Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 12 giugno 2017
sabato 10 giugno 2017
Mafia capitale, il furto del secolo e la lista dei 147: così Massimo Carminati ha messo sotto ricatto la Repubblica. - Giuseppe Pipitone
Il libro del giornalista Lirio Abbate ricostruisce il colpo messo a segno nel 1999 al caveau della Banca di Roma all'interno del palazzo di giustizia. Dentro ci sono 900 cassette di sicurezza ma il Cecato ordina di forzarne solo 147: sono intestate a giudici, avvocati, cancellieri del tribunale, alti dirigenti dell'amministrazione giudiziaria. Tutte personalità legate ai più grandi misteri d'Italia: dalla P2 all'omicidio Pecorelli, dalla Banda della Magliana alla strage di Bologna.
Non è mai stato un ladro. Lo hanno accusato di omicidi, stragi, esecuzioni, persino di rapina negli anni nerissimi dei Nar e Avanguardia Nazionale: ma il furto con scasso non era mai stato tra i suoi impieghi preferiti. Almeno fino a quella notte del 1999, quando probabilmente la storia di Massimo Carminati cambia per sempre.
Il 16 luglio dell’ultimo anno del Novecento è un venerdì senza luna: quando la faccia godereccia della Capitale sta cominciando a fare baldoria, otto persone si spingono fin dentro al caveau della Banca di Roma all’interno del palazzo di giustizia di piazzale Clodio. Sono una banda di “cassettari“, come chiamano a Roma i ladri specializzati nell’aprire casseforti e meccanismi blindati. I giornali parleranno di “furto del secolo“, i giudici di un “bottino eccezionale” da almeno 18 miliardi di vecchie lire e di un “crimine spettacolare” con una “carica intimidatoria”, per la “valenza simbolica” dei luoghi: in quello che è probabilmente il posto più sorvegliato d’Italia i ladri restano ore, senza sparare un colpo, senza forzare una serratura, senza far scattare alcun allarme.
A farli entrare saranno quattro carabinieri corrotti e le indicazioni fornite da un dipendente della banca rovinato dai debiti. A coordinarli c’è Carminati, il Nero della Banda della Magliana, il Cecato che qualche anno dopo sarà accusato di essere il capo dei capi di Mafia capitale. Per la verità in quel momento sulla sua testa pendono già accuse gravissime: una richiesta di condanna all’ergastolo per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli e il processo per il depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna. Quella notte Carminati rischia grosso ma forse è proprio per questo – per quei procedimenti pesantissimi che incombono sulla sua vita – che il Cecato decide di farsi ladro.
A raccontarlo è il giornalista dell’Espresso, Lirio Abbate, nel libro La Lista – Il ricatto alla Repubblica di Massimo Carminati (Rizzoli), dove mette in ordine tutti gli aspetti rimasti ancora inediti di quello che è forse il prequel di Mafia capitale. In un Paese di dossier, ricatti e pizzini il titolo del saggio di Abbate è evocativo: in quella notte senza luna, infatti, è proprio una lista quella che ha in mano Carminati. Un foglio di carta dove ha appuntato nomi e numeri: sono i titolari e le allocazioni di alcune cassette di sicurezza custodite nel caveau.
Nella pancia del palazzaccio romano ci sono più di novecento forzieri: i cassettari guidati dal Nero ne apriranno solo 147. “Quelle sono roba mia, voi prendere il resto”, dirà il Cecato ai suoi complici. Diventa “roba sua” quindi il contenuto delle cassette di sicurezza intestate a giudici, avvocati, cancellieri del tribunale, alti dirigenti dell’amministrazione giudiziaria. I forzieri svaligiati da Carminati appartengono ad alcuni personaggi che sono tutti legati ai principali misteri d’Italia, dalla P2 all’omicidio Pecorelli, dalla Banda della Magliana alla strage di Bologna: è un caso? E poi: cosa contengono in realtà quelle cassette di sicurezza? Solo denaro e preziosi o – molto più probabilmente – anche documenti, fotografie, possibili armi di ricatto?
Il giornalista dell’Espresso prova a ricostruirlo rivelando che tra i titolari della cassette di sicurezza scassinate da Carminati ci sono i fratelli Wilfrido e Claudio Vitalone: il primo è un avvocato, il secondo invece da magistrato ha sostenuto la pubblica accusa nel processo sul Golpe Borghese, poi ha fatto il senatore e il ministro con Giulio Andreotti e con il divo è stato anche processato e assolto per l’assassinio Pecorelli. Nell’elenco dei derubati da Carminati c’è anche Orazio Savia, pm in alcune contestatissime indagini della procura di Roma – per anni il “porto delle nebbie” di ogni inchiesta scomoda – processato e condannato per corruzione.
