giovedì 28 agosto 2025

La fisica quantistica compie un balzo epocale: Risolto l'enigma del secolo.

 

In un momento storico in cui la scienza sembra spesso sfiorare i confini dell’inconoscibile, due ricercatori dell’Università del Vermont hanno compiuto un passo avanti monumentale, risolvendo un enigma che ha tormentato la fisica quantistica per quasi un secolo.
Dennis Clougherty, professore di fisica, e il suo studente Nam Dinh hanno svelato il mistero dell’oscillatore armonico smorzato quantistico, un problema che aveva resistito a ogni tentativo di soluzione fin dai tempi della formulazione della meccanica quantistica. La loro scoperta, pubblicata il 19 agosto 2025, non solo chiude un capitolo irrisolto della fisica teorica ma apre nuove frontiere per la tecnologia e la misurazione di precisione, promettendo di rivoluzionare campi che vanno dalle nanotecnologie alla rilevazione delle onde gravitazionali.
Il cuore del problema risiede nella descrizione matematica di come una particella atomica perde energia nel tempo. Nel mondo macroscopico, il fenomeno è intuitivo: una corda di chitarra, una volta pizzicata, vibra fino a fermarsi a causa dell’attrito e della resistenza dell’aria. Ma nel regno quantistico, le regole sono radicalmente diverse. Le particelle non obbediscono alle leggi di Newton e l’energia non si dissipa in modo lineare. Qui, il principio di indeterminazione di Heisenberg impone limiti insormontabili alla precisione con cui possiamo conoscere simultaneamente grandezze come posizione e quantità di moto.
La soluzione di Clougherty e Dinh si basa su un modello proposto nel 1900 dal fisico britannico Horace Lamb, che aveva intuito come una particella vibrante in un solido perda energia attraverso onde elastiche generate dal suo stesso movimento. Tuttavia, mentre il modello di Lamb era coerente con la fisica classica, non esisteva una descrizione quantistica che potesse preservare il principio di Heisenberg. I due ricercatori hanno colmato questo vuoto attraverso una trasformazione di Bogoliubov multimodale, una complessa operazione matematica che ha permesso di diagonalizzare l’Hamiltoniana del sistema e definire uno stato di vuoto compresso multimodale.
Questo approccio ha consentito di descrivere con precisione come l’incertezza quantistica si modifica quando una particella interagisce con tutte le altre di un solido, affrontando il problema a molti corpi che aveva reso impossibile una soluzione esatta fino a oggi. Il risultato è una descrizione matematica che non solo risolve l’enigma dell’oscillatore armonico smorzato ma riduce l’incertezza quantistica oltre i limiti standard, aprendo la strada a strumenti di misurazione di precisione estrema.
Le implicazioni pratiche di questa scoperta sono immense. La possibilità di descrivere con esattezza la posizione di un singolo atomo potrebbe portare alla creazione del “metro più piccolo del mondo”, una tecnologia che permetterebbe di rilevare variazioni infinitesimali in campi come la sensoristica quantistica e la rilevazione delle onde gravitazionali. Questi strumenti, simili a quelli già utilizzati nei rilevatori Premio Nobel, potrebbero rivoluzionare non solo la fisica ma anche settori come la medicina, l’ingegneria e l’esplorazione spaziale.
Ma oltre alle applicazioni tecnologiche, la scoperta rappresenta un trionfo della fisica teorica, dimostrando come intuizioni del passato possano essere trasformate in strumenti per il futuro. Clougherty e Dinh hanno non solo risolto un problema centenario ma hanno anche mostrato che la scienza, anche quando sembra avvicinarsi ai limiti della comprensione umana, può ancora compiere balzi in avanti straordinari.
Questa scoperta è un monito e un’ispirazione: un monito per chi crede che i grandi enigmi della scienza siano ormai irrisolvibili, e un’ispirazione per chi continua a cercare risposte nelle profondità dell’universo. La fisica quantistica, con le sue leggi controintuitive e i suoi paradossi, ci ricorda che il mondo è molto più complesso e affascinante di quanto possiamo immaginare. E grazie a ricercatori come Clougherty e Dinh, siamo un passo più vicini a svelarne i segreti.
In un’era in cui la tecnologia avanza a ritmi vertiginosi, questa scoperta ci ricorda che il vero motore del progresso è la curiosità umana, la volontà di guardare oltre l’orizzonte e di sfidare i limiti del conosciuto. E mentre il mondo celebra questa svolta epocale, possiamo solo immaginare quali nuove frontiere si apriranno nel futuro prossimo, guidate dalla luce della conoscenza e dall’inesauribile desiderio di scoprire.

mercoledì 27 agosto 2025

La manovra che verrà. - Daria Paoletti

 

I partiti aprono il cantiere delle richieste, con un occhio alle prossime scadenze elettorali.

