martedì 7 gennaio 2014

Erba benedetta




Erba benedetta

L’erba benedetta, il cui nome scientifico è “Geum Urbanum” è una pianta molto diffusa in tutta Europa, anche in Italia. Oltre che col nome di “erba benedetta”, essa è conosciuta anche come “garofanaia”, “cariofillata” oppure “ambretta selvatica”, tutti nomi che rimandano a delle sue particolari caratteristiche. Appartenente al gruppo delle “Rosaceae”, l’erba benedetta è una pianta erbacea che si trova durante tutto l’anno, poiché resiste alle intemperie così come al caldo eccessivo. Si trova sia sulla costa, in prossimità di spiagge e mare, sia nell’entroterra, anche in collina e in montagna, fino però a un’altezza di 1600 metri. Si tratta di un’erba molto resistente che si sviluppa di frequente sulle strade, tra le crepe dei muri, nei boschi, sui marciapiedi delle città e tra la vegetazione: per quanto resistente al caldo, preferisce luoghi freschi ma umidi, dove prolifera creando a volte anche disagi poiché molto difficile da estirpare. Il fusto – molto ramificato e ricco di arbusti – ha un’altezza che varia dai quaranta ai sessanta centimetri; la maggior parte delle foglie sono piccole (misurano infatti pochi centimetri), mentre ve ne sono alcune più grandi che generalmente si trovano sulla sommità della pianta. Questa pianta erbacea presenta anche dei fiorellini gialli caratterizzati da un numero fisso di petali (cinque), e dei frutti di colore rosso scuro. La fioritura si verifica tra la fine della primavera e l’estate: è possibile infatti vedere i fiori dell’erba benedetta solo tra maggio e la metà di luglio. È molto diffusa nei giardini poiché richiede poche cure e in genere resiste alle intemperie, tuttavia è bene non lasciarla troppo a lungo esposta al sole cocente e garantirle una certa umidità, poiché non tollera il clima secco, particolarmente arido.

Gli usi dell’erba benedetta

L’erba benedetta viene utilizzata sia in cucina, per condire primi, secondi e piatti a base di pesce e carne, sia come rimedio medicamentoso in virtù delle sue notevoli proprietà curative. Della pianta si usano prevalentemente le foglie – “l’erba” vera e propria – e le radici, le quali per sapore, odore e aroma ricordano moltissimo i chiodi di garofano. Le foglie vanno raccolte col caldo, in estate, mentre le radici nel periodo che va da marzo agli inizi di giugno: dopo la raccolta, sia le une che le altre vanno lasciate essiccate al sole.

Le proprietà benefiche dell’erba benedetta

fiore Erba benedetta Sia le foglie che le radici di erba benedetta contengono sostante estremamente preziose per l’organismo come tannini, glucosidi e vari oli essenziali, le quali sono le principali depositarie delle proprietà benefiche di cui gode la pianta. Tuttavia la concentrazione più elevata del principio attivo si trova nelle radici, le quali sono molto usate nella fitoterapia, una branca di medicina “alternativa” che per curare patologie più o meno gravi si avvale dell’uso di piante, erbe e fiori dalle riconosciute proprietà medicamentose. Le foglie, invece, vengono usate soprattutto in cucina, come condimento. Tra le proprietà benefiche dell’erba benedetta vi è la capacità di regolare il flusso mestruale e quella di fermare possibili emorragie interne, soprattutto uterine. Della sua azione positiva risente anche l’apparato gastro-intestinale, che viene purificato. Non solo: l’erba benedetta aiuta anche a regolarizzare l’attività intestinale e la digestione, scongiurando problemi come stipsi o diarrea (quest’ultima, soprattutto, viene arginata grazie alle proprietà astringenti di cui gode l’erba benedetta). Quest’erba combatte inoltre l’inappetenza, favorendo il ripristino di un ciclo alimentare regolare.