La lista del Cecato, però, è lunga: dentro c’è anche il nome di Domenico Sica, magistrato e prefetto, già alto commissario per la lotta alla mafia, per anni nome di primo piano della procura capitolina, titolare delle indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, sull’omicidio di Aldo Moro, sull’attentato a Papa Giovanni Paolo II. Morto nel 2014, fino ad oggi nessuno aveva mai incluso Sica nell’elenco dei titolari delle cassette di sicurezza forzate da Carminati. Cosa c’era dentro i suoi due forzieri svaligiati alla Banca di Roma? “Una parte della destinazione della cassetta risale a un’epoca in cui ero Alto commissario. Quindi non lo so, sarei anche tenuto alla riservatezza su quello che poteva contenere la cassetta, ecco…”, concederà Sica ai giudici della procura di Perugia che indagano sul furto al caveau. Quando questi ultimi torneranno a chiedergli se per caso la notte della razzia di Carminati ci fossero ancora documenti riservati nelle sue due cassette di sicurezza, l’ex magistrato negherà con forza.
Quel furto, però, era sicuramente “finalizzato alla sottrazione di documenti scottanti, utilizzabili per ricattare la vittima o terzi”, appunteranno i giudici perugini, che non riusciranno mai a dimostrare se Carminati sia riuscito o meno a mettere a segno il suo obiettivo. Anche perché “nessuno ha denunciato la sottrazione di documenti” e quelli che “avessero detenuto siffatto materiale, ben difficilmente sarebbero poi disposti a denunciarne con entusiasmo la scomparsa”.
L’unica cosa certa è che dopo il furto al caveau Carminati viene assolto per l’omicidio Pecorelli (perfino in appello, quando ad essere condannato è Andreotti), e si salva anche dall’inchiesta sulla strage di Bologna: dopo l’assoluzione in appello, la procura generale non ricorre in Cassazione. Nel frattempo evaporano pure le condanne per mafia legate alla Banda della Magliana, e l’indulto del 2006 falcerà la pena a quattro anni che gli sarà inflitta per la rapina del 1999. Poi di quel blitz al cuore della Repubblica non si parlerà più, nonostante Carminati torni a girare per Roma, a intimidire, ricattare, e – per gli inquirenti – a fondare la sua Mafia, la piovra capitale. “Io sono convinto che se qualcuno avesse dato risalto a quell’inchiesta sul furto al caveau, se si fossero rivelati prima i nomi dei derubati, dei personaggi che sono stati potenzialmente sotto ricatto, sarebbe cambiata non solo la storia di Carminati, ma anche quella della città di Roma, la storia criminale, politica e affaristica di questo Paese”, ragiona oggi con ilfattoquotidiano.it Abbate, più volte minacciato dal Cecato.
Ma il giornalista siciliano non è l’unico che è tornato a parlare della rapina del secolo. Lo fa anche il suo autore principale ed è per la prima volta in 18 anni. “Sulla mia disponibilità economica, tutti ci girano intorno, ma è ovvio quale fosse dal 2002: se c’erano tutti questi dubbi che io avessi partecipato al furto al caveau potevano dirlo prima così mi assolvevano invece di condannarmi”, dirà Carminati intervenendo al processo a Mafia capitale, dove è l’imputato principe: la prima rivendicazione del maxi furto del 1999 arriva in collegamento dal carcere di Parma, dove è recluso in regime di 41 bis. Poi, però, il Nero ammetterà anche altro: “È vero, c’erano molti documenti, e così fra un documento e l’altro ho preso pure qualche soldo”. Un riferimento completamente inedito, quello alle carte, che per Abbate è un messaggio in puro stile mafioso. “Quando abbiamo scritto del caveau – dice il caporedattore dell’Espresso – Carminati è impazzito e per la prima volta ha parlato pubblicamente di quei fatti. Chi è siciliano non fatica a capire che quelle dichiarazioni spontanee avessero un senso ben preciso: io sono qui dentro, recluso, ma ho ancora quei documenti che vi rovinano. Voleva lanciare un messaggio“. L’ultimo mistero figlio di quella notte senza luna è proprio questo: con chi parla oggi Massimo Carminati?
Dietro la CIA e Soros c’è … “Jigsaw”.- Gordon Duff
Nel 2013, Veterans Today insieme a Press TV e alla loro corrispondente Serena Shimm riuscirono a collegare un’organizzazione apparentemente innocente ad un attacco false flag con gas sarin in Siria. VT era arrivata per prima alla notizia, grazie ad una fonte di alto livello, che precedentemente aveva fatto rivelazioni sugli assassini di scienziati in Iran e su una rete di operazioni di squadristi neri in Azerbaigian.
Il loro obiettivo era l’Iran, distruggere la sua economia, armando i separatisti del Kurdistan e boicottando ogni possibile insediamento nucleare. Avevano preso l’Egitto, mettendo temporaneamente al potere la fratellanza musulmana finanziata dai sauditi, avevano rovesciato l’Ucraina e istigato alla guerra civile la Siria.
L’ organizzazione, che si chiamava Google Idea Groups, da allora ha cambiato nome in “Jigsaw.” Anche il suo obiettivo è cambiato, ora recluta gente in tutto il mondo. Dietro robusti siti web collegati tra di loro, che promuovono democrazia, bontà e trasparenza, che offrono un software sicuro e addestramento all’attivismo politico c’è un’altra realtà di bambini morti, di terrorismo, di false flag, di manipolazione della stampa e una agenda di sottomissione e tirannia.
Ogni volta che qualcuno si avvicina a chi sta veramente dietro a questa storia, si mette in moto la macchina delle bugie e tutti puntano il dito dritto contro George Soros e la sua “Open Society”, questo per chi ha idea su come funzionano queste cose, oggi però non sono tanti perché ci troviamo chiaramente dall’altro lato dello spettro politico.
