giovedì 4 aprile 2019

M5S, ecco i 12 comandamenti per il “manuale anti-Lega”. - Stefano Feltri



NEL MOVIMENTO CIRCOLA LA LISTA CON TUTTI GLI ARGOMENTI DA USARE CONTRO L’ALLEATO TRA GLI ALTRI CI SONO REDDITO, TRIVELLE, VITALIZI, FAMIGLIA, CINA.

La campagna elettorale per le Europee è davvero partita: almeno per un paio di mesi, Lega e Movimento Cinque Stelle saranno avversari, oltre che sodali di governo. Per riprendere la scena, però, Luigi Di Maio e i suoi devono tentare un’impresa ardua: ribaltare la percezione diffusa che in questi mesi i Cinque Stelle abbiano pagato i costi dei compromessi mentre la Lega otteneva soltanto vittorie. Dentro il M5S circola in questi giorni un documento strategico che verrà studiato da tutti i parlamentari da talk show e riletto prima di ogni intervista ai giornali. Sono i dodici comandamenti della riscossa grillina, i “temi su cui il M5S ha imposto la linea alla Lega”.

Il primo comandamento, come ovvio, riguarda il reddito di cittadinanza. Non si tratta di rivendicare l’abolizione della povertà, quanto del fatto che Matteo Salvini si è dovuto piegare: prima considerava “culturalmente sbagliato pagare la gente per stare a casa”, alla fine ha dovuto votarlo. Anche il decreto Dignità è passato “nonostante gli scossoni per la Lega, criticata in estate dal ceto imprenditoriale del Nord”.

Poi ci sono le trivelle, punto delicato nei rapporti Lega-M5S ma anche tra M5S e territorio: “La Lega è pro-trivellazioni. Con l’operazione M5S aumentano di 25 volte i canoni per le concessioni delle trivelle. Sospese per 18 mesi, nelle more dell’adozione di un piano nazionale, le ricerche di idrocarburi”.

I due comandamenti successivi del manuale anti-Salvini dovrebbero aiutare i parlamentari pentastellati a scalare gli specchi più scivolosi. Perché sul Tav Torino-Lione il M5S ha poco da rivendicare, visto che l’opera non è stata cancellata e la società costruttrice ha fatto partire i bandi per i lavori. La linea è dunque questa: “La Lega avrebbe fatto ripartire i cantieri senza discussioni, il M5S ha imposto una sospensione senza penali”. Anche sulla riforma della prescrizione per ora c’è poco di concreto, tutto è stato rimandato. Linea ufficiale: “Sulla prescrizione il M5S è arrivato a un’intesa con la Lega, inizialmente ostile”.

Molto più battaglieri i due comandamenti sui temi di bandiera per il Movimento. I tagli alle pensioni d’oro e ai vitalizi sono avvenuti anche se “la Lega era contraria”. E Salvini si è piegato perché “Il M5S ha fatto leva sulle risorse che servivano alla Lega per finanziare quota 100”. Stessi toni sulla legge “Spazzacorrotti”, passata “nonostante non sia nel dna della Lega, includendo anche le norme per la maggiore trasparenza rispetto ai finanziamenti ai partiti”. Viene omesso il dettaglio che subito dopo, però, la Lega ha ottenuto che gli appalti fino a 150.000 euro possano essere assegnati senza gare e certificazioni antimafia.

I comandamenti anti-Salvini invitano a rileggere anche episodi recenti. La cittadinanza italiana assegnata a Rami, il ragazzino egiziano che ha contribuito a salvare i 51 studenti sul bus dirottato a Milano, viene presentata come una vittoria del M5S: la proposta è partita da Di Maio e Salvini era ostile, “poi però la Lega si piegata sulla posizione del Movimento”. Stessa rivendicazione sul congresso delle famiglie di Verona: il M5S e il premier Giuseppe Conte hanno fatto “pressing” così da revocare il patrocinio di Palazzo Chigi all’iniziativa, in contrasto con il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, leghista.

Non poteva mancare la Cina. Con la visita di Xi Jinping tutti gli schemi si sono ribaltati: gli anti-globalisti Cinque Stelle si sono scoperti filo-cinesi, i filo-russi leghisti sono diventati anti-cinesi per provare a essere filo-americani, il tutto mentre pure i Cinque Stelle tentavano agganci con gli Usa. Un pasticcio che ora il M5S riassume così: “La Lega aveva sollevato dubbi sul dossier. Alla fine – grazie alla spinta propulsiva del M5S – i protocolli sono stati firmati, sono stati fugati i dubbi sulla sicurezza nazionale (golden power), l’Italia ha anticipato tutti. E i ministri della Lega hanno dovuto ammettere la bontà dell’accordo spinto da Di Maio-Conte”.