Nell’estate delle spiagge vuote, del caro vacanze che pare aver colpito il mitologico ceto medio, nel Ferragosto dei saldi negli stabilimenti balneari, la politica fa i conti. Quelli della manovra che arriva con l’autunno, come sempre, ma pure con il voto delle regionali: uno stillicidio di urne che si aprono quando sulla riviera marchigiana si staranno mettendo via gli ombrelloni e i tedeschi, se ci fossero, avrebbero ancora fatto il bagno, e che potrebbero chiudersi non prima di novembre. Persino inoltrato. All'incirca un voto al mese, giusto per accompagnare la messa a punto della prossima legge di bilancio. Che dunque più di altri anni rischia di finire preda degli appetiti elettorali dei partiti.

Ed ecco dunque che la prima richiesta che arriva punta proprio a quel ceto medio che mai come quest’anno pare soffrire il caro tutto, e gli stipendi fermi al palo da anni. Ed è Forza Italia a battere sul tempo tutti: vuole abbassare l’aliquota intermedia dell’Irpef dal 35% al 33% cercando di ampliare lo scaglione fino a 60mila euro. Un’operazione che a via XX Settembre potrebbe costare circa 4 miliardi ma che potrebbe aiutare i consumi.

L'altro grande nodo da sciogliere è quello della rottamazione. La quinta. A cui Matteo Salvini non vuole rinunciare: obiettivo consentire la rateizzazione dei debiti con il fisco in dieci anni senza sanzioni e senza interessi. Tace per ora il ministro, leghista, Giorgetti. Mentre si fanno i conti, che raccontano di un impatto immediato di circa 5 miliardi di euro sul primo anno di bilancio, anche se diluito negli esercizi successivi. Il ritorno elettorale, quello, è invece imponderabile.

E non sarebbe estate – e manovra – senza il capitolo pensioni, anzi “la vera soglia di libertà pensionistica” come la chiamano dalle parti del sottosegretario Durigon: 64 anni e 25 anni di contributi. Le risorse? Quello che conta - dice - è la volontà politica.

Tacciono dalle parti di via XX Settembre, dove il ministro Giorgetti ha la priorità di tenere conto del vincolo dei saldi di bilancio da mantenere in linea con gli impegni europei. La strategia adottata sinora ha conquistato un miglioramento del rating sul debito pubblico e un abbassamento dello spread con il Bund in area 80 punti base. E se è vero che meno interessi da pagare significano, con un’equazione grossolana, minore necessità di prelievo fiscale al ministero sanno che bisogna far quadrare la riduzione della prima aliquota Irpef e il taglio del cuneo fino a 40mila euro, che assorbono già quasi 18 miliardi, con quelle che saranno richieste e necessità. Un punto di equilibrio sempre fragile.

Gira quasi tutto intorno ai partiti di maggioranza. A quelli di opposizione resta raccontare del Paese con i lettini deserti e i salari erosi dall’inflazione e dai rincari. E macinare chilometri di campagna elettorale. In attesa di limare alleanze e intese, chiudere sui candidati, una battaglia comune resta quella sul salario minimo. Che dunque assume una nuova declinazione e diventa la promessa della variante regionale: dove si vince, è la sfida della stagione estate/autunno 2025, lo faremo. Almeno lì.

https://tg24.sky.it/politica/2025/08/14/manovra-bilancio-2026-programmi-partiti-regionali?utm_source=Klaviyo&utm_medium=campaign&intcmp=nl_editorial_insider_null

Cosa non torna dell'accordo sui dazi: tre punti che non coincidono. - Carlo Cottarelli

 

L'intesa tra Trump e von der Leyen viene vista in modi diversi dai documenti diffusi da Ue e Usa. E anche se si prende in considerazione solo la dichiarazione della Commissione europea, a emergere è la posizione di debolezza di Bruxelles nei confronti di Washington.

L’Unione Europea ha finalmente raggiunto un accordo con gli Stati Uniti sui dazi. O no? Il fatto è che c’è ancora parecchia incertezza sui termini dell’accordo, compreso su importanti aspetti. Verba volant, scripta manent e di scripta per ora non ne abbiamo molti. C’è la dichiarazione di Ursula von der Leyen pubblicata sul sito della Commissione Europea e c’è il “Fact Sheet” pubblicato sul sito della Casa Bianca. E i due documenti non coincidono in diversi punti:

Il documento americano dice che l’Ue importerà prodotti energetici per 750 miliardi di dollari dagli Usa da qui al 2028; quello dell’Ue dice che gli acquisti diversificheranno le nostre fonti di approvvigionamento” e che “sostituiremo il gas e il petrolio russo con acquisti significativi di GNL, petrolio e combustibili nucleari statunitensi”.

