giovedì 2 luglio 2020

Nastro Azzurro. - Marco Travaglio

Non ci sono parole, ma solo risate, per commentare la servitù volontaria dei berluscones che da trent’anni si vendono la faccia in cambio della pagnotta, fingendo di credere alla favola del bravo imprenditore che s’è fatto da sé, boicottato dai poteri forti, dai comunisti e dalle toghe rosse, ma alla fine viene sempre assolto (o prescritto, per loro è lo stesso) perché è innocente come un giglio di campo, non ha mai corrotto politici, giudici, finanzieri, testimoni, senatori e minorenni, era davvero convinto che Mangano fosse uno stalliere, Dell’Utri un bibliofilo, Previti un avvocato, Gelli un materassaio, Craxi uno statista, Ruby (marocchina) la nipote di Mubarak (egiziano) e, se una volta lo condannano per una frode fiscale da 368 milioni di dollari, è un complotto. Più preoccupante è il caso dei giornali “indipendenti” (dalla verità e dal ridicolo), che prendono sul serio o sottogamba l’ultima minchiata della Banda B., utilissima ai loro traffici per il governo di larghe intese&imprese. Da anni invocano una legge-bavaglio contro le intercettazioni legali a fini di giustizia (quelle disposte dal giudice su richiesta del pm) e ora non si scandalizzano per quelle illegali a fini di ingiustizia (realizzate da B., non si sa se d’accordo col giudice Franco o a sua insaputa, né dove, né quando, né montate da chi, certamente conservate per 7 anni con tutti i ricatti possibili e immaginabili, infine diffuse dopo la morte del parlante per salvarlo dalle conseguenze e fare un po’ di casino). Che non sono una novità. Ma una prassi.
Da quando non riesce più a comprarsi i giudici, B. vince la sua innata ritrosia per le intercettazioni e se le fa in casa per sputtanare chi gli dà noia. Il nastro, segreto perché penalmente irrilevante, di Fassino che dice a Consorte “abbiamo una banca?”, rubato da un dirigente dell’azienda che l’aveva realizzato per i pm, regalato a B. e finito nel 2006 in prima pagina sul Giornale per la campagna elettorale anti-Pd, lo ricordano tutti tranne il Pd. Ma il vero “nastro zero” è quello del 1995 contro Antonio Di Pietro che, appena svestita la toga, respinge le sirene di B. e vuole entrare in politica con tutta la sua popolarità. I berluscones, terrorizzati, lo coprono di denunce alla Procura di Brescia, ma le indagini languono e rischiano il flop. Così B., il 7 settembre, invita ad Arcore un suo vecchio dipendente e amico, legato anche a Di Pietro: il costruttore Antonio D’Adamo, che naviga in pessime acque. E si impegna ad aiutarlo finanziariamente in cambio della testa di Tonino. Quando D’Adamo esce da villa San Martino, chiama la figlia che gli domanda: “Papà, ma tu sei riuscito a fare qualcosa per lui?”. E D’Adamo: “Certo, Patrizia, c’è tutta una contropartita…”.
Silvio gli ha appena promesso di levargli le banche dalle calcagna e di sbloccargli un affare edilizio in Libia. Due anni dopo Previti produce a Brescia un memoriale di D’Adamo che rievoca creativamente un prestito di 100 milioni di lire all’ex pm (poi restituito) e altri particolari opportunamente ritoccati per accreditare l’accusa dei pm: che Di Pietro abbia concusso il banchiere-corruttore Pacini Battaglia per salvarlo da Mani Pulite in cambio di una tangente parcheggiata sui conti di D’Adamo. B. corre a testimoniare: “D’Adamo mi ha riferito di aver ricevuto da Pacini un finanziamento di 9 miliardi, di cui avrebbe dovuto restituire a Pacini 4,5 miliardi, mentre la restante somma avrebbe dovuto essere destinata al dottor Di Pietro, pienamente consapevole e consenziente”. E aggiunge che, per puro caso, il suo collaboratore Roberto Gasparotti ha registrato D’Adamo mentre gli confida il peccato mortale di Tonino. Gasparotti presenta ai pm un “taglia e cuci” delle parole di D’Adamo, che però non sono così chiare come dice B.: è anzi quest’ultimo che tenta di far dire al costruttore che Di Pietro era un corrotto, mentre D’Adamo, finito in un gioco più grande di lui e rischiando la calunnia, si schermisce: “Dottore, lei sa quanto le voglio bene e quindi non ho paura… ma se dice una cosa di questo tipo si incasina… lei queste cose le lasci dire a me…”. Nel nastro “taglia e cuci” made in Arcore, D’Adamo mente su un credito aperto con Di Pietro (che invece ha restituito tutto nel ’94). Ma quando depone a Brescia, si contraddice e non conferma che Di Pietro sia un corrotto.
Così l’ex pm è prosciolto dal gup Anna Di Martino con parole definitive su B. (almeno per chi ha buona memoria): “La genesi delle accuse di D’Adamo rinviene dai sedimentati risentimenti nutriti da Silvio Berlusconi nei confronti dell’ex magistrato, risultando poi per tabulas che proprio Berlusconi (e Previti) sospinse D’Adamo alla Procura di Brescia, utilizzando ogni mezzo e facendo leva sull’antico rapporto di lavoro subordinato e sullo stato di dipendenza finanziaria e psicologica di D’Adamo”. Il nastro dimostra un’“inquietante soggettiva interpretazione dei fatti da parte del Berlusconi, ma anche un abbandono strumentale del D’Adamo a rivelazioni forzatamente alterate dei suoi rapporti con Di Pietro” per “soddisfare l’ansia accusatoria del suo interlocutore (Berlusconi) nei confronti dell’ex pm e ottenere soccorsi”. Ecco, signore e signori che ancora ci cascate: questo è l’uomo, l’ometto che con una mano accende il registratore per le balle di Franco contro Esposito e con l’altra sventola il vessillo della privacy contro le intercettazioni. Quelle legali, quindi non le sue.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/07/02/nastro-azzurro/5854522/