La strategia di comunicazione è pronta. Ora resta la parte più difficile: convincere gli elettori.


https://infosannio.wordpress.com/2019/04/04/m5s-ecco-i-12-comandamenti-per-il-manuale-anti-lega/

Bertolesso - Marco Travaglio - Il Fatto Quotidiano del 4 Aprile

Guido Bertolaso, l'uomo delle emergenze in attesa di giudizio - Fotostoria

Da un po’ di tempo non si avevano notizie di Guido Bertolaso, indimenticato capo della Protezione civile e commissario straordinario multiuso per terremoti, inondazioni, giubilei, frane, slavine, valanghe, visite papali, smottamenti, incendi boschivi, mondiali di ciclismo, emergenze rifiuti, eruzioni vulcaniche, aree marittime, relitti navali, grandi eventi, rischi bionucleari, aree archeologiche, G8, epidemie di Sars e tutte le calamità naturali possibili e immaginabili, tranne la più perniciosa: lui. Le ultime cronache, dopo la sfortunata autocandidatura a sindaco di Roma (respinta persino dai compari forzisti), lo davano impegnato in Africa, con gran sollievo per il popolo italiano, meno per quelli africani. Ieri l’ha intervistato Radio Capital, gruppo Espresso, al TgZero (così chiamato per il suo livello di credibilità) in veste di aspirante salvatore della Capitale. È lo stesso gruppo che ai bei tempi pubblicava inchieste sui disastri di Bertolaso: tipo quella di Fabrizio Gatti sui 400 milioni buttati nelle grandi opere alla Maddalena, in vista di un G8 che non si tenne mai perché proprio 10 anni fa venne dirottato fra le macerie dell’Aquila appena terremotata.
TgZero chiede a Bertolaso cosa ne pensi di due frasi che io non ho mai né pensato né pronunciato: “C’è un complotto dietro a tutti i disservizi, come sostiene Travaglio?”. “Travaglio dice che per le scale mobili della metro guaste c’è un sistema criminale spaventoso che sta reagendo perché non è più padrone come in passato”. Io non ho mai parlato di “complotti dietro i disservizi” né di poteri criminali dietro le scale guaste. Ho risposto su La7 a una domanda di Giletti che un conto sono gli errori della giunta Raggi e gli scandali nella Capitale, un altro sono gli strani incendi agli impianti di smaltimento rifiuti (i due maggiori dati alle fiamme in tre mesi), i falò di cassonetti (oltre 600 in due anni), gli autobus anche nuovi in fiamme (60 in un anno e mezzo), i guasti concomitanti alle scale mobili in svariate stazioni della metro (20 in pochi mesi). Ma soprattutto i tre bandi di gara per la raccolta rifiuti andati deserti (due nel 2018, da 105 e 188 milioni, uno nel 2019 da 225 milioni): mentre gli imprenditori chiedono investimenti per lavorare, com’è che nessuna impresa concorre a quelle lucrose commesse? Non il presunto complottista Travaglio, ma l’Antitrust ipotizza “un accordo tra le parti volto ad astenersi dalle gare, con la conseguenza che i medesimi servizi sono stati acquisiti da Ama a trattativa privata e a condizioni economiche più onerose” per la municipalizzata e più vantaggiose per i privati.
Non il complottista Travaglio, ma il ministro dell’Ambiente Sergio Costa definisce “avvertimenti che conosco bene dalla Terra dei Fuochi” gli incendi agli impianti dei rifiuti. E non il complottista Travaglio, ma la Procura di Roma ipotizza un unico disegno criminale dietro i roghi ai Tmb del Salario e di Rocca Cencia. L’ha scritto proprio Repubblica (stesso gruppo di Radio Capital) il 28 marzo: “Ama, pochi dubbi dei pm: unica regia dietro i due roghi”, “Emergenza rifiuti, verso l’unificazione dell’inchiesta su Tmb Salario e Rocca Cencia”, “C’è una regia unica per gli incendi Ama. I tecnici: sono dolosi”. Ma evidentemente a Radio Capital, oltre all’Espresso, non leggono neppure Repubblica. E preferiscono attribuirmi cose mai dette per regalare un assist a Bertolaso. Questo impunito, nel senso etimologico del termine, mette tutto insieme – errori, colpe, inefficienze, disservizi e sabotaggi criminali – per darmi del “buffone” (lui a me!) e alla Raggi della “totale incapace”. Il che è possibile, forse probabile. Ma non spiega l’impressionante catena di eventi dolosi, difficili da ascrivere alla sindaca. E poi: da qual pulpito. Se c’è un amministratore indubitabilmente più disastroso della Raggi, è proprio Bertolaso: tutti ricordano Napoli sommersa da cumuli di rifiuti ad altezza uomo, ma forse dimenticano – almeno a Radio Capital – chi era il commissario straordinario: Bertolaso, nominato da Prodi, fuggito per flop e richiamato da B. con una maleodorante scia di scandali e arresti.
Dall’alto di quella e di molte altre catastrofi, questo bel tomo sfodera l’intero repertorio dei luoghi comuni: perfino i topi, che lui pensa siano arrivati a Roma con i 5Stelle, invece fanno parte del paesaggio da secoli (“non c’è trippa per gatti” è una frase di Ernesto Nathan, mitico sindaco tra il 1907 e il 1913, che tagliò i fondi comunali del cibo per gatti, nella speranza che andassero a caccia dei topi, i quali spadroneggiavano pure in Campidoglio rosicchiando i documenti in uffici e archivi). Poi annuncia la sua panacea per tutti i mali: “Appena questi si toglieranno di torno, vedrete che Roma tornerà ad essere la bellezza che era un tempo”. Magari col bollito Bertolaso sindaco, che ce la restituirà più bella e più superba che pria. Tipo la Maddalena con le grandi opere inutili di Bertolaso e della nota Cricca di Balducci, Anemone&C. che cadono a pezzi fra le sterpaglie. Tipo Napoli con la monnezza più alta del Maschio Angioino. Tipo L’Aquila, in macerie a 10 anni dal sisma. Ora voi capirete che prendersi del “buffone” da un simile soggetto, quello che andava con la scorta a farsi “massaggiare” gratis al Salaria Village dell’appaltatore personale Anemone mentre il Tevere esondava, è un po’ troppo. Dunque Bertolaso verrà denunciato, come lui provò a fare con me e il Fatto tentando di spillarci 100 mila euro, invano. In quella causa, oltre a stabilire che avevo “riportato fedelmente alcuni fatti” e “notizie vere”, il giudice ritenne “temeraria” la sua lite e lo condannò a risarcire me, Padellaro e il Fatto con 6 mila euro, più 5 mila di spese. Visto che ha nostalgia del tribunale, ci rivediamo lì.

