giovedì 19 gennaio 2017

Neve a S. Martino delle Scale.







Alessandro Alfano assunto senza colloqui e concorrenti alle Poste, ora il fratello del ministro rischia il posto.

ALFDANO

Nelle carte giudiziarie emerge il rischio che il contratto di Alessandro Alfano, fratello minore del più celebre Angelino, ministro degli Esteri, possa essere dichiarato nullo. Un contratto d'oro finito sul tavolo della Corte dei Conti, insieme a una relazione investigativa che segnala come la procedura di assunzione in Postecom, società controllata dal gruppo Poste, abbia violato la legge. Scrive La Repubblica:
Quell’incarico da 160 mila euro lordi, cifra poi lievitata sino a 200 mila con il passaggio ad altri incarichi, è stata fatta "senza alcuna procedura comparativa documentata e documentabile". Nelle carte giudiziarie si legge che l’iter per il reclutamento di Alfano jr, 41 anni, una laurea triennale conseguita a 34, ha almeno tre anomalie: manca la "scheda richiesta assunzione", poi "non si ha riscontro della convocazione per un colloquio conoscitivo", e ancora "non risulta predisposta la scheda informativa del colloquio". Alfano, è scritto ancora nel documento all’esame dei magistrati contabili, "non era neppure stato annoverato nella rosa dei primi (cinque) candidati individuati nel 2013 e, neppure quando si è deciso di accantonare tali nominativi e di procedere alla ricerca del candidato con il profilo più adatto sul profilo Linkedin, inserendo le caratteristiche richieste, il suo nominativo è apparso" fra i 10 individuati. In pratica, "visto l’esito negativo della ricerca effettuata con i parametri curriculari", i vertici dell’azienda "hanno cercato direttamente sul portale Linkedin il nominativo di Alessandro Alfano, di cui è apparsa la schermata". Di lì a poco, il giovane agrigentino dal cognome pesante ha centrato l’incarico.

domenica 15 gennaio 2017

Malattie e permessi, nuove regole per il pubblico. - Marianna Berti.

La sede del ministero della funzione pubblica © ANSA
La sede del ministero della funzione pubblicaRIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Le regole su malattie, congedi e permessi nel pubblico impiego saranno riviste nei nuovi contratti.


Nuove regole su malattia, congedi e permessi stanno per arrivare nella pubblica amministrazione. La riapertura della contrattazione segnerà infatti anche una svolta su queste materie. Che l'argomento venga affrontato lo prevede l'intesa del 30 novembre tra sindacati e governo, ma lì si accenna alla ripresa del confronto ad hoc, negoziato che era partito all'Aran nel 2014 ma senza poi giungere a un risultato. Non sarà però questa la strada, non ci sarà un tavolo specifico, ma secondo fonti ben informate il pacchetto malattia rientrerà direttamente nella trattativa 'madre' sui rinnovi contrattuali. Fin qui la forma, che già suggerisce come il tema sia caldo. Tanto che un riferimento comparirà anche nell'atto di indirizzo, fischio d'inizio ufficiale della contrattazione, che la ministra della P.a, Marianna Madia, sta preparando. Ma qualcosa sui contenuti già si può anticipare.

Il lavoro fatto all'Aran, ormai tre anni fa, aveva conosciuto una fase avanzata, per cui non andrà totalmente disperso. Allora la discussione si concentrò soprattutto sulla possibilità di spacchettare la 'malattia' in ore, in modo che il dipendente pubblico che deve allontanarsi per una visita specialistica o per un esame non salti l'intera giornata di lavoro. Certo quel che si può rivedere nei contratti è quello che i contratti precedenti hanno stabilito, quindi la legge resta fuori, è il caso della 104, che regola i permessi per le gravi disabilità. In questo campo il contratto può intervenire solo su aspetti 'a latere', come ad esempio le modalità di fruizione (tra cui rientra il preavviso). Ma, come noto, i lavori per il rinnovo contrattuale vanno di pari passo con la definizione di un decreto di riforma del pubblico impiego, che arriverà a febbraio.

