domenica 9 giugno 2013

Consiglio d’Europa, da Dell’Utri a Ciarrapico i trombati restano a Strasburgo. - Sara Nicoli

Dell'Utri, Ciarrapico, Farina e gli altri I trombati restano in Consiglio d'Europa


I componenti della delegazione sarebbero dovuti cambiare dopo le elezioni, ma i partiti non hanno mandato agli uffici competenti i nomi dei propri candidati. E così l'Italia è rappresentata (anche) da condannati e inquisiti bocciati alle urne o neanche candidati.

Democrazia pluralista, rispetto dei diritti umani e preminenza del diritto. Sono le tre architravi su cui poggia il lavoro del Consiglio d’Europa, un organismo da non confondere con il Consiglio europeo, fondato nel 1949 col Trattato di Londra. Ne fanno parte i 47 principali Paesi sviluppati del mondo che ogni quattro anni inviano le loro delegazioni nella sede dell’organismo a Strasburgo proprio per parlare dei massimi sistemi della politica, della cultura e del progresso del mondo.
A tenere alto il vessillo dell’Italia in questo delicato compito ci sono ben 40 ‘personalità’ di indubbio prestigio: Giuseppe Ciarrapico (in quota Pdl), Vladimiro Crisafulli (Pd), Marcello Dell’Utri (Pdl), Renato Farina(Pdl), Gennaro Malgieri (ex Fli), Giuseppe Valentino (uomo di fiducia di Berlusconi), Italo Bocchino (ex Fli) e persino Giacomo Stucchi (Lega), neopresidente del Copasir. Nomi che spiccano all’interno di una lista di una quarantina di componenti (visibile sul sito di Camera e Senato) declinati anche in virtù del ruolo; c’è un presidente (Luigi Vitali del Pdl), due vicepresidenti e due segretari.
L’intera delegazione (18 componenti effettivi e 18 supplenti) è seguita costantemente da appositi uffici istituzionali con sede sia alla Camera che al Senato, dove sono presenti un segretario di delegazione, due documentaristi e due assistenti. Che hanno un costo che ricade sui bilanci delle Camere, al capitolo “spese per attività interparlamentari e internazionali”. Solo a Montecitorio questa voce pesa per 1 milione e 965mila euro, ma non tutta la cifra è ascrivibile alla nostra partecipazione al Consiglio d’Europa e alle sue necessità. Il costo, però, c’è.
Inoltre, tra i poteri dell’assemblea del Consiglio, c’è quello di eleggere i giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo e il Commissario per i diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa. Nomine delicate e pesanti sul fronte internazionale. Delegate, per conto dell’Italia, proprio a Dell’Utri, Farina, Crisafulli. Ecco, questi signori e gli altri componenti della delegazione italiana, alcuni com’è noto non più parlamentari e pluri inquisiti, dovevano essere sostituiti all’inizio della legislatura dai presidenti delle Camere, su ‘suggerimento’ dei nuovi partiti eletti a febbraio.
Il problema è che, a oltre tre mesi dalle elezioni, non si ha alcuna notizia circa il cambio della guardia. A Strasburgo continuano a rappresentarci loro su questioni legate anche a ogni forma di intolleranza e la valorizzazione dell’identità culturale europea. Si sorride, poi, pensando che le lingue ufficiali del parlamentino di Strasburgo sono solo l’inglese e il francese e la mente vola subito all’immagine di Giuseppe Ciarrapico e al suo leggendario eloquio. Come mai tanto ritardo sulla sostituzione della delegazione europea? La colpa, invero, non è dei presidenti delle Camere, ma dei partiti. Che non hanno provveduto ancora a mandare agli uffici competenti i nomi dei propri (nuovi) candidati. Il perché, in alcuni casi, è facilmente intuibile; a chi è uscito dal Parlamento, restare almeno componente del Consiglio d’Europa è uno strapuntino che si tenta di preservargli fino all’ultimo. Ecco perché in special modo il Pdl è stato più volte sollecitato a proporre i nuovi, ma l’appello è caduto nel vuoto.

Eh, eh.....



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sabato 8 giugno 2013

Noam Chomsky: Il segreto di Ronald Reagan, guerre genocide.


