Il persiano, però, non voleva farsi imporre dal governo Cdp come compratore, e vendere Aspi a quelle condizioni. “Cosa rischiamo, se non le accettiamo?” gli hanno chiesto allora i tre emissari di Aspi (una giraffa, un ippopotamo e un pinguino) che seguono la trattativa. “Secondo me, nulla”, ha risposto il persiano. La giraffa: “Nulla?”. L’ippopotamo: “Nulla?”. Il pinguino: “E allora cosa facciamo?”. Il persiano: “Gli diciamo che vendiamo l’88 per cento di Aspi a investitori interessati, sennò creiamo una nuova società con gli stessi soci di Atlantia”. L’ippopotamo: “Una newco!”. Il persiano: “Che riceverà prima il 55 per cento di Aspi e poi il restante 33 per cento; contestualmente, questa newco sarà quotata in Borsa, permettendo ad Atlantia di uscire dal suo capitale”. La giraffa: “Sparigliamo!”. L’ippopotamo: “Geniale!”. Il persiano: “La chiameremo Autostrade Concessioni e Costruzioni Spa. Si sono già fatti avanti il fondo britannico Circuitus, quello americano Apollo, la Toto Holding…”. La giraffa: “Toto di AirOne?”. Il persiano: “Sì. E la Fininc della famiglia Dogliani, quelli della Salerno-Reggio Calabria”. Il pinguino: “La crème. Ma Cdp vorrà la manleva dai contenziosi legali per il crollo del Morandi e gli omicidi”. La giraffa: “In caso di condanna, sono miliardi!”. L’ippopotamo: “Ci daranno un ultimatum! Ci revocheranno la concessione!”. Il persiano: “Non gli conviene. L’implosione di Atlantia significa accollarsi 10 miliardi di debiti, e perdere i 14 miliardi del piano finanziario che abbiamo proposto, di cui 7 per la manutenzione e 3 e mezzo per i risarcimenti”. La giraffa: “Too big to fail”. L’ippopotamo: “Troppo grande per fallire”. Il persiano: “Comunque, se può tranquillizzarvi, il fondo inglese Tci, che come sapete ha il 6-8 per cento di Aspi, approva la mia strategia. E adesso scrivetevi questa frase: ‘Dobbiamo garantire l’irrinunciabile tutela dei diritti di tutti gli investitori e stakeholders coinvolti, retail, istituzionali, nazionali e internazionali’. La userete a ogni prossimo stallo, perché il governo non accetterà lo scorporo di Aspi senza che Cdp sia della partita”. Il pinguino: “Ok. Ma se la revoca resta pendente, Atlantia non potrà finanziarsi. Sarebbe l’inizio di una gigantesca battaglia legale col governo”. Il persiano: “Per questo ho parlato con il certosino di Lucia Morselli, la manager di ArcelorMittal che ha sfidato il governo sull’Ilva. L’ha convinta: è dei nostri”. Tutti e tre: “Hurrà!”. Il persiano: “Nel frattempo, ho scritto alla Commissione europea denunciando le pressioni del governo italiano”. La giraffa: “Quali pressioni?”. Il persiano: “Il ministero delle Infrastrutture ha vincolato all’ingresso di Cdp in Aspi il suo via libera, inserendo il diktat direttamente nella concessione, all’articolo 10”. La giraffa: “Una cazzata giuridica!”. L’ippopotamo: “Ah ah ah! Che coglioni!”. Il pinguino: “Insomma, alla fine chi pagherà il conto del disastro?”. Il persiano: “Non chi. Se”.
