martedì 21 maggio 2019

Francia: giudici, riprendere le cure di Lambert.

 © EPA

La decisione dopo un ennesimo ricorso dei familiari contrari alla sospensione dei trattamenti.


La Corte d'appello di Parigi ha ordinato la ripresa delle cure per Vincent Lambert, il tetraplegico in stato vegetativo al centro di una decennale battaglia legale. I trattamenti che tenevano in vita Lambert erano stati interrotti solo stamattina. La decisione è stata assunta dopo un ennesimo ricorso dei familiari contrari alla sospensione dei trattamenti.

Si tratta di un incredibile colpo di scena nel caso che da dieci anni è divenuto un simbolo del dibattito sul fine vita in Francia. Per la Corte d'appello di Parigi, a cui erano ricorsi in mattinata i genitori contrari alla sospensione dei trattamenti che mantenevano in vita Vincent Lambert, bisogna riattaccare la spina. Nel pomeriggio, la Corte europea dei diritti umani aveva invece respinto il ricorso dei genitori, in assenza di "nuovi elementi". Mentre il presidente, Emmanuel Macron, aveva detto che la decisione non spettava a lui. La Corte d'appello di Parigi ha invece accolto a sorpresa il ricorso dei genitori, ferventi cattolici, che hanno invocato le raccomandazioni del Comitato dei Diritti dei disabili delle Nazioni Unite.



Io spero, se mi dovesse succedere qualcosa del genere, che i miei parenti preferiscano rispettare la mia volontà e non la loro. E' triste pensare e constatare che, per mero egoismo, si possa costringere una persona a giacere inanimata in un letto. 
E non credo che si possa ricondurre tale costrizione a credenze religiose, perché Dio, è stato lapalissianamente chiaro: lo voleva morto; o attribuirla all'affetto verso il congiunto perché vederlo immobile, inanimato, inerte, è doloroso.
Oltretutto, a me non piacerebbe affatto dover dipendere da altri.
Cetta.

sabato 18 maggio 2019

Elezioni europee, sfida su Facebook: Salvini spende più di tutti, M5S (quasi) assente. - Marco Lo Conte

Tanto Salvini, quasi altrettanto il Pd, Movimento 5 Stelle pressoché zero. E poi Berlusconi, con un gran numero di post sponsorizzati ma targettizzati poco. È in sintesi la fotografia delle campagne elettorali in vista delle elezioni europee del prossimo 26 maggio, scattata da Facebook che ha deciso di fornire piena trasparenza sulle sponsorizzazioni dei post pubblicati sulla propria piattaforma. Da cui emerge chi ha speso di più e meglio, per attirare l'attenzione degli elettori in queste ultime settimane cruciali per l'esito elettorale.

Perché, per chi non lo sapesse, ciò che guardiamo magari distrattamente sui social arriva sul nostro profilo perché magari qualcuno ha pagato del denaro affinché quel messaggio politico ci venisse sottoposto, considerandoci un “target” interessante ai fini elettorali (Facebook offre un livello di precisione in questo senso del 90%).

La ragione è nota: gli italiani trascorrono in media 6 ore e 42 minuti connessi a Internet, di cui due ore e un quarto da smartphone. Inevitabile che questo sia diventato il terreno in cui conquistare consenso politico, tralasciando i desueti cartelloni pubblicitari, desolatamente vuoti in questi giorni. 

Complessivamente dal marzo scorso ad oggi, sono stati spesi su Facebook 868.254 euro per promuovere 16.772 post legati alle elezioni europee. Questo è il dato offerto dalla piattaforma fondata da Mark Zuckerberg, che mostra il pubblico di riferimento coinvolto da ciascun post, distinti per classi di età, genere e regione, oltre al denaro stanziato. Una trasparenza che ha fatto seguito allo scandalo Cambridge Analytica, che ha intaccato l'immagine e messo in difficoltà Facebook, dopo che in occasione delle presidenziali Usa e del referendum su Brexit, erano state sponsorizzate dall'estero centinaia di pagine che veicolavano talvolta messaggi contenenti fake news.