Reagan condusse un assalto omicida sul Centro America. 
La festa della mamma, 12 maggio, il Boston Globe ha pubblicato la foto di una giovane donna con il suo bambino addormentato tra le braccia.
La donna, di origini Maya, aveva attraversato il confine degli Stati Uniti per sette volte durante la gravidanza, ma era stata catturata e spedita indietro attraverso il confine sei volte su sette di questi tentativi. Ha sfidato molte miglia, sopportando giornate straordinariamente calde e notti gelide, senza acqua e riparo, in mezzo a uomini armati di roaming. L'ultima volta che ha attraversato, a sette mesi di gravidanza, è stata salvata dalla solidarietà di attivisti dell'immigrazione che l'hanno aiutata a trovare la strada per Boston.
La maggior parte dei frontalieri provengono dal Centro America. Molti dicono che avrebbero preferito essere a casa, se la possibilità di sopravvivenza decente non fosse stata distrutta. I Maya come questa giovane madre stanno ancora fuggendo dalle macerie dell'assalto genocida di 30 anni fa contro la popolazione indigena degli altopiani del Guatemala.
L'autore principale, il generale Efrain Rios Montt, l'ex dittatore che governò Guatemala durante due degli anni più sanguinosi della pluridecennale guerra civile del paese, è stato condannato da un tribunale guatemalteco di genocidio e crimini contro l'umanità, il 10 maggio.
Poi, 10 giorni dopo, il caso è stato rovesciato in circostanze sospette. Non è chiaro se il processo continuerà.
Le forze di Rios Montt hanno ucciso decine di migliaia di guatemaltechi, soprattutto Maya, nel solo anno 1982.
Quando la sanguinosa carneficina terminò, il presidente Reagan assicurò alla nazione che  Rios Montt era "un uomo di grande integrità personale e di impegno, che ciò che si vociferava su di lui erano solo chiacchiere inventate delle organizzazioni per i diritti umani e che , invece, lui vuole migliorare la qualità della vita dei tutti i guatemaltechi e di promuovere la giustizia sociale. Pertanto - il presidente ha continuato - La mia amministrazione farà tutto il possibile per sostenere i suoi sforzi progressivi ".
Ampia evidenza di "sforzi progressivi" di Rios Montt era a disposizione di Washington, non solo dalle organizzazioni per i diritti, ma anche dai servizi segreti americani.
Ma la verità era sgradito. Interferiva con gli obiettivi fissati dal team di sicurezza nazionale di Reagan nel 1981. Come riportato dal giornalista Robert Parry, lavorando da un documento che ha scoperto nella Biblioteca Reagan, l'obiettivo della squadra è stato quello di fornire un aiuto militare al regime di destra in Guatemala, al fine di sterminare non solo i "guerriglieri marxisti", ma anche il loro "civile meccanismi di sostegno "- il che significa, di fatto, il genocidio.
Il compito è stato svolto con dedizione. Reagan mandò apparecchiature "non letali" per gli assassini, compresi gli elicotteri della Bell che sono stati immediatamente armati e inviati in missione di morte e distruzione.
Ma il metodo più efficace è stato quello di arruolare una rete di Stati clienti di prendere in consegna il compito, tra cui Taiwan e Corea del Sud, ancora sotto dittature sostenute, così come l'apartheid in Sud Africa e le dittature argentine e cilene.
In prima linea era Israele, che è diventato il principale fornitore di armi al Guatemala. Ha fornito istruttori per il killer e ha partecipato a operazioni di controinsurrezione.
Lo sfondo porta ribadire. Nel 1954, un CIA-run colpo di stato militare finì un interludio democratico di 10 anni in Guatemala - "gli anni di primavera", come sono conosciuti lì - e restaurato una élite al potere selvaggio.
Nel 1990, le organizzazioni internazionali che effettuano indagini in combattimenti hanno riferito che dal 1954 circa 200.000 persone erano state uccise in Guatemala, l'80 per cento dei quali erano indigeni. Gli assassini erano per lo più dalle forze di sicurezza e paramilitari guatemaltechi strettamente legati.
Le atrocità sono state effettuate con il vigoroso sostegno e la partecipazione degli Stati Uniti. Tra i pretesti standard di Guerra Fredda fu che il Guatemala è stato un russo "testa di ponte" in America Latina.
Le vere ragioni, ampiamente documentata, sono di serie anche: preoccupazione per gli interessi degli investitori degli Stati Uniti e la paura che un esperimento democratico che abilita la maggioranza dei contadini duramente repressa "potrebbe essere un virus" che avrebbe "diffuso contagio", in una frase riflessivo di Henry Kissinger, riferendosi al di Salvador Allende democratica socialista Chile.
(La Traduzione è di Google, la foto della donna con bambino è generica)

Leggi anche:
http://xsona.wordpress.com/2010/05/13/la-lotta-delle-donne-maya/

Inchiesta sulle multe cancellate a 255 tra politici e notabili. - Giulio De Santis

Arrestati due funzionari dell'Ufficio contravvenzioni. Migliaia di verbali distrutti. Nella lista dei beneficiati anche carabinieri e agenti dei servizi.