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
martedì 29 settembre 2020
Aspi deve affidarsi ai suoi emissari: l’ippopotamo, la giraffa e il pinguino. - Daniele Luttazzi
Visco, il Mes e il mistero dello stigma. - Antonio Padellaro
Se fosse un giallo si potrebbe intitolare: Ignazio Visco, il Mes e il mistero dello stigma. Visco è governatore della Banca d’Italia. Lo “stigma” è l’espressione che ha usato a proposito della controversa questione del fondo salva-Stati. Parola misteriosa, appunto, almeno per larga parte di coloro che ne hanno sentito parlare, per la prima volta, domenica nei tg serali. Durante i quali nessuno si è degnato di spiegare come e perché lo “stigma” rientrasse nei ragionamenti di Visco (e soprattutto cosa diavolo significasse). Interessava soltanto riferire che, secondo il governatore, dal punto di vista economico il Mes “dà solo vantaggi”, e che la tremenda troika “non c’è, non esiste”. Pronunciata da tale prestigiosa cattedra, un’affermazione che poteva spazzare via gli ultimi dubbi in chi, come lo scrivente, non è mai riuscito a farsi un’idea definitiva su questo fondo straordinario. Descritto dai tanti propugnatori come la caverna del tesoro di Ali Baba, per aprire la quale basta pronunciare la formula magica: “Apriti, Mes”. Mentre per i detrattori si tratta del Campo de’ miracoli, in località Acchiappa-citrulli, dove il povero Pinocchio viene truffato dal Gatto e la Volpe.
Ma quando finalmente possiamo sottrarci alla propaganda favolistica per affidarci alla razionale saggezza del governatore salta fuori un piccolo inciampo, all’apparenza roba da nulla. Egli, infatti, proprio in coda alle sue rassicurazioni, aggiunge che “l’unico problema potrebbe essere lo stigma”. Potrebbe? Ahi. Poiché ho imparato dalla vita che tutte le volte che c’è un problema e ci dicono essere “risolto al 99 per cento”, è proprio l’uno per cento mancante a mandare tutto in vacca, quest’ultimo problemuccio dello “stigma” mi ha messo sul chi vive. Ho cominciato a sfogliare avidamente i giornali finché ho trovato la chiave del mistero: “Anche il famoso problema dello stigma – cioè del nervosismo che una richiesta di accesso potrebbe scatenare sui mercati – è facilmente superabile, se i soldi vengono spesi bene e con una buona comunicazione” (Repubblica). Fermi tutti, perché mai di questa storia dei mercati in preda a una crisi di nervi nessuno mi aveva detto niente? Vero che i soldi ben spesi e una buona comunicazione agirebbero come la Valeriana su questi mercati isterici. Purtuttavia immaginando la possibile incazzatura dei mercati, a cui in genere non va bene niente – figuriamoci 36 miliardi spesi soltanto benino o una comunicazione così cosi – ho sognato la troika che m’inseguiva brandendo un grosso stigma.
Atlantia, no all’ultimatum. Il governo verso la revoca. - Carlo Di Foggia
Lo scontro tra Atlantia e il governo su Autostrade per l’Italia (Aspi) si avvia, salvo sorprese dell’ultim’ora, verso un mega contenzioso. Nessuna reazione dopo che sabato sera in un vertice a Palazzo Chigi il premier e i ministri competenti hanno concordato di avviare la revoca della concessione ad Autostrade. La holding ora ha tempo fino al 30 settembre: se non arriveranno risposte che consentano di portare avanti il percorso deciso il 14 luglio con il governo per consentire l’ingresso di Cdp in Aspi e chiudere la ferita del Morandi, si procederà alla revoca, assicurano a Palazzo Chigi. Difficile che Atlantia torni sui suoi passi, perché una risposta di fatto c’è già stata.
Il governo ha lanciato l’ultimatum mercoledì 23 settembre, quando la trattativa con Cdp si era arenata sulla richiesta della Cassa di avere una manleva legale sui rischi connessi all’indagine sul Morandi. Una missiva inviata ad Atlantia dai capi di gabinetto dei ministeri dell’Economia e dei Trasporti e della presidenza del Consiglio. La lettera contiene l’atto aggiuntivo che modifica la concessione di Aspi con un “atto transattivo” tra il ministero concedente e il concessionario da firmare entro mercoledì prossimo. Solo che questo è subordinato (lo dice proprio il testo, articolo 10) all’ingresso di Cdp in Autostrade. Una mossa che la holding controllata dai Benetton ha respinto con forza non ritenendo possibile inserire una simile previsione nella concessione, tanto più che ne aveva già respinta una precedente. La trattativa è ufficialmente morta il giorno dopo, quando Atlantia ha risposto a una lettera perentoria di Cdp che non sarebbe tornata indietro dal processo di vendita di Aspi anche senza accordo con Cassa depositi. Insomma, dalla linea decisa a inizio agosto con un apposito consiglio di amministrazione (in fila, pare di capire, ci sarebbero diversi fondi esteri e nazionali).