Quello americano dice che l’Ue investirà negli Stati Uniti, in aggiunta ai 100 miliardi attuali da parte di imprese europee, 600 miliardi di dollari, sempre da qui al 2028. Di questo non c’è traccia nel documento Ue.

Quello americano dice che i dazi su acciaio e alluminio resteranno al 50%; quello europeo che “per ridurre le barriere tra di noi, i dazi saranno tagliati e un sistema di quote sarà introdotto”. L’incertezza è aumentata dal fatto che, nonostante entrambi i documenti indichino che ci sarà una lista di beni a dazi zero in vari settori, tale lista non è pubblica se non in termini molto generici e, probabilmente, non è stata ancora negoziata.

Insomma, se questo accordo doveva servire a eliminare l’incertezza e consentire alle imprese di pianificare la propria attività, siamo ancora lontani dall’obiettivo.

https://tg24.sky.it/economia/2025/07/30/accordo-dazi-ue-usa-punti-critici-documenti-ufficiali

Dazi, trova le differenze: tutti gli squilibri nell'accordo tra Ue-Usa - Carlo Cottarelli

 

Il documento congiunto tra Stati Uniti e Ue sui rapporti commerciali tra i due Paesi è stato pubblicato: molti aspetti sono stati chiariti, ma altrettanti rimandati a data da destinarsi. Proviamo a fare chiarezza.

La scorsa settimana è stato pubblicato il documento congiunto tra gli Stati Uniti e l’Ue sui rapporti commerciali tra le due aree. Al termine dell’incontro del 27 luglio in Scozia tra Ursula Von der Leyen e Trump erano stati pubblicati sul sito della Commissione e su quello della Casa Bianca, due diversi documenti. Ci sono volute tre settimane e mezzo per giungere a un documento congiunto. Questo documento chiarisce i principali aspetti dell’accordo, ma rinvia comunque al futuro punti non irrilevanti. A dire il vero, il documento sembra essere stato chiuso in modo frettoloso. Per quanto sia un aspetto solo formale, stupisce che un testo di questa importanza, peraltro di sole tre pagine, contenga un ovvio refuso: al punto 5, nella penultima frase, dopo “United States” doveva esserci una virgola invece di un punto. Una pignoleria? Certo, ma in un documento ufficiale, per giunta breve, è inusuale trovare un tale refuso. Partiamo dalle cose più chiare, quelle sui dazi veri e propri. L’accordo è, come noto, squilibrato: il paragrafo 1 dice che l’Ue intende eliminare tutti i dazi sui prodotti industriali americani e dare un trattamento preferenziale a un ampio elenco di prodotti agricoli e ittici. Il paragrafo 2, invece, dice che gli Stati Uniti si impegnano ad applicare un dazio, omnicomprensivo, del 15% su tutti i beni provenienti dall’Europa, salvo nel caso inusuale di prodotti per cui il cosiddetto dazio applicato alla Most Favored Nation (MFN) non sia più alto. Per alcuni prodotti (risorse naturali non disponibili negli Stati Uniti, aerei e relative parti, farmaceutici generici e relativi precursori chimici) si applica invece il MFN, che varia da prodotto a prodotto, ma che è molto più basso del 15%. Il paragrafo 3 dice che, una volta azzerati i dazi europei citati nel paragrafo 1, i dazi americani su auto e relative componenti saranno pure ridotti al 15%. Lo stesso paragrafo dice che UE e USA “intendono considerare la possibilità di cooperare” per separare le loro economie dalla sovraccapacità nei settori dell'acciaio e dell'alluminio, anche attraverso una “soluzione di contingente tariffario” (espressione peraltro vaga). Nel frattempo, i dazi restano al 50%. Che ci sia uno squilibrio è ovvio. Superior stabat lupus, verrebbe da dire, anche se lo squilibrio è minore di quello applicato da Trump ad altri Paesi. E, come sottolineato dalla Commissione, il 15% complessivo non peggiora la situazione rispetto a quella attuale per alcuni prodotti (il sito della Commissione cita i formaggi su cui già gravavano dazi del 14,90%). Il resto è “work in progress”. I paragrafi 5-7 elencano gli impegni di acquisto di prodotti americani da parte dell’UE, ma i termini non sono chiari. Per l’energia (gas naturale liquefatto, petrolio e prodotti relativi all’energia nucleare) si dice che l’Ue “intends to procure” beni per 750 miliardi di dollari entro il 2028. Cosa significa “intends to procure”? Un documento sul sito della Commissione piega che “gli acquisti non sono realizzati dall’UE o dalla Commissione. La Commissione agisce come facilitatore per aiutare ad assicurare che gli Stati Membri abbiano abbastanza risorse energetiche”. Insomma, non si sa come questo impegno sarà rispettato. E, in linea di principio, è un impegno rilevante. Secondo Reuters, nel 2024 l’UE ha importato dagli USA combustibili fossili per 76 miliardi, ben al di sotto dei 250 miliardi all’anno ora previsti (assumendo che la data d’inizio del conteggio sia il gennaio del 2026). Si tratta di una “intenzione” però, non di un vincolo legale, anche se, politicamente, importare molto di meno sarebbe problematico. C’è un problema anche per gli Stati Uniti. Il loro totale delle esportazioni di combustibili fossili in tutto il mondo è stato di 318 miliardi nel 2024. Se iniziano a esportarne 250 nell’Ue, che succede agli altri Paesi? Ancora più vago è l’impegno relativo agli investimenti di imprese europee negli USA. In realtà, non è neppure un impegno, ma una semplice previsione della Commissione, basata su colloqui con le principali imprese europee: 600 miliardi di dollari entro il 2028. L’impressione è che questi investimenti sarebbero avvenuti comunque. Infine, c’è un generico impegno di “aumentare sostanzialmente” gli acquisti di materiale per la difesa. Il che è la conseguenza logica dell’impegno che ci siamo presi in sede Nato di aumentare la spesa militare (negli ultimi dieci anni oltre tre quarti della spesa relativa ad armamenti è venuta dagli Usa).