mercoledì 1 luglio 2020

Il virus-Bibbiano: “Prove solide, la luce non si spegnerà”. - Selvaggia Lucarelli

Il virus-Bibbiano: “Prove solide, la luce non si spegnerà”

Il Coronavirus ha smesso di occupare ogni piega della cronaca e si torna a parlare di Bibbiano. E succede una cosa strana, ovvero che chi conosce la vicenda, il luogo e il tempo da cui parte, le ramificazioni e gli intrecci di quegli psicologi con i tribunali d’Italia, trova la parola “contagio” aderente anche a questa storia. Perché anche Bibbiano, in fondo, è una malattia che parte da lontano, che si è propagata, che ha scelto il suo paziente zero, il territorio in cui propagarsi silenziosamente, le sue vittime. La Procura di Reggio Emilia ha chiesto il rinvio a giudizio per ben 24 imputati a seguito dell’indagine "Angeli e demoni". Tra questi, ci sono Claudio Foti, il fondatore della onlus Hansel e Gretel, sua moglie Nadia Bolognini, l’ex responsabile dei servizi sociali dell’Unione comunale Federica Anghinolfi (con un numero di capi di imputazione che fa paura) e anche il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, quello a cui secondo Nicola Zingaretti avremmo dovuto chiedere preventivamente scusa, chissà perché. Convocati anche 155 testimoni e tra questi il nome di una persona che è ben più che testimone dei fatti: il giornalista Pablo Trincia. Perché senza il suo lavoro di indagine su “Veleno” e quel che accadde di così simile a Bibbiano nella Bassa Modenese, oggi forse Bibbiano sarebbe solo quell’anonimo comune a sud di Reggio Emilia, in cui nessuno si accorge di quello che accade.
Pablo, sarai nella lista testimoni. Cosa vuol dire?
In un convegno a Mirandola si parlava di Veleno, sul palco qualcuno di noi relatori accennò al fatto che nella Val d’Enza stavano succedendo cose analoghe. Non sapevo delle indagini in corso su Bibbiano. Il giorno dopo la Procura di Reggio mi chiamò per sapere cosa sapessi e perché.
Cosa sapevi?
Ero stato contattato da alcuni genitori coinvolti nei fatti dei Bibbiano. Mi aveva impressionato la somiglianza delle due storie, nonostante i 20 anni tra l’una e l’altra. Bibbiano è un’estensione di Veleno: il mondo dei bambini visto attraverso il filtro del complotto, del satanismo, degli abusi, dei poteri forti.
Lo schema è lo stesso.
Sì, tornano perfino le storie sulle sette sataniche usate per suggestionare, oltre che le pressioni psicologiche sui bambini. Solo che mentre in Veleno c’era pochissimo materiale video e audio per provare le accuse, qui abbiamo letto le intercettazioni, sentito i discorsi di psicologi e assistenti sociali grazie alle cimici, visto le chat in cui dicevano che avevano paura, in cui parlavano di “sistema”.
Sono passati 23 anni dalla prima accusa di un bambino a un genitore nella Bassa Modenese. Qualche bambino di quelli che oggi negano quegli abusi è più entrato in contatto con gli psicologi di Hansel e Gretel?
Uno di loro ha scritto un post su Facebook raccontando che Claudio Foti tempo fa, prima della conclusione delle indagini, lo aveva contattato cercando ancora di convincerlo di aver subito abusi, dicendo che io sono un negazionista.
