HELSINKI - Nei prossimi giorni dovrà essere esaminato, per ricevere poi l'alt o l'ok da parte dei paesi dell'eurozona, l'accordo bilaterale tra Grecia e Finlandia sulle garanzie che la seconda ha richiesto per partecipare al nuovo pacchetto di aiuti ad Atene.
Secondo Moody's, tutti gli stati membri coinvolti nel salvataggio della Grecia, riuniti in una task force ad hoc che si occupa della messa in atto del secondo piano di assistenza finanziaria al Paese, dovranno valutare se quanto preteso da Helsinki e concesso da Atene sia in linea con gli impegni sottoscritti dai leader dell'Eurogruppo il 21 luglio scorso a Bruxelles. Ma cosa passa per la testa del Governo finlandese, guidato per altro da un partito eurocentrico? Come si giustifica quella che – in un momento in cui l'Europa e il mondo sembrano sull'orlo del precipizio – può sembrare una mossa suicida? Per capirlo forse è utile riflettere sull'unicità della Finlandia.
Helsinki è probabilmente l'unica capitale occidentale in cui non circolino Suv. E non perché il clima, per una volta, non ne giustificherebbe l'utilizzo. L'inverno in Finlandia dura praticamente otto mesi, le strade a partire da metà ottobre sono ghiacciate e i Suv sembrerebbero un'ottima soluzione per muoversi. Ma sono sicuramente una soluzione troppo cara per i finlandesi, che se proprio vogliono fare un'esperienza "da ricchi" possono farsi un giro in taxi, quasi tutti Mercedes o Bmw, uniche auto di lusso in circolazione. Il reddito pro-capite dei finlandesi è di circa 3.400 euro al mese, appena inferiore a quello dei tedeschi, ma l'idea di benessere – e di lusso – sembra essere molto diversa da quella della maggior parte dei Paesi europei.
Helsinki non è l'unica capitale senza Suv, è anche l'unica capitale senza le insegne della moda e del lusso globalizzate (ma a ben guardare italiane e francesi). Nella città dove vivono poco meno di 600mila persone, più del dieci per cento della popolazione totale (5.6 milioni), nella strada del centro più famosa, Pohjaisesplanadi, che per bellezza imperiale ricorda la berlinese Unter den Linden, l'unico negozio che riporta alle strade dello shopping delle altre capitali del mondo è Louis Vuitton. Tra gli italiani, spiccano le insegne del gruppo Max Mara, ma per trovare altri marchi del made in Italy bisogna iniziare una sorta di caccia al tesoro.
È pur vero che i negozi di abbigliamento hanno spesso nomi "italianeggianti", come Veromoda e Ginatricot, restiamo evidentemente il simbolo dello stile, ma i prezzi medi sono molto più bassi e i negozi più grandi con nomi familiari a noi consumatori occidentali appartengono alle catene del fast fashion, H&M e Zara in primis. Per gli alimentari è lo stesso: le insegne della grande distribuzione europea non sono riuscite a colonizzare il Paese, con l'eccesione della tedesca Lidl, che peraltro deve fare i conti con la concorrenza degli hard discount locali, disposti a macchia di leopardo in ogni centro abitato.
La Finlandia è il paese di Alvar Aalto, l'architetto e designer che trovò una sintesi affascinante tra razionalismo e architettura organica, senza mai dimenticare di inserire nelle sue opere gli elementi che considerava rappresentativi e identificativi del suo Paese, a partire dall'utilizzo di materiali naturali. Tutto, a Helsinki, ma anche nell'antica capitale Turku, echeggia di razionalismo "alla finlandese" e di nordica essenzialità. La locale idea di benessere, o se vogliamo di consumismo, ha poco a che vedere con la nostra: si vede da come sono vestite le persone, giovani o vecchie, e da come sono arredati negozi, appartamenti, ristoranti.
C'è tutto quello che serve – comprese connessioni wi-fi gratuite in ogni angolo della città e uffici postali aperti tutti i giorni fino alle 20 - e pure alcune cose che a molti europei possono sembrare superflue, come la sauna: in Finlandia ce ne sono due milioni per 5,6 milioni di abitanti. Manca il superfluo che noi siamo ormai abituati a considerare necessario. In compenso ci sono servizi pubblici efficientissimi e un welfare avvolgente: i cittadini finlandesi hanno diritto a un'istruzione gratuita compresa di libri scolastici fino all'università e ricevono una "paghetta" dallo stato fino al compimento del 17esimo anno.
Il congedo di maternità dura nove mesi. Un periodo in cui le madri ricevono il 100% dello stipendio. Poi possono scegliere di tornare al lavoro o di restare a casa per altri due anni e mezzo, senza essere pagate ma con la garanzia che il posto di lavoro resti loro. Il sistema scolastico è tra i migliori al mondo e lo stesso vale per quello sanitario, praticamente gratuito per tutti. La Finlandia è l'unico paese della terra ad avere istituito un registro delle malattie che hanno colpito ogni singolo suo cittadino a partire dal 1900, una pratica che consente studi statistici ed epidemiologici che in ultima analisi razionalizzano la spesa sanitaria. Tutto questo ha un costo, ovviamente: la pressione fiscale è altissima, ma i finlandesi sembrano aver sottoscritto questo solidissimo patto sociale con grande convinzione.
Lo stato li accudisce e si fida di loro e loro si fidano dello Stato. O viceversa. Non mancano le ombre, trattandosi pur sempre di un consesso umano e non dell'isola di Utopia: la disoccupazione giovanile ad esempio è piu' alta della media europea e i tassi di alcolismo e suicidio anche. Ma in tempi di recessione globalizzata la Finlandia sembra comunque un'isola felice, che vuole difendere la sua diversità e il suo modello – come dimostra l'atteggiamento nei confrontoi della Grecia – e che forse potrebbe insegnare qualcosa a tutti noi.
Nel museo dell'antica Turku (capitale fino al 1812, una città fondata ufficialmente nel 1229 ma dove i primi insediamenti risalgono alla preistoria), si ricorda che nel periodo del suo maggiore sviluppo, tra il 1600 e il 1700, le autorità locali cominciarono a preoccuparsi per l'eccessivo diffondersi di piccoli lussi quotidiani, come il consumo di dolci glassati e l'acquisto di sofisticate carte da gioco o, peggio ancora, di vestiti in tessuti pregiati: "L'economia della città era fiorente, anche grazie alla crescente presenza di mercanti di ogni genere, ma furono prese tutte le misure necessarie per frenare la corsa al consumismo, che si riteneva avrebbe minato la solidità finanziaria di Turku». Che sia una lezione ancora valida?
Un popolo, senza dubbio, più emancipato verso il progresso sociale.
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