https://tg24.sky.it/economia/2025/08/27/dazi-usa-ue-accordo-squilibri-differenze?m_source=Klaviyo&utm_medium=campaign&intcmp=nl_editorial_insider_null

domenica 24 agosto 2025

L'amico terrorista - Marco Travaglio

 

Che ingenui: speravamo che l’arresto in Italia dell’agente ucraino, ricercato dai giudici tedeschi per il più grave attentato degli ultimi decenni a un’infrastruttura strategica europea (i gasdotti Nord Stream), aprisse gli occhi a qualcuno sul terrorismo di Stato made in Kiev.
Tantopiù che per la magistratura italiana è un “terrorista” e i pm di Genova lo sospettano pure per l’attacco a una delle quattro petroliere sabotate di recente in acque italiane. Invece niente. Silenzio di tomba da Ue, Nato, governo, Quirinale, politici, esternatori e twittatori compulsivi su ogni stormir di fronda dal fronte ucraino.
Volete mettere il “contenitore per le feci” che Putin avrebbe portato in Alaska per nasconderci le sue 70-80 malattie mortali? Quella sì che è una notizia, mica il fatto che il regime ucraino, come profetizzato da Biden, fece saltare il gasdotto più lungo del mondo che forniva il gas russo all’Europa. Cioè decise con un atto terroristico la politica energetica dell’Ue, fece schizzare prezzi e bollette e ci costrinse a spendere il quadruplo col gas Usa. E le vittime dell’atto di guerra, per punire l’Ucraina, continuano a riempirla di soldi e di armi perché “combatte per noi” (figurarsi se combattesse contro). E a invitarla a entrare in Europa (non più via mare, si spera).
La stampa di regime tiene bassa la notizia, come se il capitano Kuznietsov, capo di un’unità d’élite ingaggiato dai Servizi ucraini con altri sei per l’Operazione Diametro contro i gasdotti, avesse fatto tutto di testa sua e si fosse arruolato da solo. E come se un anno fa il governo polacco non avesse ospitato e poi fatto fuggire sull’auto diplomatica dell’ambasciata di Kiev un altro terrorista ucraino ricercato, Zhuravlov, ora ben protetto nel suo Paese dal mandato di cattura tedesco.
Nell’imbarazzante e imbarazzato silenzio generale, il ministro della Giustizia tedesco Hubig, che dovrebbe pretendere da Roma e Kiev l’estradizione dei due fuggiaschi, comunica: “Restiamo fermamente dalla parte dell’Ucraina, ma siamo anche uno Stato di diritto che indaga i crimini fino in fondo” (manca poco che aggiunga “purtroppo”). Ma certo, in fondo l’Ucraina ci ha solo chiuso il rubinetto del gas a suon di bombe e ci manda solo i suoi spioni a farci gli attentati in casa, che sarà mai.
Immaginate se – come sostennero comicamente Usa e Ue – i gasdotti li avessero distrutti i russi. Ora i governi e la stampa al seguito sarebbero in assetto di guerra (più di quanto già non siano) per sanzionare e bombardare il nemico che ha attaccato un socio della Nato. Invece tutti zitti, sennò dovrebbero dichiarare guerra all’amico, cioè all’unico Paese che finora ha attaccato l’Ue: l’Ucraina.
Chi invoca l’articolo 5 Nato e le altre garanzie di sicurezza per difendere Kiev dovrebbe invocarli per difenderci da Kiev.

Marco Travaglio - il fallito di successo.