Il governo non lascerà quindi cadere i termini per attuare la delega Madia sul lavoro pubblico, anche se sono ancora allo studio le modalità. Per dirne una, c'è l'incognita sulla dirigenza, che rientrerebbe nel calderone ma su cui pende la bocciatura arrivata dalla Consulta a fine novembre. A proposito, il ministero potrebbe presentare i decreti correttivi su furbetti del cartellino (con cambiamenti marginali), partecipate e dirigenza sanitaria già alla conferenza unificata del 19 gennaio, per cercare l'intesa con gli enti territoriali, come richiesto dalla Corte Costituzionale. Tuttavia sarebbe prima necessario un passaggio in Cdm. Male che va c'è una Conferenza con le Regioni in calendario già per il 2 febbraio.

Di sicuro per la fine del prossimo mese l'esecutivo vuole incassare l'accordo, anche perché il decreto furbetti ha già colpito (è stato registrato il caso di un primo licenziamento). Quanto al contrasto degli abusi sulla malattia, o meglio sulle assenze, l'esecutivo è determinato a portare avanti il progetto di un polo unico della medicina fiscale, in capo all'Inps (con le Asl messe da parte). L'obiettivo è rendere gli accertamenti più efficienti. La novità rientrerà nel decreto di febbraio. Decreto che dovrebbe essere anticipato da un confronto con i sindacati, sempre nel rispetto dell'accordo del 30 novembre, che sarà anche al centro della riforma. A questo punto è chiaro come il ministero della P.a sia concentrato già su diversi fronti e sembra difficile che riesca a portare a casa secondo i termini stabiliti le deleghe su altri temi rimasti aperti, dalla revisione dei poteri del premier al taglio delle prefetture.


Che si siano verificati abusi è fuori discussione.
Ma non vorrei che si arrivi ad instaurare un clima di terrore; le regole esistono, basta farle rispettare e punire solo chi non le rispetta, sanzionare chi non commette abuso è deleterio.
In medio stat virtus.

venerdì 13 gennaio 2017

Occhionero, Occhio-Piramide, Occhio a Ravasi. Ma è ancora presto. - Maurizio Blondet