Come utilizzare l’erba benedetta

Erba benedetta In cucina, le foglioline di erba benedetta, generalmente molto tenere, dal sapore delicato, possono essere usate per preparare o arricchire delle ottime insalate, oppure, lessate, possono essere consumate da sole come contorno di secondi a base di pesce o carne. Per quanto riguarda le radici, essendo molto simili per aroma e composizione ai fiori di garofano, l’uso che se ne fa in cucina è molto simile: in questo caso, infatti, l’era aromatica viene utilizzata prevalentemente come spezia, per insaporire le pietanze oppure alcune bevande alcoliche (soprattutto vini e liquori). L’erba benedetta può essere usata anche come tisana, per aiutare la regolarità intestinale; in questo senso, il suo uso è molto simile a quello della genziana, una pianta caratterizzata da effetti e proprietà molto simili. Per preparare una tisana a base si erba benedetta è sufficiente comprare della radice essiccata in erboristeria, tagliarla a pezzetti e unirla a dell’acqua bollente. Dopo averla lasciata in infusione per un quarto d’ora, si procede a filtrarla e si beve come una qualsiasi tisana. L’erba benedetta si presta anche a essere usata sotto forma di tintura madre e di decotto, usando sempre le radici. La tintura di erba benedetta viene preparata usando il vino come solvente: per questo motivo risulta piuttosto alcolica e infatti si consiglia di consumarla come un liquore vero e proprio, magari due volte al giorno, dopo pranzo e dopo cena. La gradazione consigliata non è altissima: il rapporto erba-vino, infatti, generalmente è di uno a venti, ossia cinque grammi di erba benedetta per cento millilitri di vino bianco oppure rosso, a seconda della preferenza.
http://www.giardinaggio.it/erboristeria/rimedi-naturali/erba-benedetta.asp

domenica 5 gennaio 2014

Nunzia De Girolamo, la voce della padrona: “Stronzi, qui a Benevento comando io…”. - Vincenzo Iurillo

Nunzia De Girolamo, la voce della padrona: “Stronzi, qui a Benevento comando io…”


Intercettata segretamente nel 2012 da un funzionario, la futura ministra riuniva i vertici dell’Asl di Benevento a casa di suo padre per discutere dell’appalto del 118 e di nuove sedi ospedaliere, e minacciava ritorsioni sui manager sgraditi del Fatebenefratelli.

