Il ministro Giorgetti portavoce del Draghi-pensiero a Roma e Bruxelles, due settimane fa ha chiesto esplicitamente all'Ecofin di decidere di metter fuori dal conteggio sul deficit le spese militari sostenute per l'invio di armi in Ucraina e quelle per gli investimenti del PNRR. Le probabilità che il prossimo 17 Ottobre venga presa una decisione per far respirare il governo Meloni in vista delle elezioni europee sono altissime. Come è altrettanto probabile che dietro tale decisione ci sia il nuovo corso europeo diretto dall'Agenda-Draghi per condurci agli Stati Uniti d'Europa.
Con la scala sociale che nel paese si sta allargando sempre di più ed il numero di italiani verso la povertà assoluta che aumenta giorno dopo giorno, a Palazzo Chigi non sanno proprio più che pesci prendere, e soprattutto dove trovare i soldi per provare almeno a tamponare, quella che ormai pare essere una drammatica situazione sociale che potrebbe esplodere da un momento all’altro.
Un paese in rivolta non è certo quello che serve in questo momento così delicato a livello geopolitico mondiale, alla traballante Unione Europea ed al progetto elitario su cui si fonda; che vede come porto di approdo finale, quello che da quasi un secolo nella testa dei poteri globalisti, è rappresentato dalla costituzione degli Stati Uniti d’Europa.
Con una guerra che pare volutamente infinita e da gestire per procura, ed il 40% della popolazione mondiale rappresentata dai BRICS+ che dopo aver pareggiato il Pil dei paesi del G7, oggi è sempre più in fuga da dollari e euro – a Roma e Bruxelles non è più tempo di giocare con i loro sadici esperimenti di stress-test sulla tenuta sociale dei popoli europei, attraverso le solite ricette di austerità infinita.
E’ per questo che, sia Giancarlo Giorgetti che Giorgia Meloni, ricevute le garanzie da Mario Draghi, si aspettano che dalla riunione del prossimo 17 Ottobre all’Ecofin, esca fuori la decisione di scorporare, dal conteggio sul deficit contenuto nel documento Nadef in via di definizione, le spese sostenute per l’invio di armi in Ucraina e quelle per gli investimenti del PNRR.
Si parla di un recupero di 2/4 punti percentuali di deficit sul Pil, che potrebbero far respirare, sia il governo che quella parte di italiani sempre più ampia, ormai alla canna del gas.
Insomma, tanto per parlare in soldoni, se 100 miliardi andranno a pagare i soliti interessi per fornire il dovuto reddito da divano ai rentier di casa nostra ed al mondo finanziario, circa una metà o forse più, si potrebbero spendere per far recuperare, almeno in parte, agli italiani più disagiati, la capacità di consumo persa con l’avvento programmato – da chi opera nelle stanze dei bottoni della grande finanza – del fenomeno inflazionistico in corso. Un aumento generalizzato dei prezzi che, stante l’immobilità cronica degli stipendi, in media costa alle famiglie italiane dai 2 ai 4 mila euro all’anno di rinunce a beni e servizi in quei settori, che a loro volta, in conseguenza dell’invenduto, andranno ad aumentare il numero dei fallimenti per il nostro sistema economico.
La richiesta di scorporare dal deficit gli investimenti fatti nell’ambito del PNRR – e le spese militari per aiutare l’Ucraina -fatta due settimane fa nel corso della discussione informale all’Ecofin sulla riforma del patto di stabilità dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, va a ribadire la posizione del nostro governo inserita nel Def dello scorso aprile. Lo scorporo sarebbe temporaneo, fanno sapere da via XX Settembre, fino al 2026, anno in cui termina il Next Generation Eu.
Se ad aprile scorso, sempre durante la discussione della riforma al patto di stabilita, la posizione della Germania era fortemente contraria alle idee italiane, oggi, pare proprio che le potenti bombe dell’inflazione con recessione annessa sganciate su Berlino, stiano funzionando. Tanto che, la Germania apre alle richieste del nostro governo. Una regola unica, che valga per tutti, nei percorsi di riduzione del debito per evitare classificazioni dei Paesi membri in “virtuosi” e “ad alto debito” e non piani personalizzati; questo chiedono da Roma.
Come vedete anche l’Italia è in grado di puntare i piedi, quando la posta in gioco è il portafoglio della nostra élite e la necessità di emarginare quei pochi falchi tedeschi rimasti a contrastare l’Agenda-Draghi, si fa urgente!
E’ bene essere chiari: la vittoria italiana sui tavoli della trattativa sul patto di stabilità, nella quale ricordiamo rientra anche la riforma del Mes, equivale a realizzare i desideri di Mario Draghi e dei poteri globalisti che lui stesso rappresenta in modo fedele da sempre. L’unione bancaria e la definitiva consegna della politica fiscale nelle mani di un unico organismo europeo, che nelle loro menti diaboliche potrebbe essere addirittura la Banca Centrale, è essenziale per i poteri che ci comandano per gestire la difficile situazione geopolitica attuale, senza correre il rischio di colpi di testa da parte di politici fuori dal coro, modello Orban per intenderci.
C’è bisogno di soldi e quindi non più limiti al deficit per spese militari, transizione green e digitale, Draghi lo ha detto chiaramente poche settimane fa dalle colonne dell’Economist [1] – pochi giorni prima di accettare il nuovo incarico che gli è stato assegnato dalla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, per delineare una strategia sul futuro della competitività dell’industria Ue per tenere testa a Cina e Usa.
Qualcuno potrebbe obbiettare: e per il lavoro e la gente che non arriva a fine mese cosa si fa?
