Essendo, comunque la si pensi, un personaggio di alta qualità, Mario Draghi ha il suo bel daffare a schivare il pressing dei cortigiani che lo vorrebbero presidente del Consiglio e/o della Repubblica, ministro, supercommissario a qualsiasi cosa, ma anche presentatore del festival di Sanremo e di Temptation Island. Ieri mattina, per dire, non aveva ancora parlato al Meeting di Rimini e già i giornaloni, pur non avendo la più pallida idea di ciò che avrebbe detto, si avventuravano in tumide esegesi del suo pensiero, tanto ignoto quanto messianico e salvifico. Il Messaggero, in orgasmo, titolava: “Draghi apre il Meeting: in campo se il governo va in stallo sui fondi Ue”, “Atteso un discorso ‘programmatico’ dall’ex presidente della Bce, che aveva già avvisato: bisognerà convivere con il debito” (ammazza che volpe). E la Repubblica, in estasi mistica: “Il Meeting di Rimini nel segno di Draghi: ‘Può indicarci la via’”, “Vittadini: ‘Ha una visione’” (come i tre pastorelli di Fatima; e pare che senta pure le voci, tipo Giovanna d’Arco).
Poi Supermario ha parlato e non ha detto assolutamente nulla, anche se l’ha detto benissimo. Si capiva che lo faceva apposta, onde evitare che qualcuno gli affibbiasse discorsi programmatici, autocandidature di qua e di là, indicazioni viarie, visioni, apparizioni, divinazioni, annunciazioni, poteri paranormali, sedute spiritiche, messaggi medianici. Anzi, per dirla tutta aveva l’aria di prendere per i fondelli i seguaci non richiesti, pronunciando ostentatamente una serie di banalità come Peter Sellers nei panni del giardiniere Chance in Oltre il giardino. “Fintantoché le radici non sono recise, va tutto bene, e andrà tutto bene, nel giardino”, “Prima vengono la primavera e l’estate, e poi abbiamo l’autunno e l’inverno. Ma poi torna la primavera e l’estate”, diceva Chance: e tutti arrotavano la bocca a cul di gallina per la profondità delle metafore politico-economiche. Ieri Draghi l’ha imitato alla perfezione. “Sono tempi di incertezza, di ansia e di riflessione. Ma non siamo soli e la strada si ritrova certamente”: accipicchia. “Come diceva Keynes, quando i fatti cambiano, io cambio le mie idee”: perbacco. “I sussidi sono una prima forma di vicinanza della società a chi è più colpito, ma servono a ripartire, non resteranno per sempre”: perdincibacco. “Ai giovani bisogna dare di più”: di Ruggeri-Morandi-Tozzi. “Non dobbiamo privarli del loro futuro”: ma non mi dire. “Nel secondo trimestre 2020 l’economia si è contratta a un tasso paragonabile a quello registrato nella seconda guerra mondiale”: ma va? “Investire nel capitale umano, nelle infrastrutture cruciali per la produzione e nella ricerca”: apperò.
“Affrontare insieme le sfide che ci pone la ricostruzione”, da cui “l’Europa può uscire rafforzata”, ma solo se non dimentica che “la responsabilità si accompagna e dà legittimità alla solidarietà. Perciò questo passo avanti dovrà essere cementato dalla credibilità delle politiche economiche a livello europeo e nazionale”, anche perché – beninteso – “la situazione di oggi richiede un impegno speciale”: mecojoni. Circonfuso da cotanta studiata vaghezza, Supermario se è ripartito da Rimini supersoddisfatto, convinto di aver messo tutti nel sacco. Tiè. Ma, subito dopo, la cascata di bava e saliva tracimante dalle agenzie di stampa e dai social eccellenti (“Ascoltare Draghi”, “Agenda Draghi”, “Io sto con Draghi”, “Mai più senza Draghi”), si incaricava di dimostrare che ogni suo sforzo era stato vano: apostoli, discepoli, agiografi e prefiche continuavano a tallonarlo con aria estatica, le mani giunte e il passo a ginocchioni, adoranti e petulanti come i seguaci di Brian di Nazareth, il personaggio dei Monty Python inopinatamente scambiato suo malgrado per il Messia. “Dicci, maestro, dicci qualcosa!”. E lui: “Andatevene via!”. “E come dobbiamo andarcene?”. “E io che ne so, lasciatemi in pace”. “Dacci un segno!”. “Ma un segno ce l’ha già dato portandoci in questo posto!”. “Ma non sono io che vi ci ho portati, ci siete venuti da soli!”. “Maestro, il tuo popolo ha camminato molte miglia per stare con te, sono stanchi e non hanno mangiato!”. “E non sarà mica colpa mia!”. “Ma non c’è cibo su questa montagna desolata!”. “Bah, ci sono dei cespugli di ginepro laggiù”. “Miracolo! Ha riempito di frutti quei cespugli che hanno generato bacche di ginepro!”. “Certo che hanno generato bacche di ginepro: sono cespugli di ginepro!”. “Non ci vedevo e ora ci vedo!” (il tizio non vede una buca e ci casca dentro). “Miracolo del Messia!”. “Mi ha pestato un piede!”. “Miracolo! Pesta un piede anche a noi, Signore e Messia!”. “Non sono il Messia”. “Sì, sì, tu sei il Messia, io me ne intendo perché ne ho seguiti parecchi”. “Io non sono il Messia, come ve lo devo dire? Lo giuro su Dio!”. “Soltanto il vero Messia nega la sua divinità!”. “Cooosa? Ma così state cercando di incastrarmi! E va bene, allora sono il Messia”. “L’ha detto! È lui! È il Messia!”. Ora, per sfuggire a quest’orda di zecche bavose e appiccicose, Supermario ha una sola via d’uscita: la stessa di Brian di Nazareth che, sfinito dagli stalker, prorompe in un liberatorio “E adesso andatevene tutti affanculo!”. E quelli, dopo un ultimo disperato tentativo (“Quale via ci consigli, o Signore?”), finalmente si disperdono. Oggi però l’esito è tutt’altro che scontato: siccome non siamo nella Palestina di duemila anni fa, ma nell’Italia del 2020, c’è pure il caso che qualcuno scambi l’eventuale vaffa di Draghi per un’autocandidatura al posto di Beppe Grillo.