mercoledì 9 giugno 2010

L’impresa e l’alibi dell’articolo 41

di Michele Ainis, La Stampa, 8 giugno 2010

La Carta costituzionale è al contempo la carta d’identità di un popolo. Ne elenca i tratti culturali, anziché quelli somatici. Poiché in Italia nessuno la conosce, significa che non abbiamo idea di cosa siamo. Peggio: significa che ci sentiamo liberi di plasmare ogni mattina i nostri connotati, senza preoccuparci della fotografia scattata dai Costituenti. Ma c’è un’insidia più grave dell’oblio: il falso ricordo, tanto più se procurato con l’inganno. Un esempio potrà forse aiutarci a risvegliare la memoria.

Quale? L’art. 41 della Costituzione. Urge cambiarlo, ha detto nei giorni scorsi il ministro dell’Economia. Altrimenti la libertà d’impresa rimarrà per sempre una chimera, ostaggio d’uno Stato ficcanaso. Applausi bipartisan, con l’opposizione - da Morando a Violante - pronta a concorrere a questa rivoluzione liberale. E i cittadini? Avranno pensato che quella norma l’aveva vergata di suo pugno Stalin, che la Costituzione italiana del 1947 sia una ristampa anastatica della Costituzione sovietica del 1936. Poiché il professor Tremonti è persona colta, lui certamente sa cosa c’è scritto nei tre commi dell’art. 41. Noi invece dei nostri studi ci fidiamo poco, sicché apriamo un codice e inforchiamo un paio d’occhiali.

Primo comma: «L’iniziativa economica privata è libera». Dunque o stiamo consultando un testo apocrifo, oppure la libertà d’impresa ricade già fra i nostri valori collettivi. Che altro dovremmo aggiungerci per renderla più libera? Forse un termine di comparazione: libera come il vento, come un pesce, come il Popolo della libertà. Ma andiamo avanti, magari l’intralcio sbuca dal rigo successivo. Secondo comma: «Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». E che dovremmo dire? Che le imprese d’ora in poi saranno inutili o dannose? Che gli industriali devono esser liberi di brevettare giocattoli pericolosi, auto inquinanti, ecomostri, farmaci nocivi? Che possono trasformare le loro fabbriche in altrettanti lager?

Eppure è questo il gluteo su cui andrebbe a conficcarsi l’iniezione ri-costituente. Non può trattarsi infatti del terzo e ultimo comma: «La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali». Perché no? Perché senza controlli ciascuno farebbe un po’ come gli pare, svuotando il secondo comma dell’art. 41. Altrimenti sarebbe come predicare la sicurezza sulle strade, licenziando al contempo tutti i vigili urbani. E perché se in tale norma s’individua viceversa la matrice delle leggi di piano, è bene ricordare che la prima e ultima legge di tal genere venne approvata nel 1967. Basta lasciare in sonno il terzo comma, dato che dorme da più di quarant’anni. A meno che il problema non siano i «fini sociali» dell’economia pubblica e privata. Si sa che il Pdl, quando sente menzionare Fini, fa un salto sulla sedia.

Insomma l’art. 41 non è che un alibi, uno schermo. Serve a scaricare sulla Costituzione l’impotenza dei politici a inaugurare una stagione di riforme liberali. Dice: ma l’art. 41 tace sulla libertà di concorrenza. E allora? Sarebbe forse incostituzionale l’Antitrust (per chiamarla col suo nome di battesimo: Autorità garante della concorrenza e del mercato), che bene o male funziona dal 1990? Non c’è forse l’art. 117 della Costituzione, che assegna alla legislazione dello Stato la «tutela della concorrenza»? Non c’è un fiume di norme europee - recepite nel nostro ordinamento - che a loro volta proteggono il libero mercato? Altrimenti non si capirebbe perché mai nella giurisprudenza costituzionale la «tutela della concorrenza» figuri in 131 decisioni, il «libero mercato» in 44, la «libertà di iniziativa economica privata» in 81, e via elencando.