Questa è l’organizzazione che sta dietro Victoria Nuland e dietro i neo-con in Ucraina e, ancora peggio dietro chi controllava Hillary Clinton come Segretario di Stato e che ora controlla anche Donald Trump. Non stiamo parlando di un miliardario, stiamo parlando di miliardi di dollari, stiamo parlando del controllo totale di internet, di tutti i social media, di tutti i motori di ricerca e perfino della stessa infrastruttura dell’hardware.
Siamo anche pronti a dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio che siamo arrivati almeno al livello di “quello che è stato nascosto”. Ora stiamo vedendo una testa dell’Idra, stiamo vedendo il potere che sta sopra e oltre i governi, il potere che crea la realtà, che progetta qualsiasi verità, il potere che sta sopra ogni legge. Ci sono altre teste di questa idra, intanto noi ne vediamo solo una.
Esiste un’organizzazione mondiale, appoggiata dalle più potenti aziende tecnologiche del mondo, guidata da Google, Facebook e Microsoft, ma con loro si muovono i governi degli Stati Uniti e del Regno Unito e dietro di loro, una brodaglia che si può elencare in ordine alfabetico piena di agenzie di intelligence e di security. Curiosamente, questo gruppo è stato chiamato Alphabet Inc, e al centro c’è “Jigsaw”, guidato da Jared Cohen, ex consulente del Consiglio di Sicurezza Nazionale di Bush (il 43° Presidente).
Jigsaw, e i suoi padri di Alphabet, è al centro di più di una dozzina di organizzazioni, che prima erano legate a Movements.Org, che reclutano attivisti e informatori da tutto il mondo, finanziati generosamente con fondi di potenti società di Internet e con il sostegno — ATTENZIONE — della CIA.
Dietro queste organizzazione ci sono gruppi di giovani attivisti, reclutati in ogni angolo del mondo, a cui viene offerto aiuto finanziario, affiliazioni con i maggiori potentati di Internet, di cui Google e Facebook sono solo due tra decine di altri potentati …. solo questo? …. Beh, dietro tutto questo discorso che predica la lotta alla corruzione e la costruzione della democrazia ci sono sempre le solite vecchie facce, quella che è appena morta – David Rockefeller – e quella del Council on Foreign Relations, la faccia molto nota del Dipartimento di Stato USA e quella meno nota, che manovra il tutto: la CIA.
Il piano è semplice, ma l’ambizione è enorme, si reclutano dei millennials tecnicamente brillanti ma eticamente zoppi, con jeans e infradito ma anche con stock options e contratti blindati, Il loro lavoro è costruire un sistema di social engineering data da incubo, qualcosa che nemmeno Orwell avrebbe mai potuto immaginare.
Dopo di che si collega il risultato di questo lavoro con gruppi di base in grado di organizzare “movimenti politici a richiesta” e per far funzionare il prodotto di questa combinazione, ci si allea con agenzie di intelligence in grado di ammazzare, di far saltare auto-bomba, di fare attacchi con gas sarin ecc… “a richiesta” … ed ecco che abbiamo creato una Macchina del Cambiamento a cui nessuno può resistere.
Tutto, naturalmente, è reso possibile manipolando la fiducia della gente, approfittando dell’avidità umana e dove questo non basti, si usano ricatto e coercizione. Queste organizzazioni sono uscite allo scoperto per la prima volta nel 2008, “finanziate con fondi neri” del governo americano e inglese e si chiamavano The Alliance for Youth Movements.
Ogni anno si è tenuto un summit che ha riempito Città del Messico o Londra o altri posti simili in cui si riunivano tutte le potenziali reclute della CIA. All’inizio, Robert Bernstein, quello che ha fondato Human Rights Watch, che sembra sia una faccia della CIA, ne ha preso le redini ed ha iniziato a collaborare con i media per mezzo di Al Jazeera, di proprietà dei reali del Qatar e delle organizzazioni di Murdoch – Fox / WSJ – media in mano di Israele che stanno soffocando USA e Regno Unito.
Era Movement.Org, non le organizzazioni di Soros, che erano responsabili delle Primavere Arabe e del colpo di stato in Ucraina. Sì, sono stati proprio loro a “tirare il grilletto” sull’Egitto e a mandare al potere la Fratellanza musulmana voluta dai Sauditi. Hanno sviluppato il software usato per individuare chi erano i “ribelli moderati” della Siria, e dar loro una voce con le “fake-news” di al Jazeera, quell’organizzazione del Qatar che ora sta lavorando in Siria con la sua società di produzione video, quella che ha reso gli attacchi con i gas dei White-Helmet dei “falsi umanitari”.
Con loro lavorano nei media anche le organizzazioni di Murdoch, Fox News negli Stati Uniti e le altre proprietà di Murdoch in tutto il mondo. Loro voce ufficiale è il sito web Daily Beast, noto per essere un sito “liberal” del Mossad e molto “sotto-il-controllo-dell’opposizione”, un sito che ora sta spacciando amabile retorica contro-Trump, di proprietà di Jane Harman, messa da Israele dentro il Dipartimento di Stato.
Anche Madre dell’ ISIS.