Ora le parole d'ordine per il social seguito nel mondo da oltre 2 miliardi di persone – 34,8 milioni solo in Italia, oltre ai 23,4 della controllata Instagram –sono rimuovereridurreinformare: una volta identificate (Pagella Politica collabora in Italia su questo tema con Facebook) le fake news vengono cancellate, le campagne devono essere certificate e se non rispettano le regole indicate nel disclaimer vengono ridotte e le somme investite restituite (all'80%).

Gli investimenti quantitativamente maggiori riguardano Matteo Salvini, per il quale la Lega ha speso poco meno di 78mila euro, di cui 43.500 solo nell'ultima settimana. Da registrare l'effetto prodotto nei differenti target dai differenti messaggi politici: post come “Stavolta voto Lega!” è stato distribuito dall'algoritmo di Facebook in particolare tra le donne over45 con forte prevalenza nelle regioni del Centro-Sud (Sicilia 16%, Lazio 13%, Campania 13%), analogamente a “Salvini ha fermato la mangiatoia dell'immigrazione”.



Molto visto soprattutto tra le donne il post sponsorizzato (con il budget maggiore, fino a 5mila euro) sulla castrazione chimica (“Il 58% degli italiani è favorevole”, recita il post), distribuito in modo più uniforme a livello territoriale; mentre ha incontrato l'interesse prevalentemente giovane e maschile il post l'immagine di un giovane di colore che affronta un vigile urbano (“Se non avessi questa divisa”): la Campania, la regione in cui si è rivelato più popolare, almeno per il periodo in cui è stato visibile, prima di essere bloccato da Facebook. Da registrare come invece sia stato rimosso da Facebook il famoso post sponsorizzato del VinciSalvini, il gioco messo in campo dallo staff del leader della Lega, popolare in larga parte tra gli uomini under44, in base alla normativa di Facebook.

Il Partito Democratico ha stanziato finora 73mila euro (26mila circa nell'ultima settimana) per sponsorizzare i post del suo segretario, Nicola Zingaretti. Da registrare il cartellino giallo di Facebook che ha segnalato il ritardo nell’adeguamento alle policy di pubblicazione (per una somma pari alla metà dello stanziamento circa). Molti i post del Pd, anche se con cifre basse, ad eccezione di “Una nuova Europa per andare #avantitutti”, per cui sono stati stanziati 5mila-10mila euro, coinvolgendo un pubblico soprattutto di uomini over45.



Tra i 500 e i mille euro il post sull'indennità europea di disoccupazione che, come prevedibile, ha raggiunto soprattutto gli uomini giovani, ma in modo rilevante anche uomini e donne over55. Appena presente invece Carlo Calenda, capolista Pd nel nord est: l'ex ministro, particolarmente attivo su Twitter, ha sponsorizzato pochi post sulla piattaforma più seguita, rivolgendosi in particolare agli uomini giovani e, in un caso, unicamente agli abitanti del Trentino Alto Adige. 

Meno efficace la campagna dell'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che ha sponsorizzato quasi 400 post, ciascuno però con budget particolarmente basso: complessivamente sono stati spesi 66mila euro, di cui 16mila nell'ultima settimana, parcellizzati in un pulviscolo di messaggi. Da segnalare la forte targettizzazione di alcuni post di Silvio Berlusconi, che ha puntato in modo netto sugli over45, escludendo nella campagna i più giovani.



Insieme al fondatore, da registrare un post sponsorizzato da Forza Italia riguardante il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, targhettizzato a livello regionale: il 57% degli utenti raggiunti, infatti, risiede in Lazio, gli altri lettori del post sono in Toscana, Marche e Umbria.

Sempre nel centro destra, sono da segnalare i numerosi post di Giorgia Meloni, sponsorizzati complessivamente per 17mila euro (8mila nell'ultima settimana) da Fratelli d'Italia. Numerosi, ma in gran parte uguali tra loro, il che non migliora la comunicazione meno efficace nel raggiungimento dei target di riferimento. Da notare la forte prevalenza di pubblico maschile coinvolto da questi post e la bassissima percentuale di lettrici donne, ad eccezione del post “Casa diritto di tutti”. 