 

https://www.facebook.com/photo/?fbid=1346364463515408&set=a.208181974000335

sabato 23 agosto 2025

~ La serpe in seno ~

 


Chissà se l’arresto del terrorista di Stato ucraino per l’attentato ai gasdotti Nord Stream sveglierà l’Europa sul suo peggiore pericolo. Che non viene da Mosca, ma da Kiev: è il nazionalismo ucraino, con punte di fascismo e nazismo, che la Nato alleva, foraggia e arma dal 2014.

Una serpe in seno che rovesciò Yanukovich e ricattò Poroshenko e Zelensky per impedire che attuassero gli accordi di Minsk su tregua e autonomia in Donbass. E – ora che si parla di pace – ci espone a minacce mortali con i suoi colpi di coda.

I gasdotti russo-tedeschi Nord Stream 1 e 2 li avviano Putin e Schröder per portare il gas in Europa: costati 21 miliardi di dollari alla russa Gazprom in società con due compagnie tedesche, una francese, una austriaca e l’anglo-olandese Shell, inaugurati nel 2011 da Merkel e Medvedev, sono da sempre osteggiati da Usa, Kiev e Stati baltici. Il 7.2.22 Biden minaccia: “Se la Russia invade l’Ucraina prometto che non ci sarà più un Nord Stream 2. Vi porremo fine”.

Detto, fatto. Il 26.9.22 quattro esplosioni sottomarine al largo di Svezia e Danimarca fanno saltare tre condotte dei gasdotti su quattro. Il prezzo del gas va alle stelle. Usa e Ucraina accusano Putin di essersi sabotato da solo. Ma l’ex ministro degli Esteri polacco Sikorski twitta: “Thank you Usa”. Victoria Nuland, vicesegretaria di Stato Usa, esulta: “Sono molto soddisfatta, il gasdotto è un rottame in fondo al mare”. Il Pulitzer Seymour Hersh accusa Cia e Casa Bianca. La Procura tedesca individua sette sommozzatori delle forze speciali ucraine agli ordini del generale Zaluzhny, che usarono uno yacht noleggiato da un’azienda polacca per piazzare sul fondale un quintale di tritolo. Il 14.8.24 i giudici tedeschi spiccano un mandato di cattura per Volodymyr Zhuravlov: l’ucraino si era rifugiato in Polonia ed è appena fuggito in Ucraina sull’auto diplomatica della sua ambasciata. Varsavia è accusata di sabotare le indagini per coprire la sua complicità. Ma Berlino precisa che “nulla cambia nel sostegno a Kiev”: continuerà ad armare e a finanziare i mandanti del più grave attentato da decenni a un’infrastruttura europea.

Un giorno forse sapremo se Zelensky sapesse o se i suoi militari e 007 l’avessero tenuto all’oscuro. Il che sarebbe pure peggio: confermerebbe che sono fuori controllo.

Se finirà la guerra, l’Ucraina avrà un governo ancor più nazionalista (senza più gli elettori del Donbass filorusso) e l’esercito più grande e armato d’Europa. Se qualche testa calda ostile alla pace provocasse la Russia con un altro attentato per scatenarne la reazione, una Ue legata a Kiev da patti tipo articolo 5 Nato (o peggio) dovrebbe intervenire. E ci ritroveremmo da un giorno all’altro nella terza guerra mondiale.

Pensiamoci, finché siamo in tempo.

di Marco Travaglio

Il Fatto Quotidiano
22 agosto 2025

https://www.facebook.com/photo/?fbid=712423011784188&set=a.117463224613506

giovedì 21 agosto 2025

Ecco i nomi di dieci delle piante raffigurate, tutte adatte alla coltivazione in acqua, e una breve guida.

 

Monstera, Pothos e Filodendro: Prendi una talea con almeno un nodo (il punto in cui la foglia si attacca allo stelo) e mettila in acqua.


Spatifillo (Giglio della Pace): Puoi trasferire una pianta intera, lavando via delicatamente tutta la terra dalle radici e ponendola in acqua.

Calathea e Maranta: Anche queste piante possono crescere in acqua. Il segreto è pulire le radici molto bene e assicurare un'acqua pulita.

Aglaonema (Dieffenbachia): Similmente ad altre piante, le talee di Aglaonema possono essere fatte radicare in acqua e mantenute.

Pianta Ragno (Chlorophytum): Le piccole piantine (plantule) che crescono dagli steli possono essere staccate e messe direttamente in acqua.

Coleus: Questa pianta colorata radica molto velocemente in acqua partendo da una talea.

Consigli pratici per la coltivazione idroponica delle piante:

Luce e temperatura: Tieni i vasi in un luogo con luce indiretta. Evita il sole diretto.
Cambio dell'acqua: Sostituisci l'acqua settimanalmente o più spesso se torbida.
Tipo di acqua: Preferisci acqua piovana, distillata o filtrata; se usi quella del rubinetto, lasciala riposare.
Concime: Aggiungi un concime liquido specifico per idroponica, molto diluito, ogni 2-4 settimane.
Consigli: Usa carbone attivo per l'acqua e immergi solo le radici, mai il colletto della pianta.