Ma dopotutto non è questo ciò che importa. In Italia non conta la Costituzione scritta, conta quella immaginata. Occorre un bel po’ di fantasia, però i nostri politici ne hanno la bisaccia piena. Come diceva Giambattista Vico, la fantasia tanto più è robusta quanto più è debole il raziocinio.




Il nucleare non è la risposta.


Mettersi a discutere con i nuclearisti italiani non solo è inutile, ma controproducente. E' la classica storia di chi si mette a discutere con un imbecille, chi osserva dall'esterno vede due imbecilli che discutono. Il nucleare è stato respinto da un referendum, punto. Non può essere reintrodotto da lobbisti e reggicoda politici. Il popolo italiano, che è abituato a sopportare quasi qualunque cosa, non lo vuole per istinto di sopravvivenza. Nel Paese con le più potenti mafie del mondo chi gestirebbe le scorie? Il nucleare costa più di qualunque altra energia: chi lo pagherà? L'uranio finirà entro qualche decennio e il suo prezzo aumenta di settimana in settimana, è l'energia MENO rinnovabile del mondo. Helen Caldicott, autrice di: "Il nucleare non è la risposta", ci spiega la pericolosità del nucleare per i nostri figli e nipoti. Disoccupati, senza pensione e nuclearizzati.

Intervista a Helen Caldicott

H. Caldicott: Mi chiamo Helen Caldicott, sono australiana. Sono una pediatra e specialista in infanzia. Per quattro anni sono stata coinvolta nello studio delle implicazioni mediche del nucleare a scopo energetico e nucleare a scopo bellico. Ho fatto parte del corpo docente della Scuola di Medicina di Harvard e ho praticato la professione medica.

Blog: Perché ci sono ancora Paesi, come la Gran Bretagna, che ricorrono al nucleare nel mix energetico?

H. Caldicott: Molte persone ignorano quali sia il ciclo del combustibile nucleare e quali siano le conseguenze sul corpo dell’esposizione a radiazioni e di tutti gli altri aspetti della produzione di energia nucleare: l’estrazione e la lavorazione dell’uranio, l’arricchimento, la costruzione di un reattore, le radiazioni emesse dal reattore a regime, la concentrazione delle radiazioni nella catena alimentare e nel latte materno, nei polmoni. E poi i rifiuti radioattivi che durano mezzo milione di anni e contaminano la catena alimentare. Quindi la gente mangerà cibo radioattivo. I bambini sono dieci, venti volte più esposti degli adulti ai danni delle radiazioni. I feti, migliaia di volte.
Le persone non sembrano comprenderlo. È un problema medico. La maggior parte della gente non ha le informazioni biologiche per comprendere il problema. Così, l’industria nucleare ha spinto un'enorme campagna di propaganda dicendo che loro sono la risposta al surriscaldamento globale, perché non producono anidride carbonica.
In realtà producono grandi quantità di anidride carbonica, così come producono epidemie di cancro, leucemie e malattie genetiche nelle generazioni future.

Blog: Qual è quindi il reale costo dell’energia nucleare, considerando il costo sostenuto dalla società?

H. Caldicott: Costruire un reattore nucleare costa dai 12 ai 15 miliardi di dollari. Ma tutti i costi accessori di arricchimento dell’uranio, gli enormi costi di assicurazioni pagati dal governo - il governo sussidia l’intero bilancio dell’industria nucleare -, i costi per gli interventi medici conseguenti non sono compresi. I costi del trattamento di pazienti - soprattutto bambini - affetti da cancro o patologie genetiche o i costi per lo stoccaggio delle scorie nucleari per mezzo milione di anni non sono mai inclusi. Il trasporto delle scorie nucleari non è mai compreso.
È talmente più economico investire in energie da fonti rinnovabili, come l’eolico, il solare, il geotermico e la cogenerazione, alta efficienza nell’uso dell’elettricità.