Per un movimento nato sulla rete può apparire un paradosso, ma per questa competizione elettorale le pagine del MoVimento 5 Stelle non hanno messo in campo alcuna sponsorizzazione su Facebook. Effetto anche del cambio di passo comunicativo che il M5S ha messo in campo ormai da tempo, con una sterzata “moderata” (in concomitanza con l'arrivo di Augusto Rubei ai vertici della comunicazione del movimento). Di fatto sui social la comunicazione dei grillini è solo organica e sponsorizzati sono solo alcuni post di singoli candidati. 

Non solo i partiti: Facebook stessa ha stanziato in Italia circa 62mila euro per due post “istituzionali” in vista delle elezioni europee. Ma la parte più consistente degli investimenti pubblicitari di post politici su Facebook è stata realizzata dal Parlamento europeo: 200mila euro, poco meno di un quarto del totale, per una campagna istituzionale che è iniziata molto mesi fa e che in molti casi è stata mirata ai giovanissimi che si recano alle urne per la prima volta.



https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-05-17/elezioni-europee-sfida-facebook-salvini-spende-piu-tutti-m5s-quasi-assente-182704.shtml?uuid=ACuarBE

Voti i leader, ma eleggi i peones. L’inganno dei pluri-candidati. Nelle liste delle Europee 37 politici già eletti altrove. Da Salvini alla Meloni, tanti big a caccia di più poltrone. - Carmine Gazzanni

Salvini Meloni

Il meccanismo è molto semplice: ti rechi alle urne, scegli il tuo candidato preferito, lui ottiene una marea di preferenze e… come per magia, alla fine al Parlamento europeo andrà un’altra persona, un altro volto, spesso sconosciuto e certamente non quello che tu hai deciso di votare. Senza ombra di dubbio questa è la più antica presa in giro degli elettori, il classico gioco dei partiti che pur di raccattare qualche voto mettono in lista candidati che non faranno mai parte del prossimo Parlamento europeo. L’articolo 122 della Costituzione è chiarissimo: “nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e a una delle Camere del Parlamento, a un altro Consiglio o ad altra Giunta regionale, ovvero al Parlamento europeo”. Ciononostante i partiti, da destra a sinistra, hanno deciso di candidare politici che già ricoprono incarichi elettivi e che, dunque, difficilmente abbandoneranno il loro posto.
IL REPORT. A fare le pulci sulle pluricandidature e candidature “spot” è stato il sempre puntuale OpenPolis. Sono 37 i candidati alle europee che attualmente siedono o in un consiglio regionale o nel Parlamento italiano. Più nel dettaglio, 20 sono consiglieri regionali, 10 sono deputati e 7 sono senatori. I partiti politici con più candidati coinvolti sono Fratelli d’Italia, con 14 tra consiglieri regionali o parlamentari che corrono per un seggio a Bruxelles, Forza Italia con 9, la Lega con 6, e infine il Partito democratico con 4. Se i “magnifici 37” dovessero essere eletti, per loro si aprirà dinanzi un bivio, se lasciare la via vecchia per la nuova oppure no. Per alcuni di questi la scelta è scontata: è difficile immaginare che i 4 leader politici nazionali candidati – Emma Bonino(+Europa), Nicola Fratoianni (Sinistra italiana), Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) e Matteo Salvini (Lega) – abbandonino il loro posto all’interno del Parlamento o del Governo per emigrare a Bruxelles.
ELETTORI TRADITI. Ma nelle liste non ci sono soltanto politici già eletti. Ma anche persone che risultano candidati in più circoscrizioni, con la conseguenza – anche qui – che poi alla conta dei voti il singolo eletto potrà scegliere in quale circoscrizione venire eletto, lasciando il posto a chi è dietro di lui. Con tanti saluti al rispetto degli elettori. Gli stessi Salvini e Meloni, dopotutto, sono candidati in tutte le circoscrizioni. Ma non sono gli unici: Silvio Berlusconi (Fi), candidato in 4 circoscrizione su 5, Alessandra Mussolini (Fi), sia in Italia meridionale che in quella centrale, e infine 2 nomi forti della destra, Simone Di Stefano di Casapound e Roberto Fiore di Forza Nuova, entrambi candidati in tutte le circoscrizioni. Anche Pietro Bartolo, il noto medico di Lampedusa sceso in campo con il Partito democratico, compare i più circoscrizioni, candidato sia nelle isole che al centro.
MOVIMENTO 10 E LODE. In questo trambusto che pare non conoscere fine e decenza, c’è tuttavia una mosca bianca. “Da sottolineare – scrive OpenPolis – che tra i grandi partiti nazionali l’unico che non è coinvolto da quanto raccontato finora è il M5S”. In questo caso, infatti, non ci sono pluricandidature, e soprattutto non figurano consiglieri regionali o membri del parlamento italiano. Da questo punto di vista quindi il partito guidato da Luigi Di Maio rappresenta un unicum, e soprattutto un esempio di buona pratica: chi viene eletto, va a fare ciò per cui è stato eletto. Sembrerebbe scontato e banale. Ma in Italia, a quanto pare, non è così.

