sabato 18 marzo 2023

La mia mamma - Annamaria

 

Ricordi?
Avevi una chioma bionda, un giorno
Il sorriso allegro, e due occhi vispi, che sembravano parlare
La forza di chi ha sempre combattuto contro un mondo che voleva annientarla
Desiderio di fare, di esserci

Eri donna, e lo sei ancora
Figlia, sì. E poi moglie, mamma, nonna
Ma prima ancora, alle origini, donna
Eri sola, e loro erano in tanti
Troppi

Ti hanno mai ascoltata?
Dopo le richieste, dopo le pretese, dopo gli ordini
C’è mai stato un momento in cui qualcuno ti abbia davvero ascoltata?
Quanto è costato sentirsi continuamente sotto esame?
Darsi, e darsi
Fino a non poterne più

E poi le lacrime, i giorni bui
Chi c’era accanto a te quando hai creduto di non farcela?
In cosa hai intravisto la luce che ti ha spinta ad andare avanti?
Hai conosciuto tanto dolore, mamma
Come hai fatto a contenerlo tutto?

Sei la mia mamma
Guardo il tuo volto stanco, i capelli ormai grigi, gli occhi assenti
Ma vedo ancora quella giovane donna, minuta ed energica,
Che s’illuminava, al sole dei giorni d’estate
Quando si scendeva in spiaggia, tutti assieme

Ti piaceva il mare
Spogliandoti dei tuoi vestiti, gettavi via tutto il peso della tua vita
Scioglievi i capelli
E con il sorriso più bello del mondo, ti immergevi nelle acque
Bella come una Venere, tornavi ad essere DONNA

La mia mamma

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venerdì 17 marzo 2023

Salario minimo.

 


Io credo che la tizia ignori che pagando meglio i lavoratori si metterebbe in moto un ingranaggio produttore di grandi benefici, poiché chi guadagna di più spende di più, contribuendo, cosi', alla crescita economica e sociale della nazione, con le industrie che si espandono e con i lavoratori soddisfatti.
Purtroppo si è creata una situazione da "cule de sac" dalla quale credo che non potremo uscire facilmente.
Per uscirne, sempre che lo vogliamo, dobbiamo prestare più attenzione a chi diamo la grossa responsabilità di governare, badando maggiormente all'etica ed alla professionalità della persona più che alla simpatia che può suscitare un personaggio famoso.
Come paese siamo indietro in quanto a senso civico e do ut des.
La politica e tutta la ciurmaglia che vi bazzica all'interno, la fa da padrona creando divergenze, ingiustizie, malumori, invece di coccolarci, accarezzarci, servirci...
Un amministratore deve essere una persona dotata di grande professionalità, responsabilità e sacrificio.
Basti pensare che un boss, latitante per trent'anni, ha condotto una vita normale nel paese in cui viveva, muovendosi anche in posti pubblici senza timore di essere tradito.
Constatato quest'ultimo evento, credo che dovremmo fare un esame di coscienza, valutare i nostri errori e, poichè siamo noi a rappresentare il nostro paese, siamo noi a contribuire economicamente alla sua crescita, dobbiamo essere noi a pretendere rispetto e un'amministrazione equa che tenga conto dei nostri bisogni e si prodighi per soddisfarci.

cetta

martedì 14 marzo 2023

Cina: dal fiume in secca emergono antiche sculture in pietra. - Angelo Petrone

 

Le figure scolpite risalgono ad un periodo compreso dalle
dinastie Tang (618-907 d.C.) e Song (960-1279 d.C.).