Blog: Non esiste quindi un nucleare sicuro?

H. Caldicott: Non esiste assolutamente una strategia nucleare sicura. Nel mio libro spiego perché il nucleare non è la risposta al surriscaldamento globale. Lo capirete leggendo il libro. L’Italia non deve costruire centrali, ma sono sicura che Berlusconi non capisce quello di cui sto parlando.

Blog: Chi vuole dunque l’energia nucleare?

H. Caldicott: I politici sono stati i destinatari di una grande campagna di propaganda, e forse di denaro - non so. I politici sono analfabeti in materia scientifica e medica. In altre parole non capiscono la scienza. Come Berlusconi, che scienza è in grado di capire lui? Conosce forse la medicina e i tempi sufficienti per contrarre un cancro dopo essere stati irradiati per 5 o 6 anni? Non conosce forse i risultati di Hiroshima e Nagasaki?
Molti politici sono lo “
scudo di bronzo” dell’industria nucleare, o dell’industria petrolifera o del carbone. Vanno dove va il denaro, non dove dovrebbe puntare il futuro e il benessere delle persone.

Blog: Che ci dice delle lobbies militari dietro l’industria nucleare?

H. Caldicott: Naturalmente la tecnologia nucleare trae origine dal progetto Manhattan che produsse plutonio per armare bombe. L’energia nucleare è una conseguenza di questa tecnologia nata per il senso di colpa degli scienziati responsabili della morte di circa 200.000 persone uccise letteralmente in un lampo. Ritenevano che se avessero estratto energia dall’atomo per usi civili, il loro senso di colpa sarebbe diminuito. Ho conosciuto e lavorato con alcuni di quegli scienziati e posso dirvi che hanno sempre odiato le armi nucleari e che sono morti ancora attanagliati dal senso di colpa. Sapevano, sapevano quanto fosse e quanto sia pericoloso il nucleare. Oggi sono tutti nelle loro tombe.
Dovete anche sapere che ogni centrale nucleare produce circa 250 kg di
plutonio l’anno. Il plutonio dura mezzo milione di anni e puoi costruirne una testata nucleare con 5 kg. Ogni nazione che possiede un reattore nucleare può costruire facilmente centinaia di bombe atomiche, se lo desidera. Questo è il motivo per cui si è così preoccupati dell’Iran. È così che Israele ha costruito le sue testate, così la Gran Bretagna, la Francia, il Pakistan e l’India, la Cina. Le armi e l’energia nucleare sono parti della stessa industria. Quando disponi della tecnologia nucleare, puoi produrre armi atomiche. Berlusconi vuole forse delle armi nucleari?

Blog: Speriamo di no! C’è almeno un esempio al mondo di corretta gestione delle scorie nucleari?

H. Caldicott: No, non ce ne sono e non ce ne sarà mai uno. Quale che sia il materiale all’interno del quale venga stoccato, si deteriorerà. Il cemento presenterà infiltrazioni, il metallo arrugginirà e il materiale fuoriuscirà contaminando l’ambiente, l’acqua, il cibo, il latte, la carne. La gente mangerà cibo radioattivo. I bambini nasceranno deformi. Nascono bambini deformi a Falluja e Bassora, in Iraq dove sono state usate armi atomiche. Infatti a Falluja i dottori consigliano alle donne di non avere affatto figli. La quasi totalità dei bambini nasce con serie deformità: mancano del cervello o di un occhio, delle braccia. È davvero ... è ciò che ci riserva questo futuro.

Blog: Cosa dovrebbero fare i cittadini per abbandonare l’opzione nucleare?