venerdì 17 maggio 2019

Cisl, stipendi d'oro: compensi che sfiorano 300mila euro. Espulso il dirigente che ha denunciato il caso.



Scoppia il caso dei megastipendi alla Cisl. Un ex funzionario del sindacato ha denunciato i mega compensi di alcuni dirigenti dell'organizzazione guidata da Annamaria Furlan e per questo verrà espulso.
Nel dossier - rivelato da Repubblica - e firmato da Fausto Scandola un atto d'accusa corredato di nomi e cifre: retribuzioni che sfiorano i 300mila euro l'anno e superano quindi anche il tetto fissato per i dirigenti pubblici (240mila euro).
Ecco alcuni dei nomi e dei mega stipendi citati dal giornale: «Antonino Sorgi, presidente nazionale dell'Inas Cisl, nel 2014 si è portato a casa 256mila euro lordi: 77.969,71 euro di pensione, 100.123,00 euro di compenso Inas e 77.957,00 euro come compenso Inas immobiliare. Valeriano Canepari, ex presidente Caf Cisl Nazionale, nel 2013 ha messo insieme 97.170,00 euro di pensione, più 192.071,00 euro a capo della Usr Cisl Emilia Romagna: totale annuo, 289.241,00 euro. Ermenegildo Bonfanti, segretario generale nazionale Fnp Cisl, 225mila euro in un anno, di cui 143mila di pensione. Pierangelo Raineri, gran capo della Fisascat Cisl, 237 mila euro grazie anche ai gettoni di presenza in Enasarco, più moglie e figlio assunti in enti collegati alla stessa Cisl».
«I nostri rappresentanti e dirigenti ai massimi livelli nazionali - dice Scandola - si possono ancora considerare rappresentanti sindacali dei soci finanziatori, lavoratori dipendenti e pensionati? I loro comportamenti, lo svolgere dei loro ruoli, come gestiscono il potere, si possono ancora considerare da esempio e guida della nostra associazione che punta a curare gli interessi dei lavoratori?».
Lo scorso settembre l'ex numero uno Raffaele Bonanni aveva lasciato improvisamente l'incarico fra veleni sul suo stipendio. Alcune voci avevano infatti riferito che l'ex segretario si fosse aumentato lo stipendio, proprio in vista del ritiro, per far lievitare la pensione.
Furlan, alla guida della Cisl da meno di un anno, ora promette una svolta. «L'organizzazione aveva bisogno di nuove regole e se le è date con il regolamento approvato il 9 luglio, che entrerà pienamente in vigore il 30 settembre escluse d'ora in poi le possibilità di cumulo delle indennità. Abbiamo imboccato la strada della trasparenza - dice a Repubblica - e la completeremo con l'assemblea di organizzazione di novembre».
«Metteremo tutto su internet», annuncia il leader della Cisl. Inoltre, continua, «abbiamo introdotto una norma per cui se un sindacalista ottiene incarichi esterni, il compenso sarà versato direttamente all'organizzazione e non al diretto interessato. Del resto, lo stipendio da sindacalista è più che sufficiente ed è giusto che gli incarichi esterni producano introiti da destinare alle strutture della Cisl». «Infine con una delibera di segreteria immediatamente esecutiva abbiamo provveduto e ridurre in modo drastico le indennità di vertice più alte», sostiene ancora Furlan.
L'espulsione del pensionato che ha denunciato questa vicenda, rileva infine il segretario generale della Cisl, «è stata decisa dalla nostra magistratura interna che è autonoma nelle sue scelte. Non sono tanto decisive le offese personali che mi sono state rivolte nella lettera che mi ha inviato ma la scelta di far circolare quel documento in questo modo gettando discredito sull'organizzazione». Insomma il discredito sul sindacato, secondo Furlan, lo getta chi denuncia i compensi d'oro, non chi stabilisce e incassa quei megastipendi.