Conte e soci aspettano mercoledì: senza risposte, va convocato un Consiglio dei ministri per decidere la revoca. È la linea concordata dal premier coi titolari di Economia e Infrastrutture, Roberto Gualtieri e Paola De Micheli nel vertice di sabato sera. Un passo indietro di Atlantia è sempre possibile, ma poco probabile se non arriverà anche un segnale dall’esecutivo. Il plenipotenziario dei Benetton, Gianni Mion, si è mosso come se non temesse la revoca. Il contenzioso, in ogni caso, è assicurato, anche perché nella lettera i mercoledì il governo si impegnava a chiudere “ogni ulteriore contestazione” in caso di accordo. Ora, invece, dovrebbe riesumarle.
Tridicoli. - Marco Travaglio
Tra un conato di vomito e l’altro per questa ributtante polemica sul non-caso Tridico per lo stipendio di 150mila euro lordi, vorremmo rivolgere un consiglio non richiesto. Non ai politici indignati, che non lo capirebbero (a menare il torrone sono parlamentari perlopiù fancazzisti che prendono 360-400mila euro l’anno, compresi quelli della Lega che ha fatto sparire 49 milioni). Ma ai “giornalisti” che da tre giorni mentono sapendo di mentire e si arrampicano sui vetri pur di tenere il non-scandalo sulle prime pagine, nelle rassegne stampa e sui social: ragazzi, vi state coprendo di ridicolo molto più del solito, perché lo capisce anche uno scemo che non fate più informazione, ma rastrellamenti. Sarebbe molto meno sputtanante stilare una lista di indesiderati da eliminare – chiunque appartenga ai 5Stelle o sia stato nominato dai 5Stelle o piaccia ai 5Stelle o abbia incontrato una volta per caso un 5Stelle – anziché andare a stanarli caso per caso, anzi casa per casa. La gente non è cretina: a furia di vedere dove finiscono le vostre accuse di rubare o truffare o mafiare a chiunque porti quel marchio d’infamia, capisce il giochino. Ci avete provato con Conte: tutte balle. Con Bonafede: tutte balle. Con la Raggi (e la Muraro): tutte balle. Con Di Maio e famiglia: tutte balle. Con la Azzolina: tutte balle. Ora, nel copione dei dieci piccoli grillini, tocca a Tridico: tutte balle.
La prima pietra la scaglia Repubblica, quella della “macchina del fango” e delle “fake news”. Titolo di sabato: “Tridico si alza la paga con effetto retroattivo: 150mila euro, il 50% in più del suo predecessore Boeri”. Tre balle in una: non se l’è alzata lui, ma un decreto ministeriale; non ha alcun effetto retroattivo; e i 150mila euro sono lo stesso costo del predecessore Boeri (che ne prendeva 103mila più 45mila di rimborsi per casa e trasferte, mentre finora Tridico incassava la metà: 62mila). Titolo di domenica: “Quei compensi dei vertici finanziati grazie ai tagli sulle cartelle ai pensionati”. Altra balla: i risparmi per gli aumenti di stipendi non vengono dal taglio delle “buste arancioni” (peraltro sospese da prima che arrivasse Tridico), cioè del capitolo “Spese posta massiva”, ma da quello dei capitoli “Spese postali, telegrafiche e telefoniche” e “Manutenzione e noleggio impianti e macchine”. Il resto lo fanno gli house organ di B. e Salvini, che una volta tanto si limitano a copiare Repubblica. Giornale: “Tridico senza vergogna. L’Inps è un disastro, ma lui pensa solo a raddoppiarsi la paga”. Libero: “Tridico non paga gli italiani, ma si raddoppia lo stipendio”, “Grillini zombie e avidi di denaro”, “Ecco i grillini arricchiti”. Verità: “Il presidente Inps si è raddoppiato lo stipendio”.