occhionero

Mi hanno telefonato in cento: il mio parere sui fratelli spioni Occhionero, che hanno infiltrato le mail di Mario Draghi, Ravasi, Monti, massoni sciolti e a pacchetti. Cosa ne penso. Cosa volete ne pensi. E’ troppo presto per capire i media riempiono il vuoto con fuffa e polvere negli occhi, interviste a  Genchi e altri depassés,   il consueto rumore di fondo utilissimo.
Io dico: aspettiamo. La sola cosa che sembra certa è che i due Occhionero sono: amici dell’ambasciatore  Usa a Roma. Residenti a Londra. Interni a potenti ditte finanziarie della City.  Con aiuti tecnici e politici in Usa per la loro impresa di hackeraggio.  La moglie, cittadina americana. Il fratello Occhionero, oltre che gran maestro della loggia romana, è anche introdotto nella gran loggia dell’illinois.
 pensieo
LOGGIA ILLINOIS
“E’ stato beccato grazie alla collaborazione dell’Fbi con la polizia italiana, ma NON delle altre agenzie americane”, mi dice il noto amico di Washington: “il repulisti dell’intelligence Usa”! (voluto da Trump e dal suo quartier  generale)  “ha raggiunto l’Italia?”. Si noti il punto di domanda.   E’ troppo presto per farne a meno.
Ricordiamo solo che una parte dell’Fbi ha forzato il suo direttore, Comey, ad aprire controvoglia le indagini sulla Clinton in piena campagna elettorale (Comey poi le ha subito chiuse: lì si arrivava al Pizzagate attraverso il computer del marito sessuomane di Huma Abedin). E’ quell’ FBI che oggi apre agli  inquirenti italiani i servi dell’occhio della piramide? Sembra ragionevole.
A me personalmente interesserebbe molto vedere le liste che  ing. Occhionero  ha stilato, in ordine  alle caratteristiche dei  personaggi: “politici”,  “cardinali”, “massoni”…  Per esempio monsignor Ravasi è catalogato come massone? E Monti? E  Draghi?
Ma soprattutto Ravasi. Forse si ricorderà che pubblicò su 24 Ore, il 14 febbraio 2016, un inatteso invito ai “cari  fratelli massoni”  a cui la nuova Chiesa di Bergoglio, dopo 500 condanne in due secoli, allarga le braccia  tutte misericordia.    Il papa che è stato salutato ufficialmente dal Grande  Oriente  a poche ore dalla sua elezione, come quello  sotto il quale “la Chiesa non sarebbe  più stata come prima”.  Il papa  che, quando atterra in qualche paese estero, la massoneria locale gli fa trovare manifesti di benvenuto.  Il  Papa che pochi giorni fa  ha di nuovo  invocato   (come l’ha già fatto in Laudato Si)  “una autorità politica mondiale” nuova, “per ridurre l’inquinamento”,  munita di una banca centrale globale emettitrice di  una moneta unica, “per la salvezza dell’umanità”   e “lo sviluppo”.  Il Papa che  ha compassione per l’ambiente e nessuna per  i Francescani dell’immacolata…
Secondo una vocina interna al Vaticano, sarebbe Ravasi, in realtà, il grande promotore degli  eventi che portarono alle dimissioni di Benedetto XVI. La sua appartenenza alla lista Massoneria sarebbe di notevole significato.
Lo sapremo presto? Lo sapremo mai?