L’abbassamento del livello dell’acqua del Fiume Azzurro ha fatto riemergere antiche sculture in pietra realizzate all’epoca delle dinastie cinesi Tang (618-907 d.C.) e Song (960-1279 d.C.). La scoperta è avvenuta nella Contea di Anyue, non lontano dalla città di Ziyang, nella zona sud ovest della provincia di Sichuan. Si tratta di figure scolpite direttamente nella roccia, spesso incorniciate da decorazioni. Anche lo scorso agosto, per l’abbassamento del fiume Yangtze, emersero antiche statue buddhiste rimaste fino ad oggi sommerse nei pressi della città di Chongqing, nel sud-ovest. Lo Yangtze, o Fiume Azzurro, è il più lungo del paese e il terzo più lungo sulla Terra. Durante il suo percorso attraversa la Cina e taglia la città di Chongqing, popolata da oltre 31 milioni di abitanti.


La Contea di Anyue è un’area ricca di sculture rupestri, scoperte nel corso degli anni. Le più antiche risalgono all’epoca della dinastia Han Orientale (25 d.C. – 220 d.C.), mentre durante il governo dei Tang e dei Song quest’arte raggiunse il culmine. Ora sono oltre 100mila le sculture in pietra venute alla luce in oltre 230 siti. La loro collocazione spesso in luoghi difficili da raggiungere tra le montagne ne ha impedito la scoperta per lungo tempo.

I SUMERI NON FURONO I PRIMI. -

 

Fino a circa 20 anni fa, si riteneva che la "civiltà" avesse avuto origine con i Sumeri circa 7000 anni fa. Poi furono scoperti Göbekli Tepe e gli insediamenti vicini, al confine tra Siria e Turchia. Da allora, tutto è cambiato.
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I resti più antichi di Göbekli Tepe risalgono ad almeno 12.000 anni fa. Ma alcuni dei monoliti trovati nelle rovine mostrano persone vestite solo con un perizoma. Tuttavia, 12.000 anni fa eravamo nel bel mezzo dello Younger Dryas (una mini era glaciale). Pertanto, è impossibile che le persone andassero in giro vestite solo con il perizoma. Per poter andare in giro vestiti così, le temperature dovevano essere miti.
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Ma l'ultimo periodo "mite" prima della Young Dryas è terminato intorno al 110.000 a.C., quando è iniziata l'ultima era glaciale. È vero che ci potrebbero essere stati dei climi locali più miti. Resta di fatto che quella è l’unica scultura risalente ad oltre 12.000 anni fa che raffigura esseri umani in perizoma. Pertanto, almeno alcune parti di Göbekli Tepe potrebbero risalire a prima dello Younger Dryas.
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A Göbekli Tepe sono stati incisi ideogrammi, ossia sculture che non rappresentano né animali né cose, ma concetti astratti. Potrebbero essere il più antico esempio di scrittura umana, almeno 5.000 anni più antica di quella dei Sumeri. Gli edifici di Göbekli Tepe non sono fatti di legno o di paglia, ma di pietra calcarea. Alcuni pilastri pesano quasi 20 tonnellate. Gli abitanti di Göbekli Tepe furono in grado di costruire case e villaggi in pietra migliaia di anni prima dei Sumeri.
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Su una lastra di pietra chiamata 'Stele della Gru', i saggi di Göbekli Tepe raccontano di un incontro tra loro e 'esseri esterni' che vennero dal cielo quando una cometa attraversò il cielo. Inoltre, la narrazione incisa si riferisce a un periodo in cui, circa 12.000 anni f; un bombardamento di comete ha causato una tremenda distruzione sulla Terra. Questo bombardamento è stato confermato recentemente dagli astrofisici. Circa 12.000 anni fa una o più comete sono esplose nelle vicinanze della nostra atmosfera, e i loro frammenti ci hanno “bombardato a tappeto”. Ma allora, anche il resto della storia incisa a Göbekli Tepe è vera?
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Questo argomento è trattato a fondo nel libro
12.794 ANNI FA – VISITATORI A GÖBEKLI TEPE

Lo può trovare al seguente link
https://www.amazon.it/dp/B08LKJJ2WF 

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lunedì 13 marzo 2023

Quando sarò vecchia. - Viviana Vivarelli

 