Idem Corriere e Messaggero. Un perfetto gioco di squadra, anzi da plotone d’esecuzione: Rep spara la prima raffica e gli altri il colpo di grazia. Seguono approfondite indagini su chi è stato a perpetrare l’orrendo delitto di dare al presidente Inps lo stipendio più basso mai visto per un dirigente pubblico. Fino al 2014 il presidente Mastrapasqua intascava 1,2 milioni. Tuttora 32 dirigenti Inps di prima fascia (su 40) guadagnano 240mila euro e centinaia di dirigenti di seconda fascia più dei 150mila di Tridico. Che sono 90mila in meno del tetto fissato dalla legge (240mila) per i dirigenti pubblici e del giusto stipendio (sempre 240mila) fissato per lui dal software usato dalla PA per stabilire i compensi dei Cda. Il problema s’è posto perché nel marzo 2019 il Conte 1 riformò la governance di Inps e Inail, cancellando i superpresidenti-commissari creati da B. nel 2010 e ripristinando i Cda. Nel periodo transitorio, Tridico divenne presidente con pieni poteri, ma dovette dividersi lo stipendio del predecessore Boeri (103mila) col vice Adriano Morrone imposto dalla Lega (62 a lui e 41 a Morrone). A giugno il ministero del Lavoro fissò gli stipendi per i presidenti di Inps e Inail non appena si fossero insediati i Cda: 150mila. Poi il governo cadde e i due Cda si insediarono solo il 15 aprile 2020. Il 7 agosto i ministri Gualtieri e Catalfo firmarono il dl interministeriale che confermava i nuovi compensi: non per iniziativa di Tridico, ma per una legge dello Stato, e per nulla retroattiva al 2019 (versione Repubblica&C.), ma a decorrere dall’insediamento della nuova governance (15 aprile ’20).
Questi sono i fatti. Che però non interessano a nessuno, perché riguardano l’informazione: nei rastrellamenti non si va tanto per il sottile. Tridico uguale 5Stelle, uguale Reddito di cittadinanza, uguale bonus ai poveri anziché ai padroni dei giornali e dell’Italia: quindi raus! E guai se qualcuno, come Stefano Fassina, osa difenderlo: finisce bersaglio della macchina del fango di Repubblica, con Stefano Folli che sproloquia di “comportamento approssimativo e opaco”, “modo poco trasparente e obliquo”, “zone d’ombra”, “aspetti meschini” e altre scemenze. Intanto Sebastiano Messina delira di una fantomatica “Doppia morale 5Stelle sui soldi”: come se le battaglie contro gli scandalosi megastipendi, pensioni d’oro e vitalizi a spese dei contribuenti confliggessero con la decorosa retribuzione riconosciuta a Tridico. A proposito: se 150mila euro al presidente dell’Inps (26mila dipendenti) sono troppi, siamo curiosi di conoscere gli stipendi degli indignatissimi direttori di quotidiani con poche centinaia o decine di giornalisti. Così magari se li tagliano. O si costituiscono.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/29/tridicoli/5947146/
lunedì 28 settembre 2020
C’è qualcosa che ci stiamo perdendo sull’universo. - Emanuele Tumminieri
Un team internazionale di ricercatori ha svolto uno studio sugli addensamenti di materia oscura più piccoli, alla ricerca di nuove risposte alle domande sul tema.
È incredibile constatare che tutte le leggi della fisica che siamo riusciti a elaborare, si possono applicare solo al 4% dell’universo, così come noi lo conosciamo. La maggior parte della massa dell’universo non è stata ancora rilevata, nascosta dietro qualche forma, particolare e ancora indistinguibile dalla materia visibile che costituisce le galassie, le stelle, i pianeti e lo stesso essere umano.
Secondo la NASA, quella della massa mancante è una questione che va al di là di un semplice problema. Rappresenta una sorta di imbarazzo, un ostacolo alla completa comprensione di situazioni, come la struttura delle galassie, l’evoluzione di aggregati (cluster) di galassie, oltre che il futuro dello stesso universo.
Con grande sorpresa, oltre che costernazione, da parte degli astronomi, da quando le osservazioni radio e ottiche hanno esteso le misurazioni di velocità delle stelle e dei gas anche alle regioni esterne alle galassie a spirale, si è capito che quelle stelle e galassie si muovono alla stessa velocità di quelle che stanno all’interno, con una sostanziale parte di massa della galassia che non risulta essere concentrata verso il centro della galassia, ma deve essere distribuita in un alone oscuro, invisibile, che circonda la galassia visibile.
