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venerdì 27 giugno 2025

Decreto sicurezza, bocciato dalla Corte di Cassazione

 

La Corte di Cassazione ha bocciato il "Decreto Sicurezza" (Decreto Legge n. 48/2025, convertito nella Legge n. 80/2025), rilevando che viola la legalità con aggravanti ingiustificate.
In particolare, secondo quanto riportato da diverse fonti, la Cassazione ha espresso preoccupazioni su vari aspetti del decreto, tra cui:
* Mancanza di urgenza e norme eterogenee: La Corte ha sottolineato la mancanza dei requisiti di urgenza per l'emissione di un decreto legge e la disomogeneità delle norme contenute.
* Violazione della legalità e della proporzionalità: Alcune disposizioni del decreto sono state ritenute lesive dei principi di legalità e proporzionalità.
* Rischio di carcere per marginalità e dissenso: Si è evidenziato il pericolo che il decreto possa portare all'incarcerazione di persone per motivi legati alla marginalità sociale o al dissenso.
* Creazione di "gruppi eversivi da zero": È stata sollevata la preoccupazione che il decreto possa permettere alle forze di sicurezza di "creare gruppi eversivi da zero" a fini preventivi, con un rischio di mancanza di controllo democratico e devianze.
Questa decisione della Cassazione si inserisce in un dibattito più ampio che ha visto molte critiche al Decreto Sicurezza, da parte di giuristi, associazioni e forze politiche, che hanno evidenziato profili di incostituzionalità e la compressione di alcuni diritti fondamentali.
Considerando che l'opposizione con questa legge elettorale è stata annullata, ecco perché ci tengono tanto a riformare la giustizia, dare pieni poteri alla polizia, restaurare il regime del ventennio.

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mercoledì 4 giugno 2025

Il decreto sicurezza è diventato legge.

 

È passato il decreto sicurezza, una porcheria assoluta perché l'obiettivo principale è quello di reprimere il dissenso. Non è complottismo dire che questa misura è l'anticamera di un regime dittatoriale. Non lo è!
Un ringraziamento speciale in primis al governo della donna, madre e Cristiana, protagonisti in prima fila e poi uno a Sergio Mattarella. Che ha firmato senza battere ciglio questo decreto legge che ora è stato convertito in legge.
Per chi non lo sapesse, il decreto legge è uno strumento che serve per varare misure legislative che abbiano carattere di necessità e urgenza. Il decreto sicurezza non rientra tra queste pertanto, il Presidente della Repubblica, avrebbe dovuto rispedirlo indietro e rifiutarsi di firmarlo. Tra l'altro l'azione inadeguata di Mattarella è stata denunciata nero su bianco perfino da circa 300 Costituzionalisti. Una roba mai vista prima!
Se è vergognoso il comportamento del governo, inaccettabile quello di Mattarella, è altrettanto schifoso quelle delle opposizioni. Che gridano, a ragione, alla vergogna di questo decreto ma dimenticano che un ruolo di fondamentale importanza, nell'iter di approvazione, lo ha avuto il loro beniamino Sergio Mattarella.
Solo che per Meloni alzano la voce, davanti a Mattarella si stanno zitti. Ipocriti!

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mercoledì 16 aprile 2025

Decreto "Sicurezza" Meloni.