Quando sarò vecchia voglio fare delle cose che non ho fatto mai

Innamorarmi perdutamente di qualcuno che non ho mai visto di persona
Dimenticarmi di essere una signora e fare sogni scandalosamente sessuali
Non leggere più per educazione i libri che mi regalano
Riconoscere che leggere è bello ma scrivere di più
Piantarla di aspettarmi affetto e riconoscenza e mandare a fankulo chi mi ha sfankulata
Dimenticarmi di guardarmi allo specchio dopo che mi sono pettinata e ho lavato i denti
Buttare via la bilancia pesapersone e pensare che 'tanta' è bello ma 'troppa' è di più
Smettere di angosciarmi su quanti problemi di salute ho e pensare che nella mia testa sto benissimo e rido
Guardare le serie coreane tanto sentimentali e pensare che sono io la fanciulletta tanto amata e innamorarmi del bellissimo ragazzino protagonista
Dire chiaramente agli idioti quanto sono idioti
Fregarmente del fatto che ho i seni piccoli ma il sedere in fuori
Smettere di darmi la cipria e lasciare il viso com'è
Smettere di arrabbiarmi che tanto non vale.
Sentirmi giovanissima dentro e veloce e frizzante
Parlare a voce alta a me stessa e ridere delle mie stesse battute
Riconoscere che in fondo sono la persona più simpatica che ho mai conosciuto
Smettere di rimuginare sul padre e la madre e la figlia e lo spirito santo...
Vincere la mia ritrosia e abbracciare le persone che mi piacciono anche se le conosco da un'ora
Fregarmene dei soldi e anche del fatto che ne ho pochi e che domani non mi basteranno
Smettere di pensare che un giorno avrò bisogno della badante o del pensionato o di un aiutante e non ci sarà nessuno che penserà a me
Riconoscere che la bellezza non è male ma l'intelligenza è più fico e l'humor le batte tutte
Fregarmene dei somari che mi criticano perché non sono come loro e stroncarli con una battuta
Giocare con me stessa come fossi una bambina
Buttar via l'aggressività che tanto mi si ritorce sempre contro
Aspettarmi ogni mattina il meglio della vita
Volermi proprio un sacco di bene

domenica 12 marzo 2023

La foglia che cura il fegato, l’acidità, l’arteriosclerosi, il mal di pancia e la forfora.

 

L’alloro è un albero originario del Mediterraneo e che fa parte della nostra gastronomia, per via del suo sapore molto caratteristico. L’alloro è anche un’eccellente pianta terapeutica, che stimola l’apparato digerente e ha proprietà carminative, espettoranti, antireumatiche, diuretiche e dermatologiche.

È molto efficace nel prevenire e trattare molte condizioni di salute, soprattutto legate alla digestione. Inoltre, avendo un effetto rilassante, è ottima per alleviare ansia e stress. Di seguito ti elenchiamo i principali benefici dell’alloro.

  • contribuisce a favorire la digestione, supportando il fegato e prevenendo l’acidità e gli spasmi intestinali;
  • può alleviare i sintomi di raffreddore e influenza, così come bronchite e altre condizioni dell’apparato respiratorio;
  • è utile nel trattamento dell’arteriosclerosi e migliora la circolazione sanguigna;
  • aiuta a combattere le malattie reumatiche, alleviando il dolore a riducendo le infiammazioni;
  • allevia i sintomi dei cicli mestruali dolorosi;
  • favorisce l’espulsione dei liquidi in eccesso, depurando da tossine e residui;
  • può essere usato per proteggere il cuoio capelluto da forfora e altre alterazioni che possono causare la caduta dei capelli.

https://www.rimedio-naturale.it/tutti-i-benefici-dell-alloro.html?fbclid=IwAR3ksgHLMamRXrsU00lmkcq3rihu6jf-Ds1imuv9kUIqW0FayYBs-O4fyPU

sabato 11 marzo 2023

Satiricon.