Una ex deputata dell'opposizione durante il precedente governo dei tecnici. Un consigliere municipale capitolino del Pdl. E poi, una sindacalista della Cgil, una concorrente del Grande Fratello. E anche un primario del Policlinico Umberto I e un ex assessore del Comune di Frosinone. Un Cavaliere della Repubblica ordinato nel 2008. Sono alcune delle persone inserite in una «sezione speciale» di cittadini - creata nell'Ufficio contravvenzioni del Comune di Roma - a cui sono state stracciate o annullate, senza un'apparente giustificazione, le multe prese nel 2011 per violazione del codice della strada.
I loro nomi sono nella lista acquisita dalla Procura, che indaga sulla distruzione di migliaia di verbali, molti dei quali riconducibili a deputati e senatori, funzionari di polizia, carabinieri, agenti dei servizi segreti.
Dall'elenco dei 255 «graziati», però, agli atti dell'inchiesta ne mancano molti: per 160 di loro è scattato un provvidenziale (quanto tempestivo) omissis . In questo gruppo di privilegiati - alleggeriti dall'onore di dover pagare multe spesso assai «salate» - compaiono pure cittadini privati che non ricoprono alcun ruolo istituzionale: è il caso degli imprenditori Paolo e Silvio Bernabei, a cui sono state cancellate oltre mille contravvenzioni a partire dal 2005.

Ed è proprio la scoperta della scomparsa delle multe dei Bernabei che ha dato il via all'inchiesta per la quale sono stati arrestati due funzionari dell'ufficio contravvenzioni, Angelo Vitali e Tiziana Diamanti, accusati di falso ideologico mediante soppressione di atti pubblici. La ragione che li ha spinti a cancellare migliaia di ricorsi e verbali non è ancora stata chiarita. Interrogato in carcere, Vitali ha detto che tutto è stato causato da un malinteso tra lui e la collega. «Le ho detto di "buttare" il cartaceo da una parte. Lei ha inteso le mie parole alla lettera e ha cestinato la documentazione», ha detto al pubblico ministero Laura Condemi. Una versione che non ha convinto affatto il magistrato. Anzi. Il pm è sicuro che dietro a quello che appare come un vero e proprio «mercato» delle multe si nascondano episodi molti gravi, da approfondire.
Mazzette? Favori? Il sospetto della Procura appare più che giustificato: tuttavia, al momento non è stata ancora trovata la prova del pagamento di nessuna mazzetta. Un «vuoto» che ha fatto balenare nella mente degli inquirenti un ulteriore sospetto: la cancellazione dei verbali sarebbe la conseguenza di una direttiva imposta dall'alto per privilegiare - senza alcuna distinzione particolare - una determinata categoria di persone, di «potenti».
Un'ipotesi diventata più concreta dopo la confessione della Diamanti, difesa dall'avvocato Claudio De Amicis: «Mi era stato dato l'ordine di cominciare a cancellare anche le multe dei gruppi consiliari della Regione e del Comune», ha detto.
A denunciare la scomparsa di migliaia di verbali è stato Pasquale Pelusi, direttore del dipartimento Risorse economiche dell'ufficio, insospettito per primo dalle strane e reiterare manovre nelle sue stanze. La cancellazione delle multe per motivi di servizio è corretta ma, come ha sottolineato Pelusi durante un colloquio riservato con un collega depositato agli atti, «qualcuno l'ha travisata e l'ha utilizzata per metterci dentro altro. A punto basta!», era sbottato prima che esplodesse il caso. Nell'inchiesta è coinvolto anche il funzionario Enrico Riccardi. Ma l'avvocato Antonio Paparo è sicuro: «Lui non c'entra nulla. Mi auguro di ottenere presto l'archiviazione».

giovedì 6 giugno 2013

Cucchi, condannati i medici. Agenti assolti. I familiari: ''Ce lo hanno ucciso due volte''.