L’Asl di Benevento era cosa loro. Del ministro delle Politiche Agricole Nunzia De Girolamo e dei suoi fedelissimi. L’allora semplice deputata Pdl, che è bene chiarire subito non è indagata per i fatti che racconteremo, convocava a casa del padre i vertici dell’azienda sanitaria locale e persone di stretta fiducia. Con loro discuteva di come orientare l’affidamento milionario per il servizio 118, di dove ubicare presidi e strutture dell’Asl, ma anche di questioni spicciole come un sequestro di mozzarelle in un negozio di un “amico di Nunzia” o di come mandare “i controlli” negli ospedali guidati da persone non gradite alla parlamentare azzurra per far capire “che un minimo di comando ce l’abbiamo”.
Le riunioni sono state registrate di nascosto dall’ex direttore amministrativo dell’Asl Felice Pisapia (fu licenziato qualche mese dopo), e depositate nell’ambito di un’inchiesta per truffa e peculato per centinaia di migliaia di euro sottratti dalle casse dell’azienda sanitaria a favore di alcuni imprenditori, costata pochi giorni fa a Pisapia l’obbligo di dimora a Salerno. Con quegli audio Pisapia vorrebbe dimostrare di essere solo un ingranaggio del sistema. Leggendone le trascrizioni, non si trovano riferimenti al merito e a come rendere più efficiente il funzionamento della macchina della sanità pubblica nel nome dell’interesse collettivo. La preoccupazione principale pare invece quella di premiare gli amici e punire i nemici. E tramutare le decisioni in clientele e voti. Vicende che assomigliano a quelle costate inchieste e processi a un altro potentato sannita, i Mastella. Con una sostanziale differenza: secondo l’informativa della Guardia di finanza di Benevento al pm Giovanni Tartaglia Polcini, “allo stato non ci sono fattispecie penalmente rilevanti”.
Riavvolgiamo il nastro alle ore 19 e 15 del 30 luglio 2012. La De Girolamo riceve Michele Rossi, manager dell’Asl di Benevento, Gelsomino Ventucci detto “Mino”, direttore sanitario, Pisapia, l’avvocato Giacomo Papa, molto vicino ai De Girolamo, Luigi Barone, storico portavoce di Nunzia, all’epoca vice direttore de Il Sannio Quotidiano e oggi a Roma con l’incarico di direttore del portale web del ministero delle Politiche Agricole. E’ il “direttorio politico-partitico costituito al di fuori di ogni forma di legge” scrive il gip Flavio Cusani nell’ordinanza cautelare di Pisapia “che si occupava, in funzione di interessi privati e di ricerca del consenso elettorale, con modalità a dir poco deprimenti e indecorose, di ogni aspetto della gestione dell’Asl”.
La conversazione si protrae per quasi due ore. Verso la fine cade sul Fatebenefratelli di Benevento, un ospedale religioso convenzionato. La De Girolamo è arrabbiata con loro. Li chiama “stronzi”. Due volte. Poi si rivolge a Rossi: “Michè, scusami, al Fatebenefratelli facciamo capire che un minimo di comando ce l’abbiamo. Altrimenti mi creano coppetielli con questa storia. Mandagli i controlli e vaffanculo!… Io non mi permetto di farlo, però ad essere presa per culo da Carrozza, quando poi gli ho dato tanta disponibilità ogni volta che mi hanno chiesto, Miché”. Giovanni Carrozza, citato nel colloquio, è il direttore amministrativo del Fatebenefratelli. Per capirci, Miché, ovvero Michele Rossi, è molto riconoscente alla De Girolamo.
Appena una settimana prima, in un’analoga riunione, gli ha giurato fedeltà: “Nunzia, premesso che io non resterò un secondo su quell’Asl se non per te e con te, perché io la nomina l’ho chiesta a te, tu me l’hai data ed è giusto che ci sia un riscontro…”. Ora Miché ne ascolta le riflessioni sull’ubicazione di ufficio territoriale dell’Asl. “Dove dovremmo metterlo? – si chiede la De Girolamo – a Sant’Agata che Valentino (il sindaco, del Pd, ndr) è uno stronzo? Cioè, nemmeno è venuto da me”. Rossi però le spiega che Valentino “ha incassato intelligentemente” i problemi da loro creati. Ad un certo punto Nunzia pone un veto sul collocare una struttura a Forchia: “No, Forchia no! Preferisco poi darlo ad uno del Pd che ci vado a chiedere 100 voti …”. Qualche decina di minuti prima il “direttorio” aveva affrontato il caso del controllo in un negozio di latticini. Parla Luigi Barone: “E’ l’amico di Nunzia e mio amico… vende le mozzarelle accanto al Maxim’s… è un bravo ragazzo, insomma!”. Purtroppo per lui una funzionaria dell’Asl gli ha appena sequestrato “un bel po’ di roba – sottolinea Barone – tre, 4mila euro… più la sanzione”. Si stabilisce, quindi, di parlare con tale Tommaso.
Tutta da decrittare la lunga conversazione del 23 luglio 2012, incentrata quasi esclusivamente sul bando per il 118. “In tutto questo si deve fare la gara?” chiede la De Girolamo. “Non la puoi fare senza?”. Si discute se è possibile fare un affidamento diretto breve o comunque, per usare le parole dell’avvocato Papa “bypassare la gara pubblica” perché si è preoccupati del fatto che “tra poco ci commissariano e la gara pubblica se la fa la Regione”. Abbiamo provato a contattare la De Girolamo per farle qualche domanda. Ci ha risposto con questo sms: “Chi vuole fare pulizia può essere ucciso con la pistola oppure con la parola. Alla fine viene sempre fuori la verità”.

sabato 28 dicembre 2013

Salute & affari, le case farmaceutiche tagliano venditori. E non pagano la crisi.