E mentre tutti discutono di dazi, il governo Meloni fa il golpetto....
𝘥𝘪 𝘈𝘨𝘢𝘵𝘢 𝘐𝘢𝘤𝘰𝘯𝘰 𝘱𝘦𝘳 𝘭'𝘈𝘯𝘵𝘪𝘋𝘪𝘱𝘭𝘰𝘮𝘢𝘵𝘪𝘤𝘰
E mentre tutti discutono di dazi, il governo fa il golpe.
Il Ddl Sicurezza,(https://tg24.sky.it/.../11/30/ddl-sicurezza-senato-novita) arenato da oltre un anno sui banchi parlamentari, cambia veste e diventa un nuovo decreto ministeriale.
La sua trasformazione in decreto legge lo rende subito applicabile, seppur poi da convertire in legge entro 60 giorni. Le modifiche non sono di sostanza, ma solo di forma.
Cosa prevede?
Si potenzia la tutela legale per polizia e militari.
Cioè l'immunità per le forze dell'ordine che commettono abusi.
Altro che kit di sopravvivenza...
In vista di una autocrazia dichiarata e non più di una democrazia di facciata, dei tagli sempre più lacrime e sangue allo stato sociale, alla scuola e alla sanità per sostenere un'economia di guerra, si temono manifestazioni di piazza e scioperi?
Niente di meglio che militarizzare sempre più la repressione assicurando l'impunità (scudo legale) a polizia e esercito.
Siamo insicuri?
Abbiamo paura della miseria, della disoccupazione, della guerra, della microcriminalità destinata ad aumentare?
Lo Stato ti protegge, ti offre "sicurezza" da scambiare con la libertà.
Ricordate Porte Aperte di Sciascia?
Rileggetelo con gli occhi di oggi e guardatevi intorno.
Il codice Rocco è servito.
Con il blitz del DM sicurezza il Governo dimostra di avere fretta nella accelerazione della strategia del terrore.
Perché questa fretta?
Il DM sicurezza introduce una serie di interventi che annullano de facto la Costituzione Italiana e lo Stato di diritto.
Carcere.
I detenuti non potranno dimostrare il disagio, neppure passivamente, (aumentano a dismisura i suicidi nei penitenziari sovraffollati) e le donne dovranno avere con sé in prigione i bambini.
Restrizioni per l'immigrazione.
A parte il divieto per i minori di avere una SIM per comunicare con i genitori, sono previsti limiti più stringenti per i permessi di soggiorno, con la cancellazione della protezione speciale per i casi umanitari.
Potenziamento del Daspo Urbano.
"Estensione delle aree dove è possibile allontanare individui considerati pericolosi per la sicurezza pubblica, includendo piazze e zone di aggregazione sociale."
Cioè controllo per chi partecipa a manifestazioni o flash mob e allontanamento, fermo ed espulsione per chi fosse schedato come attivista politico, (tipo aver partecipato ad una occupazione scolastica o ad un picchetto in fabbrica), avesse semplicemente con sé una bandiera palestinese o abbia osato esprimere anche preoccupazione con sit-in per l'inquinamento ambientale.
Ricordiamo che il presidente dell'associazione nazionale palestinese, API, (Mohammad Hannoun), ha ricevuto il foglio di via da Milano poco tempo fa per aver parlato contro il genocidio del suo popolo.
Diventa reato anche la resistenza passiva.
Norme dette "anti accattonaggio".
Introduzione di sanzioni più severe per chi pratica l’accattonaggio, cioè per i senza tetto e per chi chiede l'elemosina, associato alla "percezione di degrado urbano".
Arresto ped occupazione abusiva con pene maggiorate.
Controllo e videosorveglianza.
Installazione di nuovi dispositivi di controllo nei centri abitati, con una raccolta e gestione dati che violano le garanzie sul diritto alla privacy.
Chi gestirà poi questi dati?
Abbiamo parlato più volte degli accordi con Israele sulla gestione della cybersicurezza..
Università
"Riguarda l’estensione del potere delle agenzie di informazione (servizi di intelligence) in riferimento alle università e agli enti pubblici di ricerca."
Non bastava la militarizzazione delle scuole con le amene gite nelle basi NATO vestiti in tuta mimetica. Gli universitari dovranno essere sotto controllo e sorveglianza dei servizi segreti.
E, dulcis in fundo, (ma non è tutto, approfondiremo ancora), l'articolo di cui nessuno parla.
L’estensione a una serie di reati con finalità di terrorismo delle «condotte scriminabili, previste dalla legge come reato, che tuttavia il personale dei servizi di informazione per la sicurezza può essere autorizzato a porre in essere».
Tra queste condotte ci sono la partecipazione ad associazioni sovversive, l’arruolamento con finalità di terrorismo e la banda armata.
Per assurdo, nella mia ingenua ignoranza semi-complottista, ipotizzavo in passato che i servizi segreti (detti però deviati) fossero dietro le stragi di Stato e gli omicidi eccellenti...
Da adesso, invece, potranno impunemente organizzare bande armate, arruolare terroristi e provvedere a opportune stragi falsa bandiera (false flag), per dare la colpa al capro espiatorio di turno o ad una nazione straniera che "ci vuole invadere" e far si che la popolazione chieda più sicurezza, più controllo, più difesa, più riarmo......
Agata Iacono (5aprile2025)
Sociologa e antropologa

mercoledì 3 giugno 2020

Manifestare è un diritto. - Massimo Erbetti



Si manifestare è un diritto, lo dice l'articolo 21 della Costituzione: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure".

Per cui bene hanno fatto ieri a scendere in piazza tutti quelli che ritengono di avere qualcosa da dire.
Hanno fatto bene anche perché ci hanno dato la possibilità di vedere la loro inadeguatezza ad affrontare i problemi e a dare soluzioni adeguate. Fino a 24 ore prima la Meloni assicurava che non ci sarebbero stati assembramenti, che si sarebbero mantenute le distanze di sicurezza e che tutti avrebbero indossato le Mascherine, ma come abbiamo visto così non è stato, sono state violate le più basilari norme per evitare il contagio. 
Vogliamo poi parlare degli slogan contro il Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio? Mattarella vaffa... Conte vaffa... e non contenti di ciò, c'è stato perfino chi gridava "la mafia ha ucciso il fratello sbagliato"...complimenti, veramente complimenti...una vergogna assoluta, inneggiare all'assassinio di un uomo è quanto di più abominevole si possa fare...e per giunta un assassinio di mafia.

