sabato 14 novembre 2020

Matteo Renzi, chi sono gli imprenditori che versavano soldi a Open. I pm al lavoro sulla “concomitanza” con emendamenti favorevoli.

 

Nei nuovi atti dell'inchiesta, citati dal quotidiano La Verità, i magistrati cercano di ricostruire i rapporti che c'erano tra diverse aziende e la Fondazione. Come la "concomitanza tra il contributo di 20mila euro del 21/12/2017" erogato dalla British american tobacco Italia Spa "a favore della fondazione Open, con un intervento 'in legge di bilancio'".

Alcuni nomi degli imprenditori che nel corso degli anni hanno versato migliaia di euro a Open erano già noti, ma con il deposito di nuovi atti dell’inchiesta cominciano a emergere con più chiarezza i rapporti che c’erano tra quelle aziende e la fondazione legata a Matteo Renzi. Nell’elenco compaiono tra gli altri Beniamino Gavio, azionista dell’omonimo gruppo che gestisce varie tratte autostradali, i Toto delle autostrade abruzzesi, l’emiliano Michele Pizzarotti e pure la divisione italiana della British american tobacco. Come riporta il quotidiano La Verità, gli inquirenti sono al lavoro sulla “concomitanza temporale” tra l’erogazione di alcuni fondi alla cassaforte renziana e una serie di emendamenti o interventi legislativi arrivati in Parlamento quando l’ex segretario del Pd era al governo (o comunque ne era il principale azionista). I magistrati intendono dimostrare come Open fosse una “articolazione politico-organizzativa del Partito democratico (corrente renziana)”, ipotesi su cui si basa l’accusa di finanziamento illecito contestato allo stesso Renzi, Maria Elena Boschi e all’attuale deputato del Pd, Luca Lotti. Stando agli ultimi sviluppi dell’inchiesta, risulta che la fondazione abbia pagato anche 130mila euro per i sondaggi delle campagne politiche dell’ex premier e 150mila euro per la pubblicazione di un book fotografico per il viaggio in camper durante le primarie.

Soldi per l’ascesa politica di Renzi – Dalle ultime informative delle Fiamme gialle inviate alla procura di Firenze, risulta che le casse di Open hanno finanziato molte iniziative politiche di Renzi, impegnato nelle primarie del Pd nel 2012 e nelle Politiche del 2013, per un totale di oltre mezzo milione di euro. Risorse che hanno permesso di finanziare sondaggi elettorali, ma anche campagne di comunicazione politica per invitare i cittadini al voto (126mila euro), cene, alberghi, consulenze di comunicazione politica (quasi 68mila euro) e pure la pubblicazione di un book fotografico. L’ipotesi degli investigatori è che Open (che all’inizio si chiamava Big Bang) anche in questo modo si sia comportata come articolazione di partito.

Beniamino Gavio – Tra gli sponsor della Fondazione, che negli anni ha finanziato la Leopolda a Firenze, c’è innanzitutto Beniamino Gavio. Nell’ottobre 2013, scrive il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, l’imprenditore viene rappresentato da Guido Ghisolfi a una cena a cui partecipano Renzi, il presidente di Open Alberto Bianchi, Marco Carrai, Vito Pertosa, Luigi Pio Scordamaglia e Davide Serra. Il giorno dopo, Bianchi invia a tutti gli ospiti una mail in cui si legge che l’esito dell’incontro ha portato a “due presupposti e alcuni impegni reciproci“. Gavio, Pertosa e Scordamaglia si impegnano a versare 100mila euro l’anno per cinque anni (in realtà poi ne arrivano 76mila). In cambio, si legge, “Matteo assicura almeno tre incontri all’anno” per “brainstorming a 360 gradi”. Nelle carte dell’inchiesta, aggiunge La Verità, viene citato un “elaborato” – intitolato “Contenimento delle tariffe e razionalizzazione del sistema autostradale italiano” – inserito in un faldone di Bianchi (“Renzi M. Think tank“) e accompagnato a sua volta da una cartellina dal titolo “Sblocca Italia, emendam“. Cosa contiene? Un’email di Bianchi del 25 settembre 2014 riguardante una proposta di emendamento al decreto Sblocca Italia e destinata a Antonella Manzione, ex capo dei vigili di Firenze nominata responsabile dell’ufficio Affari legislativi di Palazzo Chigi. Il provvedimento, scrive ancora il quotidiano, proroga senza gara la durata delle concessioni a una serie di gestori autostradali, riconducibili anche ai Gavio.