Roma - (Adnkronos) - Assolti anche gli infermieri. La sorella Ilaria: ''Mio fratello è morto di ingiustizia''. La decisione della Corte dopo 7 ore e mezza di Camera di Consiglio. Le urla in aula: "Assassini. Vergogna, vergogna". La mamma di Aldrovandi: ''Oltraggio alla giustizia''. Il dispositivo della sentenza. Stefano morì nell'ottobre del 2009 a una settimana dal suo arresto.

Roma, 5 giu. (Adnkronos) - La terza Corte d'Assise di Roma, presieduta da Evelina Canale, ha condannato sei medici e assolto gli agenti e gli infermieri per la morte di Stefano Cucchi, il ragazzo romano di 31 anni morto nell'ottobre del 2009 a una settimana dal suo arresto.

"Me lo hanno ucciso un'altra volta... sono stati tutti assolti...", ha dichiarato Rita Calore, la madre di Stefano. "Sono stati tutti assolti - ha ripetuto - non esiste, è una sentenza inaccettabile, proseguiremo la strada intrapresa".
Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ha commentato: ''Mio fratello è morto di ingiustizia. I medici dovranno fare i conti con la loro coscienza, mio fratello non sarebbe morto senza quel pestaggio".
La condanna a due anni di reclusione è stata inflitta al primario dell'ospedale Sandro Pertini Aldo Fierro, l'ospedale in cui Cucchi fu ricoverato e poi morì. La corte ha derubricato per lui e per gli altri condannati l'accusa di abbandono di persona incapace mutandola in omicidio colposo.
Oltre a Fierro a un anno e quattro mesi di reclusione sono stati condannati i medici Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi Preide De Marchis e Silvia Di Carlo. A un altro medico, che era responsabile del reparto di ricovero Rosaria Caponetti la Corte ha inflitto per l'accusa di falso otto mesi di reclusione. Per tutti i condannati è stata disposta la sospensione condizionale della pena.
Gli assolti secondo quanto dispone l'articolo 530 del Codice penale sono le guardie carcerarie Nicola Menichini, Corrado Santantonio e Antonio Dominici che erano accusati di lesioni personali. Sono stati assolti infine sempre con la stessa formula i tre infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe.
Per pronunciare la sentenza la Corte è rimasta riunita in camera di consiglio per 7 ore e mezza ma il verdetto non è stato accolto bene. Un pubblico composto da una cinquantina di persone ha reagito al giudizio con urla, e con frasi di "Vergogna, vergogna questa non è giustizia, assassini".
L'avvocato Fabio Anselmo costituito parte civile per conto della famiglia Cucchi ha commentato la sentenza dicendo: "Lo Stato non ha risposto. Non critico la Corte. Dico solo che non sono stati individuati gli autori del pestaggio... è un fallimento".
Soddisfatto invece Corrado Oliviero, avvocato difensore degli agenti di custodia. "Dopo più di tre anni - ha sottolineato - è stata restituito ai tre agenti di polizia penitenziaria l'onore che una stampa sempre pronta ai 'desiderata' della famiglia Cucchi aveva profondamente offeso". ''Dalle carte processuali - ha aggiunto - era di tutta evidenza che Cucchi era arrivato nella cella del tribunale già pestato e impossibilitato a camminare''. ''Giustizia è finalmente fatta", ha concluso.
Per Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, l'assoluzione dei poliziotti penitenziari conferma che ''la Polizia Penitenziaria ha lavorato come sempre nel pieno rispetto delle leggi, con professionalità e senso del dovere".
Perplesso invece l'Ordine dei medici. "Sulle base delle poche informazioni di cui disponiamo possiamo dire che la sentenza della Corte d'assise sul caso Cucchi ci lascia perplessi. Molto", afferma all'Adnkronos Salute il presidente della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo), Amedeo Bianco. "Mi sembra - aggiunge - che il cerino sia rimasto in mano ai soliti noti".
Il senatore Carlo Giovanardi, esponente del Pdl, commenta così all'Adnkronos la sentenza: "Il tempo è galantuomo e fa giustizia del linciaggio mediatico a cui sono stati sottoposti gli agenti di custodia, sulla base di pregiudiziali ideologiche".