Perché ci sono voluti 23 anni per smascherare questo sistema?
Tra le altre cose perché è un po’ la giustizia che giudica se stessa. Sono decenni che le procure si avvalgono della consulenza di questi psicologi.
Avresti ritenuto possibile di aprire il giornale una mattina e di scoprire che Foti era finito agli arresti?
Mai. Non ho mai pensato che una procura si sarebbe potuta interessare di abusi non dal lato degli “abusati”, ma da quello di chi raccoglieva le loro testimonianze, degli psicologi, degli operatori, delle suggestioni. Questo processo non ha precedenti nel mondo, è storico.
È il processo a cosa, in sintesi?
A un modo di intendere la psicologia, a un sistema di affidi, alla sottrazione illecita di minori, ai pregiudizi e a un mondo che ha sempre avuto l’appoggio, la fiducia di buona parte della magistratura.
Di tutto quello che hai letto negli atti cosa ti ha colpito di più nell’indagine “Angeli e demoni”?
Un’intercettazione in cui un bambino parla normalmente di un genitore e la psicologa sposta sempre il discorso sul sesso. È un caso da manuale: il bambino non viene ascoltato, ma viene trasformato in arma da utilizzare contro i propri familiari.
Sui social hai accusato il Pd di non essersi occupato abbastanza di Bibbiano.
Il Pd non ha fatto altro che difendersi da attacchi che erano sì strumentali, ma non ha aggiunto altro. Mi sarebbe piaciuto sentire il Pd dire: ce ne occuperemo perché questo progetto di Bibbiano è stato sostenuto da noi e saremo i primi a cercare la verità.
Quando sei stato convocato nella commissione su Bibbiano in Emilia Romagna cosa è successo?
Ho visto una sinistra ostile nei miei confronti, che prendeva le difese di quel mondo. Ebbi uno scambio acceso con Silvia Prodi, la nipote di Prodi, che criticò il mio lavoro su Veleno e parlando con lei lì scoprii che non sapeva quasi nulla degli atti e della vicenda. Era una difesa d’ufficio, con tanto di famiglie affidatarie che furono convocate dal Pd. Le stesse che offendono sui social le famiglie naturali.
Qualcuno dice che il processo finirà in una bolla di sapone.
Attenzione. Un’assistente sociale ha già patteggiato a 1 anno e 8 mesi per aver redatto in modo distorto dei verbali su minori. E non era una delle figure di spicco. Non pensò finirà con condanne lievi, ho letto tutto e il quadro probatorio è corposo, con prove solide. Gli stessi video che Foti ha prodotto per discolparsi, lo hanno messo nei guai. Al di là delle sentenze, comunque, questo processo ha acceso la luce su un tema sempre ignorato. Quando lavoravo su “Veleno” nessuno mi ascoltava, dicevo a tutte le persone coinvolte: ‘Non aspettatevi nulla perché qui non succede mai nulla’. E invece.

Berlusconi e la sentenza definitiva per frode. Il giudice Esposito: “Non sanno di cosa parlano. E il collega controfirmò tutto”. - Gianni Barbacetto

Berlusconi e la sentenza definitiva per frode. Il giudice Esposito: “Non sanno di cosa parlano. E il collega controfirmò tutto”

