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lunedì 1 febbraio 2021

La caduta di Conte. - Tommaso Merlo

 

Se Conte cadesse vincerebbero le lobby e i loro giornali. All’avvocato del popolo preferiscono un bancario altolocato come Draghi. Uno che offre più garanzie ai loro interessi alla vigilia dell’abbuffata del secolo. Se Conte cadesse vincerebbe anche Renzi ma solo in apparenza. La situazione gli è sfuggita di mano. Renzi voleva giusto tornare al centro dell’attenzione e strappare qualche punto percentuale e qualche poltrona. Ed invece ha scatenato un putiferio allucinante che ha avuto come unico vero effetto quello di certificare per l’ennesima volta la fine definitiva della sua parabola politica. Il renzismo ha ancora una manciata di seguaci nei palazzi e nei giornali, per il resto è acqua passata. E prima se ne rende conto, meglio è per tutti. Se invece Conte restasse in sella vincerebbe il Movimento. Ma la stabilità fine a se stessa è poltronismo. La vera vittoria del Movimento dipenderà dal nuovo programma di governo e dalle cose concrete che il Movimento riuscirà a realizzare da qui alla fine della legislatura. La revoca delle concessioni, il conflitto d’interessi, la riforma della Giustizia, quella della Rai, il salario minimo e tutte le altre promesse rimaste ancora tali. Fatti, non chiacchiere. Se Conte mantenesse le redini vincerebbero anche i poltronosauri rosa del Pd che almeno per ora si stanno dimostrando fedeli ad un premier non farina del loro sacco. Il Pd ci ha messo la faccia nel governo Conte e la vuole giustamente salvare. Sembra poi credere alla nascita di un fronte anti-sovranista, una nuova era politica che tra i tanti pregi avrebbe anche quello di rinviare ulteriormente la loro estinzione. Idem con patate per i poltronosauri rossi. L’egocrisi di Renzi mirava a frammentare la maggioranza ma ha ottenuto l’effetto opposto. Almeno per ora. Ricompattandola attorno a Conte e confermando come il renzismo sia una componente estranea e di cui sbarazzarsi alla prima occasione. Quanto alla peggiore destra di sempre non è facile distinguere tra quello che dicono e quello che pensano. Sono profondamente spaccati e fingono di non esserlo con patetici giri di parole. I celeberrimi patrioti meloniani trascinerebbero la nazione al voto in piena pandemia pur di farsi la scorpacciata di poltrone che preannunciano i sondaggi. Alle ceneri berlusconiane andrebbe invece bene qualunque ammucchiata pur di continuare a sperare in una miracolosa risurrezione. Salvini sembra invece alquanto titubante. Certo, sbava più che mai per i pieni poteri ma allo stesso tempo gli conviene che sta grana immonda della pandemia se la sorbisca Conte. Quello stramaledetto avvocato a sgobbare, lui nella sua cameretta a lagnarsi e a fare le pulci via webcam. Quando poi tutto sarà risolto e riapriranno finalmente le gabbie, Salvini potrà tornare in piazza ad abbracciare il suo popolo e ritentare l’ascesa da salvatore della patria. Davvero la peggiore destra di sempre. Vogliono al più presto la caduta rovinosa di Conte ma nei modi e nei tempi che più convengono a loro. Alla fine se Conte cadesse vincerebbe la solita vecchia Italia e perderebbero tutti coloro che hanno creduto nel cambiamento incarnato da questo premier anomalo e molto apprezzato. Ed è proprio la popolarità di Conte la vera incognita politica di questo momento storico. Comunque finisca questa crisi delirante, la partita per la caduta definitiva di Conte sarà ancora lunga e riserverà sorprese.

Tommaso Merlo

https://repubblicaeuropea.wordpress.com/2021/02/01/la-caduta-di-conte/

domenica 24 febbraio 2019

Reggio Emilia, 18 dirigenti indagati per “violazioni nell’assegnazione di incarichi esterni”. C’è la moglie del sindaco Pd. - Paolo Bonacini

Reggio Emilia, 18 dirigenti indagati per “violazioni nell’assegnazione di incarichi esterni”. C’è la moglie del sindaco Pd

I dipendenti erano in servizio nel 2013, quando il primo cittadino era l'attuale deputato Graziano Delrio. La Procura della Repubblica contesta a loro i reati di falso ideologico e abuso d’ufficio. Nel 2016 i 5 stelle presentarono una serie di esposti alla Corte dei Conti e si rivolsero all'Anac per segnalare le presunte anomalie.