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Cucchi-condannati-i-medici-Agenti-assolti-I-familiari-Ce-lo-hanno-ucciso-due-volte_32264394662.html

mercoledì 5 giugno 2013

Camilleri: “La Costituzione? Mandata in vacca. Il Paese è in mano ai ricattatori”. - Silvia Truzzi



Andrea Camilleri: “Dal Colle un'invasione di campo non da repubblica parlamentare. Berlusconi, Marchionne, fino ai Riva: siamo un paese nelle mani di ricattatori”. 


La signora Rosetta apre la porta di casa sorridente. Un filo di fumo ci guida da Andrea Camilleri, al lavoro nel suo studio: è appena uscito "Come la penso, autobiografia in forma di saggi e racconti" (Chiarelettere). E da Sellerio il nuovo Montalbano, "Un covo di vipere". Nuovo, ultimo no. “Quando mai! L’ultimo Montalbano l’ho già scritto, quando ho compiuto ottant’anni: posso dire che il commissario non muore. E che non sposa Livia, non è tipo da matrimonio Salvo Montalbano”. Lui no, ma Andrea Camilleri sì: quest’anno fanno 56 anniversari di nozze. “Ci vuole tanta voglia di stare assieme. E tanta pazienza”. “Ma il commissario è diventato un fedifrago cronico”, proviamo a protestare. “È perché i maschi quando sentono arrivare la vecchiezza diventano di una fragilità sentimentale incredibile. Quando l’ho detto a mia moglie, mi ha risposto: Spero che non sia autobiografico, Andrea”.

In "Come la penso" tratteggia una sorta di ritratto “genetico” dell’italiano: impietoso. C’è un modo di pensare, nell’italiano, che è ancora fascista: piace la prevaricazione, la sopraffazione. È un virus mutante, come quello dell’influenza. Si fa il vaccino e già il virus è cambiato. Noi italiani, è sgradevole dirlo, non amiamo i politici che ragionano e agiscono onestamente. Ferruccio Parri, un uomo mite, onesto, era appena stato nominato presidente del Consiglio e già tutta l’Italia lo chiama “Fessuccio”. Non piacciono, all’italiano, le persone dimesse: bello il luccicore delle divise, bella la parola tonante. Berlusconi no, non è un fascista. Ma ha un modo di proporsi, da gerarca, che piace molto perché è speculare a una certa mentalità italiana. I giudici scrivono: “Anche da presidente del Consiglio gestì una colossale evasione fiscale”. In un Paese normale, questo avrebbe annullato Berlusconi; in Italia gli fa guadagnare voti.

Che dice delle ragazze? Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Credo che anche queste storie destino l’ammirazione di tanti maschi italiani, e pure di tante femminelle che vorrebbero essere “olgettinizzate”: mettiamo sul mercato questo verbo. Tu ti porti a casa una ragazza, due, tre. E puoi passare inosservato. Ma lui se ne porta a casa trenta perché non vuole affatto passare inosservato: è scioccamente esibizionista.

Su MicroMega lei ha sostenuto l’ineleggibilità di Berlusconi. I suoi cosiddetti avversari dicono: “Preferiamolo batterlo politicamente”. Solo che non ci sono mai riusciti. E dire questo, batterlo politicamente piuttosto che per vie giudiziarie, è sottilmente pericoloso. I processi se ne vanno per i fatti loro e non si tratta di battere Berlusconi, si tratta di giudicarlo per i reati che ha commesso o non commesso. Dire: preferisco sconfiggerlo politicamente, significa opzionare che la giustizia sia alleata dei politici. L’unica via che hanno è quella di ricorrere a questa legge.

Come fanno a far valere l’ineleggibilità? Il Pdl sta al governo con il Pd…Io non faccio parte del Pd: se la vedano loro, che si sono consegnati mani e piedi a Berlusconi. Secondo me andrebbe rispettata la legge.

Cadrebbe il governo. Non so se a Berlusconi converrebbe far cadere il governo, l’Italia è in una situazione difficilissima. Ma me lo faccia dire: come cittadino sono stanco dei ricatti. L’Italia è diventata un Paese che vive di ricatti. E non riguarda solo Berlusconi. Il ricatto lo fa Marchionne, lo fanno i Riva a Taranto. Ormai siamo condizionati dai ricattatori.

Lei ha la stessa età del presidente Napolitano. Sì, siamo del ‘25 tutti e due: la rielezione non era cosa. Aveva fatto bene quando aveva detto “Me ne vado e buona sera”. Il secondo mandato è stato un errore, sia per chi l’ha proposto sia per chi ha accettato.