Legnano, la figlia del candidato paracadutata nel cda in cambio di voti: “Io non capisco, ho paura di dire cazzate”. - Giovanna Trinchella

Legnano, la figlia del candidato paracadutata nel cda in cambio di voti: “Io non capisco, ho paura di dire cazzate”

La figlia del candidato sindaco ottiene un incarico perché suo padre, stando alle indagini della procura di Busto Arsizio, ha ceduto i suoi voti al ballottaggio a Fratus. E nelle intercettazioni l'assessora Lazzarini (ai domiciliari) le spiega come funziona un Cda.

La politica che diventa baratto, a discapito di tutto: della legge, delle competenze, del bene pubblico. Succede a Legnano, feudo leghista stravolto da un’inchiesta della Guardia di Finanza di Milano per turbativa d’asta e corruzione elettorale con la giunta decapitata. E dalle carte emerge emblematica la storia di una giovane laureata in giurisprudenza che, senza alcuna esperienza, viene paracaduta nel cda della partecipata Aemme Linea Ambiente. Perché? Perché il suo papà, Luciano Guidi, candidato alla carica di primo cittadino per Alternativa Popolare e Lista Civica – Giovani Popolari (ex-Ncd/Udc), “vende” i suoi 1046 voti al leghista Gianbattista Fratus. Quest’ultimo, candidato del centrodestra con 9.196 voti al primo turno, vince le elezioni dopo il ballottaggio con un totale di 10.865 preferenze. Il candidato di centrosinistra, Alberto Centinaio, al primo turno aveva totalizzato 7.717 preferenze. Un “prezzo” pagato come spiega in una intercettazione l’assessora alle Opere pubbliche Chiara Lazzarini, ex presidente della società partecipata Amga spa, perché Martina Guidi arriva nella società per cooptazione, un’assunzione su designazione, senza sapere cosa fare. Dopo che il sindaco aveva costretto alle dimissioni un’altra consigliera.
L’intercettazione: “Senti io volevo chiederti … una serie di cose perché io non le capisco”. È il 7 dicembre del 2018 quando la giovane chiede delucidazioni proprio a Lazzarini: “Senti io volevo chiederti solo questa … una serie di cose perché io non le capisco cioè poi ho provato a leggerle ma non mi è chiara la tempistica … ma noi ieri abbiamo fatto il cda e l’assemblea dei soci”. E la Lazzarini parte con la spiegazione: “Prima si fa il cda, il cda delibera poi sottopone all’assemblea per l’approvazione…”. La neoconsigliera chiede anche di sottoporle dei documenti… “perché ho sempre paura di dire cazzate e quindi non ho detto niente ieri ma allora quando la società per esempio fa la gara per definire qual è la società che fornisce i ticket per esempio no…  e poi senti un’altra cosa operativa… ma io devo firmare quando vado o no?”.
E il sindaco: “Questa l’ho fatta dimettere, metto una mia amica”. Sulla poca preparazione della giovane consigliera, prima impiegata in un studio legale, un paio di mesi prima (il 26 ottobre 2018), parlavano Lorenzo Fommei, direttore generale del gruppo Agma (di cui Aemme fa parte, ndr), e Gianni Geroldi, ex presidente cda Amga. Il primo dice: “Sì sì assolutamente, questi sono … sono sfrontati impuniti ce l’hanno di tutte … poi hanno messo lì, mi hanno fatto, mi hanno chiamato che dovessi fa’ dimette … la Miriam Arduin …sì me l’ha chiesto il Comune di Legnano!!! Il Comune di Legnano ha chiamato e dice … la faccia dimettere … Proprio … per me sta ragazzetta … mi dice, “è avvocato!” Sì è avvocato dei miei…scusi, dei miei coglioni!!! È diventata avvocata a Gennaio 2018, ha 29 anni ora mi dica lei questa, cosa capirà di azienda… quindi … voglio dire mhhh scelte comple … ovviamente però ho saputo che è amica intima della Chiara Lazzarini … quindi!”