Diciotto dirigenti del Comune di Reggio Emilia, in servizio nel 2013, indagati dalla Procura della Repubblica per i reati di falso ideologico e abuso d’ufficio. Tra gli altri la moglie dell’attuale sindaco Pd Luca VecchiMaria Sergio, dirigente all’urbanistica di allora, quando a vestire la fascia tricolore era l’attuale capogruppo democratico alla Camera Graziano Delrio. La materia del contendere è il regolamento comunale per l’assegnazione degli incarichi esterni, realizzata per anni nella Città del Tricolore, come rilevava la Corte dei Conti già nel 2008, senza la necessaria “procedura comparativa per la valutazione dei curricola con criteri predeterminati, certi e trasparenti, in applicazione dei principi di buona andamento ed imparzialità dell’amministrazione sanciti dall’art.97 della Costituzione”. Sette anni dopo, nel 2015, la sezione emiliano-romagnola della Corte dei Conti scriveva nuovamente al Consiglio Comunale di Reggio Emilia evidenziando che il regolamento, non modificato dopo la prima contestazione, era da considerarsi “illegittimo”, poiché escludeva la previsione di procedure comparative con avviso pubblico rivolto a tutti i potenziali interessati. Il presidente facente funzioni della Corte, dott. Marco Pieroni, trasmise gli atti anche alla Procura regionale della medesima Corte e, in seguito, la Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Emilia, ha sviluppato indagini su quegli anni sfociate negli avvisi di garanzia. Il Comune di Reggio Emilia nel 2015 ha poi modificato le procedure, ma resta da capire perché non lo abbia fatto prima, lasciando inascoltati quei rilievi della Corte dei Conti. Procedendo invece in centinaia di casi, tra il 2008 e il 2015 e per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro, ad affidare incarichi senza i necessari criteri di trasparenza e comparazione.
Il primo fronte caldo aperto a Reggio Emilia riguarda dunque gli avvisi di garanzia inviati dal sostituto procuratore Giacomo Forte. Martedì 26 febbraio sono previsti i primi interrogatori da parte della Guardia di Finanza dei 18 dirigenti. Diversi di loro, stando alle prime dichiarazioni dei legali, si avvarranno presumibilmente della facoltà di non rispondere in attesa di conoscere i dettagli delle contestazioni. Perché i reati ipotizzati sono cosa diversa dalla messa in discussione di un regolamento illegittimo la cui stesura è però di competenza del Consiglio Comunale. Il secondo fronte è lo scontro politico che la notizia ha immediatamente aperto in città. Il Movimento 5 stelle attacca la giunta e il sindaco rivendicando di essere stata la prima e unica forza politica, con i propri consiglieri comunali, a segnalare il problema degli incarichi affidati senza adeguate procedure con esposti alla Corte dei Conti nel settembre 2016 e all’Autorità Nazionale anticorruzione nell’ottobre dello stesso anno. La candidata sindaco del movimento, Rossella Ognibene, e la consigliera Alessandra Guatteri che firmò gli esposti alla Corte dei Conti, annunciano una richiesta di accesso agli atti per spulciare tutti gli incarichi affidati fino al 2015.
L’attuale sindaco Vecchi, all’epoca dei fatti, era capogruppo del Pd in quel Consiglio Comunale che deliberava i regolamenti per l’affidamento degli incarichi esterni, e la presenza della moglie nell’elenco degli indagati complica la sua posizione in piena campagna elettorale. La prima voce che si alza dalla coalizione di maggioranza che governa il Comune è quella del vicesindaco Matteo Sassi (Mdp, non si ricandida) che attacca i dirigenti in una intervista alla Gazzetta di Reggio. Sassi sostiene (senza fare nomi) che “hanno tramato per non fare aggiornare il regolamento”, e aggiunge che “qualcuno di loro andrebbe sospeso”. Ma dice anche che serve “una posizione più netta della maggioranza, a tre mesi dal voto, rispetto alle frasi di circostanza pronunciate dal sindaco”. Il riferimento è a Luca Vecchi, che ha commentato la vicenda limitandosi ad esprimere fiducia nell’operato della magistratura e contemporanea fiducia nell’operato dei dirigenti comunali. Difficile tenerle assieme le due fiducie, secondo il vicesindaco Matteo Sassi, ma altrettanto difficile è credere all’idea che fossero i dirigenti a fare il bello e cattivo tempo, senza rendere conto a chi governava. Cioè ai partiti di maggioranza in quel consiglio comunale al quale, fino a prova contraria, toccava il compito di stendere e approvare i regolamenti. Anche di modificarli se avessero voluto, soprattutto per gli incarichi esterni.