Minacce ai sindaci e sabotaggi agli impianti pubblici. Chi sta perdendo i privilegi sta alzando il tiro. - Davide Manlio Ruffolo



Il pacco bomba alla sindaca di Torino è solo l’ultima intimidazione di una serie infinita per i sindaci M5S. A Roma non c’erano mai stati tanti incendi e sabotaggi. Così verrebbe da dire che l’onestà e il cambiamento presentano il conto. Il sistema che si è nutrito per decenni nell’illegalità sta alzando il tiro, e non ci vuole certo un detective per capire che quello che sta succedendo da Nord a Sud è una rivolta, e non solo della criminalità organizzata, ma anche di imprenditori senza scrupoli e di quel malaffare che vede in bilico i suoi interessi. Un sistema marcio fino al midollo che non intende arrendersi al nuovo, alla rivalsa popolare, alla promessa di pulizia che un manipolo di consiglieri comunali e alcuni sindaci – con la Raggi e l’Appendino a fare da parafulmine su tutti – stanno provando a mantenere. Una partita non facile.
A Roma basti vedere la questione rifiuti con le sue pesanti carenze infrastrutturali. Naturale che qualcuno pensasse di risolvere il problema con i soliti modelli: discariche e inceneritori. tutto l’opposto della sindaca Virginia Raggi che mira al riciclo e all’economia circolare. Un nuovo modo di guardare al futuro che si è schiantato sullo strano incendio di entrambi gli impianti dell’azienda pubblica Ama, quello di via Salaria e quello di Rocca Cencia, sicuramente di origine dolosa, come accertato dalla Procura. E per rendere il messaggio più chiaro, anche 600 cassonetti dell’immondizia sono stati dati alle fiamme.
Numeri troppo grandi per credere nella casualità. Così mentre la vecchia politica risolveva ogni problema con gli affidamenti diretti, ossia senza passare per una gara pubblica, M5S ha scelto di fare l’esatto opposto mirando a togliere i privilegi acquisiti da pochi e in modo opaco, aprendo alla concorrenza e al benessere. Un discorso logico che fatica ad imporsi nella realtà. E non per incapacità delle amministrazioni, come qualcuno imputa ai grillini, quanto perché si vanno a toccare interessi privati. E questi fanno in modo che le gare vengano disertate così da creare una situazione emergenziale che fa tornare agli affidamenti diretti. Ma tutto ciò non può e non deve succedere.
Parliamo di sistemi di potere incancreniti che pur di opporre resistenza al cambiamento, manipolano l’informazione e gli stessi cittadini. Basti pensare alle manifestazioni pro Tav che, in barba ad un’analisi costi benefici che giudica il progetto disastroso, sembrano convocate per perseguire interessi di pochi anziché quello generale della nazione. Miliardi di euro che il Movimento Cinque Stelle vorrebbe spendere per cose concrete come l’edilizia scolastica o la lotta al dissesto idrogeologico. E invece no, qualcuno, tanto in Italia quanto nell’Unione europea, vuole che la pioggia di denaro si riversi sulla Torino-Lione. Forse non si può parlare di una regia unica dietro ai tanti sabotaggi subiti da M5S ma siamo in presenza di un sistema di potere che sta reagendo.
Fenomeni che non risparmiano neanche la politica dove capita che qualche manina spunti dal nulla per alterare una legge e favorire specifici interessi. Senza dimenticare le minacce ricevute da Virginia Raggi, specie nel periodo degli sgomberi dei Casamonica, o, peggio, i pacchi bomba indirizzati alla sindaca di Torino Chiara Appendino. Insomma basta unire i punti per rendersi conto che M5S è sotto assedio per il suo voler imporre una rivoluzione culturale che a qualcuno non va giù. Un cambiamento epocale che solo tenendo la barra dritta, nonostante il mare in tempesta, potrà portare, anzi porterà, ai risultati sperati.

Virtus Italia, procedure entro 96 ore e poi il ragazzino finiva in strada: così la onlus incassava i 118 euro previsti dal contratto. - Vincenzo Bisbiglia e Marco Pasciuti

Virtus Italia, procedure entro 96 ore e poi il ragazzino finiva in strada: così la onlus incassava i 118 euro previsti dal contratto

LE CARTE - Il comune di Roma aveva aggiudicato all'associazione un appalto triennale da 2,7 milioni perché questa accogliesse i minori e li identificasse, prima di smistarli in case famiglia. Tutti gli interventi dovevano essere realizzati in 96 ore e l'associazione incassava il compenso per ogni ospite anche "se il giorno di uscita coincide con quello di entrata". Quindi ai gestori conveniva avere posti liberi da riempire per incassare nuove rette.