Un passaggio strano per i modi, quasi da Repubblica presidenziale. Da quel momento tutto il fatto costituzionale è andato a vacca. C’è stato un allentamento delle briglie costituzionali, tanto valeva – a lume di logica e di naso e di buon senso – fare un governo del Presidente. È stato più grave l’intervento sui partiti del capo dello Stato. Una sorta d’invasione di campo, un fatto non da Repubblica parlamentare. Bisogna rispettare la Costituzione: non devo essere io a dirlo, dovrebbe essere il presidente Napolitano. Il secondo mandato non è proibito, ma non è un caso che non sia mai successo. Di solito, poi, uno non arriva a fare il capo dello Stato a 40 anni: due mandati fanno 14 anni e te ne vai a 54. Qui te ne vai a 95.

Non un bel segno non aver trovato un’alternativa. Appena sentii che i Cinque Stelle proponevano Rodotà, feci un balzo di gioia. Dissi a mia moglie: “Che meraviglia, ora agguantano al volo questa liana sospesa, come Tarzan. Ed è fatta”. Quando mai… e sono riusciti a far fare quella figura a Prodi, Dio mio. L’alternativa c’era, era Rodotà. Cosa ostava a Rodotà?

Loro hanno detto che non ha telefonato…Queste cose io a sei anni le facevo. “Eh no, perché non mi ha dato la caramella”. M’ha telefonato, non m’ha telefonato: non possono essere ragioni valide per la politica. Sono ragioni infantili, piccole scuse. Se ne possono trovare di migliori.

Tre anni fa in un’intervista al Fatto, disse: “Il Pd va verso il suicidio, avrebbe bisogno di una seduta psicanalitica collettiva”. Quasi profetico. Devo ammettere, ahimè, che in queste ultime elezioni ho suggerito di votare Pd. Ho aderito a un invito di Alberto Asor Rosa. Lui temeva che un Pd debole fosse costretto ad allearsi con Monti: si pensava che Monti avrebbe avuto un successo maggiore. E l’idea di Asor Rosa era portare il Pd a un’alleanza con Sel, invece che Monti. Sbagliammo i calcoli, entrambi. Tutto potevamo prevedere, tranne le estrosità di Pier Luigi Bersani.

Estrosità? Eh, chiamiamola così. Dissi quel fatto della psicanalisi per via delle due anime del Pd: una cattolica e una ex comunista. Invece la cosa è risultata ancora più complessa: la lunga convivenza tra queste due anime ha fatto sì che invece di essere una bianca e una nera, diventassero tutte e due grigie. Creando situazioni psicanalitiche ancora più oscure. Ora, onestamente, siamo più da psichiatria che da psicanalisi.

Che fine farà il Pd? Sparisce. O si raccoglie attorno agli oppositori interni, come Civati.

Epifani? Una toppa.

In questi giorni arrivano dalla sua Sicilia notizie del processo sulla trattativa Stato-mafia. Che idea si è fatto di questa storia? Dunque: uomini dello Stato e mafiosi sono accusati di avere trattato insieme. Tu puoi ipotizzare che le prime trattative si svolsero con Totò Riina. Puoi pensare che un capomafia come lui vede sedersi davanti a sé un colonnello dei Carabinieri e non gli chiede le commendatizie?

Cosa sono? Chi c’è dietro, chi ti manda. Da questa parte abbiamo un capomafia di grande potere e grande forza, dall’altra un semplice colonnello dei Carabinieri. È chiaro che mai lo avrebbe ricevuto se questo colonnello dei Carabinieri non gli avesse portato le credenziali. Cioè a dire: dietro di me, c’è questo e quest’altro ministro. E te ne do anche la prova. Oggi due ministri sono accusati di falsa testimonianza: è cosa da poco, uno scherzetto. Il generale Mori non ha mai detto chi lo mandò, ma è chiaro che non andò da solo. Nemmeno l’avrebbero fatto entrare. Nella seconda fase della trattativa intervenne Provenzano, con l’eliminazione di Riina: era indispensabile levarlo di mezzo, per poter trattare seriamente perché le pretese di Riina erano eccessive. Dopodiché un ex ministro viene a dire: “Ho allentato il 41 bis di mia spontanea volontà, decidendo da solo”. E va bene, allora. Questo processo ci viene a raccontare solo la mezza messa, come si usa dire dalle mie parti. La vera messa forse era nell’agenda di Borsellino.