Al momento, non mi sembra che i leader della protesta, abbiano preso le distanze da certe dichiarazioni, nessuna parola di condanna e questo fa di loro dei complici.
Per cui è un bene che ieri queste persone siano scese in piazza, perché per l'ennesima volta hanno dato dimostrazione del fatto che predicano bene, ma razzolano veramente male. Non bastava la malagestione della sanita lombarda nell'affrontare la pandemia, non bastava non aver votato contro il Recovery Fund in Europa, non bastavano le fake news messe in circolazione, no a loro non bastava tutto questo, avevano la necessità di farci vedere ancora una volta che non sono in grado di gestire nulla, nemmeno una manifestazione con poche persone...e pensare che questa gente vorrebbe governare un paese intero.
P. S. e se non fosse per il fatto che ieri è stata messa a rischio la salute degli italiani, ci sarebbe anche da ridere...ma purtroppo non c'è niente da ridere...

martedì 23 giugno 2015

Sanità Lombardia: appalti milionari, poca sicurezza. Il lato oscuro della privacy digitale. - Thomas Mackinson

Sanità Lombardia: appalti milionari, poca sicurezza. Il lato oscuro della privacy digitale

Esami, patologie, ricette e medicine. Tutte le informazioni sulla nostra salute finiscono nei centri di calcolo delle Regioni che poi affidano la protezione dei dati sensibili (a peso d'oro) a ditte private. Un documento riservato di Lombardia Informatica rivela i rischi e le incognite di questo business. Dalla perizia emergono 56 "non conformità" agli obblighi di legge in materia di tutela dei dati. Il fornitore, che da dieci anni gestisce il servizio in solitaria, incassa però 600mila euro al mese.