INTERFERENZE NELLE ELEZIONI? GLI STATI UNITI L’HANNO GIÀ FATTO IN 45 PAESI NEL MONDO. - Shane Dixon Kavanaugh











Una nuova ricerca mostra che l’America ha una lunga storia di ingerenze nelle elezioni in paesi stranieri.
Il tentativo della Russia di influenzare le elezioni del 2016 continua ad ossessionare i politici americani, e intanto l’amministrazione Obama ha contrattaccato con una serie di azioni punitive contro i servizi segreti e i diplomatici russi. Giovedì [29 dicembre] la Casa Bianca ha deciso di espellere 35 diplomatici sospettati di essere agenti dell’intelligence russa operanti negli Stati Uniti, e ha deciso di imporre sanzioni alle due maggiori agenzie di intelligence del Cremlino, in risposta a ciò che gli USA ritengono essere una serie di cyber-attacchi condotti dalla Russia durante la campagna presidenziale. Per il momento il presidente russo Vladimir Putin ha indicato che non ci saranno rappresaglie, ma la situazione potrebbe cambiare.
Tutta questa storia di attacchi e contrattacchi, e dell’interferenza nelle elezioni, è alla ribalta sotto i riflettori nazionali, fomentata ulteriormente dalla convinzione delle agenzie di intelligence americane che la Russia abbia voluto aiutare Donald Trump a conquistare la presidenza. Eppure,  nessuno dei due paesi può dirsi estraneo a tentativi di ingerenza nelle elezioni di altri paesi. Gli Stati Uniti, infatti, hanno una storia lunga e impressionante di tentativi di influenzare le elezioni presidenziali in altri paesi, come mostrato dal recente studio di un ricercatore in scienze politiche, Dov Levin.
Levin, ricercatore all’Istituto di Politica e Strategia dell’Università Carnegie-Mellon, ha riportato come gli USA abbiano cercato di influenzare le elezioni in altri paesi per ben 81 volte tra il 1946 e il 2000. Spesso agendo sotto copertura, questi tentativi includono di tutto: da agenti operativi della CIA che hanno portato a termine con successo campagne presidenziali nelle Filippine negli anni ’50, al rilascio di informazioni riservate per danneggiare i marxisti sandinisti e capovolgere le elezioni in Nicaragua nel 1990. Facendo la somma, gli USA avrebbero condizionato le elezioni in un totale di 45 paesi in tutto il mondo durante il periodo considerato. Nel caso di alcuni paesi come l’Italia e il Giappone gli USA avrebbero cercato di intervenire in quattro o più distinte elezioni . 
I dati di Levin non includono i colpi di stato militari o i rovesciamenti di regime che hanno seguito l’elezione di candidati contrari agli Stati Uniti, come ad esempio quando la CIA ha contribuito a rovesciare Mohammad Mosaddeq, il primo ministro democraticamente eletto in Iran nel 1953. Il ricercatore ha definito un’interferenza elettorale come “un atto che comporta un certo costo ed è volto a stabilire il risultato delle elezioni a favore di una delle due parti“. Secondo la ricerca di Levin, questo includerebbe: diffondere informazioni fuorvianti o propaganda, creare materiale utile alla campagna del partito o del candidato favorito, fornire o ritirare aiuti esteri e fare annunci pubblici per minacciare o favorire un certo candidato. Spesso questo prevede dei finanziamenti segreti da parte degli USA, come è avvenuto in alcune elezioni in Giappone, Libano, Italia e altri paesi.
Per costruire il suo database Levin dice di essersi basato su documenti declassificati della stessa intelligence americana, come anche su una quantità di report del Congresso sull’attività della CIA. Ha poi esaminato ciò che considera resoconti affidabili della CIA e delle attività americane sotto copertura, ricerche accademiche sull’intelligence americana, resoconti di diplomatici della Guerra Fredda e di ex funzionari della CIA. Gran parte delle ingerenze americane nei processi elettorali di altri paesi sono ben documentate, come quelle in Cile negli anni ’60 o ad Haiti negli anni ’90. Ma che dire di Malta, 1971? Secondo lo studio di Levin gli USA avrebbero cercato di condizionare la piccola isola mediterranea strozzandone l’economia nei mesi precedenti all’elezione di quell’anno.
I risultati della ricerca suggeriscono che molte delle interferenze elettorali americane sarebbero avvenute durante gli anni della Guerra Fredda, in risposta all’influenza sovietica che andava espandendosi in altri paesi. Per essere chiari, gli USA non sarebbero stati gli unici a cercare di determinare le elezioni all’estero. Secondo quanto riportato da Levin lo avrebbe fatto anche la Russia per 36 volte dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla fine del ventesimo secolo. Il numero totale degli interventi da parte di entrambi i paesi sarebbe stato dunque, in quel periodo, pari a 117.
Eppure anche dopo il crollo dell’Unione Sovietica, avvenuto nel 1991, gli USA hanno continuato i propri interventi all’estero, prendendo di mira elezioni in Israele, nella ex Cecoslovacchia e nella stessa Russia nel 1996, secondo quanto trovato da Levin. Dal 2000 a oggi gli USA avrebbero interferito con le elezioni in Ucraina, Kenia, Libano e Afghanistan, per citarne solo alcuni.

Ecco la lista dei grandi debitori insolventi di Mps. - Carlo Festa e Fabio Pavesi