Michele Pizzarotti – Da Pizzarotti arrivano a Open 50mila euro e nelle carte dei magistrati sono riportate diverse occasioni in cui il businessman avrebbe incontrato l’ex premier. In questo caso i pm rilevano però anche una “concomitanza temporale” tra un contributo da 25mila euro erogato il 15 ottobre 2014 e lo stanziamento, nella Finanziaria di quell’anno, di 300 milioni per coprire gli ammanchi di traffico sull’autostrada A35. Ad iniziare l’opera, spiega La Verità, è stato nel 2009 il consorzio Bbm che includeva anche l’azienda di Pizzarotti.

Gruppo Toto – Interessati sempre alle autostrade sono i Toto, che gestiscono la tratta A24 (Roma-L’Aquila-Teramo) e la A25 (Torano-Avezzano-Pescara). Il gruppo, scrive sempre l’avvocato Bianchi in una mail a due colleghi del suo studio, avrebbe “espresso il desiderio di versare a Open” un importo “pari al netto del 2% di quanto, a seguito della nostra attività professionale” (come studio legale, ndr) “sarà ricavato dai contenziosi/trattative con Anas spa” e nella vicenda della variante Ss Aurelia a La Spezia. Il quotidiano di Belpietro riferisce che anche qui c’è di mezzo un emendamento. Siamo nel 2017, al governo c’è Gentiloni ma Renzi è ancora leader del Pd: Bianchi spiega a Luca Lotti che la norma è “frutto di un’intesa tra loro”, cioè i Toto “e Armani” (all’epoca capo dell’Anas).

Famiglia Aleotti – Tra i finanziatori “più significativi” per i magistrati c’è poi la famiglia Aleotti. In un’email del febbraio 2018, una collaboratrice di Bianchi scrive che “sono arrivati 50k da Landini Massimiliano, 50k da Aleotti Luciano, 50k da Aleotti Alberto“. A un pranzo con Bianchi, Carrai e Lucia Aleotti, riferisce La Verità, si parla della “possibile nomina di Lucia Aleotti all’interno di un ente non meglio precisato”.

British american tobacco – Come già emerso nelle prime fasi dell’inchiesta su Open, 170mila euro sono arrivati dalla British american tobacco Italia Spa. Secondo gli inquirenti, Luca Lotti ha ricevuto dal suo referente del colosso due “elaborati”. In uno, la multinazionale “auspica una revisione del sistema di tassazione che non penalizzi l’industria e non causi distorsioni della concorrenza, consentendo allo stesso tempo lo sviluppo di prodotti meno dannosi attraverso una loro tassazione inferiore rispetto a quella tradizionale”. Anche in questo caso i finanzieri parlano di una “concomitanza tra il contributo di 20mila euro del 21/12/2017” erogato dalla società “a favore della fondazione Open, con un intervento ‘in legge di bilancio’ evocato da Ansalone (verosimilmente a favore della predetta società) e la ‘proiezione’ verso la campagna elettorale per le elezioni politiche 2018“.

Pietro Di Lorenzo – Chiude l’elenco Pietro Di Lorenzo, presidente della Irbm di Pomezia che sta lavorando insieme all’università di Oxford al vaccino anti-Covid. Lui e i suoi familiari hanno destinato alla Fondazione 160mila euro. Nelle carte si citano diversi scambi di messaggi tra Bianchi e l’imprenditore, finalizzati a organizzare un incontro con Renzi. Ma anche due appunti dello stesso avvocato che – scrivono gli investigatori – “possono essere messi in correlazione ai finanziamenti statali a favore della società consortile Cnns”. Azienda che, conclude il quotidiano di Belpietro, è controllata al 70% proprio dalla Irbm.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/13/matteo-renzi-chi-sono-gli-imprenditori-che-versavano-soldi-a-open-i-pm-al-lavoro-sulla-concomitanza-con-emendamenti-favorevoli/6002376/

venerdì 13 novembre 2020

Arcuri esclude le Regioni “Al vaccino ci penso io” - Giampiero Calapà

 

La pandemia. In Usa si allungano i tempi per l’ok.