Salute & affari, le case farmaceutiche tagliano venditori. E non pagano la crisi


Il settore lascia a casa la categoria dell’informatore medico. Eppure il comparto non mostra sofferenze serie, considerato il contesto generale. Anzi, chiuderà il 2013 con un trend positivo e nel breve-medio termine "nonostante tutto, reggerà". E per andare avanti, la ricetta è più che tradizionale: il mercato italiano, che vive da sempre in simbiosi con la politica, deve trovare un nuovo patto economico dentro il Parlamento.

La scenetta classica della ragazza in minigonna che attende in sala d’aspetto ormai non vale più. Idem per il collega che siede davanti al medico invitandolo al convegno di fine maggio: Costiera amalfitana o Cinque terre, programma di lavoro ridotto al minimo per gustarsi la gita in barca o il pesciolino nel piatto. Niente da fare, tutto finito e tutto molto vietato dal nuovo regolamento Farmindustria.
Le 20 aziende farmaceutiche per vendita in ItaliaVia chi non serve più
La farmaceutica oggi ha mollato la categoria dell’informatore medico. Lo conferma l’inchiesta su 23 top manager (da Pfizer ad AstraZeneca) indagati dalla procura di Milano per aver infilato in unabad company circa 1.200 venditori, gente finita presto per strada causa bancarotta: non servivano più, sono stati eliminati. “Ormai l’affare della sanità è roba per pesci enormi – spiega un informatore – Coi tagli ai finanziamenti pubblici e la fame della politica sempre più aggressiva, l’unica convenienza delle grandi case è fare lobby nelle alte sfere, spingere i prodotti nei protocolli di cura, avere l’ok degli organismi di controllo per i brevetti nuovi. Perder tempo col porta a porta non serve più, e quindi non serviamo più nemmeno noi”.
Chi resta s’adegua e fa salti mortali pur di portare a casa uno stipendio. Eppure il comparto non mostra sofferenze serie, considerato il contesto generale. “Il mercato farmaceutico chiuderà il 2013 con un trend positivo (+2,4% sul cumulato gennaio-settembre) trainato dall’andamento del comparto specialistico e ospedaliero, mentre il canale farmacia è stabile”, ha detto a Quotidianosanita.itSergio Liberatore, general manager di Ims Health Italia, società che organizza il marketing farmaceutico. E nel breve-medio termine? “Il mercato farmaceutico sarà rallentato dagli effetti della crisi economica e dal conseguente contenimento dei costi da parte delle pubbliche amministrazioni. Vanno considerati gli effetti dei possibili ripiani degli sforamenti dei budget per la spesa farmaceutica richiesti alle aziende”.
La piramide
La traduzione è semplice: il mercato, nonostante tutto, regge. E l’obiettivo primario resta la sanità pubblica, i 110 miliardi di euro che serviranno nel 2014 per tenere in piedi il sistema tra medici, farmaci e ospedali. Il problema è che il fondo non basta mai. Lo sforamento dei tetti per le varie voci di spesa è stata una costante negli ultimi decenni: sprechi gestionali e truffe maestose hanno sottratto forze cospicue, ma anche le politiche difensive della lobby farmaceutica hanno impedito di abbassare i costi.
Il monte totale dello stanziamento sanitario fissato dallo Stato viene suddiviso in una piramide di voci via via più dettagliate, dai grandi bacini nazionali (medicinali, ospedali, assistenza domiciliare), passando alle attribuzioni regionali per arrivare alle quote dei singoli prodotti di ciascuna casa autorizzata a vendere in Italia, a prezzo concordato. Cioè per la pillola X si stabilisce il prezzo di vendita e il rimborso che andrà a carico del servizio sanitario nazionale, ma anche il numero massimo di pezzi che ogni medico potrà prescrivere: quando la pillola X viene venduta oltre la quantità stabilita, il medico è sanzionato e il produttore va soggetto al payback, una sorta di mancato rimborso.
La tecnica serve a contenere la spinta commerciale, e nel 2012 ha ottenuto un buon risultato: come spiega l’Aifa (Agenzia italiana per il farmaco), sulla spesa farmaceutica complessiva – 25 miliardi e mezzo di euro – il tetto per le medicine ordinate in studio ha sostanzialmente retto, pur restando differenze territoriali importanti (i siciliani hanno assorbito 1.110 dosi giornaliere ogni 1000 abitanti, a Bolzano 743 su 1000). Sforata brutalmente invece la spesa farmaceutica ospedaliera (fuori del 101%): vale 5 miliardi di euro contro i 20 del territoriale, ma promette bene per il futuro.
Target ospedaliero
Spiega il direttore generale dell’Aifa, Luca Pani: “Finora la spesa farmaceutica territoriale ha compensato l’aumento di quella ospedaliera. Ma nel momento in cui si porta il tetto della territoriale al limite minimo di tenuta, non abbiamo più spazio per compensare quella ospedaliera. Visto che quest’ultima sale, perché i farmaci innovativi per fortuna stanno arrivando sul mercato, ma costano tanto e vanno somministrati in ospedale, questo richiederà presumibilmente che si modifichino i tetti di spesa. Basterà aumentare il tetto dell’ospedaliera e il sistema reggerà benissimo”.
Dunque, ricetta più che tradizionale: il mercato italiano, che vive da sempre in simbiosi con la politica, deve trovare un nuovo patto economico dentro il Parlamento. Soprattutto perché da qui al 2018 scadranno decine di brevetti fondamentali per la farmacologia moderna, e tutta la partita dei generici dovrà essere compensata da nuovi prodotti. Chi li produrrà? E chi li venderà in Italia, sesto mercato mondiale per il farmaco?
Usa superstar
Un’idea viene dalla classifica dei top seller nel nostro Paese. In testa c’è l’americana Pfizer, la più grande azienda farmaceutica del pianeta che in Italia fattura oltre un miliardo di euro. La squadra Usa (Pfizer e altri) totalizza 5 miliardi di fatturato, 13mila dipendenti ed esprime il presidente di Federfarma, Massimo Scaccabarozzi, amministratore delegato di Janssen Cilag (Johnson&Johnson). Una vera corazzata che difende il corpo produttivo nazionale, 26 miliardi di fatturato e 63 mila addetti, cifre che raddoppiano con l’indotto diventando il fiore tecnologico dell’industria italiana, un gioiello di qualità votato all’export (67%) e con la minaccia sempre in canna: se non si fa come conviene a noi, facciamo presto ad andarcene. Ministri, assessori, direttori sanitari e medici fin qui compiacenti hanno poco da ribattere se un mese fa è stato arrestato l’ennesimo consigliere regionale con l’accusa di aver favorito un clan camorristico per gli appalti all’Asl di Caserta; e se i titolari della più importante casa italiana, la Menarini, sono stati rinviati a giudizio lo scorso giugno per evasione fiscale, riciclaggio e corruzione. Una truffa al Servizio sanitario nazionale.