Il cancello carrabile che dà su Via Maria Annibale di Francia è chiuso e non può essere aperto perché “ci sono le videocamere”. Per questo la ragazzina, arrivata pochi minuti prima, deve scavalcare. “Ma io ho paura”, risponde lei. “Dai, che non tu succede niente”, risponde l’operatrice. Quella si fa coraggio, scavalca e se ne va. La onlus denunciava, poi, falsamente l’allontanamento volontario e incassava illecitamente gli 84 euro di quota fissa (33 euro di quota variabile) per ciascun “ospite”. Quindi dichiarava la disponibilità di un nuovo posto e il giro ricominciava. Operavano così i dipendenti della Virtus Italia secondo la Procura di Roma, che questa mattina ha emesso un provvedimento cautelare nei confronti di 22 persone nell’ambito dell’indagine che coinvolge i vertici della onlus, centro di primissima accoglienza per minori non accompagnati in zona Villa Spada, a Roma.
Il Campidoglio aveva aggiudicato alla Associazione “Virtus Italia Onlus – Consorzio di solidarietà sociale” un appalto triennale da 2,68 milioni di euro, perché questa accogliesse i minorenni e provvedesse alla loro identificazione e alle prime cure, prima di smistarli in case famiglie. In questo contesto, scrive il Gip, “il Centro si obbliga a garantire una continua disponibilità di posti, assicurando che tutti gli interventi siano realizzati in 96 ore, al termine delle quali il minore deve essere indirizzato verso una sistemazione caratterizzata da maggiore stabilità”. Per questo motivo “il servizio residenziale deve avere durata molto breve, essendo volto a garantire l’identificazione, l’accertamento della sua situazione personale e familiare e il soddisfacimento dei bisogni primari del minore stesso”.
Il Comune, da parte sua, corrispondeva all’associazione che gestiva il centro “un compenso giornaliero per singolo ospite (per un totale di 30 posti) pari ad € 118,50, suddivisa in una quota fissa di € 84,87 ed una quota variabile – riferita ad ogni giorno di effettiva presenza nel Centro – pari ad € 33,63. “E’ significativo – prosegue il Gip – che l’importo giornaliero di € 84,87 – per ciascuno dei trenta posti – è corrisposto in maniera fissa e con cadenza mensile, indipendentemente dalla presenza di ospiti o meno, mentre la quota giornaliera di € 33,63 è corrisposta soltanto in ragione dell’effettiva presenza di un minorenne presso detta struttura, sin dal momento dell’accesso”. Il contratto prevede addirittura che “se il giorno di uscita coincide con quello di entrata, indipendentemente dall’orario di entrata/uscita, viene riconosciuto il corrispettivo per una giornata“.
E’ qui che risiede il guadagno della Virtus, secondo gli inquirenti: alla onlus conveniva avere posti liberi da riempire continuamente: per raggiungere questo obiettivo gli operatori lasciavano andare via gli ospiti, in modo da poterne accogliere altri e incassare altre rette. Sono stati 58 i ragazzini non accompagnati, tutti compresi tra i 9 e 17 anni, di cui i pubblici ministeri hanno accertato l’allontanamento tra il 2017 e il 2018. Gli operatori aprivano il cancello carrabile che dà sulla stradina a pochi passi dalla via Salaria, zona nord della Capitale, e poi li facevano uscire il più in fretta possibile. In altri casi facevano scavalcare loro il cancello. In uno di questi casi un ragazzino era caduto riportando una contusione polmonare ed è stato ricoverato in ospedale con una prognosi di 15 giorni.
I ragazzi, prosegue l’accusa, “vengono lasciati allontanare persino qualche minuto dopo il loro ingresso. In tal modo, tuttavia, il Centro lucra non solo la quota fissa, ma anche la quota variabile giornaliera per ciascuno dei minori, che viene incamerata da parte del Centro senza avere di fatto gli operatori fornito alcuna prestazione, che non sia quella di aprire il cancello carrabile, di voltarsi dall’altra parte in occasione della fuga dei minori o; talvolta, di fingere una rincorsa del fuggitivo nella poco riuscita imitazione del bravo operatore”. In questo modo il contratto firmato con il Campidoglio veniva disattesa e la onlus veniva pagata per servizi che non erogava. Di qui le accuse dei pm di piazzale Clodio: abbandono di minori, falso e frode in pubbliche forniture.