Non sapremo mai la verità? Ma quando mai abbiamo saputo la verità sulle cose italiane! Pensiamo alle stragi: Bologna, piazza Fontana, l’Italicus. In Italia esistono solo i servizi deviati, quelli non deviati no. Tutto il casino, tra il Colle e la Procura di Palermo, sta a dimostrare, così a fiuto, che la cosa è talmente grossa che hanno paura di uno sconvolgimento istituzionale, se la verità venisse a galla.

Possibile che non abbiamo anticorpi verso tutto questo? Prendiamo l’informazione. I giornali degli anni Cinquanta parlavano chiaro: c’erano polemiche anche forti, ma l’informazione era esaustiva, non parziale come ora. A quei tempi noi ci esercitavamo nella libertà, non l’avevamo avuta per tanto tempo. Le tribune politiche si svolgevano di fronte a 30 giornalisti, liberissimi di fare tutte le domande che volevano al politico di turno. Le domande non erano concordate prima, le domande erano a levare la pelle. Oggi è tutto concordato e i giornalisti scelti a seconda della convenienza. Ho sentito un giorno un cronista chiedere a Tony Blair: “Lo sa che lei ha le mani sporche di sangue?” E lui, dopo un momento di esitazione, si è messo a rispondere. Provate a rivolgere una domanda di questa violenza a un politico italiano. Non è più possibile, negli anni Cinquanta era possibile.

Vale anche per la produzione culturale? Il fervore di quei primi anni del Dopoguerra era dovuto al fatto che il mondo si apriva davanti a noi. E tutto quello che ci era stato negato – i grandi scrittori americani, i musicisti, i pittori, i francesi, gli inglesi – provocava un desiderio di linfa culturale e vitale. Tu ne eri così pieno che avevi la voglia di restituirla. Poi c’è stata una sorta di saturazione. E quando arrivò la Democrazia cristiana con la censura, fu in un certo senso stimolante: ti ribellavi alla censura.

Ogni censura trova il suo antidoto, si dice. Ma certo. Mi ricordo quando Andreotti proibì L’Arialda con la regia di Luchino Visconti e successero macelli. Questo ci teneva svegli. Ora c’è un assopimento, un andazzo, senza più un vero scontro culturale.

Non è che abbiamo meno strumenti intellettuali? Le persone si sono disabituate. Ormai tutti sono dei seguaci delle fabbriche del credere. La fabbrica del credere numero uno è la televisione: quello che dice la televisione è Vangelo.

Internet è una contromisura? 
Assolutamente. Se ci fossero state solo le tv senza Internet non avremmo avuto le primavere arabe, non sarebbero state possibili senza comunicazione diretta, non mediata. La comunicazione mediata è velenosa, è contraffatta.

Di mezzo ci sono i media, appunto. E le proprietà: un giornale come il Fatto, se dovesse dipendere da un proprietario, sarebbe così libero di scrivere quello che scrive? Non credo. Quando c’era un solo canale in televisione, il colonnello Bernacca leggeva le previsioni del tempo. E diceva: “Domenica potete fare tutti una bellissima gita, perché splenderà il sole”. E la domenica veniva una pioggia fottuta. O viceversa. Io avevo un compare, Peppe Fiorentino, il quale sentiva le previsioni di Bernacca e diceva: ”OI po si o po no ‘u paracqua m’u porto”. E allora dico: quando guardate la televisione, portatevi appresso il paracqua. Cioè a dire: apritelo, in modo che il cervello non vi si bagni e voi possiate ragionare di testa vostra; altrimenti la tv v’inonda. Ma è un esercizio difficile, anche perché si dice che la Rai offre la possibilità di avere tre canali, di cui il terzo è quello più di sinistra. Ma dove? Come segnale stradale? A momenti ho sentito più elogi di Berlusconi sul Tg3 che sul Tg1. Dov’è tutta questa differenza? Ai miei tempi c’era.

Questo dipende dal fatto che anche i partiti si sono omologati? Mi rifiuto di chiamare quello che vedo e sento in questi ultimi tempi “Politica”. Politica oggi è sinonimo di corruzione. Vogliamo dissentire? Dopo Mani pulite sembrava chissà che cosa, invece siamo ridotti peggio di prima. Ed è del tutto trasversale. Una volta almeno Berlinguer poteva permettersi di teorizzare la diversità, ora il signor Penati mi pare che appartenga al Pd. Come il presidente della Provincia di Taranto. L’Italia dei Valori te la raccomando. Alla gente comune, che dice “sono tutti ladri” non gli puoi dare torto. Perfino i consiglieri regionali e comunali rubano. Allora perché io lo devo chiamare “uomo politico”? Lo chiamo ladro, perché i ladri sono quelli che rubano.