giovedì 26 dicembre 2013

Brescia, scorie tossiche sotto la A4: trovato cromo 1.400 volte oltre i limiti.

Brescia, scorie tossiche sotto la A4: trovato cromo 1.400 volte oltre i limiti


Scoperta dell'Arpa a Castegnato sotto la terza corsia dell'autostrada.

 - Scorie di cromo in concentrazione 1.400 volte oltre i limiti consentiti dalla legge sono state trovate dall'Arpa di Brescia sotto l'autostrada A4. Sotto analisi sarebbe in particolare la terza corsia dell'autostrada, realizzata sopra scorie industriali altamente tossiche nella zona di Castegnato. La scoperta è stata fatta durante alcune analisi per il cantiere della Tav.
"Abbiamo fatto questo intervento sull'attraversamento della Tav, trovando cromo nei terreni analizzati", ha confermato la direttrice dell'Arpa di Brescia, Maria Luisa Pastore. Secondo il sindaco di Castegnato (Brescia), Giuseppe Orizio, il cromo non avrebbe però raggiunto le falde acquifere del paese. "L'acqua che bevono gli abitanti di Castegnato è sicura - sottolinea il primo cittadino -. Non ci sono tracce di cromo, nonostante il nostro territorio per anni sia stato abusato di discariche illegittime".