 

L'opera è incentrata sulle vicissitudini del protagonista Encolpio, un giovane studente di retorica colto e sfaccendato, del suo efebico servo Gìtone, col quale intrattiene un'intensa relazione, e dell'infido amico-nemico Ascilto. L'antefatto, soltanto deducibile a causa della lacunosità del testo, racconta d'un imprecisato oltraggio commesso da Encolpio nei confronti della divinità fallica Priapo che, da lì in poi, lo perseguiterà provocandogli una serie di tragicomici insuccessi erotici.

La narrazione tràdita si apre in una Graeca urbs della Campania (non è mai indicata per nome, ma trattasi sicuramente di Pozzuoli o Napoli), nei pressi di una scuola, dove Encolpio e l'anziano retore Agamennone dibattono fervidamente sull'inesorabile declino dell'arte dell'eloquenza. A un certo punto, il protagonista si rende conto che il suo compagno di viaggio Ascilto si è defilato e, approfittando dell'arrivo degli studenti, s'allontana con l'intento di andarlo a cercare. Girovagando per la labirintica città campana, il giovane finisce per perdersi e, chiedendo ingenuamente indicazioni a un'anziana sconosciuta, viene da questa trascinato in un lupanare, dove però s'imbatte proprio in Ascilto. Qui i due, nel tentativo di fuggire, sono forse coinvolti in un'orgia. Riusciti a venirne fuori, i due giovani ritornano a casa, dove trovano ad attenderli Gitone. In seguito, dopo essersi fatti coinvolgere in una zuffa per le strade a causa del loro fallimentare tentativo di vendita d'alcune stoffe probabilmente trafugate, i due compari si trovano al loro rincasare a dover rispondere d'un qualche sacrilegio da loro commesso nel tempio di Priapo diverso tempo prima della narrazione pervenutaci: la sacerdotessa della divinità, Quartilla, fattasi trovare ad attenderli nella loro stanza al seguito delle sue ancelle e dei suoi schiavi/guardie siriaci, costringe infatti Encolpio e Ascilto a partecipare un'orgia come forma d'espiazione della colpa da loro commessa. In questa è coinvolto anche Gitone, che viene poi spinto per il malcelato ludibrio della donna a giacere con la settenne Pannichide. Una volta soddisfatta la richiesta della sacerdotessa, questa si congeda lasciando i protagonisti ormai esausti a riposarsi.

Il racconto si sposta dunque a casa di Trimalchione, un rozzo ed eccentrico liberto arricchitosi immensamente con l'attività commerciale, dove i tre giovani si trovano invitati a uno dei suoi sfarzosi e luculliani banchetti. Qui s'apre la scena della famigerata Coena Trimalchionis che, occupando quasi la metà dell'intero scritto pervenutoci, costituisce la parte centrale dell'opera. Al convivio sono ospiti, oltre ai tre giovani, anche il retore Agamennone (che, pur prendendo spesso parte ai banchetti organizzati da Trimalchione, nutre segretamente disprezzo nei suoi riguardi) e altri vari personaggi dello stesso ceto sociale del padrone di casa. La portata del cibo è spettacolare e altamente coreografica, accompagnata dai giochi acrobatici della servitù e dai racconti tra i commensali. I convitati intrattengono poi una lunga conversazione, che tocca i più svariati argomenti: la ricchezza e gli affari di Trimalchione, l'inopportunità dei bagni, la funzione sociale dei riti funebri, le condizioni climatiche e l'agricoltura, la religione e i giovani, i giochi pubblici, i disturbi intestinali, il valore del vetro, il fato, i monumenti funebri, i diritti umani degli schiavi. Il tutto offre uno spaccato vivace e colorato, non senza punte di chiara volgarità, della vita di quel particolare ceto sociale. Con l'arrivo di Abinna (accompagnato dalla moglie, Scintilla, grande amica della moglie di Trimalcione, Fortunata), costruttore impegnato nella realizzazione del maestoso monumento funebre di Trimalcione, quest'ultimo decide d'inscenare il proprio funerale, costringendo tutti gli astanti ad agire e comportarsi come se fossero stati invitati al suo banchetto funebre; i giovani, disgustati dal grottesco spettacolo, approfittano della confusione per fuggire.