“Si conferma il rallentamento della crescita. Per capire la curva dei casi non si deve guardare mai solo il dato giornaliero, ieri peggiore rispetto a mercoledì, ma occorre soffermarsi sul rallentamento dei nuovi casi e dei ricoveri. Ricordo che solo pochi giorni fa abbiamo sfiorato 40 mila contagiati. Per questo a mio parere un lockdown generale ora non serve, si deve continuare a ragionare regione per regione con le zone rosse, gialle e arancioni e a livello locale”. Questo è il parere del fisico Giorgio Sestili, la cui pagina Facebook “Coronavirus, dati e analisi scientifiche” è seguita da quasi centomila persone. Ieri i nuovi casi registrati dal bollettino della Protezione civile sono stati 37.978 (+5.017 rispetto a mercoledì) a fronte di 234.672 tamponi (+9.032). Ancora un numero spaventoso di morti: 636.

“I report dell’Istituto superiore di sanità ci dicono che in media tra la comparsa dei sintomi – spiega Sestili – e il decesso passano dodici giorni. Ma è chiaro, e l’abbiamo visto, ci sono molti ritardi nella comunicazione delle informazioni, arrivano notifiche anche molti giorni dopo”. In terapia intensiva ci sono 3.170 persone (la variazione è di +89 malati rispetto a mercoledì), siamo ormai vicini al picco massimo del 3 aprile: 4.068. In reparto ordinario ci sono 29.873 pazienti (+429): già superato il picco massimo del 4 aprile quando erano 29.010. Però Sestili vede il bicchiere mezzo pieno: “Se mercoledì registravamo diverse note positive con una curva dei casi che non saliva pur con molti tamponi fatti, ieri i contagi aumentano rispetto agli ultimi sei giorni (va anche sottolineato che c’è un record di tamponi). Non dobbiamo scoraggiarci, però, perché ci sono altre note positive: il numero dei nuovi ricoveri in terapia intensiva che è la metà rispetto a 24 ore prima e anche il dato dei posti letto occupati che non sale in maniera decisa. In entrambi i casi siamo fuori da una crescita esponenziale: possiamo dire che si cominciano a osservate gli effetti del Dpcm del 25 ottobre e fra qualche giorno potremmo cominciare a vedere gli effetti del Dpcm del 4 novembre e dei provvedimenti successivamente adottati dalle Regioni”.

È sempre la Lombardia a registrare il maggiore incremento nel numero dei contagi (+9.291), poi Piemonte (+4.787), Campania (+4.065) e Veneto (+3.564).

Ottimismo anche dal commissario straordinario all’emergenza coronavirus Domenico Arcuri: “La curva dei contagi finalmente inizia a raffreddarsi”, sostiene fissando alcuni obiettivi: “Bisogna diminuire la pressione sui pronto soccorso”, e anche esprimendo qualche critica alla gestione sanitaria: “Il 50% dei ricoverati in terapia intensiva non è intubato e, quindi, dovrebbe stare altrove”. Arcuri ha anche rotto gli indugi su quella che sarà la gestione dell’atteso vaccino: “Lo somministreremo ai primi italiani a fine gennaio, personale sanitario e anziani, anche se non ci sarà subito per tutti: il ministero ci fornirà un target delle prime persone da vaccinare”. Detto questo non saranno i governatori delle Regioni ad occuparsene: “Il governo ha deciso che ci sia una centralizzazione del meccanismo”. Intanto dagli Stati Uniti slittano già di una ventina di giorni i tempi per l’approvazione definitiva del vaccino Pfizer da parte dell’agenzia del farmaco americana, la Fda: secondo l’esperto governativo Larry Corey, direttore del “Covid-19 Prevention Network” dell’Istituto nazionale delle malattie infettive guidato da Anthony Fauci, la decisione arriverà a Natale o poco prima ma non a fine novembre: “Voglio chiarire le aspettative sui tempi. Si tratta di una grossa decisione, ci sono moltissimi dati da analizzare e valutare”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/13/arcuri-esclude-le-regioni-al-vaccino-ci-penso-io/6001960/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=oggi-in-edicola&utm_term=2020-11-13

Covid, quasi 38mila nuovi contagi. Arcuri: 'I vaccini in Italia a fine gennaio'. -

 

Record di tamponi a 234mila, incidenza positivi risale al 16%.