H. Caldicott: Per prima cosa devono essere bene informati. È imperativo che comprendano le informazioni. So che il mio libro è stato tradotto in italiano. Tutti quelli che ci ascoltano dovrebbero leggere “Il nucleare non è la risposta” e una volta letto devono trascorrere qualche giorno con le loro emozioni e decidere quello che intendono fare.
Abbiamo davvero bisogno di
una rivoluzione contro questa industria nuclearespaventosa. È molto, molto peggiore dell’industria del tabacco. Molto peggio del fumo.
Le persone devono utilizzare le loro democrazie. Devono andare a incontrare i loro politici e informarli.
Andate a trovare Berlusconi. Occupate il suo ufficio.
Gli italiani sono bravi. Sono appassionati. Sono sicura che troveranno il modo per assicurarsi che il loro Paese chiuda tutte le centrali nucleari!


http://www.beppegrillo.it/2010/06/il_nucleare_non_1/index.html



Minacce e cabaret?

"Se la Rai non cambia sono tentato di non firmare il contratto di servizio" Con queste moderate e democratiche parole il premier Silvio Berlusconi ha lanciato un messaggio chiaro e diretto al dg della Rai, Mauro Masi: o mi chiudi Annozero e mi ridimensioni la Dandini o te la vedi brutta.

Il prode scudiero ha subito risposto al suo padrone: "Santoro non farà più Annozero" dichiarandosi disponibile a far salire il compenso al giornalista per dargli il benservitoda 10 a 12 milioni di euro.

Parlare di conflitto di interessi sarebbe riduttivo. Il Cavaliere, in qualità di uno degli uomini più indagati d'Italia non vuole che in tv si parli dei suoi processi (e finora a parte Annozero è riuscito nell'intento di far tacere ogni voce fuori da coro); in qualità di premier può piazzare i suoi uomini nei punti chiave della Rai per trattare il servizio radiotelevisivo pubblico come se fosse una sua azienda, anche se non è lui a cacciare i soldi; in qualità di proprietario di Mediaset, unico concorrente sul mercato televisivo della Rai, ha la possibilità di affossare i programmi di successo della Rai per incamerare share e miliardi di euro in pubblicità per le sue reti.

Tanto per scomodare il "filosofo" Ricucci: è troppo facile fare il frocio con il culo degli altri. I soldi che vengono divorati dalla Rai (oltre 1,3 miliardi di euro l'anno!) sono dei cittadini, così come le perdite che queste ultime gestioni fallimentari targate Pdl-Lega stanno facendo registrare.

Se riuscirà ad ottenere lo scalpo di Santoro sono già pronte le nuove minacce del Cavaliere in vista del prossimo futuro:

- Se condannate Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa sono tentato di bloccare gli stipendi ai giudici;

- Se vi mettete a indagare su qualche altro ministro sono tentato di spedire le ronde punitive padane nelle case dei pm;

- Se mi condannano anche in appello a pagare 750milioni di euro per rifondare De Benedetti per avergli rubato la Mondadori corrompendo un giudice sono tentato di abolire il valore legale della moneta unica europea;

- Se non assolvono Bertolaso e la cricca degli appalti che ruota attorno alla Protezione Incivile ritiro gli aiuti e gli uomini da L'Aquila (ops, questa più o meno l'ha già detta);

- Se non mi assolvono con formula piena nel processo Mills e Mediatrade sono tentato di invadere l'Inghilterra con Ignazio La Russa e di occupare militarmente le isole Cayman;

- Se il tempo non fa tornare indietro le lancette biologico-calcistiche di Gullit e Van Basten sono tentato di mettere in commercio la macchina del tempo.

Minacce serie, da prendere in considerazione per il prossimo futuro...


http://sconfini.eu/Politica/minacce-e-cabaret.html



Berlusconi, all'assemblea Federalberghi: "La sovranità è passata dal popolo a certi pm"





Incredibile, ma vero!