Spendono 600mila euro al mese per proteggere la loro privacy. Alla prima verifica però, i lombardi scoprono che “non si ha evidenza dell’adozione di misure di sicurezza minime presso i fornitori”. E’ quanto si legge in un documento esclusivo, una minuziosa perizia delle misure di prevenzione che Lombardia Informatica, società in house di Regione Lombardia, utilizza per custodire i dati sanitari di 10 milioni di cittadini. La relazione è uscita dal perimetro della società a capitale regionale e alza il velo su quel che può riservare agli italiani la frontiera della digitalizzazione della sanità pubblica, quella che trasforma in dato elettronico l’operazione alla cistifellea, l’assunzione del farmaco retrovirale o la prenotazione di una tac.
Mentre facciamo esami, veniamo ricoverati o doniamo il sangue – senza quasi accorgercene – lasciamo dietro di noi una piccola miniera di informazioni digitali, beni “intangibili” per legge che possono trasformarsi in valuta sonante nelle mani di chi può farne commercio, mettendole magari a disposizione di società di assicurazioni, grandi cliniche e case farmaceutiche. Nel cosiddetto “deep web” quelle informazioni vengono già vendute a pacchetto, con tanto di tariffario: cinque euro per un’identità digitale generica, il doppio se completa di informazioni sanitarie come il codice di patologia (diagnosis code) o dati relativi al trattamento farmacologico. Da tempo la magistratura e il Garante della Privacy hanno concentrato la loro attenzione sul rischio di traffici illeciti di dati sanitari.
Anche senza scomodare i pirati informatici però ci sono dei rischi: quando ad esempio il sistema informativo socio-sanitario digitalizzato manifesta al suo interno falle tali da esporre – anche involontariamente – le informazioni sullo stato di salute dei cittadini. Ed è il rischio che si è corso in Lombardia, la regione che voleva essere alla testa della rivoluzione bit-sanitaria e finisce invece per porre con più urgenza che mai il tema della corretta conservazione dei dati sensibili degli italiani. Proprio la Lombardia infatti, insieme a Emilia e Veneto, si è offerta di validare le specifiche di dettaglio per l’interoperabilità dei sistemi regionali del “Fascicolo sanitario elettronico”, la cartella sanitaria virtuale che a regime dovrà custodire le informazioni cliniche e sanitarie di tutti gli assistiti dal SSN, compresi 100 miliardi di documenti clinici che produce ogni anno e 600 milioni di ricette dell’assistenza farmaceutica convenzionata. Il punto è: siamo sicuri?
Torniamo al documento riservato. Riporta, come detto, i risultati dell’audit interna che Lombardia Informatica (LISpa) ha commissionato a una società esterna per verificare se il fornitore cui affida i servizi informatici lo fa nel rispetto degli adempimenti previsti dalla legge (D. Lgs 196/2003) e dal Testo unico sulla Privacy. Si tratta di Santer, società del gruppo Reply Spa, colosso nazionale del settore con 10 sedi in Italia e 16 all’estero e un fatturato consolidato di 632 milioni di euro. Una parte rilevante degli utili arriva proprio da Regione Lombardia che dal 2005, tramite gara, gli affida il servizio di rilevazione e gestione della spesa farmaceutica. Al costo, per il contribuente, di circa 600mila euro al mese.
L’accertamento è scattato solo nel 2014 sull’ultimo contratto di servizio che copre il quadriennio 2012-2015. L’incarico va a Deloitte che, a sua volta, si avvale dell’isra​e​liana Maglan EuropeSrl, società specializzata nella simulazione di attacchi informatici. Con quali esiti? In una nota Lombardia Informatica assicura che “i dati sensibili dei cittadini lombardi sono in sicurezza” e invita ad agire “con la massima responsabilità nel dare informazioni in merito a presunte carenze rispetto agli standard di privacy e sicurezza, onde evitare ingiustificati allarmi”. Le “presunte carenze” però, documenti alla mano, consistono in 56 “non conformità” in ordine alle soluzioni organizzative, amministrative e tecniche adottate a tutela dei dati trattati. Alcune così gravi da dovervi porre rimedio “immediatamente”. Leggiamole. “Non si ha evidenza dell’adozione di misure di sicurezza minime presso i fornitori”, viene indicato a proposito delle garanzie di riservatezza dei dati processati e custoditi all’interno del Centro Elaborazione Dati di Lombardia Informatica.
Leggiamo oltre: “Non si ha evidenza dell’esecuzione di un’analisi di rischi (…) Non è stato rilevato un processo strutturato di sviluppo del software che preveda tutte le fasi volte a garantire la sicurezza (…) Non vengono definite procedure e controlli per verificare la presenza di codice potenzialmente dannoso o vulnerabile nelle applicazioni”. Falle tecnologiche, ma non solo. L’audit ne rileva altre​, ascrivibili al fattore umano e organizzativo: “Le responsabilità gestionali vengono gestite in maniera informale con il coinvolgimento del personale sistemistico che opera nell’ambito tecnologico (…) Viene rilevata assenza di separazione di responsabilità tra chi opera in produzione e in ambienti di sviluppo test”. Tanto più che “I dati utilizzati dal software nell’ambiente di sviluppo e test sono una copia dei dati di produzione e contengono dati personali reali (…)”. Non è un dettaglio, visto che “Le utenze con relative password per l’accesso ai DB sono risultate vulnerabili a semplici attacchi” e dunque decifrate e “rese leggibili in chiaro”.
Insomma, ce n’è da far drizzare i capelli al Garante al quale però Regione Lombardia – titolare del trattamento dei dati – non risulta abbia mai inviato l’esito della verifica. Il documento potrebbe interessare anche le Procure, visto che la legislazione vigente assimila le inadempienze nella tutela dei dati sensibili a veri e propri reati (D.Lgs 196/2003). E invece è rimasto nel cassetto e il contratto da 7 milioni di euro l’anno, nel frattempo, non è stato rescisso dall’ente pubblico. “Per non interrompere il servizio”, spiega una nota della società. Sulla decisione, probabilmente, ha inciso anche la vicinanza ​de​lla naturale scadenza, fissata al 31 dicembre 2015. LISpa concede così al suo fornitore il beneficio di un ravvedimento operoso: un piano di rimedio per “procedere senza indugio alla rimozione delle vulnerabilità di livello alto e critico riscontrate”.
Lo fa consapevole della gravità della situazione, tanto da cautelarsi ​al tempo stesso ​su eventuali e futuri rischi, ricordando al fornitore che nel contratto si è impegnato a “manlevare e tenere indenne LISpa da tutte le conseguenze derivanti a eventuale inosservanza delle norme vigenti, ivi incluse le prescrizioni tecniche, di sicurezza, di igiene e sanitarie…”. Nella nota LISpa precisa anche che i costi dell’audit, circa 30mila euro, “sono stati integralmente riaddebitati al fornitore”. Ma è una magra consolazione. La penalità non cancella il fatto che per lungo tempo i dati sanitari dei cittadini siano stati esposti al rischio di vulnerabilità esterne e interne, come si legge nella documentazione. E’ successo con certezza documentale dal 2012 al 2015,  forse anche nei sei anni precedenti di affidamento del servizio. E non basta certo la penale a sollevare i dubbi sulla via italiana alla digitalizzazione sanitaria. Quella che promette di semplificarci la vita e ridurre i costi del servizio, ma che imbarca anche rischi e ombre per i quali non ci sono ricette né cure, ma solo bende.