I primi vaccini in Italia tra due mesi, prima agli operatori sanitari e agli anziani, distribuiti attraverso un piano del ministero della Salute: un "meccanismo centralizzato" e non su base regionale. Il countdown per l'arrivo della cura anti-Covid nel Paese è cominciato inseguendo una data ufficiale: "Confidiamo di poter vaccinare i primi italiani alla fine di gennaio", annuncia il Commissario per l'emergenza, Domenico Arcuri. A ricevere subito le dosi saranno un milione e 700mila cittadini, che saranno scelti in base ad una serie di categorie individuate in funzione della loro "fragilità e potenziale esposizione al virus". Dunque davanti alla fila ci saranno, com'era prevedibile, le persone che negli ospedali lavorano in prima linea sul fronte della lotta al virus, ma anche gli anziani e i fragili. In coda i più giovani.

Parole di speranza arrivano dallo stesso premier Giuseppe Conte, per il quale la distribuzione, in tutto il mondo, dovrà essere "equa" e sarà "una sfida enorme che richiede una pianificazione molto accurata". In queste settimane di attesa sarà messo a punto un piano del ministero della Salute che prevederà un determinato target di persone.

La cura non avverrà quindi "da domani né da subito per tutti" e la distribuzione non sarà su base regionale, ma "il governo ha deciso per una centralizzazione del meccanismo", individuando le categorie dei primi cittadini per i quali la somministrazione - da parte di medici e di chiunque sia già deputato farlo - sarà necessaria, spiega il commissario Arcuri, investito in queste ore dal Governo anche come responsabile del piano operativo per la distribuzione delle dosi in Italia. "Non serve avere il vaccino in un luogo A piuttosto che in un luogo B", sottolinea il Commissario, frenando le parole di chi, come l'assessore alla Sanità della Sardegna, Mario Nieddu, si diceva già sicuro che "entro gennaio" sarebbe arrivato nella propria regione.

"Da ieri in Italia il Covid ha contagiato più di un milione di concittadini, un italiano su 60 è stato colpito. Ma la curva finalmente sembra iniziare a raffreddarsi: ci sono Regioni dove si avvertono i primi segni di raffreddamento dell'epidemia e altre dove la situazione resta critica e bisogna intervenire ancora per contribuire a raffreddare la crescita dei focolai. Credo che il sistema stia progressivamente dando i risultati che ci aspettavamo" ha aggiunto Arcuri, il quale ha sottolineato che "i contagi crescono dieci volte meno rispetto a un mese fa".

La Difesa è al tavolo per la pianificazione della distribuzione del vaccino. A quanto si apprende, come avvenuto per distribuzione dei dispositivi sanitari a marzo, saranno messe a disposizione le capacità del personale dell'esercito italiano. Per la distribuzione dei vaccini dovrebbe essere prevista una logistica 'ad hoc' da parte della Difesa, già impegnata in missioni per sostegni logistici a lungo raggio come le operazioni internazionali. Non si esclude al momento, così come già avviene a Milano per il vaccino influenzale, l'ipotesi che i militari possano essere adoperati anche per la somministrazione delle dosi.

Intanto sono 37.978 i nuovi contagi da coronavirus in Italia nelle ultime 24 ore, secondo i dati del ministero della Salute. Le vittime sono 636.  Il totale dei casi individuati da inizio epidemia sale così a 1.066.401, mentre i morti sono ora 43.589. In un singolo giorno non si registrava un numero così alto di vittime dal 6 aprile scorso, anche in quel caso furono 636.

E' ancora record sui tamponi in Italia: sono 234.672 quelli effettuati nell'ultimo giorno, circa novemila più di ieri. Il rapporto tra positivi e test risale al 16,18%, quasi il 2% in più rispetto a ieri. Aumentano di 89 i pazienti ricoverati in terapia intensiva in Italia.  Le persone in rianimazione sono ora 3.170.