Nella lista nera dei grandi debitori morosi, che hanno affossato Mps portandola a cumulare 47 miliardi di prestiti malati, ci sono nomi eccellenti dell’Italia che conta. Dai grandi imprenditori, agli immobiliaristi, al sistema delle coop rosse fino alla giungla delle partecipate pubbliche della Toscana. 
Il parterre è ecumenico sul piano politico. Centro-sinistra, Centro-destra pari sono. Del resto per una banca guidata per decenni da una Fondazione espressione della politica era quasi naturale l’arma del credito come strumento di consenso e di scambio.
Tra i protagonisti di spicco più emblematici, come ha ricostruito Il Sole24Ore, figura sicuramente la famiglia De Benedetti e la sua Sorgenia. Emblematica per dimensioni e per quel ruolo innaturale che ha svolto Mps. La Sorgenia si è indebitata per 1,8 miliardi con il sistema bancario. La sola Mps, chissà come, si è caricata di ben un terzo di quel fardello. Seicento milioni erano appannaggio del solo istituto senese che ha fatto lo sforzo più ingente rispetto al pool di 15 istituti che avevano finanziato la società elettrica finita a gambe all’aria. I De Benedetti capita l’antifona della crisi irreversibile non si sono resi disponibili a ricapitalizzare come da richiesta delle banche. Alla fine il «pacco» Sorgenia è finito tutto in mano alle banche che hanno convertito l'esposizione creditizia in azioni. E Mps si ritrova ora azionista della Nuova Sorgenia con il 17% del capitale. Per rientrare dal credito prima o poi, occorrerà risanare la società e venderla. Oggi Sorgenia è tra gli incagli di Mps. Non solo, nel 2015 la banca ha svalutato i titoli Sorgenia per 36 milioni di euro.

IL PIANO INDUSTRIALE CHE DOVRÀ ESSERE RIVISTO Proiezioni finanziarie previste dal piano industriale 2016-2019. Dati in milioni di euro (Fonte: Mps)

Ma Mps da anni si porta dietro (insieme ad altre banche) anche la fiducia accordata a Luigi Zunino. L’ex immobiliarista rampante cumulò debito con il sistema bancario per 3 miliardi. Tuttora la sua ex Risanamento è inadempiente con Mps che ha, sempre nel 2015, svalutato titoli in portafoglio per 11,6 milioni. Tra i grandi incagli di Siena ecco spuntare anche un altro nome di spicco.
È Gianni Punzo azionista di peso di Ntv e patron e ideatore dell’interporto di Nola, la grande infrastruttura logistica del meridione. Da tempo la Cisfi, la finanziaria che sta in cima al complesso reticolo societario è in affanno per l’ingente peso debitorio. Anche qui le banche Mps in testa hanno convertito parte dei prestiti in azioni. Mps è oggi il primo socio della Cisfi sopra il 7% (con Punzo al 6,1%).
Anche la Cisfi Spa che recepisce la crisi dell’interporto di Nola è un incaglio per Mps che ha titoli in pegno svalutati anch’essi per 11 milioni a fine del 2015. Ed ancora la ex banca di Mussari deve tuttora metabolizzare il disastro della BTp, il general contractor della ditta Bartolomei-Fusi, che aveva in Verdini un grande sponsor, protagonista più delle cronache giudiziarie recenti che di quelle economiche.
Dal dissesto del contractor delle grandi opere toscano è rinata la Fenice Holding. Anche qui Mps se la ritrova in portafoglio in virtù dei prestiti non ripagati. Tra gli immobiliaristi come non citare Statuto che ha visto pignorato il suo Danieli di Venezia su cui Mps (con altri) aveva ingenti finanziamenti.
E c’è il capitolo amaro della Impreme della famiglia di costruttori romani Mezzaroma che hanno portato i loro guai in casa Mps. E poi residua a bilancio dal 2007 il disastroso progetto immobiliare abortito di Casalboccone a Roma eredità dei Ligresti che vede Mps azionista (in cambio dei crediti non pagati) con il 22% del capitale. Il capitolo Coop vede Mps protagonista della ristrutturazione del debito di Unieco.
Tra i dossier immobiliari c’è il finanziamento di alcuni fondi andati in default: come un veicolo gestito da Cordea Savills, finanziato con eccessiva leva da Mps, che aveva in portafoglio gli ex-immobili del fondo dei pensionati Comit. Ma Mps ha finanziato anche alcuni dei fondi di Est Capital, società finita in liquidazione che gestiva il progetto del Lido di Venezia.
E infine c’è il capitolo della partecipate pubbliche. Mps è inguaiata con pegni o titoli in Scarlino Energia; Fidi Toscana; Bonifiche di Arezzo; l’Aeroporto di Siena e persino le Terme di Chianciano. La banca si ritrova a fare l’imprenditore di società in crisi quando avrebbe dovuto solo fare la banca.

http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2017-01-10/ecco-lista-grandi-debitori-morosi-mps-203935.shtml?uuid=ADI10OUC&refresh_ce=1

lunedì 9 gennaio 2017

Lavoro, Istat: “A novembre 2016 la disoccupazione è tornata a salire. Quella giovanile a 39,4%, il massimo da ottobre 2015”.