. Che sia andata proprio così viene confermato dallo stesso Fratus in un’altra conversazione di tre giorni prima con un parente: “…Questa l’ho fa dimettere e metto dentro un’altra mia amica … ” e sempre nella logica dell’esercizio di un potere: “… io li sostituisco con queste due persone che sono gente che conosco, amici e cose varie e quindi da quel punto di vista non hai nessun ….poi scusami ehhh, le cose si fanno … “. Un “accordo politico” come lo definisce la stessa Lazzarini che Fratus aveva preso con Guidi “per il ballottaggio” e di cui era informato anche il segretario federale della Lega Matteo Salvini (leggi l’articolo).  Tra Fratus e Guidi il gip di Busto Arsizio individua un “pactum sceleris” confermato dalla telefonata tra i due il 22 ottobre: “Tua figlia si chiama Martina vero? (…) sto provvedendo alla nomina in Ala”. Il gip lo stigmatizza descrivendo la “totale assenza di ragioni concrete a giustificazione della nomina di una neolaureata” del tutto priva “di quell’esperienza professionale necessaria”che mostrava tutta la sua “ignoranza delle procedure concrete anche solo di redazione di un verbale di cda”.
“Ho fatto un accordo per il ballottaggio”. La nomina della giovane Guidi era mal vista dall’assessore al Personale, Letterio Munafò, che ne discute e si lamenta con la Lazzarini perché “candidata in una lista contraria alla nostra”. La donna però spiega che quella nomina non sarà in quota al partito: “Sono nomine del sindaco… ha detto (riportando quelle che sono le parole di Fratus) “per Aemme Linea Ambiente li scelgo tutti e due io e non li metto in quota ai partiti…”. Alle rimostranze di Munafò la Lazzarini risponde riportando la posizione del sindaco: “No, ma ti spiego perché e l’altro siccome prima del ballottaggio a livello regionale io ho fatto un accordo con Paolo Alli (ex formigoniano di Alternatinva popolare, ndr), Salvini e quell’altro provinciale loro della Lega in cui Paolo Alli e Guidi hanno detto che mi avrebbero appoggiato al ballottaggio e che io in cambio gli avrei dato un posto. quindi io devo mantenere questa promessa e l’ho fatto non do nessun consigliere in quota a nessun partito. Lì scelgo io quindi…”. Per questo e per gli altri episodi che sono costati la misura cautelare il giudice per le indagini preliminari scrive: “Un modus operandi ispirato a logiche di supremazia personale e di controllo totalitario delle amministrazioni pubbliche anche in totale mancanza di qualsiasi giustificazione formale (come per Lazzarini, entrata solo nel marzo 2019 nella qualifica assessorile all’urbanistica) che vale ad escludere l’occasionalità degli episodi passati in disamina dovendosi, invece, ritenere che gli stessi si collochino in un contesto di abitualità, dal quale non hanno mai mostrato di volersi dissociare“.