mercoledì 3 aprile 2019

Quando la narrazione del Potere diventa eterna. - Raffaele Iannuzzi



Ieri Juncker, presidente della Commissione, è stato ospite di Fazio a “Che tempo che fa”. L’ennesimo capitolo di una narrazione di regime.
Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, che oggi incontrerà il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e domani il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e l’ex presidente Napolitano, è sempre uguale a se stesso. Fabio Fazio, uno specialista di “incontri ravvicinati del terzo tipo” con i pesi massimi dell’Europa, dopo essersi cimentato con Macron si è speso anche per Juncker. Un’intervista magistrale per densità politica, tanto da richiamare la filosofia di Emanuele Severino: il divenire non esiste, c’è solo l’eternità degli accadimenti. Ecco, l’intervista a Juncker rimanda a questo: ieri, oggi, domani, sempre il presidente della Commissione europea è eternamente se stesso. E, dunque, eternamente identico alla sua funzione, al suo ruolo, al suo posto.
Impeccabilmente se stesso e con questa aura severiniana a far da cornice a un volto espressivo come le maschere teatrali giapponesi, Juncker ha sciorinato, con pacata indifferenza, le ragioni della forza burocratico-formalistica dell’Ue.
Non è vero, afferma Juncker, che l’Italia sia un pericolo per il resto del mondo, come afferma il Fmi, certo che no, ha solo un debito pubblico insostenibile, ci vogliono adeguati “strumenti” per rilanciare la crescita italiana. Che cosa ha detto? Niente, naturalmente: è quell’ovvio, però, che sa di parziale de profundis per il sistema-Italia. L’Italia non è nemica del mondo, ma solo di se stessa; a buon intenditor, poche parole.
Per la cronaca: Fazio approva.
Da questa prima dirompente dichiarazione, di chiaro sapore “eversivo”, Juncker prende le mosse per allargare lo scenario, un vero grandangolo: la previsione del livello di crescita dell’Italia allo 0,2%, molto imprecisa, loro lo sapevano già, perché loro sanno sempre tutto, e sanno anche che questo significa stagnazione. Ma ovviamente l’Italia non è un pericolo per il mondo e il Fmi sbaglia.
Ancora una volta, sempre per la cronaca: Fazio approva, con un linguaggio del corpo non molto dissimile da quello largamente usato con Macron.
D’altra parte, chi l’ha detto che Juncker non abbia un cuore? Ce l’ha, eccome, ha perfino provato tristezza per i greci, sa anche che molti greci sono poveri, forse ha assaggiato anche lo yogurt di quelle parti, e insomma, quello che ha fatto il Fmi proprio non va. Ma come? Parla oggi, a distanza di un ciclo di crisi socio-economica? Non facciamo troppo i puntigliosi, seguiamo la linea di Fazio, che anche stavolta ha approvato, aggiungendo alla commovente dissertazione di Juncker un velo di malinconia. Ma dopo entrambi si sono ripresi e via con le questioni pesanti: come la vuole questa Europa, eccellentissimo presidente della Commissione europea, Juncker?
La risposta non è di quelle che possano lasciare indifferenti gli uomini dabbene: l’Europa deve essere più “sociale”. I greci ringraziano.
Fazio qui non ha avuto il tempo di sfoggiare un eccellente linguaggio del corpo perché sono troppi i nodi drammatici da sciogliere: la Cina, la Via della Seta.
Approvo, ha sentenziato Juncker. Solo che i singoli Paesi sono pregati di non decidere le alleanze strategiche per contro proprio, possono al massimo deliberare sull’ora legale. Ma, naturalmente, l’Italia ha fatto bene a sancire accordi con la Cina (tradotto nel duro lessico tattico-militare: sfàsciati pure da sola, così poi arriverai a più miti consigli e con perdite economiche e sistemiche di non poco momento).
E la Brexit? Incalza il prode Fazio. “Quanta pazienza abbiamo avuto con i britannici, ma ora si sta esaurendo” (ma non è una minaccia, sia chiaro; Juncker, lo ha dichiarato espressamente, è un uomo di “pace”). La Gran Bretagna è come la Sfinge, anzi quest’ultima è più chiara nei suoi intenti della prima. Amen to that. Fazio, europeista entusiasta, approva, of course, è il caso di dire, e sospira. Ma non può mica fermarsi qui, c’è molta altra carne al fuoco: come la mettiamo col “sovranismo”?
Su questo punto, Juncker è stato magistrale nell’esercizio del potere della retorica del comando. Ecco l’argomento: 1)l’Europa è il continente più piccolo, mica siamo eurocentrici, noi, non vogliamo farla da padroni o fare avventure neocoloniali (svalutazione); 
2) l’Europa perde, tra l’altro, peso economico, lo sappiamo tutti (principio di realtà); 
3) ergo, come possiamo creare un’Europa più solida ed autorevole con le nazioni che vanno “in ordine sparso” (ritorna il gergo militare: e siamo all’intimidazione, bingo).
Non male, presidente, la retorica del comando è smascherabile, ma decisamente funzionante. Fazio che fa? Ok, ormai lo sapete già.
Indefesso, il nostro intervistatore insiste: ma Orbán che fa? Campagna politica contro di lei? Juncker è uno tosto e non ci pensa due volte nel dare il meglio di sé: “Me ne frego alla grande”. Gli xenofobi non fanno paura a noi, uomini distinti e operosi nella costruzione della “pace” (un vero kantiano), che vadano pure al diavolo, li tolleriamo perché sono perdenti. E così sia.
Altre mirabili incursioni sul leggendario tetto del 3%, il clima, che assilla le coscienze giovanili, il “gretinismo” piazzaiolo insomma, con questi nuovi rampolli che fanno bene a manifestare come faceva lui, da giovane, prima di scoprire, con la teoria delle élites, che il potere logora chi non ce l’ha, e allora è bene sedere sugli scranni che contano. Ma non senza averci reso nota la sua importante militanza di manifestante anti-Vietnam, uno scoop che dobbiamo per intero a Fazio. Questo ripaga ampiamente il canone Rai.
Galoppiamo verso la fine: “più Europa”. Ecco lo Juncker “marxista”, che smaschera la falsa coscienza: “Non vuol dire niente”. Non c’è bisogno neanche di avere “più Europa”, il “più” è superfluo, abbiamo già preso tutto, pare questo il senso ultimo della sua discettazione. Che seguo nei suoi termini essenziali: no agli Stati Uniti d’Europa, perché gli “europei”, che lui conosce davvero bene, non li vogliono. Dobbiamo creare canali di comunicazione e conoscenza reciproca, sembra l’idea di un Progetto Erasmus diffuso a macchia d’olio, detto in formula: “Cosa sanno i finlandesi dei napoletani?”. Rimango silente, in attesa di cavar fuori dalla mia coscienza, meno raffinata di quella di Juncker, una risposta a cotanto quesito.
E le politiche migratorie, dica un po’, illustrissimo Presidente Juncker, che ne pensa? Juncker è tetragono anche su questo punto: abbiamo dato un miliardo di euro, “non di lire”, si affretta a precisare (la lira resuscitata dal Verbo che viene dall’Alto), per sostenere l’Italia, nell’impegno con i migranti, gli sbarchi, etc. Juncker si è speso per l’Italia, anzi ha affermato che “l’Italia salva l’onore dell’Europa” con la sua azione di accoglienza e solidarietà verso i migranti. Fazio è compiaciuto.
Gli “eterni” si sono incontrati, alla maniera severiniana, in questa intervista e dunque ogni giudizio storico e ancor più politico non sarà mai all’altezza di un così elevato rigore destinato ad altri mondi. Severino, in un’intervista, ha spiegato perché proprio quella stessa intervista fosse eterna. Comincio a pensare che Juncker sia un lettore del più celebrato filosofo italiano. D’altra parte, l’ha dichiarato nell’intervista, occorre fare rete e amicizia in Europa: che ne sa un lussemburghese degli “eterni” prodotti in Italia? Il Presidente, solerte, provvede a rispondere.
https://www.ilsussidiario.net/news/politica/2019/4/1/fabio-fazio-e-juncker-quando-la-narrazione-del-potere-diventa-eterna/1865978/