Tornati a casa verso sera, Encolpio cade preda di un profondo sonno, a causa del troppo vino bevuto, e Ascilto, approfittando di ciò, concupisce con Gitone. Sorpresili a letto nudi, il mattino seguente, Encolpio rompe l'amicizia che lo vincolava ad Ascilto, proponendogli dunque di dividersi i loro beni comuni e d'intraprendere ognuno la propria strada; ma, al momento di dividersi, Gitone sceglie di stare con Ascilto, lasciando Encolpio solo e disperato. Vagando senza meta per le strade della città, meditando addirittura di vendicarsi a fil di gladio dei suoi compagni traditori, il giovane si ritrova in una pinacoteca, dove fa la conoscenza di Eumolpo, un vecchio e squattrinato letterato, al quale il giovane finirà per confessare tutte le proprie disavventure. Notato poi l'interesse di Encolpio per un quadro raffigurante la presa di Troia, l'attempato poeta gliene declama il resoconto in versi (è la celebre Troiae halosis), che però non incontra i favori dei visitatori presenti che, infuriati, costringono dunque i due a una repentina fuga. Divenuti ormai amici, Encolpio invita il suo nuovo compagno d'avventure a cena ma, sulla via del ritorno, s'imbattono in Gitone che, scappato dalle grinfie di Ascilto, implora il suo ex-padrone e amante di riprenderlo con sé; Encolpio accetta e, con l'aiuto di Eumolpo, riesce a sottrarlo ad Ascilto con l'inganno.

Nei frammenti successivi, Encolpio, Gitone ed Eumolpo s'imbarcano su una nave che, come scoprirà con sgomento il protagonista, si trova sotto il comando del temibile Lica di Taranto, una vecchia conoscenza del giovane; sulla nave è presente anche Trifena, una ricca nobildonna da cui Gitone sembra nascondersi. I due giovani, vestendosi con dei cenci e rasandosi il capo a zero, cercano di farsi spacciare come i servi di Eumolpo, ma alla fine vengono scoperti. Encolpio e Gitone si ritrovano così a rischiare la vita, ed è solo con l'intervento di Eumolpo, riuscito a sedare gli animi con una lunga arringa difensiva in loro favore, che i giovani hanno salva la vita. Ne segue un banchetto, in cui Eumolpo diletta i convitati con alcuni racconti. La nave poi affonda a causa di una violentissima tempesta, ma i tre riescono comunque a trarsi in salvo. Naufragati sulle coste del Bruzio, Eumolpo suggerisce di recarsi a Crotone dove, stando ai suoi piani, si faranno mantenere dai cacciatori d'eredità. Durante il tragitto, Eumolpo recita ai ragazzi un poema epico, concernente il Bellum civile ("La guerra civile") fra Gaio Giulio Cesare e Gneo Pompeo Magno.

Da come si apprende dai successivi frammenti, i tre, da un po' di tempo stabilitisi a Crotone, con Eumolpo che recita la parte di un vecchio e danaroso senza figli e con Encolpio e Gitone quali suoi servi, vivono ormai nel lusso, grazie ai numerosi cacciatori d'eredità che, tra un dono e l'altro, cercano di entrare nelle grazie del vecchio poeta. Si legge poi di Encolpio che, per l'ira del dio Priapo, è ormai diventato impotente e, a causa di ciò, è divenuto bersaglio delle vendette di una sua ricca amante, Circe, che, credendosi da lui disprezzata, comincerà a perseguitarlo. Per cercare di porre rimedio alla sua debilitante condizione fisica, il giovane, dopo innumerevoli tentativi (tra cui quello di non unirsi più con l'amato Gitone), decide di rivolgersi a delle anziane e navigate maghe, Proseleno ed Enotea, che, con la scusa di praticare un rituale curativo, preparano il giovane a subire un rapporto anale, a cui Encolpio riesce a stento a scampare. Eumolpo, nel frattempo, sempre più pressato dai vari pretendenti, fa spargere la voce che sia morto, facendo poi redigere un testamento dove specifica che gli eredi avranno diritto alle sue sconfinate ricchezze solo se faranno a pezzi il suo corpo e se ne ciberanno in presenza del popolo. La narrazione termina dunque con degli stralci alquanto frammentari tra i protagonisti inerenti famigerati casi di cannibalismo verificatisi nel corso della storia.