Per loro, è già pronto il reddito universale fornito attraverso la moneta digitale direttamente dalla Banca Centrale, ma solo per coloro che rinunceranno a pensare ed accetteranno passivamente tutto quello che viene loro indottrinato. Insomma, sempre con la schiettezza che mi contraddistingue:
a chi non rompe le scatole pane, pasta e patate sarà garantito!
Come al solito, a fronte di quello che il potere ha in mente, ci sono poi le varie dichiarazioni prive di senso tecnico ma con un preciso messaggio da lanciare alla gente ignara, profuse dai paggetti, impersonificati dalle solite figure della politica. Da Gentiloni, per poi finire al ministro dell’Economia spagnolo Nadia Calvino (la Spagna ha la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea):
“Serve un compromesso, che deve avere il giusto equilibrio tra, da una parte, la necessità di percorsi di riduzione del debito sostenibili e, dall’altra, assicurare lo spazio necessario per gli investimenti e incentivi per le riforme strutturali”.
“In fin dei conti – ha aggiunto Calvino – le questioni principali o gli elementi principali per questo consenso dipenderanno dal raggiungimento di un equilibrio adeguato tra una riduzione” del rapporto tra debito e Pil, “e quindi finanze pubbliche sostenibili nel medio e lungo termine, e la realizzazione, allo stesso tempo, degli investimenti e degli incentivi necessari ad affrontare le riforme strutturali. Questo è il cuore degli elementi più importanti che ci permetteranno di raggiungere un consenso nelle prossime settimane. Proporremo ai ministri un calendario ambizioso, in modo da poter raggiungere questo accordo prima della fine dell’anno”. [2]
Queste parole sono la traduzione di quello che prevede l’Agenda Draghi, ovvero gli stati membri, prossimi ad essere federati, agiranno all’interno del solito pareggio di bilancio con il limite delle risorse che quindi otterranno dal prelievo fiscale, provenienti dal lavoro dei cittadini e delle piccole e medie imprese che operano nel paese, ma senza la possibilità di dichiarare i propri redditi in giro per il mondo, come invece consentito alle multinazionali. Mentre i deficit, ovvero la creazione di moneta e la sua relativa distribuzione sarà gestita a livello centralizzato ed indirizzata secondo i voleri e naturalmente il solito interesse elitario.
Non esiste altra interpretazione alle parole del ministro spagnolo che, se riportate a livello di governi locali, inseguirebbero due obbiettivi totalmente opposti (ovvero la pretesa di crescere facendo investimenti senza fare deficit) e di conseguenza impossibili da realizzare. E quindi è puramente logico pensare che il futuro sia quello di registrare tali deficit solo a livello di governo europeo. E tanto per cominciare, vista l’urgenza, molto probabilmente si inizierà dal tener fuori dai bilanci locali le spese per l’invio di armi in Ucraina e quelle per gli investimenti del PNRR, che ricordo già essere finanziati con debito europeo (eurobond).
E’ chiaro che siamo allo step successivo del Grande Reset; dopo aver reso i governi limitati nel portafoglio attraverso il dogma dell’indipendenza delle banche centrali dagli stessi, con questo ulteriore passaggio si toglie definitivamente ai governi locali ogni possibilità di decisione di spesa in deficit, con la quale, se volessero, oggi sarebbero in grado di ottemperare al loro ruolo di unici regolatori dell’economia con la messa in atto di politiche economiche anti-cicliche.
Niente colpi di testa da parte di politici fuori dal coro, a cui venga l’idea di introdurre mezzi di pagamento a corso legale alternativi per il benessere del proprio paese. L’eventualità, ad esempio, che qualcuno possa internamente al proprio paese in autonomia creare moneta fiat (i cd crediti fiscali), per finanziare consumi ed occupazione anziché le ristrutturazioni edilizie, senza usare le stampanti di Francoforte, deve essere fermata a priori, poiché potrebbe compromettere in maniera definitiva il piano federalista per un ritorno a quello che ormai ha tutte le sembianze di un feudalesimo moderno.
La moneta, elemento essenziale per la crescita ed un benessere generalizzato, è necessario, nel modo più assoluto, che torni ad essere ad uso esclusivo del Signore, mentre riguardo alla gente, stante l’attuale tecnologia avanzata e le continue innovazioni in salsa digital, la schiavizzazione delle braccia lascerà sempre più il posto a quella della mente.
Questo è il futuro che i padroni del mondo hanno già disegnato per noi!
Come sapete, non è mia abitudine fare previsioni e scommettere su eventi futuri, ma questa volta già dal titolo dell’articolo ho voluto farlo – quasi per induzione scaramantica nel voler esorcizzare il contrario – sul fatto che l’Italia di Draghi uscirà vincitrice il prossimo 17 Ottobre dal tavolo delle trattative sulla riforma del patto di stabilità.
Per molti questo evento potrebbe sembrare una vittoria sia a livello di dottrina economica che politico per il nostro paese; chi vi scrive non la considera tale, per i motivi che ho ampiamente spiegato.
Abbiamo imparato a nostre spese, in questi anni, che le cessioni forzate di sovranità ottenute attraverso il susseguirsi di crisi opportunamente programmate a tale scopo, contengono in sé solo e soltanto disegni di colonizzazione e saccheggio delle nostre vite e della nazione.
Niente di buono è contenuto per il popolo dentro l’Agenda di Mario Draghi, ma solo strade lastricate di marmo per l’Inferno.
Vorrei tanto perdere questa scommessa!
https://comedonchisciotte.org/scommettiamo-spese-militari-e-pnrr-saranno-scorporate-dal-deficit/