Arresti Legnano, il manuale per truccare i bandi: “La logica è prima si individua il candidato. Poi si fa il concorso”. - Giovanna Trinchella

Arresti Legnano, il manuale per truccare i bandi: “La logica è prima si individua il candidato. Poi si fa il concorso”

Sono tre gli episodi di turbativa d'asta che la procura di Busto Arsizio contesta agli amministratori arrestati dalla Finanza. Leggendo l'ordinanza di custodia cautelare del gip, le parole e le azioni degli indagati sembrano riportare un vero e proprio metodo della turbativa d'asta. L'intercettazione: "Si individua la persona, basta! Fa la gara, Finito!"
Modifiche di bandi già pubblicati, incarichi conferiti in assenza o quasi di competenze. Sono tre gli episodi di turbativa d’asta che la procura di Busto Arsizio contesta agli amministratori di Legnano arrestati dalla Finanza oltre l’episodio di corruzione elettorale scoperto a inchiesta già iniziata. Leggendo l’ordinanza di custodia cautelare del giudice per le indagini preliminari di Busto Arsizio, Piera Bossi, le parole e le azioni degli indagati sembrano riportare un vero e proprio manuale della turbativa d’astaMaurizio Cozzi, il vicesindaco di Forza Italia e assessore al Bilancio finito in carcere, parla con il sindaco Gianbattista Fratus della prossima nomina del dg di Agma (il gruppo che controlla alcune società di servizi partecipate) dopo le dimissioni di Lorenzo Fommei. Gli indagati sono felici perché così potranno piazzare un loro candidato: “Una volta che si individua. si individua la persona, basta! Fa la gara, Finito!“. Per Cozzi quindi, ragiona il giudice, “la logica è prima si individua il candidato, poi si fa il bando! Cioè a dire l’esatto contrario delle previsioni normative di una corretta procedura selettiva pubblica”.
L’intercettazione: “Mi hai messo un requisito della madonna”
Anche quando si deve nominare un consulente esterno la logica non cambia: una delle contestazioni riguarda la nomina di commercialista per Euro.pa Services. Cozzi vuole piazzare un suo amico e chiede al dg della società di modificare alcune clausole contenute nel bando già pubblicato che avrebbero impedito la partecipazione del professionista a lui vicino. Che però rifiuta di presentare la sua candidatura per un incarico biennale da 8mila euro. In una intercettazione (12 dicembre 2018) ci sono le pressioni del vicesindaco sul direttore generale perché cambi il bando: “Eh, va che non può presentarmi la domanda!l!” dice. E l’altro: “Come non può?!?, “Perché non ha i requis … eh.. mi hai messo un requisito della madonna! chi cazzo ha 10 anni di esperienza lavorativa presso amministrazioni pubbliche…”. Quindi arriva la rassicurazione sulla domanda: “Fagliela presentare non ti preoccupare“. E quindi si procede con la rettifica. Ma Cozzi ha un altro problema ovvero che il consulente dovrebbe redigere le dichiarazioni dei dipendenti, ma non ha uno studio all’altezza. Anche per questo requisito viene apportata una modifica. Ma il commercialista ormai si è tirato indietro e Cozzi sbotta: è “un cagasotto“.

Il bando modificato per il candidato incompatibile
Nel secondo episodio contestato il bando taroccato, secondo la procura di Busto, è quello relativo al dirigente per lo sviluppo organizzativo del Comune per cui il giudice scrive che la valutazione del candidato rappresenta “un mero simulacro in quanto mesi prima era stato già individuato” Enrico Barbarese, “in totale violazione” delle leggi con una “manipolazione della procedura selettiva”. Con i termini di presentazione della domanda previsti in soli 14 giorni per impedire la presentazione di altre candidature. Il prescelto diventa dirigente con decreto del sindaco a tempo di record nonostante “privo di esperienza in materia di enti locali e gravato da precedenti di polizia (per traffico di rifiuti, ndr)”. E quindi nominato “nonostante presentasse una situazione di incompatibilità che lo stesso aveva sollevato con gli indagati”, perché presidente e ad di una società, la Safond Martini. In una intercettazione, Barbarese spiega a Fratus e Cozzi: “Il vostro regolamento mi impedisce di tenere l’altro incarico” (…) “è un caso di incompatibilità assoluta di stampo vetero comunista, questo l’hanno messo quelli del Pd”. (…). Ma sollevato il problema offre anche la soluzione e dice: “Ma mica abbiamo problemi di andare in galera, non è questo il problema. È non dare spazio a robe strumentali, capito? (…) Una letterina e vi sistemo tutto secondo me“. “Il cliché Barbarese si ripete di lì a poco“, scrive il gip riferendosi alla designazione del nuovo direttore generale Amga. Viene preparata la bozza del bando e c’è bisogno di verificare che ci siano tutte le caratteristiche che potessero andare bene per assegnarla alla persona già scelta, ci sono dei ritardi, modifiche da fare. Il 14 marzo scorso viene pubblicato il bando, la persona è stata individuata e quindi si può procedere come l’intercettazione spiegava: “Una volta che si individua. Si individua la persona, basta! Fa la gara, Finito!”.

Finanziamenti ai partiti: a +Europa 200mila euro da Soros e moglie, milioni a Forza Italia da Berlusconi e famiglia.