Una politica che cambia casacca nel giro di ventiquattro ore è politica? In Sicilia si dice: u porco pa’ coda e l’omo pe’ a parora. Il porco si riconosce perché ha la coda a tortiglione. E l’uomo si riconosce per la parola data. Dicono: “Non faremo mai il governo con Berlusconi”, allora i cittadini li votano. Dopo un giorno, fanno il governo con Berlusconi. Tu non sei un uomo politico, sei un truffatore. Perché dovremmo avere fiducia in una corporazione che non fa altro che difendersi?

A cosa pensa? Do un esempio, incontrovertibile. La Camera nega l’autorizzazione a procedere per Cosentino. Appena lui decade, se ne va in galera. Allora, io ho fiducia nella politica. Non ho fiducia in questa cosa oscena che ci spacciano per politica.

I partiti sono la vera antipolitica? Non c’è dubbio. Sono la negazione della politica. Dicono che in politica tutto è possibile. Non è vero. In politica sono possibili più cose, ma non “tutto”. Altrimenti è un bordello, non politica. La politica è un patto che va continuamente rispettato tra gli elettori e coloro che vengono votati per rappresentare i cittadini. Ma è tradito dal fatto che questa legge elettorale fa sì che l’uomo politico non rappresenti un cazzo, perché è stato nominato dalle segreterie dei partiti e non votato. L’uomo politico, se lo possiamo chiamare così, è sempre più negato ai suoi doveri. Non solo: proprio questo porta a non rispettare le regole interne, vedi i 101 che votano contro Prodi.

Che pensa di Grillo? Non so che pensarne. Una volta dissi: probabilmente i suoi grillini sono migliori di lui, più concreti. Lui è un capopopolo, un trascina folle. Poi quando si arriva al concreto della politica probabilmente lì in mezzo c’è qualcuno che è capace di fare la buona politica: hanno voglia di fare l’interesse dell’Italia. Non sono ridotti come la stragrande maggioranza dei politici italiani a fare il proprio interesse, o quello del partito.

Oltre i Cinque Stelle? La Boldrini è una donna che si è occupata di profughi e rifugiati. Ebbene, ha accettato la candidatura di Sel e alla Camera ha tenuto un discorso estremamente politico, anzi di bella politica. Finalmente.

C’è un’ondata di rivalutazioni della Prima Repubblica. Lei ne ha nostalgia? Ma per carità! La Prima Repubblica è stata una prova generale andata male. La Seconda non è andata meglio, la Terza sta andando peggio. Però non mi va di essere pessimista: gli elementi buoni a un certo punto si stancheranno di starsene tranquilli. Mi ricordo una frase bellissima di Alberto Savinio. Dicevano: “Dio riconoscerà i suoi”. E Alberto Savinio chiosava: “A fiuto”, perché una volta i cattolici non si lavavano per non commettere peccato mortale toccandosi le parti intime. Ecco, quelli giusti si riconosceranno a fiuto, indipendentemente dal partito cui appartengono.

Una rivoluzione? Fino a oggi il popolo italiano ha dimostrato una pazienza e una resistenza psicologica notevoli. Basta pensare alla disoccupazione dilagante, alla difficoltà delle famiglie. Grillo ha ragione quando dice di aver incanalato un malcontento che avrebbe potuto anche essere violento.

La politica, compreso il governo tecnico, ha dimostrato un sostanziale disinteresse verso il disagio sociale. Questi qui vivono in un ventre di balena! Non hanno nessun contatto con la gente, perché non sono stati più eletti. Il Papa tedesco è stato allevato sempre dentro la Chiesa, questo nuovo ci fa un’enorme impressione perché la sua origine è in mezzo ai poveri. Anche se pure lui… Va benissimo ricordare don Puglisi, ma si è ben guardato da ricordare Don Gallo. Quello sì che rompeva veramente i cabasisi… E così il Pd ha cominciato a morire quando ha perso il contatto con la base, con i lavoratori. Ma perché il Pd dovrebbe occuparsi dei lavoratori?

Forse perché è un partito di sinistra? S’illude, cara. Di lavoro si occupa Sel, se ne occupa Landini. Che infatti ormai sembra un marziano.


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