Lavoro, Istat: “A novembre 2016 la disoccupazione è tornata a salire. Quella giovanile a 39,4%, il massimo da ottobre 2015”

Il tasso cresce anche per le altre fasce di età, ma i dati preliminari diffusi dall'istituto di statistica mostrano in parallelo un aumento degli occupati. L'apparente contraddizione deriva dal calo degli inattivi, cioè le persone che smettono di cercare un'occupazione perché scoraggiate. A trovare lavoro però sono soprattutto gli over 50.


A novembre 2016 il tasso di disoccupazione giovanile è salito al 39,4%: un aumento di 1,8 punti percentuali rispetto al mese precedente che l’ha portato al livello più alto a partire da ottobre 2015. Lo rileva l’Istat nelle sue stime sul penultimo mese del 2016, da cui emerge che nella fascia di età tra 15 e 24 anni è sceso anche il tasso di occupazione, mentre quello di inattività – che include anche le persone impegnate negli studi – è calato di 0,6 punti.
In generale, il quadro del mercato è in chiaroscuro: anche allargando lo sguardo alle altre fasce di età il tasso dei senza lavoro ha registrato un incremento, passando dall’11,7 all’11,9% su base mensile e crescendo dello 0,5% su novembre 2015. I senza lavoro sono saliti a quota 3.089.000, in aumento di 57mila unità su ottobre e di 165mila su novembre 2015. In parallelo, tuttavia, sono aumentati di 19mila unità gli occupati e il tasso di occupazione è stato pari a 57,3%, in aumento di 0,1 punti su ottobre. L’apparente contraddizione deriva dal calo degli inattivi, cioè le persone che smettono di cercare un’occupazione perché scoraggiate: a novembre il tasso di inattività si è assestato ai minimi storici, a quota 34,8%: gli inattivi tra i 15 e i 64 anni sono calati di 93mila unità su ottobre e di 469mila su novembre 2015.
L’aumento degli occupati riguarda le donne e, ancora una volta, le persone ultracinquantenni, un trend che lo scorso anno è andato via via consolidandosi a scapito dei giovani e soprattutto della classe 25-34 anni, che a novembre ha visto il tasso di occupazione calare di 0,4 punti percentuali. Non a caso, aggiunge l’Istat, la crescita su base annua si è concentrata “esclusivamente tra gli over 50”: +453mila occupati.
Passando alle tipologie di contratto, nel mese di novembre sono aumentati gli indipendenti e i dipendenti permanenti, mentre sono calati i lavoratori a termine. I dati mensili, commenta l’Istat, confermano un quadro di sostanziale stabilità del mercato del lavoro che si protrae da alcuni mesi. A ben guardare, però, nel periodo settembre-novembre si è registrato un lieve calo degli occupati rispetto al trimestre precedente: -0,1%, pari a -21mila. Il calo ha interessato gli uomini, le persone tra 15 e 49 anni e i lavoratori dipendenti, mentre ci sono stati segnali di crescita per le donne e gli over 50. Su base annua invece si conferma la forte crescita dei dipendenti (+1,1%, pari a +193mila) e si rileva un lieve aumento anche tra gli indipendenti (+0,1%, pari a +7mila). La crescita dei dipendenti riguarda sia quelli permanenti (+0,9%, pari a +135mila) sia quelli a termine (+2,5%, pari a +58mila).