I ricoverati con sintomi in reparti ordinari per Covid sono aumentati di 429 unità e sono ora 29.873. In isolamento domiciliare ci sono 602.011 persone (+21.178). Gli attualmente positivi sono 635.054 (+21.696), i guariti e dimessi sono 387.758 (+15.645).

Resta la Lombardia la regione con il maggiore aumento di nuovi casi  nelle ultime 24 ore che, secondo l'ultimo bollettino, sono 9.291. Seguono il Piemonte (4.787), la Campania (4.065), il Veneto (3.564), il Lazio (2.686), l'Emilia Romagna (2.402) e la Toscana (1.932). Sul totale di 636 vittime nelle ultime 24 ore, 187 sono state registrate nella sola Lombardia.

(foto: Affissioni a Genova per sensibilizzare la popolazione sui giusti comportamenti anti-contagio - ANSA)

https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2020/11/12/covid-37.978-nuovi-contagi-636-morti-_3b7248f0-5b21-42eb-902b-859b5c24700d.html

Salvini: “Via Gallera”. Ma Fontana lo salva (per salvare se stesso). - Giacomo Salvini e Andrea Sparaciari

 

Bufera Lombardia.

Fino alle 19 di ieri era praticamente fuori dalla giunta lombarda. Poi in pochi minuti è cambiato tutto e l’assessore alla Sanità Giulio Gallera si è salvato. Un’altra volta. Grazie unicamente al presidente Attilio Fontana che questa volta ha detto no. Un no pesantissimo, rivolto al suo Capitano in persona, Matteo Salvini. Era lui, infatti, che scontento dei sondaggi e convinto che così al 2023 il suo presidente “non ci arriva”, aveva elaborato il piano per mettere l’ormai imbarazzante Gallera alla porta: un mini rimpasto di giunta, con l’uscita del buon Giulio e di altre tre assessore. Silvia Piani (Famiglia) e Martina Cambiaghi (Sport), entrambe quota Lega e Lara Magoni (Turismo), Fratelli d’Italia. Un maquillage giusto per salvare le apparenze. Le tre assessore sarebbero rimaste consigliere regionali (con stipendio assicurato) e la giunta ne avrebbe risentito poco. Certo, si sarebbero dovute trovare altre tre donne per mantenere le quote rosa e poi si sarebbe dovuto sdoppiare l’assessorato oggi di Gallera, Welfare e Sanità. Una fatica, ma tutto sommato nulla di impossibile. E infatti Salvini credeva fino alle 18,30 di avercela fatta.

Poi la sorpresa: Fontana che sbatte i pugni e dice il suo no, consapevole che la caduta di Gallera equivarrebbe a una sua perdita di credibilità personale. Inoltre, tra Fontana e il suo (ancora) assessore molti in questo ultimo anno turbolento sono stati gli interessi comuni e le scelte, non sempre prese in totale accordo. E non sarebbe “saggio” da parte del governatore lasciare che un Gallera demansionato possa parlare liberamente del passato. Così Attilio ha salvato Giulio. Il quale però resta in bilico e nel mirino del Carroccio. Anche perché Matteo Salvini non è solito accettare dei no. Oggi per le 14,30 è convocata una riunione dei capigruppo della maggioranza. Ma Fontana non è stato invitato.

Che Gallera fosse di fatto fuori dal Pirellone fino a una manciata di ore fa, è un dato di fatto. Ancora in serata, fonti vicine al segretario leghista fanno sapere che “l’operato di Gallera non è certo stato all’altezza. Il problema non sono tanto le gaffe sugli “asintomatici non contagiosi” o sui “due infetti che servono per contagiare una persona” con un Rt pari a 0,5. E nemmeno le giravolte sui mancati provvedimenti per chiudere Alzano e Nembro (prima era “competenza dello Stato”, poi “ho approfondito e in effetti una legge del 1978 ci dava quel potere”) o l’incredibile delibera dell’8 marzo con cui la Regione Lombardia spediva i malati nelle Rsa. Tutto questo, sottolinea un leghista lombardo che conosce bene i corridoi e le zone d’ombra del Pirellone, “nel partito è considerata acqua passata, relativa alla prima ondata”. Il problema di oggi – mentre la Lombardia è zona rossa con un ritmo di 10 mila contagi al giorno e con gli ospedali di Monza e Varese che scoppiano – è un altro: “Che Gallera è sempre lì, inchiodato alla sua poltrona a far danni” continua tra l’amareggiato e il furioso lo stesso leghista. Poi certo l’assessore alla Sanità della Regione Lombardia è solo la punta dell’iceberg della giunta di Fontana già di per sé fragilissima e che, nonostante le difese ufficiali, ha perso da tempo il sostegno del Capitano, convinto che i disastri della prima ondata abbiano fatto perdere molti consensi alla Lega. Ma Fontana ormai è diventato un simbolo e, per ordine di via Bellerio, deve “reggere” fino al 2023.