Piante: Pothos, Filodendro, Monstera, Pilea e Coleus sono ideali per la coltivazione in acqua.

Gamma Knife: la radiochirurgia che cura senza bisturi.

Gamma Knife: la radiochirurgia che cura senza bisturi

Esiste una tecnologia avanzata in grado di trattare tumori cerebrali e altre patologie senza tagli, senza bisturi e senza ricoveri invasivi.

Si chiama Gamma Knife, ed è uno strumento di radiochirurgia stereotassica ad altissima precisione, usato in alcune delle migliori strutture sanitarie italiane ed europee.

Cos'è il Gamma Knife?

mercoledì 20 agosto 2025

SPINOZA PROVÒ CHE MARIA AVEVA 7 FIGLI (E CHE MARIA MADDALENA ERA LA MOGL...

La falsa storia di Adamo ed Eva — Spinoza rivela cosa è successo davvero.

Biancaneve e i 7 nani - Marco Travaglio

 

Non ci sono parole, ma solo parolacce per descrivere la fine miseranda dell’“Europa”,
parola vuota che descrive un branco di molluschi cacofonici e privi di pensiero, ma purtroppo non di favella.
Siccome i 27 soci del club Ue non sono d’accordo neppure su come si chiamano, si esibiscono in “formati” stravaganti più o meno “volenterosi” col Regno Unito (scordandosi la Brexit)
e altri tre o quattro, fino ai sette nani paracadutati sulla Casa Bianca per scortare Biancaneve Zelensky.
Lì ai volenterosi guerrafondai s’è aggiunta la Meloni ed è venuto a mancare il polacco Tusk, rimpiazzato dal finlandese Stubb che una volta ha giocato a golf con Trump.
L’unico denominatore comune dei sette nani è l’ottusa sicumera con cui da 42 mesi ripetono frasi senza senso tipo
“armare Kiev e sanzionare Mosca fino alla vittoria completa sulla Russia”,
“riconquistare Crimea e Donbass”, “Kiev nella Nato”.
Quando, nel marzo 2022, Erdogan e Bennett mediarono i negoziati a Istanbul, furono ben felici che Johnson e Biden li silurassero.
Quando l’anno scorso Orbán e Scholz parlarono con Putin per riprovarci, li cazziarono perché
“c’è un aggressore e un aggredito e con Putin non si parla”.
Poi è arrivato Trump e ha subito parlato con Putin, cinque volte al telefono e in Alaska di presenza.
E i nostri Fantozzi, anziché dargli del putiniano, si sono spellati le mani per il megapresidente galattico che “avvicina la pace parlando con Putin”. Ma va?
E perché non l’han fatto loro in tre anni e mezzo?
Trump, all’antitesi moralistica “aggressore/aggredito”, preferisce la più realistica “vincitore/sconfitto”,
quindi i territori occupati devono restare a Mosca e Kiev deve scordarsi la Nato, poi informa Putin mentre parla coi sette nani.
Perché quelli non gli ripetono ciò che dicono dal 2022?
Hanno forse capito di aver sbagliato tutto e perduto tutto? Basterebbe ammetterlo:
“Siamo una manica di incapaci, ci scusiamo con chi aveva capito tre anni fa quello che noi iniziamo a intuire oggi”.
Invece niente:
mentre ammainano tutte le bandiere, si rimangiano tutte le parole d’ordine e cancellano tutte le linee rosse, consolandosi con l’aglietto (le garanzie di sicurezza a Zelensky, l’articolo 5 della Nato per l’Ucraina fuori dalla Nato e altre supercazzole),
hanno sempre l’arietta di superiorità da “so tutto io”.
Sia i cinque nani che s’accucciano sotto il ciuffo di Donald senza contraddirlo su nulla, sia i mitomani Merz e Macron che pretendono il cessate il fuoco da Putin mentre continuano ad armare Kiev e magari inviano pure le truppe.
Sanno che non succederà mai, ma lo dicono lo stesso.
Per darsi un tono.
Per tener su le fabbriche d’armi che crollano in Borsa
(se il nemico non c’è più, che ci riarmiamo a fare?).
Per sembrare ancora vivi.

https://www.facebook.com/photo?fbid=2911810642362040&set=a.101118716764594

martedì 19 agosto 2025

Il vertice di Washington. - Giuseppe Conte

 