È all’interno di queste regioni esterne di galassie che potrebbe essere contenuta la maggior parte della materia. Margaret e Geoffrey Burbidge – la prima direttrice del Kitt Peak National Observatory in Arizona, e il secondo uno dei più eminenti astronomi del dopoguerra, colui che ha scoperto che la vita conduce alla polvere di stelle – hanno svelato un universo differente e più violento di quanto ci si possa immaginare: radiogalassie e quasar che eruttano con incredibile quantità di energia, stelle pulsar e buchi neri che perforano il cosmo e catene di galassie che corrono indefinitamente verso l’eternità.
Aloni di dimensioni terrestri.
Mentre gli aloni di materia oscura di dimensioni maggiori contengono enormi quantità di galassie, con un peso superiore di 10^24 volte quello del Sole, e sono ben documentati, le masse degli aloni di materia oscura più piccoli – le cui dimensioni sono ritenute essere simili a quelle della Terra – sono riportati in lavori, quasi sconosciuti, effettuati da un team di ricerca guidato da Wang Jie, del National Astronomical Observatories della Chinese Academy of Sciences (NAOC).
Ingrandimento più profondo – 500 volte le dimensioni del nostro sistema solare.
Il gruppo di ricerca ha strutturato una mappa della densità della materia oscura utilizzando una simulazione che misura 2,4 miliardi di anni luce per ogni lato della mappa stessa. La cella intermedia di questa mappa ha una larghezza media di poco meno di un milione di anni luce. La cella più piccola è riferita all’ingrandimento più profondo: è ampia solo 783 anni luce, equivalente a 500 volte le dimensioni del sistema solare. Nella cella intermedia gli aloni di materia oscura più ampi hanno una massa simile a quella di un abbondante aggregato di galassie (10^15 volte la massa del Sole). Nella cella più piccola gli aloni più piccoli chiaramente visibili, hanno invece una massa simile a quella terrestre (0,000003 volte la massa solare).
Il gruppo di ricerca, costituito, oltre che dal NAOC, anche dalla Durham University, dal Max Planck Institute for Astrophysics in Germania, e dal Center for Astrophysics della Harvard University, ha impiegato cinque anni per sviluppare, testare e ingrandire una specifica regione dell’universo, come se si dovesse ingrandire l’immagine della Luna per vedere una pulce sulla sua superficie.
Le simulazioni sono state effettuate utilizzando il supercomputer Cosmology Machine, parte della struttura DiRAC High-Performance Computing di Durham, e i supercomputer della Chinese Academy of Sciences.
Secondo lo studio, questi aloni più piccoli sono estremamente numerosi, e contengono una frazione sostanziale della materia oscura presente nell’universo. In ogni caso, queste strutture hanno poca rilevanza per la storia cosmica, perché le stelle e le galassie crescono solo all’interno di aloni con dimensioni milioni di volte superiori a quelle del Sole. Questi aloni più piccoli possono essere studiati solo simulando l’evoluzione dell’universo attraverso i supercomputer.
Aloni troppo piccoli per contenere le stelle
Carlos Frenk, della Durham University, afferma che attraverso l’ingrandimento di questi aloni di materia oscura relativamente piccoli, è possibile calcolare la quantità di radiazione che ci si aspetta possa pervenire da aloni di dimensioni diverse. La maggior parte di questa radiazione dovrebbe essere emessa da aloni di materia oscura troppo piccoli per contenere stelle, e quindi gli osservatori a raggi gamma di prossima generazione dovrebbero essere in grado di rilevare queste emissioni, facendo in modo che questi oggetti, di piccole dimensioni, siano visibili individualmente o come gruppi. Ciò andrebbe a confermare la natura, precedentemente ipotizzata, della materia oscura, la quale non deve essere, a ogni costo, tutta oscura.
Ci sarebbe la possibilità di studiare la struttura degli aloni di materia oscura di tutte le masse comprese tra quella terrestre e quella di un grande aggregato di galassie. In termini numerici, l’ingrandimento copre un intervallo di massa che va da 10 a 10^30, che è equivalente ai chilogrammi del Sole.