Sicché il bombardamento continuo sulla chat della Lega lombarda e le telefonate che riceve quotidianamente da sindaci che si sentono abbandonati (“Matteo, cambiamolo!”) hanno convinto Salvini che l’obiettivo deve essere un altro: cacciare o commissariare Gallera. Da qui gli attacchi che l’assessore alla Sanità di Forza Italia ha ricevuto nelle ultime ore da leghisti di primo piano: prima era arrivato quello a testa bassa di Emanuele Monti, presidente leghista della Commissione Sanità che al sito Malpensa 24 ha fatto capire che la giunta sta ignorando l’emergenza nella sua Varese, nuovo focolaio dell’epidemia: “Stride il fatto che l’assessore al Welfare Giulio Gallera non sia venuto fisicamente a Varese. È stato a Monza, ma non qui da noi” la frase sibillina. Poi è arrivata la lettera inviata dal consigliere regionale Alessandro Corbetta, e prontamente resa pubblica, per chiedere a Gallera interventi “in tempi rapidissimi” per l’ospedale San Gerardo di Monza “al collasso”. Come dire: cosa ha fatto Gallera finora? Tutte avvisaglie di una bocciatura che appare semplicemente rimandata.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/13/salvini-via-gallera-ma-fontana-lo-salva-per-salvare-se-stesso/6001948/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=oggi-in-edicola&utm_term=2020-11-13

Donferri, cacciato, lavorava in nero col fornitore Aspi. - Iacopo Rocca

 

È l’uomo su cui converge ogni inchiesta: i morti del Ponte Morandi, i report sulla sicurezza truccati per risparmiare, le barriere difettose che non tengono il vento. Talmente centrale, da essere sempre indagato. L’ex potentissimo capo delle manutenzioni di Autostrade per l’Italia (Aspi) Michele Donferri Mitelli era caduto in disgrazia dopo la pubblicazione delle intercettazioni in cui faceva pressione sui sottoposti per ammorbidire i report sulla sicurezza dei viadotti. Lo scandalo nel 2019 aveva portato alle dimissioni il suo grande protettore, l’ad Giovanni Castellucci. E il nuovo management aveva allontanato Donferri, un provvedimento bandiera del rinnovamento. Dalle carte della nuova inchiesta di Genova, però, emerge come il manager, per il quale la Procura aveva chiesto il carcere, non fosse andato molto lontano. Continuava a lavorare in nero per una ditta di consulenza che ha fra i suoi clienti proprio Autostrade e altre società controllate da Atlantia. A scoprirlo è stata la Guardia di Finanza, che mercoledì si è presentata presso gli uffici della Polis Consulting di Pomezia. I militari hanno sentito i dipendenti, per capire che tipo di rapporto avesse Donferri con la ditta. Tabulati e intercettazioni telefoniche hanno consentito di appurare che il manager frequentava la sede almeno tre volte a settimana, presentandosi anche durante il lockdown. Di questo però non c’è traccia in nessun contratto. E infatti Donferri, uomo che in Autostrade viaggiava su uno stipendio lordo annuo di circa 300mila euro, potrebbe finire nei guai perché riceveva la Naspi, il sussidio di disoccupazione.

Il suo nuovo inquadramento è oggetto di indagine. Lo cita nella sua ordinanza il gip Paola Faggioni: “L’uscita dal gruppo non ha impedito a Donferri di prestare la propria attività lavorativa per società collegate con Aspi (percependo in modo indebito l’indennità di disoccupazione) con elevato rischio di reiterazione di analoghe condotte criminose strumentali all’ottenimento di indebiti risparmi con conseguenti illeciti guadagni”. L’impresa è intestata ad Angela Antonia Alaia. Più spesso Donferri si confrontava con il marito, l’ingegnere Ciro Antonio Cannelonga.