Le indagini sulle radici dell’ISIS e di Al-Nusra in Siria ci portano al 2013, in Turchia e poi nella Repubblica di Georgia e alle operazioni che la CIA ha fatto in quel paese per poi riportarci a Washington DC. Lì, dietro tutto questo, abbiamo ritrovato nomi familiari, Condoleezza Rice, David Rockefeller, e altra bella gente. La Google Corporation e in particolare un gruppo che ha un nome che apparentemente sembra innocente, Google Idea Group.
L’ abbiamo ritrovato, che gestiva delle case sicure in Azerbaigian e in Turchia, questo stesso gruppo dal nome innocente, che però è collegato all’assassinio di scienziati iraniani e al contrabbando di armi chimiche in Siria, inviate da Tbilisi, in Georgia.
Nel 2013, 1500 siriani furono uccisi in un attacco di gas sarin. Il mondo stava per dichiarare guerra, ma qualche fonte, l’amministrazione Obama ha saputo che il governo di Damasco non ne era responsabile. Era stato tagliato un accordo-su-misura per far arrivare tutte le WMD – le armi di distruzione di massa possedute dal governo siriano – negli Stati Uniti, un accordo che recentemente ha subito una serie di rovesciamenti.
Oggi la nostra storia comincia da qui, dal 2013, e punta verso il futuro e, se abbiamo ragione, questo potrebbe essere un futuro davvero brutto.
Conclusione.
Quello che è triste è che sono stati tanti, quelli messi tanto facilmente su strade sbagliate e su vicoli ciechi. George Soros è sempre stato un giocatore minore a livello mondiale. Ce ne siamo accorti solo quando abbiamo studiato gli eventi in Ucraina, dove la faccia del colpo di stato era, naturalmente, quella di Victoria Nuland e di suo marito John Kagan. Entrambi sono nemici di Soros, da sempre, per le sue battaglie vere, tutte contro le influenze esercitate da Israele su Washington. Nuland e i fratelli Kagan e le think tank a cui sono legati, come l’Institute for the Study of War, sono di estrema destra e vivono per promuovere l’influenza israeliana anche a costo di sacrificare vite americane.
Questo è l’articolo che introduce al loro sito web, scritto da Genevieve Casagrande, e che mostra come funziona la loro agenda e come funziona Jigsaw o Google Idea Groups o al Jazeera o l’ISIS o al Nusra, perché tutti possono muoversi e operare alla stessa maniera:
“La campagna della Russia contro i civili siriani è continuata malgrado l’attacco USA del 6 aprile in risposta all’uso delle armi chimiche del regime di Bashar al-Assad, a sud di Idlib. Rapporti locali indicano che la Russia abbia usato regolarmente munizioni incendiarie e anti-bunker a Idlib e nelle province di Aleppo per uccidere popolazione in massa, in una zona ribelle dopo l’attacco degli Stati Uniti. Attacchi aerei russi hanno inoltre colpito infrastrutture civili locali dal 4 al 25 aprile, tra cui ospedali, scuole, moschee e centri di difesa civile in tutta la Siria. La Russia ha continuamente preso di mira, per tutto il periodo di riferimento, Khan Shaykhoun, il posto dove avvenne l’attacco chimico fatto dal regime il 4 aprile. Inoltre, alcuni attivisti hanno affermato che la Russia ha colpito un ospedale e un centro di difesa civile che curava i feriti di Khan Shaykhoun immediatamente dopo l’attacco del regime con il gas-sarin. L’uso di armi chimiche è solo uno dei molti mezzi che la coalizione pro-regime usa per punire le popolazioni che si opoongono ad Assad in Siria. La Russia rimane uno dei maggiori sostegni per la campagna di Assad che combatte i civili siriani. Il regime di Assad ha una lunga storia di violenza contro il proprio popolo, ma le moderne armi messe a disposizione dalla Russia hanno allargato il teatro, permettendo alla coalizione di regime di colpire civili con una maggior precisione”.
L’autore di questo pezzo, presentato al Pentagono come un importante documento politico, è un impiegato che lavora per l’organizzazione da 20 anni, che non ha nessuna referenza e che non cita fonti di nessun tipo. L’intero articolo come tutto il resto – pubblicato sul sito web dell’ISW e seguito dal Pentagono come un Vangelo – è falso.
Quello che segue, sempre preso dalo stesso sito è una confessione di pregiudizio. Ammette che i suoi documenti sono “un falso”, ma lo ammette con onestà e coerentemente con gli standard oggi.
“Rapporto-alta-affidabilità. L’ISW indica come altamente affidabili i rapporti corroborati da documentazione fornita da fazioni dell’opposizione e dalle reti di attivisti sul campo in Siria, ritenute credibili che mostrano elementi chiave degli attacchi aerei russi.
Rapporto-bassa-affidabilità. L’ ISW indica come bassa affidabilità i rapporti confermati solo da varie fonti secondarie, incluse le reti di attivisti locali siriani considerati credibili o i media siriani di stato”.
Possiamo dire che stanno ammettendo che le loro informazioni arrivano direttamente dall’ ISIS e da al Qaeda? Forse però avrebbero potuto fare ancora un altro passo e ammettere anche che le fonti del materiale pubblicato hanno una origine che si confonde con loro stessi.