Un universo virtuale in un dettaglio microscopico.
Attraverso questo ingrandimento dell’universo virtuale, con tale microscopico dettaglio, i ricercatori sono riusciti a studiare la struttura degli aloni di materia oscura, con un intervallo di valori della massa che va da quello terrestre a quello dei grandi cluster di galassie.
Con sorpresa, i ricercatori hanno scoperto che, qualunque sia la loro dimensione, gli aloni di massa oscura presentano tutti la stessa struttura interna, ovvero sono estremamente densi al centro, si diffondono sempre di più, e hanno degli ammassi più piccoli che orbitano attorno alle loro regioni esterne. Senza una scala di misura era quasi impossibile descrivere l’immagine di un alone di materia oscura di una galassia di grandi dimensioni, da uno la cui massa è una frazione di quella solare.
Le particelle di materia oscura possono collidere nelle zone vicine ai centri degli aloni, e, secondo alcune teorie, possono annichilarsi generando un’esplosione di radiazione gamma ad alta energia.
Secondo Simon White, un componente del gruppo di ricerca, appartenente al Max Planck Institute of Astrophysics, ci si aspetta che gli aloni di materia oscura di dimensioni inferiori siano abbastanza numerosi, e che contengano una frazione non irrilevante di tutta la materia oscura dell’universo. Questa particolare ricerca cerca di fare luce su questi aloni più piccoli, mentre si tenta di capire qualcosa in più sulla materia oscura e sul ruolo che essa gioca nell’evoluzione dell’universo.
Fonte: dailygalaxy.com
https://www.reccom.org/2020/09/28/ce-qualcosa-che-ci-stiamo-perdendo-sulluniverso/?fbclid=IwAR2nOYcytVmXAGV_M7xiOJlwuQNNmLXYfIqng74NMECQF_zmAdOmL8pYtVw
Cambia il reddito di cittadinanza: stretta su chi rifiuta il lavoro. - Marco Galluzzo
Il piano del premier Giuseppe Conte: una app per incrociare domanda e offerta. «Se resta com’è, rischia di essere una misura assistenziale senza progettualità»
«Voglio che una soluzione sia operativa entro sei mesi, il reddito di cittadinanza in questo modo rischia di essere una misura assistenziale senza progettualità».
L’accelerazione.
La disposizione, perentoria, di Giuseppe Conte è avvenuta al termine di tre riunioni riservate avute negli ultimi giorni con il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, con il ministro dell’Innovazione digitale Paola Pisano e con il presidente dell’Anpal (l’Agenzia nazionale delle politiche attive sul lavoro), Domenico Parisi, l’esperto di big data che ha lavorato con successo negli Stati Uniti e che ormai da mesi lamenta di essere ostacolato nel suo lavoro e di avere le mani bloccate.
Insomma è con taglio molto decisionista che il presidente del Consiglio ha preso in mano il dossier sul reddito di cittadinanza e le politiche attive sul lavoro (incontro fra domanda e offerta di impiego, fra aziende e disoccupati), ha chiesto alla Catalfo e a Parisi di collaborare invece di litigare e ha stigmatizzato che a distanza di un anno e mezzo dall’introduzione del reddito non esista traccia di un sistema unico e nazionale informatico che dovrebbe aiutare i disoccupati a trovare un lavoro e le aziende a trovare le persone che lo cercano.
https://www.corriere.it/politica/20_settembre_28/scelta-conte-cambia-reddito-cittadinanza-8b64ff72-00fb-11eb-8a00-13bbbd5f28b0.shtml
“Scrivimi le parole mai dette”. E il lavapiatti diventa una star. - Michela A.G. Iaccarino
Sulle cartoline americane della pandemia ci sono pensieri tristi. E dicono: “Ho mentito all’unica donna che amo”. “Non posso scegliere le memorie che rimangono”. “Vorrei non sentire la necessità di scrivere qui. Un giorno, forse”. “Sono fottutamente stanco di essere preso in giro”. “Mio padre ha perso il lavoro per il Covid-19 e, anche se mi sorride, gli leggo la paura negli occhi”. “Mi rendi sempre difficile perdonarti”. Sono alcune delle frasi che donne e uomini d’America hanno spedito nei giorni più bui del lockdown al lavapiatti che passa la vita tra i tavoli di un bar a San Francisco. Sono migliaia, le riflessioni d’Oltreoceano giunte al fotografo filippino che fa lo sguattero in California. Tutto è cominciato con un post di Instagram: la domanda, senza punto interrogativo, era “Cose che volevi dire e non hai mai detto”, formulata quando a seguire Geloy Concepcion non erano decine di migliaia di persone.