La stessa Polis Consulting dichiara sul suo sito di avere appalti in corso con la galassia Atlantia: per l’aeroporto Leonardo Da Vinci (Aeroporti di Roma) sta curando la progettazione di una centrale idrica di pompaggio dell’acqua, un sistema antincendio; per Aspi ha in corso la progettazione di due gallerie, la Val di Sambro e Grizzana, della variante di valico a Bologna, e la Cavallo e Sappanico, sulla A14, ad Ancona; per Spea altre consulenze.

Contattati dal Fatto, da Aspi fanno sapere che la Polis Consulting dal 2016 è tra le migliaia di fornitori di Aspi, tuttavia non erano assolutamente a conoscenza di legami tra la ditta e Donferri. E assicurano che ora avvieranno tutte le verifiche consentite, nei limiti della norma, nei confronti del fornitore. Donferri non è solo un semplice dirigente di lungo corso, che ha attraversato la gestione pubblica e privata di Autostrade. Per chi indaga è il depositario dei segreti meglio custoditi della società.

Come dimostra la richiesta fatta alla segretaria, all’indomani del crollo del Morandi: “Portati un bel trolley grosso… devo comincia’ a prendere l’archivio là del Polcevera. Quella è roba mia”. È lui a confidare al suo superiore, Paolo Berti, che “i cavi del viadotto sono corrosi”. Quel messaggio viene cancellato da Berti all’indomani del disastro, ma è stato ritrovato dagli investigatori nelle chat di Whatsapp. E ancora, è sempre lui a portare un’ambasciata del “capo”, l’ex ad Castellucci, quando Berti sembra vacillare. È l’inizio del 2019, e Berti è stato condannato a 5 anni per la strage di Avellino. In quei dialoghi sembra essersi pentito “di non aver raccontato tutta la verità”. “Devi fare come Andreotti – gli consiglia allora Donferri – se non puoi ammazzare il nemico devi fartelo amico. Stringi un accordo con il capo”. E ancora: “Quarantatré morti de qua, quarantatré morti de là, stamo tutti sulla stessa barca. (Castellucci) Ti vuole rasserenare, ti aiuterà tutta la vita. Dai ti faccio venire a prendere con un taxi”.

Quel patto del silenzio, insomma, aveva tenuto a tutte le stagioni. Anche all’allontanamento di Castellucci. Ecco perché adesso la Procura di Genova vuole rendere più nitida la fotografia del nuovo lavoro di Donferri, l’uomo dei segreti.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/13/donferri-cacciato-lavorava-in-nero-col-fornitore-aspi/6001946/

#REDDITODICITTADINANZA: 352MILA CONTRATTI DI LAVORO (26% DEGLI OCCUPABILI) - di Claudio Cominardi (Commissione Lavoro)

 

"Oggi apprendiamo che i contratti di lavoro firmati da percettori di #RedditodiCittadinanza hanno superato quota 352mila. A fine luglio erano 196mila. Nel giro di tre mesi sono quasi raddoppiati.

Cosa dobbiamo dedurne? Che anche nella grave crisi generata dalla pandemia questo strumento di sostegno al reddito ha avuto un ruolo e un’importanza incredibili, offrendo un salvagente contro la povertà e stimolando decine di migliaia di persone nella ricerca di una nuova occupazione.
Sul totale dei beneficiari "occupabili", cioè di quelli adulti e tenuti a firmare un Patto per il Lavoro, vediamo salire al 25,7% la percentuale di chi ha trovato almeno un’occupazione. Ricordo che a fine luglio era del 18,7%. Dunque questo +7% assume particolare importanza, in aggiunta al fatto che in 15 Regioni il rapporto tra contratti di lavoro e persone occupabili è superiore al 30% (in tre supera addirittura il 40%), con andamenti che rispecchiano chiaramente il grado di sviluppo economico dei singoli territori e quindi la loro capacità di assorbire forza lavoro.