Il vertice di Washington conferma la seria difficoltà di porre fine al conflitto russo-ucraino con un onorevole compromesso tra i vari attori in campo, protagonisti e comprimari.
Trump sta provando in tutti i modi a promuovere un accordo di pace per rispettare l’impegno preso con gli elettori americani e dimostrare nei fatti quel che ripete da tempo: che se fosse stato lui al posto di Biden la guerra non sarebbe nemmeno iniziata.
Putin, dopo avere aggredito l’Ucraina, ha approfittato dell’incontro con Trump in Alaska per chiarire che il compromesso di pace deve tener conto dei rapporti di forza mutati sul campo di battaglia e per dimostrare che la Russia non può essere espulsa dal consesso internazionale. Ne è uscito con la prospettiva di rilanciare gli scambi con gli Stati Uniti e ha posto le sue condizioni per definire un nuovo ordine internazionale.
Zelensky si ritrova con un popolo stremato da una guerra affrontata anche grazie alla falsa promessa che i Paesi Nato lo avrebbero sostenuto all’infinito, sia sul piano militare sia sul piano finanziario.
E poi ci sono i leader europei, che per tre anni hanno provato a convincerci che l’unica, possibile strategia fosse inseguire la vittoria militare sulla Russia, essendo completamente inutile investire su un percorso diplomatico. Il fallimento maggiore è il loro, perché sono costretti a prendere atto di quel che anche i comuni cittadini hanno sempre saputo: che la Russia, nient’affatto isolata, rimane un player globale con cui è imprescindibile misurarsi. Con la particolarità, che se il fronte oltranzista guerrafondaio non avesse sabotato i negoziati di Istanbul del marzo-aprile 2022, sicuramente il compromesso concluso a caldo dell’aggressione russa sarebbe stato ben più protettivo degli interessi ucraini di quello che si prospetta adesso che la Russia ha prevalso sul campo.
Adesso i leader europei, completamente disorientati, stanno agendo in ordine sparso, come dimostrano le proposte estravaganti in tema di “garanzie di sicurezza”. Francia, Regno Unito e Germania insistono per l’invio di truppe nel teatro di guerra, ipotesi che mesi fa aveva fatto scattare l’allarme nelle cancellerie di mezza Europa e che adesso viene accolta come il male minore. Poi c’è la proposta del duo Meloni-Fazzolari, di estendere anche all’Ucraina, la garanzia di protezione di cui all’art. 5 del Trattato Nato. Anche questa era stata ventilata mesi fa,creando il panico in Europa e negli Usa: significava per la Nato smetterla con la guerra per procura ed entrare direttamente in guerra contro la Russia. Una follia. Adesso viene riproposta, ma per offrire garanzie future. Questo significa che l’Ucraina verrebbe a godere, in prospettiva, della solidarietà militare dei Paesi Nato, come fosse un membro dell’Alleanza atlantica, pur rimanendo estranea ad essa. Ma è ragionevole prevedere che Putin - che ha conseguito vantaggi sul campo e che è ossessionato dall’estensione della Nato ai propri confini – accetti ora le truppe europee o della Nato ai propri confini? È ragionevole estendere all’Ucraina i vantaggi dell’appartenenza alla Nato senza neppure pretendere gli oneri militari e finanziari che questa adesione comporta, creando un pericoloso precedente e il rischio di allargare sempre più, nel mondo, l’area dei conflitti armati? Che succederà quando altri Paesi chiederanno anch’essi il privilegio dell’art. 5 della Nato, senza adesione formale? Può essere davvero questo uno strumento efficace per estendere l’area di influenza geo-politica della Nato e assecondarne l’espansione?
La verità è che il deficit di politica sta precipitando l’Europa nell’irrilevanza e il mondo intero nel caos, senza che si intraveda all’orizzonte la possibilità di costruire un nuovo ordine politico e giuridico mondiale, basato su una prospettiva multipolare.

Dobbiamo inventarci un'altra favola della buona notte. - da Francesco Dall'Aglio

 

Nelle due foto che ho malignamente messo insieme non c'è assolutamente nulla di divertente o buffo. C'è la tragedia di un popolo al quale negli ultimi cento anni è stato raccontato (e qualcuno ci ha pure creduto) di essere l'anti-Russia o l'anti-URSS, che per molti è lo stesso, e l'antemurale della civiltà occidentale contro la barbarie che viene dall'Est, ultima favola di secoli di sfruttamento da parte di lituani, polacchi, russi, turchi, inglesi, tedeschi (nazisti o meno), americani ed "europei", e puntualmente mollato o travolto dal crollo degli "amici". E c'è la tragedia di un continente intero che non è più in grado di pensare, proporre, discutere, immaginare, che ripete formulette consolatorie per convincersi di contare ancora qualcosa, di essere in grado di imporre qualcosa agli altri, e soprattutto di avere ragione, di essere buono, morale, giusto, meglio di tutti gli altri. E che ora può aggiungere alla lista delle consolazioni anche quest'ultima, quella definitiva e perfetta: la guerra era vinta, stravinta, il nemico battuto e umiliato, ma proprio quando mancava mezz'ora al da francesco trionfo finale ecco che un altro cattivo (sono tutti cattivi tranne noi, lo sappiamo, e tutti sbagliano tranne noi che non sbagliamo mai, perché siamo sempre nel giusto) ha regalato la vittoria alla Russia. E questa sarà la solfa che ci sentiremo ripetere nei mesi e negli anni a venire, perché in qualche modo da questa storia bisognerà venirne fuori e non essendo noi più in grado di venirne fuori col ragionamento e con l'analisi degli errori fatti (sempre gli stessi: sostituite Ucraina a Iraq, Afghanistan, ex-Jugoslavia, Libia...) dobbiamo inventarci un'altra favola della buona notte.da Francesco Dall'Aglio