Il problema è essenzialmente questo: Jigsaw è destinato a diventare un allargamento, una espansione globale, di quegli sforzi che abbiamo visto in Egitto, dove sono falliti, in Ucraina, dove la Russia li ha bloccati, anche se sono stati un successo parziale e in Siria, dove stanno fallendo.
La formula è chiara, reclutare attivisti, mettere in scena attacchi terroristici, sfruttare le loro riconosciute competenze – su armi nucleari / biologiche / chimiche e false minacce – e progettare interventi USA in nome di un qualcosa che può essere descritto solo come una organizzazione criminale globale, che ora possiamo riconoscere, che controlla quasi tutto il flusso di informazioni dell’intero pianeta.
Gordon Duff è un ex-Marine veterano della Guerra del Vietnam che ha studiato i problemi dei veterani e dei POW – prigionieri di guerra – per decenni e si è confrontato con il governo in materia di security. E’ senior editor e chairman del CdA di Veterans Today, particolarmente per il magazine online “New Eastern Outlook.
Fonte : http://journal-neo.org
16.05.2017
autore della traduzione Bosque Primario
venerdì 9 giugno 2017
Scoperto un nuovo importante fossile umano.
Una nuova scoperta di fossili di Homo sapiens in Marocco e risalenti a 300 mila anni fa, molto prima di quanto si ritiene avesse avuto origine la nostra specie, mette in discussione alcuni assunti della nostra origine. E sposta (forse) la culla dell’umanità.
Due ricostruzioni dei fossili trovati a Jebel Irhoud (Marocco). La datazione è di circa 300.000 anni fa. In blu è la struttura interna del cervello, differente da quella degli uomini moderni, ma anche da quella dei nostri primi cugini, gli uomini di Neanderthal.|PHILIPP GUNZ, MPI EVA LEIPZIG
Un articolo pubblicato sulla nota rivista scientifica Nature ha modificato alcune delle concezioni della nostra evoluzione, in particolare il fatto che l’Africa orientale sia stata l’unica culla dell’umanità, il luogo in cui nostra specie è nata e si è diffusa in tutto il mondo. Anche se ovviamente non tutto è ancora chiaro e deciso.
CINQUE "UOMINI".
Un gruppo di lavoro guidato dal francese Jean-Jacques Hublin, che lavora al Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia (Germania), ha descritto (l'abstract, in inglese) alcuni resti fossili che rappresentano almeno cinque individui. Tra di essi sono importanti una scatola cranica, una mandibola e un’arcata sopraccigliare. Fin qui niente di nuovo, ritrovamenti come questi non sono rarissimi.
E LONTANO, LONTANO NEL TEMPO.
Le novità sono due: il luogo dove sono stati trovati e la datazione. Il primo è Jebel Irhoud, in Marocco, migliaia di chilometri lontano dalla cosiddetta “culla dell’umanità”, l’Africa orientale (Etiopia e Tanzania in particolare).
La seconda, ottenuta con metodi di luminescenza, porta a una data di circa 300.000 anni fa, di centomila anni precedente quella dei primi chiari fossili di Homo sapiens, trovati nella Kibish Formation, in Etiopia meridionale.
Questi ultimi sono stati considerati da molti la testimonianza dell’unica origine est africana della nostra specie. I fossili marocchini invece obbligano i paleoantropologi a riesaminare non solo i luoghi di nascita di Homo sapiens, ma anche e soprattutto i processi attraverso i quali siamo nati come specie.
Vedi anche: Sapiens e Neanderthal separati dal cromosoma Y
TESTE ARROTONDATE. I fossili di Jebel Irhoud hanno qualche differenza con i successivi e con gli uomini attuali, perché per esempio il cranio non è alto e arrotondato come quello degli uomini moderni, ma un po’ più basso e allungato. Anche l’arcata sopraccigliare è più variabile di dimensioni, ma questo potrebbe essere dovuto a differenza tra i due sessi. Molto interessante, secondo i ricercatori, è la struttura interna della scatola cranica: lo sviluppo dell’intero cervello non è a carico del cervelletto, come negli uomini di Neanderthal, ma di altre parti.
Gli autori si spingono a dire che proprio il cervello più globulare possa essere usato per distinguere gli uomini anatomicamente moderni da quelli più antichi. Ma tutto il processo è piuttosto lineare, affermano.
UNA LENTA EVOLUZIONE.
Le conclusioni della ricerca sono molto interessanti anche dal punto di vista dell’evoluzione. Se questo fossile è un Homo sapiens, per così dire, arcaico il tragitto verso gli uomini moderni potrebbe essere stato più lineare del previsto. Siamo quasi certi, infatti, che la nostra specie si sia separata da un antenato comune con altre, come Homo neanderthalensis (l’uomo di Neanderthal), circa 500.000 anni fa. In questo modo si poteva pensa che i fossili, da allora al famoso esemplare etiopico di 200.000 anni fa, fossero una specie di preparazione alla nostra “venuta al mondo”.
Questo ritrovamento invece si colloca proprio tra la separazione tra Neanderthal e sapiens e il fossile est africano. Significa che, a differenza di quanto si pensava, la nostra specie ha avuto un lungo (ed evolutivamente coerente) processo di modifica, con modifiche lente e altre più veloci. Non è cioè nata “improvvisamente” circa 200.000 anni fa per rimanere poi costante nel tempo fino ad oggi.