Constatare che 192.851 rapporti di lavoro sono ancora in corso non può che essere motivo di soddisfazione. Migliaia di persone, tra cui i 3.000 navigator assunti per rafforzare i centri per l'impiego, stanno dedicando alla riattivazione e alla ricollocazione delle persone in difficoltà il massimo impegno e la massima professionalità, sopportando critiche assurde e offese spesso indegne. Penso inoltre al MoVimento 5 Stelle e al sottoscritto: per anni abbiamo dato battaglia per rimettere al centro la lotta alla povertà e il rilancio delle politiche attive del lavoro.

Con il RdC e le prime azioni di potenziamento dei Cpi abbiamo raggiunto risultati storici, ma non basta. Per dotare l’Italia di un sistema di politiche attive avanzato bisogna impegnare ancora più risorse, sia economiche sia umane, puntando agli obiettivi strategici che anche il Presidente Parisi ha illustrato in Commissione: prevenire la disoccupazione dei lavoratori a rischio, agganciare la formazione alle politiche di sviluppo e puntare a un sistema di ammortizzatori sociali finalmente universale."

https://www.facebook.com/AlessioVillarosaM5S/photos/a.436997089709093/4621579251250835/

La prevalenza del cretino. - Marco Travaglio

 

Il cretino prevalente non combatte il Covid, ma il governo. Guarda sempre il dito (i positivi giornalieri) e mai la luna (il loro aumento calante dopo settimane di salita impetuosa). Parla di “curva esponenziale” e “fuori controllo”, senz’accorgersi che il 10 ottobre i positivi crescevano del 102% a settimana, il 24 ottobre (dopo i primi due Dpcm) dell’80% e ora (dopo gli altri due Dpcm) del 10%. Ripete da due settimane che “gli ospedali sono pieni”, il che è vero per alcuni e falso per altri, anche perché ogni giorno i nuovi posti letto occupati sono in media un migliaio (anche quelli in calo: ieri + 429), dunque chi è pieno oggi non poteva esserlo 15 giorni fa. Un altro suo mantra è che mancano i dati, ci vogliono più dati, quelli che ci sono non vanno bene: poi però non capisce neppure quelli che ci sono. Adora il lockdown totale, possibilmente eterno, infatti lo chiede o lo annuncia ogni giorno, sperando prima o poi di azzeccarci.

E non pronuncia mai la parola “Regioni”, come se la sanità non fosse in mano loro, le discoteche non le avessero aperte loro, gli stadi non volessero spalancarli loro, le zone rosse nei territori più infetti non spettassero a loro, i vaccini antinfluenzali non dovessero ordinarli loro, ma il governo. O il commissario straordinario Domenico Arcuri (suo bersaglio prediletto dopo Conte e Azzolina), che però non si occupa di forniture ordinarie (come i vaccini contro l’influenza), ma appunto di quelle straordinarie: mascherine, camici, guanti, tamponi, test, banchi di scuola, braccialetti elettronici per detenuti (tutti curiosamente disponibili). E ora vaccini anti-Covid. Prima il cretino prevalente ripeteva che sugli antivirus di Oxford e di Pfizer “l’Italia non ha un piano”. Poi ha scoperto che ce l’ha, affidato ad Arcuri. Così ora ripete che sarà un disastro: un “piano a rotelle”, un “vaccino a rotelle” (battutone sui banchi a rotelle, un quarto dei 2,4 milioni acquistati dal commissario, peraltro su richiesta dei dirigenti scolastici, che li usavano già prima). Il cretino prevalente preferirebbe affidare pure i vaccini agli sgovernatori che non riescono neppure a comprare gli antinfluenzali e, per i camici, chiamano il cognato. Il suo sogno è un bel piano Fontana-Toti-Cirio-De Luca-Solinas-Spirlì & C. Ma si accontenterebbe di un piano Gallera, come quello appena finito sotto inchiesta in Trentino-Alto Adige: 150mila vaccini made in India importati last minute da un dentista di Bolzano tramite un intermediario turco grazie ai buoni auspici di un conoscente cinese. Roba che, se l’avessero fatta Conte o Arcuri, oggi Salvini e Meloni avrebbero già imbracciato il mitra. Non è uno scherzo: è tutto vero. Ma il cretino prevalente se ne stracatafotte. In fondo, quando c’è la salute c’è tutto.

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