L’Europa dell’austerity è il paradiso dei miliardari. - Rosanna Spadini



Jean Claude Juncker nel suo incontro odierno con il Presidente Conte ci ha mazzolato ben bene: “Preoccupato per l’economia italiana. Servono altri sforzi”. Servirebbe dunque altro sangue della classe media diversamente asfaltata. Vuoto di memoria però, impossibile crescere mentre si è sottoposti a vincoli di deficit e mentre tutta l’Eurozona si sta rivelando come un’area di depressione economica permanente, provocata dalle stesse condizioni imposte dai trattati e dalla scarsità di moneta circolante.
Anche l’altra sera, chez Fabio Fazio, aveva tirato in ballo i problemi di debito pubblico italiano, trascurando da sbadato che il suo piccolo Lilliput è lo Stato più indebitato al mondo, nel sottobosco del debito privato in particolare.  Dichiarazione apparentemente sobria: “Penso che l’Italia sappia quali sono i suoi problemi. La crescita italiana è in ritardo rispetto all’Europa, e da vent’anni a questa parte, bisognerà dunque che l’Italia torni a scoprire gli strumenti che le permetteranno di rilanciare la propria crescita, ma dire che l’Italia costituisce un rischio mi sembra un’esagerazione, anche se i livelli del debito pubblico sono pericolosamente alti. Il 130% è uno dei livelli di debito pubblico più alti al mondo e bisognerà correggerlo, ridurlo“.
Però, nel mondo androide dell’Unione europea avvengono cose strepitose, neppure ipotizzabili dai lontani bastioni di Orione, tanto che nei bilanci delle casse statali mancano all’appello ogni anno più di mille miliardi di euro, tra elusione ed evasione fiscale. Infatti mentre i comuni mortali pagano fino all’ultimo centesimo di tasse, le multinazionali smistano decine di miliardi verso altri paradisi, grazie a contratti finanziari inaugurati in Lussemburgo, i famigerati ‘tax ruling’, strumenti finanziari che consentono alle corporations di concordare preventivamente il trattamento fiscale per un periodo predeterminato.
Così gli accordi preventivi provvedono ad evitare possibili contenziosi con gli Stati su alcune pratiche societarie tipicamente elusive, come quella che manipola i prezzi infra-gruppo (transfer mispricing), o ricorre a trasferimenti di utili da uno Stato all’altro sotto forma di dividendi, interessi, royalties e altri ingredienti del reddito d’impresa.
Il Pil pro capite del Granducato di Lilliput-Lussemburgo è di 105.918 mila dollari, il più alto al mondo, quasi il triplo di quello italiano. Un Paese molto ricco, nonostante sia pressoché privo di un comparto industriale di spessore, la cui unica fortuna è rappresentata dalle tasse, naturalmente quelle degli altri, e in particolare quelle delle numerose multinazionali che vi detengono la sede legale.  Il cui motto identitario è ‘Vogliamo rimanere ciò che siamo’… ettelocredo!! E la cui sorte è stata forgiata dal vecchio borgomastro Jean-Claude Juncker, oggi presidente della Commissione europea, e in visita settimanale in Italia.
Ebbene nel 2014, immediatamente dopo l’elezione al suo mandato europeo, il nostro lillipuziano era già sotto attacco mediatico, per un’inchiesta giornalistica di 28 mila pagine di documenti raccolti da un network americano, The International Consortium of Investigative Journalists (Icij), e pubblicato in contemporanea da 26 testate, che inauguravano lo scandalo definito ‘LuxLeaks‘.
L’inchiesta denunciava la sporca abitudine del Granducato di aver favorito multinazionali, quali Pepsi, Ikea, FedEx, Accenture, e anche 31 società italiane o con attività in Italia, attraverso una miriade di accordi fiscali.
A quel punto quaranta media di tutto il mondo poterono accedere ad un archivio smisurato di migliaia di documenti, sottratti da due impiegati, della sede lussemburghese di PriceWaterhouseCoopers (Pwc), un colosso di consulenza e revisione societaria, provocando in seguito interventi parlamentari, denunce e indagini giudiziarie.
Il sistema dei ‘tax ruling‘ si è sviluppato proprio in Lussemburgo, dando avvio ad intese riservatissime che garantiscono a 340 multinazionali di pagare meno del 1% di tasse, da Amazon ad Abbott, da Deutsche Bank a Pepsi Cola.
Il nodo del sistema prevede «accordi fiscali anticipati», una pratica legale che permette di conoscere in anticipo le imposte da pagare e ottenere garanzie giuridiche, così il sistema può influenzare la ripartizione dei profitti e consentire di minimizzare il gettito.
Il meccanismo finora ha funzionato benissimo secondo un tacito accordo, per cui le aziende spostavano nel Granducato flussi finanziari per centinaia di miliardi di dollari e in cambio ottenevano la possibilità di un trattamento tributario d’eccezione. Naturalmente, a farne le spese sono stati i Paesi d’origine delle società, costretti a rinunciare al gettito fiscale dirottato opportunamente verso altri lidi, ma anche gli altri Stati membri dell’Unione, che in questo modo entravano in una spirale viziosa di concorrenza sleale. Il danno complessivo è notevole: dai conti dell’Unione spariscono annualmente 1.400 miliardi di euro.