Almeno anatomicamente, siamo come tante altre specie. È forse il salto della cultura, avvenuto 50.000 anni, fa circa che ci ha distinto, in parte, da altre specie animali.
"Vaccini come le sperimentazioni di massa dei nazisti": Val d'Aosta, frasi shock su Facebook dell'assessora regionale.
Chantal Certan, assessora all'Istruzione e cultura della Val d'Aosta
Nella bufera Chantal Certan, esponente del movimento autonomista Alpe e responsabile di Istruzione e cultura. Il Pd: "Deve dimettersi".
"Mai pensavo si arrivasse a tanto... e qui i vaccini non contano nulla, la scienza neppure, il dibattito è tutto su un altro livello, livello di sperimentazione di massa...". Così l'assessora all'Istruzione e cultura della Valle d'Aosta, Chantal Certan, con un post su Facebook si è scagliata oggi contro il decreto del governo sulle vaccinazioni obbligatorie. "Mai vista - rincara l'esponente del movimento autonomista Alpe - una cosa del genere in nessun paese europeo, anzi sì... vi è già stato un ventennio in Europa (in realtà la dittatura nazista durò 12 anni, ndr) in cui uno con due baffetti faceva sperimentazione su uomini, donne e bambini... pensavo appartenesse al passato".
Il post su Facebook di Chantal Certan contro i vaccini.
http://torino.repubblica.it/cronaca/2017/06/08/news/_vaccini_come_le_sperimentazioni_di_massa_dei_nazisti_val_d_aosta_polemica_sulle_dichiarazioni_choc_dell_assessora_region-167603555/
Politica: arte di governare.
Non c'è nulla da fare. Non esiste una buona applicazione della politica, intesa come arte di governare e ovunque si collochi ideologicamente, quando ad applicarla sono gli uomini.
E in politica non esistono gli assiomi o le ideologie più valide di altre: sono l'uso della logica accompagnata dall'etica a renderla valida, efficace.
Scrolliamoci, di dosso le false ideologie, collocazioni, riferimenti... pretendiamo da chi si vuole assumere il compito di amministrarci lealtà, onestà, abnegazione, voglia di migliorare, e ...rispetto, ... ecco, soprattutto rispetto.
Fare politica non è un gioco affidabile al personaggio famoso o al dirigente di azienda, fare politica è una cosa seria, richiede sacrificio, responsabilità.
Chi fa politica deve ragionare e legiferare pensando a che cosa sia meglio fare perchè tutti siano soddisfatti.
E in politica non esistono gli assiomi o le ideologie più valide di altre: sono l'uso della logica accompagnata dall'etica a renderla valida, efficace.
Scrolliamoci, di dosso le false ideologie, collocazioni, riferimenti... pretendiamo da chi si vuole assumere il compito di amministrarci lealtà, onestà, abnegazione, voglia di migliorare, e ...rispetto, ... ecco, soprattutto rispetto.
Fare politica non è un gioco affidabile al personaggio famoso o al dirigente di azienda, fare politica è una cosa seria, richiede sacrificio, responsabilità.
Chi fa politica deve ragionare e legiferare pensando a che cosa sia meglio fare perchè tutti siano soddisfatti.
E non mi sembra che si stia andando in questa direzione.
LA MASSA DI UNA NANA BIANCA DERIVATA DA UNA MICROLENTE GRAVITAZIONALE. - Michele Diodati.
Un nuovo test passato a pieni voti per la relatività generale.
A novembre del 1919 Albert Einstein divenne improvvisamente una celebrità mondiale. In un convegno della Royal Society, tenuto il 7 novembre a Londra, erano stati resi noti i risultati della spedizione guidata da Sir Arthur Eddington, che aveva fotografato l’eclissi totale di Sole del 29 maggio dall’isola di Principe, al largo della costa occidentale dell’Africa. Le fotografie mostravano che alcune stelle nei pressi del bordo solare, visibili durante l’eclissi, erano spostate di 1,75 secondi d’arco rispetto alla posizione che avevano nel cielo notturno, quando il Sole era invisibile.
Quella deviazione, doppia rispetto a quella prevista dalla teoria della gravità di Newton, confermava in modo clamoroso le predizioni della relatività generale: la massa del Sole curvava lo spazio nella misura prevista dalla teoria di Einstein, piegando la luce proveniente da stelle distanti, allineate con il bordo solare.
Ma, nelle giuste condizioni, la capacità di una massa concentrata di piegare la luce attraverso l’azione del suo campo gravitazionale poteva dare origine a un fenomeno ancora più spettacolare dell’apparente spostamento della posizione di una stella: poteva creare una lente d’ingrandimento spaziale, in grado di potenziare la luce di un oggetto distante, che si trovasse casualmente allineato alla massa interposta rispetto all’osservatore terrestre. Era il fenomeno della cosiddetta lente gravitazionale.