Finanziamenti ai partiti: a +Europa 200mila euro da Soros e moglie, milioni a Forza Italia da Berlusconi e famiglia

Su Repubblica i versamenti ai principali partiti. Il gruppo industriale dell'ex ministra Guidi nel 2018 ha finanziato Lega e Alternativa popolare, ma anche esponenti di Forza Italia, Pd e Fdi. Guido Alpa, ex socio di Conte, ha donato 5mila euro al dem Orlando.

Forza Italia sorretta dai capitali della famiglia BerlusconiFininvest ed Ennio Doris, la Lega e la sinistra finanziate dalle aziende e +Europa di Emma Bonino che ha ricevuto 100mila euro di finanziamento da Soros. Tutto lecito e trasparente, anche se il registro per potere consultare in tempo reale le donazioni – che devono essere pubbliche oltre il tetto dei 3mila euro – a tutt’oggi non esiste. Repubblica spiega di avere ottenuto dati dalla banca dati di Montecitorio dopo un percorso tortuoso, durato giorni tra la richiesta alla Tesoreria e l’attesa di una risposta. Una risposta che alla fine è arrivata e dalla quale emergono nomi e cognomi dei finanziatori più importanti del panorama politico italiano. Incluse alcune sorprese, pur tenendo ben presente che la maggior parte dei finanziamenti non passa dal Parlamento ma confluisce “in associazioni, fondazioni spesso di comodo dove la trasparenza è un optional e l’opacità la regola”.
Venendo alle sorprese, la prima riguarda Guido Alpa: l’ex socio dello studio legale col presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha scelto di donare 5mila euro all’ex ministro dem Andrea Orlando e a nessuno dei due partiti al governo. A incassare somme importanti da pochi ma illustri finanziatori è + Europa di Emma Bonino che può vantare 100mila euro da George Soros, altrettanti da sua moglie Tamika Bolton e 30mila da Guido Maria Brera, amministratore del gruppo di private banking Kairos. Tra tutti i finanziatori spicca Peter Baldwin, filantropo nel board della Wikimedia Foundation nonché suo grande benefattore, che in tutto ha versato 516mila euro così suddivisi: 100mila a +Europa, 260mila al segretario del partito Benedetto Della Vedova e 156mila al braccio destro di Bruno TabacciCarlo Romano. Con Soros, ha detto Emma Bonino parlando con Corriere Tv, “ci siamo trovati, prima della caduta del Muro, a sostenere i dissidenti dell’epoca e dopo la caduta del Muro la sua attività a sostegno della democrazia e della società aperta ha permesso di portare a casa battaglie di libertà come il Tribunale penale internazionale. Ma è tutto chiaro e trasparente, pubblicato sui bilanci”.
Passando invece a Forza Italia, negli ultimi cinque anni Silvio Berlusconi ha versato ben 100 milioni di euro, mentre i suoi figli tra il 2015 e il 2016 hanno versato un milione: 200mila Marina, Piersilvio, Luigi e suo fratello Paolo e 100mila da Eleonora e Barbara. Stessa cifra, quest’ultima, data cinque anni fa da Ennio Doris e dai suoi figli Sara e Massimo, nonché da Bruno Ermolli, consigliere Fininvest. Un’azienda che, per parte sua, ha contribuito “con mezzo milione dal 2014 a oggi”. Guardando sempre al centrodestra ma al fronte leghista, il partito di Salvini e le sue diramazioni incassano decine di migliaia di euro da un variegato ventaglio di imprese: Vaporart (100mila euro), Carbotermo spa (15mila), ConsorzioGisa (45mila euro) e nel comparto agricolo la Biogreen (30mila), Giulia Srl di Ormello(10mila), Confagricoltura Roma (25mila) e Now, “azienda inaugurata dal vicepremier e finita nell’inchiesta dei 49 milioni che alla Lega Liguria ha donato 67mila euro. Nell’area di centrosinistra, invece, il gruppo della ex ministra allo Sviluppo Economico Federica Guidi, tramite la sua controllata Telefin, ha dato 25mila euro alla Lega e 20mila a Carfagna e La Russa. Nello stesso gruppo invece Ducati energia ha guardato a sinistra e donato 10mila euro a Boschi, Ferri e Madia. Stessa cifra che il gruppo emiliano Cremonini ha dato a Bernini, Martina e Alfano.