Il giudice Antonio Esposito è stato il presidente della sezione feriale della Cassazione che il 1° agosto 2013 ha confermato e resa definitiva la condanna di Silvio Berlusconi a quattro anni per frode fiscale.
Ha ascoltato le registrazioni in cui il suo collega Amedeo Franco dice che lui non era d’accordo e che è stato tutto un complotto contro Berlusconi?
Chiariamo subito un fatto: la decisione di confermare la sentenza d’appello è stata presa da un collegio di cinque giudici. Il collega Amedeo Franco era il giudice relatore e, come tutti noi, non solo ha discusso il caso, ha accettato la sentenza di cui è stato anche estensore insieme agli altri componenti, e ne ha anche approvato la motivazione, in tutte le sue parti, firmando ogni pagina.
Poi cosa è successo?
A distanza di sette anni si continua a provare a delegittimare una sentenza passata in giudicato, dopo che 11 magistrati hanno convenuto sulla responsabilità di Berlusconi, prendendomi di mira in quanto presidente del collegio. Io invece mi chiedo perché il relatore senta il bisogno di incontrare il suo imputato per giustificarsi dell’esito del processo. Ritengo che sia questo il vero fatto gravissimo e inquietante di tutta la vicenda. E mi devo chiedere: dove avvenne quell’incontro, o quegli incontri? Quando? In che circostanze? Da chi fu sollecitato?
La registrazione è stata fatta a insaputa del giudice, dunque è abusiva?
Non lo so. Potrebbe anche essere stata concordata; una cosa è certa: che si è aspettato la sua morte per divulgare il contenuto della registrazione, rendendo impossibile contestare al giudice Franco la falsità delle affermazioni.
Lei sapeva di questa registrazione?
Sì, ne aveva accennato Berlusconi nel 2017 nel programma di Bruno Vespa, dicendo che “aveva la prova” contenuta in una registrazione che la sentenza di Cassazione era a suo dire viziata. L’ho subito citato in sede civile; mi ero riservato di chiedere al giudice che ordinasse il deposito della registrazione.
Lei e gli altri quattro giudici del collegio subiste pressioni per condannare Berlusconi?
Nessuna pressione per condannare, ricordo solo, e la questione potrebbe non avere alcun rilievo, che fui invitato molto gentilmente da Cosimo Ferri, a Pontremoli, al premio Bancarella. Mancavano due settimane alla sentenza e per motivi d’opportunità declinai l’invito.
Amedeo Franco nella registrazione mostra di essere in netto disaccordo con la sentenza.
Franco dice che i precedenti della terza sezione erano di segno opposto alla nostra decisione. E questo non è vero: mente sapendo di mentire, perché nella sentenza abbiamo riportato per numerose pagine precedenti sentenze proprio della terza sezione, le cui decisioni sul sistema delle “frodi carosello” (lo stesso sistema contestato al Berlusconi) erano in linea con quanto abbiamo sostenuto nelle nostre motivazioni. Anzi dirò di più. Riportammo anche la sentenza, sempre della terza sezione, che aveva rigettato il ricorso di Agrama (per le precedenti annualità fiscali).
Avete condannato senza prove?
Negli atti del processo vi è un’imponente prova testimoniale e documentale, tra cui di fondamentale importanza la “lettera-confessione” di Agrama, scritta a Fininvest nel 2003.
È vero che, per far condannare l’imputato, la sentenza fu dirottata a voi della feriale, mentre doveva andare alla sezione reati fiscali?
Nulla di più falso.
Il processo da Milano arriva in Cassazione proprio alla terza sezione penale, quella di Amedeo Franco. E fu proprio la terza sezione ad investire la sezione feriale del processo in questione, inviando il fascicolo il 9 luglio 2013, con la scritta “URGENTISSIMO, prescrizione 1 agosto”. Una volta ricevuto, io ho l’obbligo di fissare l’udienza il 30 luglio, per evitare la prescrizione.
Il vostro collegio feriale è stato formato come un “plotone d’esecuzione” per condannare Berlusconi?
Non sanno di che cosa parlano. O lo sanno e volutamente tacciono: la composizione dei collegi della sezione feriale del 2013 avvenne il 21 maggio con decreto del presidente della corte di cassazione. Gli atti del processo Berlusconi arrivano a Roma da Milano all’inizio di luglio: 40 giorni dopo che i collegi erano stati costituiti.
Il giudice Franco dice che lei era “pressato” dalla Procura di Milano perché suo figlio Ferdinando, pm a Milano, era coinvolto in storie di droga.
Falso. Mio figlio non è mai stato coinvolto in storie di droga. E io non sono stato “pressato” da nessuno. Se Franco è giunto al punto di inventarsi una circostanza mai avvenuta, di fronte al soggetto che lui stesso aveva condannato, è lecito chiedersi il perché…

Conte: 'Decreto Semplificazioni indispensabile per il rilancio. Nessun legame tra Mes e politica di bilancio'.