Raccogliere frasi e foto, scarti e i silenzi della terra a stelle e strisce che si è confessata a lui in modo anonima, è una forma d’arte e di indulgenza “per documentare la vita reale delle persone”, dice Geloy. Ha gli occhi scuri come i capelli e le sue fotografie, quando scatta in bianco e nero. Quasi sempre si immortala con sua figlia tra le braccia, come parte integrante del suo ritratto personale.Lo sguardo da straniero se l’è portato dietro da Manila: “Io sono il risultato dei primi 25 anni trascorsi in quella città, finché nel 2017, il giorno del compleanno di mia figlia, sono venuto a San Francisco in cerca di una vita diversa, siamo rinati insieme nello stesso giorno, ero un neonato anche io nel nuovo mondo in cui ero appena entrato”. Durante la quarantena obbligatoria, per via del lockdown, ha smesso di avvicinarsi alle persone per fotografarle. Allora ha suggerito che lo facessero da sole, nel periodo in cui il virus obbligava tutti alla solitudine. Alcune missive per Geloy dicono: “Durante la quarantena mi sono ritrovato a navigare nel mio passato, l’unico posto sicuro in cui possa andare”. “Al mio io giovane: ti perdono”. “Ho paura che non sarò mai coraggioso abbastanza per abbandonare questo posto”.
Sono traumi in forma scritta di destini gracili, frugali, ingenui, quasi tutti dolorosi, a volte dispersi per rabbia cronica: ma alcuni, nello spedire il loro dolore al fotografo, confessano di sentirsi liberati o “sollevati da un peso, che quando è condiviso con altri, diventa più leggero”, dice Geloy. Il collezionista di esistenze unisce lettere e foto che riceve, poi le rilascia nel web da dove sono venute, permettendo che si raggrumino dove tutti possano leggerle. Sono parole che gli sono arrivate addosso come una marea che non ha fermato, ma a cui ha dato un ordine.
L’idea del progetto gli è venuta mentre leggeva messaggi senza firma che “una mano segreta, in un luogo nascosto”, aveva scritto sui muri delle città che ha attraversato: “Piccole rivelazioni che non so chi ha composto”. Invece di collezionare frasi impresse su strade vere, sbarrate per il Covid-19, ha cominciato a camminare in quelle virtuali e c’è rimasto per un po’.
Altre note: “Molti genitori farebbero qualsiasi cosa per i loro figli, tranne lasciare che siano se stessi”. “Sono stato adottato e amato, ma non so a cosa appartengo”. “Nemmeno in un milione di anni augurerei ai miei nemici i demoni che ho in testa”. Geloy con testi ed immagini in arrivo dall’Alaska al Texas sta creando il “santuario”, la casa delle cartoline americane a cui sono stati affidati traumi che le persone non volevano più trascinarsi dietro, mentre il virus serpeggiava tra la popolazione. “Geloy: ritratti a distanza”: questo è il titolo dell’articolo dedicato al ragazzo di strada finito sul Philippine Star, uno dei giornali più venduti della patria che ha abbandonato per fame, povertà e qualcosa che chiama “vibrazioni e caos di Pandacan”, quartiere più duro di Manila, “dove sin dall’infanzia devi avere a che fare con le persone di strada”.
Con le cose che gli americani non hanno detto, non diranno e non si dicono, progetta di creare un libro, informa uno dei suoi ultimi post. Se gli chiedi durante l’intervista se ha qualcosa da confessare pure lui, come tutti quelli che l’hanno già fatto, risponde che se accadrà “aggiungerà una nota anonima, in mezzo a tutte le altre”.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/28/scrivimi-le-parole-mai-dette-e-il-lavapiatti-diventa-una-star/5945871/