivi all’ergastolo ancora in vita - Werner Bruss, Alfred ConcinaLudwig GoringKarl Gropler, Georg Rauch, Horst RichterHeinrich Schendel e Gerhard Sommer - per i quali la magistratura militare italiana ha inutilmente chiesto l’arresto. Per questi 8 condannati (ed altri sette, coinvolti in altre stragi in Italia) c’è stato infatti un rifiuto di estradizione da parte della magistratura tedesca, a fronte del quale i pm militari hanno inoltrato al ministero della giustizia italiano una richiesta di esecuzione della pena in Germania, il cui esito non si conosce. Non è noto, cioè, se vi sia stato un rifiuto da parte della Germania o se l’istanza non sia mai stata inoltrata dalle autorità italiane.
L’eccidio, stando agli atti giudiziari, venne compiuto “nell’ambito di un’ampia operazione di rastrellamento e annientamento pianificata e condotta contro i partigiani e la popolazione civile”, sterminata “senza necessità e senza giustificato motivo”, “con crudeltà e premeditazione” pur non avendo preso parte a nessuna operazione militare.
Tra gli episodi più cruenti quello compiuto alla Vaccareccia, una località dove cento persone vennero riunite in tre stalle e in un cortile e uccise con bombe a mano, mitragliatrici e fucili, e quello avvenuto davanti alla chiesa di Sant’Anna di Stazzema, dove più di cento persone che erano state prelevate dalle case circostanti vennero lì riunite e ammazzate a colpi di mitra. I corpi, poi, furono bruciati. Un numero imprecisato di civili venne poi trucidato in altre località della zona: alcuni dopo essere stati riuniti in una stanza, altri dopo essere stati condotti in un fosso, altri ancora dopo essere stati allineati contro il muro di una casa oppure per strada.
Il procuratore militare di Roma Marco De Paolis, che istruì il processo ai dieci ex militari tedeschi, è “stupito” per la decisione della magistratura di Stoccarda di archiviare. De Paolis non conosce il provvedimento tedesco e dunque non vuole commentare: si limita “a due osservazioni”. “La prima – spiega all’Ansa - riguarda la solidità dell’impianto accusatorio, visto che la sentenza di condanna di primo grado è stata confermata integralmente dalla Corte militare d’appello e poi dalla Cassazione”. La seconda osservazione del procuratore militare, invece, ha a che fare con chi sostiene che l’archiviazione tedesca sia dovuta al fatto che non è stato possibile dimostrare la responsabilità individuale degli indagati nell’eccidio: “A questo riguardo osservo solo – afferma De Paolis – che alle condanne si è giunti non solo sulla base di precise prove documentali e testimoniali (queste sono una parte delle deposizioni), ma ci sono stati alcuni imputati rei confessi, non solo con i magistrati, ma addirittura con i giornalisti. Da questo punto di vista non riesco a capire un integrale provvedimento di archiviazione, a meno che non si tratti di persone diverse da quelle da noi condannate, cosa che però non risulta”.