L’elusione di fatto vale miliardi di euro di base imponibile, nascosta dalle grandi multinazionali al fisco di Paesi come Germania, Francia e Italia. Dunque per compensare l’ammanco versano più tasse i lavoratori dipendenti o autonomi, i pensionati e anche – attraverso l’Iva sui beni di consumo – tutti i consumatori, compresi quelli i cui redditi dovrebbero essere esenti da tassazione, visto che sono così bassi da restare al di sotto delle soglie tassabili.
Ma oltre al Lussemburgo anche Olanda e Irlanda, che hanno poco più del 6% della popolazione dell’Eurozona, rappresentano nel complesso quasi metà dell’elusione fiscale internazionale delle grandi aziende. Così i tre più grandi paradisi fiscali non sono annidati in qualche isola dei Caraibi o del centro America, al contrario, prosperano indisturbati proprio nel cuore dell’Europa.
In pratica questi tre Paesi operano direttamente a danno degli altri, gli stessi con i quali condividono le loro severe regole di vigilanza sui bilanci pubblici, politiche di austerity, fiscal compact, etc etc.
L’Irlanda per esempio è il Paese dove Apple gode di sconti confezionati su misura, per cui le due consociate irlandesi di Apple funzionano da società offshore perché pagano solo l’1% di tasse, nel 2014 addirittura lo 0,05%.
Finché nel 2016 Dublino ottenne dalla Apple il pagamento di 14,3 miliardi di euro in tasse arretrate e interessi, a due anni dalla decisione con la quale Bruxelles aveva stabilito che il regime fiscale garantito all’azienda Usa violava le leggi dell’Unione europea.
L’occasione per parlare del problema è arrivata a Davos nel 2018, in un incontro sui paradisi fiscali, quando sono stati presentati i risultati di uno studio pubblicato da tre economisti: Thomas Tørsløv e Ludvig Wier dell’Università di Copenaghen, insieme a Gabriel Zucman dell’Università di California a Berkeley.
I tre segugi finanziari hanno calcolato l’impatto dell’elusione da parte di grandi gruppi come Apple, Facebook, Amazon, Google-Alphabet o Nike…  evidenziando che In ciascuno di questi gruppi, la somma dei profitti realizzati dalle società controllate, bizzarramente risulta pari a una frazione minima dei profitti consolidati globali. Il caso più estremo è Facebook, i cui profitti del 2015 sono stati di circa 11 miliardi di euro ma la somma dei ricavi tassabili di tutte le sussidiarie resta a zero.
Secondo i tre economisti, le distorsioni fiscali stanno diventando sempre più insostenibili, perché circa i due terzi dei profitti esteri delle multinazionali americane in genere (e il 45% di quelle di tutto il mondo) slittano verso i paradisi fiscali.
Ad esempio il Double Irish with Dutch sandwich, il doppio irlandese con panino olandese, lungi dall’essere una specialità gastronomica irlandese, costituisce un raffinato schema di pianificazione fiscale, che verte sull’impiego di due consociate con sede in Irlanda (di cui una registrata in un paradiso fiscale) e una terza “società veicolo” con sede in Olanda, al fine di abbattere il reddito imponibile.
Proprio la tecnica utilizzata da Google, che in pratica, avrebbe trasferito i ricavi da una controllata irlandese a una società olandese senza dipendenti, e poi a una casella postale alle Bermuda di proprietà di un’altra società registrata in Irlanda.
Ma il nostro lillipuziano la sa parecchio lunga, ricompensato per i suoi servigi con la presidenza dell’Eurogruppo nel 2004, trascurò con benevolenza i ‘trucchi di bilancio’ della Grecia, salvo poi acconsentire alle insistenti richieste di austerità che venivano dal Nord Europa per il Sud spendaccione.
«Se si guardano i numeri, probabilmente ha fatto più danni alle finanze pubbliche europee Juncker che qualunque evasore fiscale. Eppure era tutto noto: basta leggere la brochure promozionale del Luxembourg Stock Exchange, la Borsa del Granducato, per vedere che questo ricchissimo staterello non ha pudore nel presentarsi come uno snodo fondamentale per le imprese che devono eludere il fisco» dice Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano.
L’Europa dell’austerity e degli apologeti pseudo democracy permette la pratica dell’arbitraggio fiscale o ‘beggar thy neighbour’ (frega il tuo vicino), e la prosperità delle nazioni eticamente ‘nobili’, rispetto ai Piigs eternamente indebitati, si fonda quasi esclusivamente su queste porcate fiscali.
In conclusione mentre i poveri cittadini europei sono tartassati da tasse sempre più insostenibili, le grandi corporations mondiali vengono favorite con pratiche e agevolazioni finanziarie sempre più creative e geniali, tanto che potrebbero superare ogni genere di avanguardia artistica. E per la gioia di un’Europa faro della democrazia, che inneggia all’unione tra i popoli, in uno dei tre grandi paradisi fiscali membri dell’UE, Apple nel 2014 pagava lo 0,005 di tasse sui nostri iphone da 1000 euro l’uno. Dissonanza cognitiva?