Il premier Conte alla Camera © ANSA

"La pandemia ha determinato una recessione senza precedenti. Tra gli strumenti per rilanciare la crescita vi è senz'altro il decreto semplificazioni, che ritengo indispensabile per modernizzare l'Italia e far correre tutto il Paese. Ed è per questo che in queste ore ci stiamo confrontando in maniera costruttiva per trovare una soluzione". Lo spiega il premier Giuseppe Conte al Question Time alla Camera tornando a definire il provvedimento "la madre di tutte le riforme".



"Le misure che saranno introdotte con il decreto semplificazione puntano a velocizzare l' iter delle opere e il rafforzamento dei presidi di legalità. Pensiamo a semplificare le procedure affidando i contratti in modo più rapido, in questo momento, transitorio. Compatibilmente introdurremo procedure negoziate anche senza bando, compatibilmente alla normativa europea. Deroga associata a misure di trasparenza e controlli antimafia rafforzati", aggiunge Conte 
"Nel decreto sono state studiate e in parte accolte le proposte di Iv. Vogliamo superare la cosiddetta "paura della firma'" per i dipendenti pubblici" nel comparto opere pubbliche
Sulle crisi industriali, Conte ha detto che "attualmente la trattativa sta proseguendo" con ArcelorMittal. "Come è noto in queste ore si sta lavorando alla nuova compagine societaria e si sta valutando anche l'intervento pubblico perché riteniamo che questo sia la garanzia migliore".
Per quanto riguarda il Mes, il presidente del Consiglio ha spiegato come "non vi è alcuna connessione tra le linee di credito, relativo alle spese sanitarie, e le scelte generali di politica di bilancio relative alla spesa pubblica e la tassazione". 
La risposta del presidente del Consiglio è alla Lega che aveva chiesto al premier se non ci fosse un' ipotesi di accordo e di trattativa che porti all'utilizzo di questo fondo in cambio di un taglio del'Iva.
"In queste ore il governo sta conducendo un'intensa attività diplomatica per garantire una risposta Ue adeguata" alla crisi, spiega Conte. "Ne ho parlato in questi giorni con il premier Rutte e la cancelliera Merkel: da parte italiana resta l'obiettivo di un'intesa rapida che mantenga l'ambizione di partenza. Il risultato finale non dovrà discostarsi dalla proposta della commissione quanto a volume e modalità" di erogazione del Recovery Fund, aggiunge.
Sul Quadro Finanziario Pluriennale "abbiamo già detto di ritenere anacronistici i "rebates" (gli sconti che usano i Paesi che usano meno di fondi europei). Sappiamo che per alcuni Stati sono importanti ma vogliamo ritenere che questa stessa sensibilità venga mantenuta da questi Stati membri rispetto al piano Nex Generation Ue".
Conte è intervenuto anche sulla scuola. 'In vista dell'apertura a settembre, ha detto, "dovremo arrivare, si stima, a un incremento di 50mila unità tra docenti e personale Ata". 

Gimme - thatgirlwithgorgeoushair



Second song I made during the lockdown.