Quest'uomo è fuori di testa, non ragiona, spara a raffica sulle istituzioni e incita all'uso delle armi.


martedì 8 giugno 2010

Calabria: sostanze tossiche sotto il fiume Oliva, la procura conferma



8 giugno 2010


“Si sospettava: si puo’ usare tranquillamente l’imperfetto, perche’ dubbi non ce ne sono piu’ riguardo alla presenza di sostanze tossiche
sotto il fiume Oliva: ci sono almeno 4 siti interessati”.

A dirlo e’ il Procuratore Capo di Paola (CS), Bruno Giordano, intervistato oggi dall’AGI sul caso dell’inquinamento, finora ipotizzato, dell’area ricadente tra i comuni di Amantea, Serra d’Aiello e Aiello Calabro, lungo l’alveo del fiume, dove si scava da piu’ di un mese. Le aree in cui si effettuano i carotaggi erano state oggetto di un’analisi superficiale preventiva, perche’ in questa zona della Calabria l’incidenza tumorale, come e’ stato evidenziato da alcune ricerche epidemiologiche, e’ molto piu’ alta che altrove. “Non sappiamo ancora da dove possano provenire“, sottolinea Giordano,secondo il quale non servirebbero neanche strumenti per capire che siano rifiuti pericolosi. “Man mano che si scava l’odore di idrocarburi e di metallo diventa insopportabile”, dice il Procuratore di Paola.

“E pensare - osserva - che qui doveva nascere un parco naturale. Oltre alle aree che gia’ avevano individuato, adesso abbiamo trovato altre due aree, contrada Carbonara e contrada Giani, dove c’e’ un ammasso notevolissimo di rifiuti tossici, interrati e poi coperti con terreno naturale. Pensi che in contrada Giani il magnetometro era impazzito, durante le rilevazioni. Qui la benna, scavando, e’ arrivata a 5 metri e mezzo di profondita’, senza toccare il fondo del deposito”.
Secondo il magistrato “il problema e’ che sicuramente, negli anni, c’e’ stata un’infiltrazione nelle falde, perche’ il materiale si e’ diluito. Non possiamo ancora dire se ci sia materiale radioattivo, quello si vedra’. E se non c’e’ materiale radioattivo, la bonifica la dovranno fare solo gli enti locali, Regione e Provincia”. E Giordano aggiunge che “non ci sono discariche per fanghi industriali in Italia. Bisogna mandarli in Germania, e visti i quantitativi rilevanti, il costo sarebbe davvero ingente”. Si scavera’ ancora per un mese circa. Poi l’analisi dettagliata dei prelievi. (AGI)

Fonte: 9online.it



Con il Ddl Alfano ci vogliono togliere l'ultima cosa che ci resta: il coraggio di informare



di Giorgio Santelli* - 8 giugno 2010
Si discute di una grande manifestazione a difesa della libertà di stampa e per dire un forte no all’ultima delle leggi bavaglio: il Ddl Alfano sulle intercettazioni.

E sarà una grande manifestazione, coordinata dalla Federazione Nazionale della Stampa e “piena” di società civile. Ci saremo anche noi, Reporter Senza Rete.
Molti di noi lavorano come collaboratori in testate non nazionali; molti di noi lavorano su inchieste importanti, in territori difficili dove le mafie e la criminalità si fanno sentire molto di più dello Stato.

Prima sono arrivati i tagli all’editoria, che minacciano noi e quella parte di editori più “deboli” che sono presenti sui territori, che quotidianamente o periodicamente informano le loro comunità. Con il Ddl Alfano, ci vogliono togliere l’unica cosa che ancora ci rimaneva. Il coraggio. Perché avevamo il coraggio di informarvi, come cronisti autonomi, freelance, precari, giornalisti a partita iva, collaboratori, giornalisti “a cottimo”, quelli di un tot al pezzo. Abbiamo fatto il nostro dovere di giornalisti dalle pagine dei quotidiani e periodici locali, quelle testate delle mille realtà italiane, dai blog, dai giornali on line. Non avevamo le garanzie, non avevamo grandi editori con capacità economica tale da proteggerci di fronte a poteri economici, finanziari e politici che amano contestare i nostri pezzi e le nostre inchieste minacciando querele civili fuori dalla nostra e dalla portata dei nostri editori. Eppure avevamo il coraggio di raccontare il Paese, i processi, le inchieste, i disservizi, gli sperperi.