Encolpio mitomane

Encolpio, protagonista e narratore della vicenda, si definisce "mitomane", in quanto paragona eventi del proprio vissuto a storie del mito. Questo comportamento è legato all'educazione dei giovani basata sostanzialmente sullo studio dell'epica classica, da Omero a Virgilio, e sulle vicende ivi narrate degli eroi del mito, tutti eventi poco realistici.

Encolpio, abbandonato da Gitone, su una spiaggia ripensa al proprio vissuto proprio come Achille all'inizio dell'Iliade, meditando vendetta. I suoi propositi vengono però subito annichiliti dall'incontro con un soldato che gli chiede di quale legione sia, ma i suoi scarponcini bianchi sono una spia della sua bugia.

Giunto poi in una pinacoteca, osserva i quadri e, proprio come Enea sbarcato a Cartagine vede scene che gli ricordano la distruzione di Troia, così Encolpio si ricorda della propria delusione amorosa, e come nell'Eneide giunge un nuovo personaggio, ovvero Didone, così giunge Eumolpo.

Trimalchione l'arricchito

Personaggio del romanzo decisamente degno d'interesse, rappresenta la figura del liberto arricchito, o parvenu, che pur avendo migliorato la propria condizione sociale, è rimasto rozzo e volgare. Personalità eccentrica, bizzarra, che ama ostentare la propria ricchezza e vestire in modo stravagante. Allo stesso tempo vuole anche mostrare di avere cultura, e perciò quando parla con il retore Agamennone, afferma di possedere ben tre biblioteche, solo che in seguito continua dicendo che una è di greco e una di latino.

Crede che sia Cassandra ad aver ucciso i propri figli e non Medea, afferma che Dedalo ha rinchiuso Niobe nel cavallo di Troia, crede nell'esistenza di un poeta, tale Mopso Trace, confondendo evidentemente il poeta Mopso con Orfeo di Tracia, e sbaglia del tutto la trama dell'Iliade, in cui, stando alla sua versione, Diomede e Ganimede sarebbero stati fratelli di ElenaAgamennone la rapì e le sostituì una cerva in onore della dea Diana; vinse Ifigenia e la dette in moglie ad Achille e per questo Aiace impazzì.

Il labirinto

La Graeca urbs, così come la Cena Trimalchionis e la nave di Lica, sembrano richiamare un labirinto.

Encolpio si perde all'interno della città campana dov'è ambientata la prima parte dell'opera, si muove e gli sembra di ritornare sempre nel medesimo punto. Alla fine s'imbatte in una vecchia, alla quale domanda "dove sto di casa", domanda stupida, che dimostra la sua imperizia del mondo fuori da un ambito scolastico. La donna equivoca il significato di queste parole e lo trascina in un lupanare, dove incontra Ascilto che pure lui si era perso.

Nella cena, invece, la casa stessa è un labirinto, dal quale i protagonisti non riescono a uscire, e così pure la lunghezza e il numero delle portate della cena, che non fanno altro che suscitare un sentimento di attesa e disattesa. Nel corso della cena, infatti, una pietanza non si dimostra mai ciò che apparentemente sembra. Inoltre proprio il cuoco di Trimalcione si chiama Dedalo.

Forse meno suggestiva è la nave di Lica, sorvegliata da un marinaio, in quanto se c'è chi sorveglia non è proprio un labirinto. Questa è comunque la tesi espressa dal latinista e filologo Paolo Fedeli.


https://it.wikipedia.org/wiki/Satyricon