https://www.facebook.com/photo?fbid=122243144582190955&set=a.122102880350190955

Realpolitik. Fra Trump e Putin niente complotto: Donald conosce la realtà. Alessandro Orsini

 

Tutti si interrogano sulla ragione per cui Trump ha assunto un atteggiamento morbido verso Putin in Alaska.
Nessun complotto, nessun tradimento: la risposta è di una semplicità sconvolgente.
Trump ha abbracciato le richieste di Putin perché, dati empirici alla mano, ha preso atto che la Russia non può essere sconfitta.
Ha preso atto che tutti i tentativi di vincere la guerra sono stati vani. Trump ha preso atto che la Nato ha dato all’Ucraina:
1) carri armati Abrams, Leopard, Challenger;
2) missili Himars, Scalp, Atacms e Storm Shaodow;
3) sistemi di difesa anti-aerea Patriot e Samp/T;
4) bombe a grappolo e munizioni a profusione;
5) caccia F-16.
Trump ha preso atto che la Nato, per armare la controffensiva ucraina iniziata il 5 giugno 2023, ha svuotato i propri magazzini.
Trump ha preso atto che quella controffensiva è stata un fallimento colossale e ha preso atto che la Nato non è in grado di armarne un’altra. Poi ha preso atto che la Russia non fa altro che avanzare e che Putin ha puntato le sue bombe atomiche sull’Ucraina. Trump ha anche parlato con i migliori analisti della Casa Bianca, i quali gli hanno confermato che Putin non bluffa:
in caso di necessità, colpirebbe l’Ucraina con le testate nucleari.
Trump ha preso atto che i consensi di Putin sono alle stelle e che tutti i russi odiano la Nato nel modo più feroce possibile. Trump ha preso atto che – parola di Mark Rutte – l’industria militare della Russia sovrasta quella della Nato; ha preso atto che l’Italia ha 50 carri armati operativi e che l’esercito francese e tedesco versano in condizioni altrettanto penose, tant’è vero che l’Unione europea ha dovuto riarmarsi urgentemente.
Trump ha preso atto che l’Europa non ha difesa aerea dai missili più avanzati della Russia, che la Cina è dalla parte di Putin, che le sanzioni non funzionano e che la guerra in Ucraina ha mandato la Germania in recessione.
Trump ha preso atto che le sanzioni secondarie rischiano di distruggere i rapporti tra l’India e gli Stati Uniti. Durante il vertice in Alaska, Trump è giunto alla conclusione che rimane una sola strada: inviare soldati americani in Ucraina.
Quanti? Tantissimi giacché la Russia ha 1,3 milioni di soldati.
Siamo giunti all’altra domanda su cui tutti si rompono la testa: perché Trump ha abbandonato la richiesta del cessate il fuoco? Anche in questo caso, la risposta è di una semplicità imbarazzante.
Trump ha abbandonato l’idea del cessate il fuoco perché l’Europa ha giurato solennemente che, se anche la Russia avesse accettato il cessate il fuoco, ella, l’Europa, non avrebbe fatto nessuna concessione alla Russia.
Con questo atteggiamento iper-oltranzista,
l’Europa e Zelensky hanno spogliato Trump della possibilità di chiedere il cessate il fuoco.
Trump è giunto alla seguente conclusione: “Se l’Europa non vuole concedere niente, allora questo cessate il fuoco che cosa lo chiedo a fare?”.
Trump ha cambiato posizione sul cessate il fuoco perché l’Unione europea ha dichiarato che, durante il cessate il fuoco, avrebbe continuato a chiedere a Putin la resa senza condizioni.
L’Unione europea ha bisogno che la guerra vada avanti a bassa intensità per giustificare il suo piano di riarmo.
Le sfugge la strategia di Putin. L’Europa non ha capito che la guerra in Donbass sarà accompagnata dal bombardamento di Kiev.
Se in Donbass si combatterà per i prossimi tre anni, Kiev subirà altri tre anni di bombardamenti. Quanto maggiore sarà il tempo per la conquista del Donetsk, tanto più grande sarà la distruzione di tutta l’Ucraina.