Con i tagli all’editoria ai “piccoli” editori, hanno tolto la possibilità a molti di noi di scrivere sulla stampa locale quotidiana e periodica, di settore, generalista di movimento, sulle tv e sulle radio regionali. Con la stretta che si vuole dare al web ci stanno anche negando la possibilità di proseguire il nostro lavoro anche on line. Con il Ddl Alfano sulle intercettazioni ora ci stanno togliendo, per legge, proprio quel coraggioche avevamo avuto fino ad oggi. Poiché per legge ci diranno che non potremo più raccontare quello che, con tanti ostacoli e senza garanzie, fino ad oggi vi abbiamo raccontato.

A noi vogliono togliere il nostro coraggio e a voi un vostro diritto, quello di essere informati. Per questo serve una grande manifestazione che metta insieme il nostro diritto di informare e il diritto di lettori e spettatori ad essere informati. Una grande manifestazione che vuole evitare che non vi sia più, in questo paese, una pubblica opinione che, di fronte alle scelte elettorali, possa esprimere un voto consapevole perché informato.

Serve una grande manifestazione che noi pensiamo possa essere realizzata come una giornata di “palinsesto” tipo. Una piazza aperta, che dpossa dare visibilità e diritto d’asilo a tutto ciò che si vorrebbe cancellare. Dalle 7 della mattina a notte fonda vorremmo una piazza dove la libertà di informare, la libertà d’espressione possano esprimersi a pieno e possano superare quella piazza attraverso una messa in onda corale, sulle tante tv locali collegate e sul web. Vogliamo fare degli esempi. Ci piacerebbe vedere Corradino Mineo e il suo “Caffè” in quella piazza e sulle tv e la rete. Ci piacerebbe vedere, nell’arco di questa giornata di libertà, una puntata condotta da Serena Dandini, una puntata di un talk show che parlasse del Ddl Alfano con tutti i direttori dei principali quotidiani; vorremmo vedere anche un talk con i Magistrati che dicono no al Ddl Alfano; ci piacerebbe vedere una puntata di Fazio e Saviano; ci piacerebbe vedere un film di quelli che con i tagli alla cultura non si vedranno più; ci piacerebbe vedere Daniele Luttazzi, che in tv non c’è più ormai da tanto tempo; un concerto di un’orchestra che rischia di non avere più i fondi per proseguire la sua storia; un documentario di quelli che non verranno più finanziati; un’inchiesta di quelle che con il Ddl Alfano non ci potrà essere più; uno spettacolo teatrale che verrà tagliato. La immaginiamo così, quella giornata. Un luogo a cielo aperto e trasparente dove giornalisti, registi, documentaristi, produttori, editori, attori, comici possano dare il meglio di sé per spiegare a chi ascolta e vede oggi quel che da domani forse non ci sarà più.

*portavoce di Reporter Senza Rete


Tratto da: liberainformazione.org




Lettera al Presidente Napolitano. Firma la Petizione!


di Pietro Orsatti - 7 giugno 2010

''Migliaia di italiani saranno costretti a violare la legge per difendere la Costituzione''

Caro Presidente,

le scrivo come a un amico, l’amico che custodisce il bene più prezioso della nostra società. La Costituzione. Le scrivo con un misto di speranza e sconcerto. Perché ogni giorno che passa diventa sempre più difficile, e le assicuro non solo per me, capire cosa stia succedendo in questo nostro Paese.