La riesumazione di Berlusconi. - Tommaso Merlo



Berlusconi non ci ha ancora lasciato ma pare che i suoi servetti vogliano già corrompere il giudizio postumo che il paese ha maturato su di lui e sulla sua parabola. 
È spuntato qualche spiffero dall’oltretomba e Forza Italia invoca una commissione d’inchiesta per far luce sulla sentenza che ha bollato Berlusconi come grande evasore. Già che ci sono vorrebbero riscrivere pure la storia degli anni in cui Berlusconi ha spadroneggiato. 
La pagina di gran lunga più buia della storia repubblicana e per molti aspetti ancora tutta da chiarire. 
Al punto che l’idea di una commissione d’inchiesta non sarebbe neanche male. 
Una commissione d’inchiesta che faccia luce sull’infinito curriculum delinquenziale del tre volte Presidente del Consiglio. Una grande occasione per andare a fondo sugli sfregi e le umiliazioni subite dalla democrazia Italia nei decenni in cui Berlusconi è stato il dominus della vita politica nostrana. Una commissione d’inchiesta per capire come è stato possibile che il parlamento italiano sia diventato lo studio legale privato di Berlusconi con leggi approvate per salvarlo dai processi e dalla galera. Una commissione d’inchiesta per comprendere quanto e come gli interessi privati della lobby di Berlusconi abbiano intaccato e compromesso quelli collettivi. Una commissione d’inchiesta per conoscere tutta la verità su quei processi che Berlusconi è riuscito ad impantanare tra prescrizioni e furbizie, facendo luce là dove una Giustizia manomessa dall’onorevole imputato ha dovuto arrendersi. Davvero un’idea non male. I terribili anni berlusconiani sono ancora piani zeppi di ombre. Questo perché Berlusconi ha ancora un piede qua e uno là anche in politica. Una presenza più spettrale che altro ma che consente alle trombe della sua propaganda personale di continuare a starnazzare. Ma non solo. Una grande fetta dell’informazione italiana è ancora di sua proprietà. Incatenata ad un mastodontico conflitto d’interessi che nessuno è mai riuscito a scalfire. A dimostrazione che checché ne dicano i suoi servetti, nessuno è riuscito a fermare Berlusconi. Se è finito politicamente nel cassonetto della storia, la colpa è solo sua, non degli altri. Berlusconi ha preso per in fondelli i cittadini italiani raccontandogli una miriade di balle. E mentre lui era occupato a farsi gli affaracci suoi, il paese è finito sull’orlo del baratro. Anni buttati via tra scandali, becera propaganda e promesse al vento. Ma non solo. Berlusconi ha sdoganato il malcostume, minando la credibilità delle istituzioni e favorendo la degenerazione morale della società italiana. Con lui al potere la Repubblica ha toccato il punto più basso in assoluto. Oggi Forza Italia vorrebbe una commissione d’inchiesta per levare a Berlusconi una delle poche condanne che si è beccato dopo una vita in fuga dalla giustizia e da se stesso. Ma con la propaganda ci inquini il presente, non manometti il giudizio della storia. Oggi il paese ha altre priorità che perdere tempo con la patetica riesumazione di Berlusconi. Ma una commissione d’inchiesta prima o poi potrebbe servire affinché certe pagine buie non si ripetano mai più.

https://repubblicaeuropea.com/2020/07/01/la-riesumazione-di-berlusconi/

Salvini special guest dei casini. Come tutti gli attori il Capitano prevede tutto e sa già come andrà a finire. - Giuseppe Vatinno

MATTEO SALVINI

Matteo Salvini è un vecchio guitto della politica che recita a soggetto seguendo un paio di canovacci logori e stantii. Come tutti gli attori prevede tutto e sa già come andrà a finire. Recita anche nella passionalità – che lui non possiede – ma ha imparato ad utilizzare sapientemente. Uno dei suoi canoni preferiti e collaudati è il seguente: c’è casino nel luogo X, io ci vado, ma prima mi cautelo che vengano a contestarmi e poi mi prendo un po’ di improperi e me ne vado piagnucolando contro la cattiveria del mondo. E così è stato a Mondragone, vicino Caserta, là dove il Sud – e la sua disperazione – si sente pieno e forte, nell’odore dei pomodori raccolti dai braccianti a caporalato.
E recita: “Era in programma un incontro con mamme e agricoltori e inquilini di un quartiere di Mondragone, ma i soliti delinquenti criminali teppisti dei centri sociali hanno sfasciato tutto”. Dite la verità, quante volte l’avete sentito? Avete notato che va solo in luoghi dove è sicuro che lo contestino i “centri sociali”, come li chiama lui che se ne intende avendo frequentato il Leoncavallo a Milano, quando faceva il leaderino orecchinato di una fantomatica corrente della Lega, i “Comunisti padani” che al verde delle Alpi univano riflessi rosso Lenin. Il fatto è che Salvini non solo recita per la ditta, ma fa anche danni perché Mondragone è una polveriera razziale, viste le ataviche tensioni tra i lavoratori bulgari che abitano negli ex palazzi Cirio e i residenti.
E in questa Santa Barbara mancava solo il virus che ha colpito gli stranieri per far detonare una tragica guerra tra poveri. Salvini però se ne frega, l’importante è solo il suo interesse elettorale. E adesso, dove servirebbe calma e mediazione, per uscirne, lui invece getta benzina sul fuoco perché questo è il suo mestiere. Così sbaracca contento, lasciando i disperati al caldo feroce dell’estate e alla malattia, mentre lui se ne torna sulle Alpi, al fresco, a progettare il prossimo blitz acchiappa-consensi. D’altra parte il segretario leghista è contento così, magari con una bella Nutella al salame a chiudere la giornata. Ma senatore, mi raccomando, non se la metta la mascherina che ‘sto virus è tutto una cospirazione della Cia che vuole “schiavi e non uomini”.