Einstein, che pubblicò quest’idea nel 1936, disperava che se ne potesse mai avere una prova concreta, poiché l’effetto creato da una qualsiasi stella diversa dal Sole, anche tra le più vicine, era troppo esiguo per essere visto con i telescopi della sua epoca. Ma Einstein è morto 35 anni prima che fosse lanciato il telescopio spaziale Hubble…
Con la sua squisita risoluzione, Hubble ha ripreso nel corso degli anni anelli di Einstein, lenti gravitazionali create da immensi ammassi di galassie distanti miliardi di anni luce e anche microlenti prodotte dal casuale allineamento di una stella in primo piano con una stella di sfondo.
E proprio di microlenti parleremo da qui in poi.
Finora, le microlenti osservate si sono limitate a semplici eventi di illuminazione: la deflessione relativistica della posizione della stella di sfondo era infatti così minuscola da risultare invisibile anche per Hubble (si tratta di uno spostamento nell’ordine dei millesimi di secondo d’arco, cioè tre ordini di grandezza minore rispetto al già piccolo spostamento fotografato da Eddington nel 1919).
Tuttavia, se l’oggetto che fa da lente è sufficientemente vicino, allora con un’attenta pianificazione delle osservazioni e fidando nella potenza di Hubble, è possibile tentare di vedere e soprattutto di misurare anche il piccolissimo spostamento prodotto da una microlente gravitazionale. E questo è esattamente ciò che ha fatto un gruppo di ricercatori guidato da Kailash C. Sahu, i risultati del cui lavoro sono stati resi noti il 7 giugno, durante un incontro della American Astronomical Society.
Prima di descrivere quei risultati, è importante però capire bene come funziona una microlente.
Nella condizione ideale, in cui, rispetto all’osservatore, l’oggetto luminoso lontano, cioè la sorgente, è perfettamente allineato con la massa interposta (cioè la lente), la luce potenziata della sorgente forma un anello intorno alla lente: è l’anello di Einstein.
Invece, nel caso molto più comune, in cui l’allineamento non è perfetto, la lente crea due immagini della sorgente, una delle quali - la più debole - giace all’interno del perimetro dell’anello di Einstein, mentre l’altra, la più luminosa, si trova all’esterno.
Neppure Hubble è in grado di separare la luce dell’immagine della sorgente all’interno dell’anello, perché è troppo vicina alla luce abbagliante della lente, che satura completamente i sensori del telescopio. Però l’immagine della sorgente esterna all’anello può essere abbastanza lontana dalla lente da essere scorta da Hubble. Proprio su questa possibilità si è basato tutto il lavoro del gruppo di Sahu.
Ma qual è l’importanza di tutto ciò, si chiede giustamente il lettore giunto fino a questo punto? Quale conoscenza guadagniamo da una microlente gravitazionale, a parte un piccolissimo spettacolo di luci?
Per capirlo dobbiamo partire da un dato: esiste una relazione matematica ben precisa tra la distanza della lente, la distanza della sorgente, la misura della deflessione della luce della sorgente causata dalla massa della lente e la massa della lente medesima.
Pertanto, se conosciamo a quale distanza da noi si trovano la lente e la sorgente e riusciamo a misurare lo spostamento della sorgente causato dalla massa della lente, possiamo ricavare la massa - precedentemente ignota - della lente.
La massa è uno dei parametri fondamentali in astronomia ed è spesso estremamente difficile da determinare. In un sistema binario, possiamo ricavare la massa delle due stelle che lo compongono da calcoli orbitali, ma, per una stella isolata, la massa si ricava per via indiretta da altri parametri, usando dei modelli standardizzati di evoluzione stellare. In simili casi, poter ricavare la massa di una stella per mezzo di una microlente gravitazionale rappresenta un importante strumento di validazione di quei modelli.
Ma, nel caso dello studio realizzato da Sahu e colleghi, c’era in gioco più del semplice bisogno di conoscere la massa di una stella. Le osservazioni eseguite con Hubble sono servite, infatti, per testare ancora una volta, a un secolo dalla sua pubblicazione, le previsioni della relatività generale. E, ancora una volta, quelle previsioni si sono rivelate in ottimo accordo con le osservazioni e con i dati ottenuti da altre fonti.
Per questo nuovo test della relatività generale, gli autori hanno scelto, dopo una selezione effettuata analizzando il moto di 5.000 stelle relativamente vicine, una microlente gravitazionale prevista per il mese di marzo 2014, in cui una nana bianca chiamata Stein 2051 B, la lente, si sarebbe sovrapposta prospetticamente a una debole stella molto più lontana, la sorgente.
Per eseguire questo studio, la lente e la sorgente sono state osservate con la Wide Field Camera 3 di Hubble 8 volte, in un arco di tempo compreso tra il 1° ottobre 2013 e il 14 ottobre 2015. Come si può vedere dalle immagini allegate al post, il moto della nana bianca ricavato dai due anni di osservazione appare come una linea ondeggiante.
