martedì 29 settembre 2020

Italia Viva, anzi Morta e l’insostenibile irrilevanza di Renzi. - Andrea Scanzi


Politicamente postumo in vita dal 4 dicembre 2016, Matteo Renzi ha avuto finalmente il coraggio di pesarsi (elettoralmente) alle ultime Regionali. Il risultato è stato un disastro pressoché totale. Quando Scalfarotto annunciò di scendere in campo per Italia Viva contro Emiliano, mi capitò di scrivere che questo satanasso iper-renziano, noto a nessuno e ricordabile per niente, non avrebbe visto il 3 per cento neanche col binocolo. Tal Scalfarotto se la prese moltissimo. E aveva ragione, perché in effetti col binocolo non ha visto neanche il 2 per cento. Il nuovo Churchill ha raggiunto infatti l’1,8 dei consensi, che scende all’1,1 se si tolgono gli alleati Calenda e Bonino.

Scalfarotto aveva chiesto al ministro Bellanova di tirargli la volata, e lei lo ha fatto alla grande, esortando gli elettori (in un lapsus meravigliosamente freudiano) “a votare Emiliano e Italia Viva”. Di fatto Scalfarotto non si è votato neanche da solo. Un’altra genialata di Renzi, che avrebbe pagato oro pur di disarcionare l’odiatissimo Emiliano. Ospite di Myrta Merlino, Renzi aveva pure affermato: “Se il centrosinistra avesse candidato la Bellanova, avrebbe vinto a mani basse”. Non ne becca una neanche per sbaglio!

Eppure Renzi, dopo le Regionali, ha esultato. Ha parlato di “risultato straordinario”. Ha detto di essere stato decisivo. E ha sostenuto di aver salvato Conte per la seconda volta. La Diversamente Lince di Rignano è arrivata a dare i numeri, asserendo di avere raggiunto su scala nazionale la media del 5,1 per cento. Ciò è del tutto falso: la media raggiunta da Italia Viva (anzi Morta) è del 3,2, che sfiora il 4 se si aggiunge alla media il caso (a sé) della Valle d’Aosta. Nella sua (e per fortuna non solo sua) Toscana, dove credeva di avere almeno il 10, Italia Viva non è andata oltre un tristissimo 4,5 per cento, che le è valsa la miseria di due soli consiglieri regionali. Piccato da tale realtà dei fatti, Renzi ha dato la colpa a Giani (che ha scelto lui) perché reo di avergli tolto voti con una lista tutta sua. Secondo il Matteo debole, dovrebbero stare tutti a casa per farlo vincere in santa pace. Altrimenti porta via il pallone. Gne gne.

Nelle Marche ha superato a fatica il 3 per cento, in Veneto si è fermato a uno straziante 0,6. Come fa allora a cantare vittoria? Un po’ nega l’evidenza e un po’ esaspera i risultati in Valle d’Aosta e Campania. Nel primo caso il quasi 9 per cento è però figlio dell’alleanza con gli autonomisti valdostani, senza i quali difficilmente avrebbe superato il 3 (ma pure il 2). E in Campania quel 6/7 per cento è certo un buon risultato, frutto però della scelta di imbarcare buona parte dei capibastone fino a ieri in Forza Italia. Compresi uomini cari a “Giggino ‘a Purpetta” Cesaro. Tutto giuridicamente lecito, sia chiaro, ma la “nuova politica” dovrebbe essere altro. Siam sempre lì: Renzi non è che la brutta copia di Berlusconi. Resta da menzionare la Liguria, dove Renzi ha mandato sms di fuoco fino a poche ore prima del voto. Contro Toti? No, contro il Fatto Quotidiano, Pd e M5S. Daje Matte’! Leggendari anche qui i risultati: 2,5 per cento. Pianto perdurante e totale.

Fino al meraviglioso 4 dicembre 2016, Renzi era solo un politico dannoso e sopravvaluto. Dopo quel giorno, Renzi è diventato null’altro che un Tabacci minore. Molto meno dotato e assai meno simpatico. E adesso? Proseguirà a suicidarsi politicamente: è la cosa (l’unica?) in cui più eccelle. Continuerà ad abbaiare alla luna. A creare “fibrillazioni”. E a dire di averlo più lungo di tutti, anche se dallo spogliatoio son già usciti tutti da un pezzo. A partire dagli elettori. Gli sia lieve l’irrilevanza.

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