martedì 2 aprile 2019

Caserta, medici e infermieri assenteisti: 28 indagati. Uno era in viaggio all’estero e il figlio timbrava il cartellino.

Caserta, medici e infermieri assenteisti: 28 indagati. Uno era in viaggio all’estero e il figlio timbrava il cartellino

"Qua o ci arrestano a tutti quanti, o stiamo tutti in grazia di Dio. Tanto, come si dice, chi è senza peccato scagli la prima pietra". Parlavano così due dirigenti medici dell’ospedale "San Rocco" di Sessa Aurunca intercettati dai Carabinieri che indagavano sull'assenteismo nella struttura pubblica su ordine della Procura di Santa Maria Capua Vetere.

Il dono dell’ubiquità. Essere in viaggio all’estero, ma risultare presente al lavoro: in ospedale. C’è anche questo episodio nella miriade di casi di assenteismo accertati dai Carabinieri che in due anni di indagini hanno filmato medici, infermieri e dipendenti dell’ospedale San Rocco di Sessa Aurunca (Caserta) mentre sgattaiolavano via da un’uscita secondaria dopo aver timbrato il badge e a volte non rientrare neanche. Alcuni in verità, contando sulla complicità dei colleghi, in corsia o sala operatoria neanche ci arrivavano. Perché in ospedale non ci mettevano piede. Non solo assenteisti: ad ascoltare le intercettazioni i camici bianchi pensavano anche di poterla fare franca nonostante avessero capito che c’era un’indagine in corso dopo un controllo dei militari dell’Arma.
Sono 28 le persone indagate: sedici medici dell’ospedale casertano e due del Policlinico dell’Università Federico II, a Napoli. Gli altri dieci indagati sono dipendenti amministrativi ed infermieri. A 18 indagati è stata applicata dal tribunale la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria del luogo di svolgimento del lavoro, immediatamente prima e subito dopo l’ingresso alla sede lavorativa. In pratica saranno costretti ad andare a lavoro. sono stati raccolti elementi indiziari riguardo al reato associativo per la commissione di truffa e false attestazioni ai danni della Asl di Caserta.
Caserta, medici-infermieri assenteisti, 28 indagati “Uno era in viaggio all’estero, il figlio timbrava”
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L’intercettazione: “Io ho detto e allora l’ospedale rimane vuoto”.Tra i medici esistevano un vero e proprio patto secondo gli inquirenti che contestano l’associazione a delinquere e la truffa aggravata. “Qua o ci arrestano a tutti quanti, o stiamo tutti in grazia di Dio. Tanto, come si dice, chi è senza peccato scagli la prima pietra” dicevano due dirigenti medici. Durante una telefonata – dopo un controllo amministrativo effettuato dai militari dell’Arma – i due camici bianchi ridono e pensano di poterla fare franca, contando sul fatto che molti colleghi sono coinvolti: “Quello dice che si rischia il posto di lavoro… e ho detto, e allora l’ospedale rimane vuoto, ci licenziano a tutti quanti“. Tra i medici sette sono in servizio al reparto di Anestesia, gli altri lavorano Psichiatria, Pediatria e al 118. Le frasi captate dimostrano “il clima di illiceità presente all’interno delle strutture oggetto dell’indagine” e “la spregiudicatezza con cui venivano poste in essere le condotte criminose”.
Per gli indagati obbligo di firma prima e dopo il lavoro. Il danno complessivo alle case dello Stato è stato stimato in 21.406 euro, che sono stati sequestrati sui conti correnti degli indagati. La misura emessa dal gip è stata eseguita in varie località di residenza dei sanitari indagati, a Napoli, Caserta, Carinola, Sessa Aurunca, Mondragone, Cellole, Casagiove, Teano, tutte in provincia di Caserta, e a Gragnano (Napoli). L’inchiesta è iniziata nel febbraio 2017: oltre alle intercettazioni i carabinieri hanno installato telecamere vicino a tutti gli orologi presenti nell’ospedale e vicino all’uscita secondaria  sul retro della struttura che molti usavano per andare via durante l’orario di lavoro. Secondo gli investigatori tra medici esistevano un accordo per timbrare il cartellino ed assentarsi. Anche per tutto l’intero turno. In alcuni casi timbravano e andavano via in altri casi non varcavano neanche la porta dell’ospedale mentre altri colleghi timbravano per loro. Per sei posizioni – fanno sapere i carabinieri – sono stati raccolti elementi indiziari riguardo al reato associativo per la commissione di truffa e false attestazioni ai danni della Asl di Caserta.