La traiettoria ondeggiante della nana bianca, le cui posizioni sono identificate dai quadratini, in un grafico tratto dallo studio di Sahu e colleghi. Credit: arXiv:1706.02037[astro-ph.SR]
Una linea di questo tipo è la somma del moto proprio della stella e del riflesso del moto orbitale della Terra intorno al Sole. Solo le stelle più vicine presentano un moto ondulatorio così chiaramente visibile e la vicinanza, appunto, è stata una delle ragioni principali per cui i ricercatori hanno scelto proprio questa nana bianca. Il calcolo dell’angolo di parallasse ci dice che Stein 2051 B dista 5,52 parsec dalla Terra, cioè 18 anni luce. A una simile distanza, per la massa della nana bianca, stimata in 0,67 masse solari sulla base dei modelli di evoluzione stellare, lo spostamento della posizione della sorgente determinato dalla microlente del marzo 2014 sarebbe stato intorno ai 2 millesimi di secondo d’arco, ricadendo nei limiti della capacità di Hubble di rilevarlo.
Illustrazione grafica della deflessione della luce della sorgente vista da Hubble, causata dalla massa della nana bianca. Credit: NASA, ESA, A. Feild (STScI)
Si potrebbe ingenuamente pensare, a questo punto, che sia bastato fotografare la lente e la sorgente a intervalli regolari, per ottenere facilmente le relative distanze angolari e verificare se gli spostamenti erano proprio quelli previsti dalla relatività generale. Ma le cose non sono così semplici.
Senza entrare in dettagli troppo tecnici, il lavoro necessario per passare dal progetto alla sua realizzazione ha richiesto al gruppo di Sahu una serie incredibile di passaggi e di certosine calibrazioni.
La luce stellare satura, infatti, i rilevatori del telescopio tanto più quanto una stella è luminosa e vicina. Nel caso specifico, la nana bianca Stein 2051 B è 400 volte più luminosa della sorgente, una stella di tipo spettrale K distante ben 6.500 anni luce. Ciò ha prodotto nelle immagini di Hubble dei grandi picchi di diffrazione intorno alla nana bianca, cioè degli artefatti, delle macchie luminose che nascondevano completamente in certi casi l’immagine deflessa della sorgente.
Per farla breve, per ottenere un risultato chiaro è stato necessario calcolare le posizioni di lente e sorgente in riferimento a una serie di altre stelle di sfondo visibili nell’immagine. Per ognuna di quelle stelle si è dovuto determinare con accuratezza distanza e moto proprio, allo scopo di ottenere una media generale che potesse fare da riferimento stabile, per valutare gli spostamenti della lente e della sorgente nel corso dei due anni di osservazioni.
In quest’immagine di Hubble si vede anche Stein 2051 A, la compagna binaria della nana bianca: una nana rossa più luminosa ma molto meno massiccia della nana bianca. La sorgente, cioè la stella di sfondo deflessa dalla microlente, è indicata dalla scritta “source”. È facile rendersi conto che la sorgente non può essere vista, se si trova troppo vicina alla nana bianca, la cui luminosità è 400 volte maggiore. Credit: NASA, ESA, K. Sahu (STScI)
Ma tutti questi calcoli hanno richiesto innanzitutto di sapere dove si trovava esattamente ciascuna stella all’interno dell’immagine. A tal fine, è stato necessario ridurre ogni stella a una sorgente puntiforme, eliminando i picchi di diffrazione con appositi algoritmi software che calcolano la Point Spread Function, o PSF, cioè il modo in cui il sistema di acquisizione delle immagini di Hubble reagisce allo stimolo luminoso.
Insomma, per arrivare alla massa della nana bianca gli autori hanno dovuto fare un grosso lavoro preliminare di ripulitura, il cui risultato finale è certamente affidabile, ma, come tutte le misurazioni di grandezze fisiche, risente di un’inevitabile incertezza, dovuta ai limiti di sensibilità dello strumento e al modo stesso in cui si propaga la luce.
Questa sorta di odissea tecnico-matematica è stata però alla fine premiata dal risultato. Lente e sorgente sono arrivate a una distanza minima di 103 millesimi di secondo (mas) d’arco il 5 marzo 2014. Il raggio dell’anello di Einstein generato dalla microlente è stato calcolato in 31,53 ± 1,20 mas, il che ha permesso di calcolare - finalmente - la massa della nana bianca Stein 2051 B derivata dalla relatività generale: 0,675 ± 0,051 masse solari.
È un valore in ottimo accordo con la massa della nana bianca derivata dalle osservazioni e dai modelli di evoluzione stellare. Ciò vuol dire che questo studio non rappresenta solo una conferma (l’ennesima) della validità della relatività generale, ma è anche una conferma della validità della relazione massa/raggio nelle nane bianche.
Questa relazione empirica dice che, quanto più una nana bianca è massiccia, tanto più il suo raggio è ridotto. In Stein 2051 B, una nana bianca con un nucleo di carbonio/ossigeno, una fotosfera ricca di elio e una temperatura superficiale calcolata in 7.122 K, il raggio, derivato dalla fotometria, dalla temperatura e dalla parallasse, era stato calcolato in 7.930 km. Per un simile raggio, la massa appropriata, se è corretta la relazione massa/raggio per una nana bianca di questo tipo, è appunto di 0,67 masse solari: esattamente il valore ricavato dal gruppo di Sahu, misurando la deflessione relativistica della sorgente - la stella lontana 6.500 anni luce - nella microlente gravitazionale creata dall’allineamento (imperfetto) con la nana bianca.
https://spazio-tempo-luce-energia.it/la-massa-di-una-nana-bianca-derivata-da-una-microlente-gravitazionale-c7c1cefb15c9
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