Lei continua a mandare messaggi di ottimismo agli italiani ogni qual volta prende la parola pubblicamente, ma forse non sa che per la grande maggioranza di noi l’ottimismo è un lusso. Siamo tutti troppo impegnati a sopravvivere per essere ottimisti. Troppo confusi e spaventati per avere speranza. Vediamo giorno dopo giorno liquefarsi il patto sociale che ha tenuto in piedi questo Paese per 65 anni, quello sancito nell’articolo 1. Non è colpa sua, Presidente, ma ormai da anni, se non decenni, il lavoro è uscito dal racconto sociale. Il lavoro, paradigma centrale nel Novecento, da valore e fondamento del contratto democratico è diventato elemento accessorio. Un surplus. Sia sul piano culturale che su quello materiale. Quando la disoccupazione a livello generale supera il 10% e per i giovani il 30%, non è in pericolo solo la stabilità economica e sociale di una Paese, è in pericolo la democrazia.

Quando poi oltre a questo dato incontestabile si aggiungono altre pericolosissime e ormai quotidiane aggressioni a diritti fondamentali dei cittadini sanciti dalla Carta costituzionali, lo sconcerto si trasforma in allarme, tensione e purtroppo conflitto. Equità sociale, trasparenza assoluta della pubblica amministrazione, legge uguale per tutti, questione morale e lotta alla corruzione, diritto di espressione e diritto di essere informati, contrappesi fra i poteri dello Stato, indipendenza della magistratura: è evidente a tutti i cittadini che in questo Paese alcuni poteri intendono mettere pesantemente mano su questi nodi irrinunciabili del patto di cittadinanza. Come è sempre più evidente che parallelamente si sta procedendo, attraverso un numero spropositato di decreti e leggi ordinarie, alla riscrittura de facto della Costituzione andando perfino a toccare l’unità dello Stato.

Sono perfettamente consapevole che i suoi poteri sono molto limitati e di come sia difficile per lei, oggi, contrapporsi a questo attacco concentrico contro la Costituzione. Ma so anche che in politica la parola pesa, e che la sua potrebbe essere determinante a modificare un andamento che sembra voler archiviare la democrazia parlamentare nata dalla Resistenza e dalla Costituente del primo dopo guerra. La sua parola, il suo giudizio, suoi eventuali messaggi alle Camere, potrebbero avere un potere politico sostanziale ben più efficace di rimandare ogni tanto quei testi più grossolanamente anticostituzionali come le è capitato di fare in questi anni.

Lo so che per fare questo, per uscire allo scoperto oltre alla ritualità a cui, per legge, è vincolato, è necessario che ci sia un pericolo la democrazia e la tenuta dello Stato. Ma, caro Presidente, è proprio di questo di cui sto parlando. Ormai c’è un divario enorme fra legalità e giustizia, fra norma e democrazia. Ci sono interi settori del Paese che si troveranno costretti, per necessità e per scelta, a violare alcune delle leggi che sono nate ultimamente e stanno vedendo luce in queste settimane. Le faccio due esempi, quello dell’obbligo di denuncia da parte dei medici in caso si ritrovino a curare dei migranti clandestini e poi quello che spingerà molti di noi operatori dell’informazione a violare molti dei vincoli imposti alla stampa nel Ddl intercettazioni in discussione in queste ore. Caro Presidente, ci saranno persone che violeranno e in parte già violano norme approvate dall’attuale coalizione di maggioranza. Se questo non è un allarme per la tenuta della nostra democrazia, cos’altro è? Quando le leggi contrastano così palesemente con il patto costituzionale e i diritti fondamentali sanciti da ogni democrazia matura – come dovrebbe ed è stata finora la nostra – il pericolo è davvero troppo. Centinaia di migliaia di giovani, ricercatori, scienziati e professionisti hanno già preso la via dell’emigrazione verso altri Paesi. Una migrazione di massa della parte più importante della nostra società. Altre migliaia di persone civilmente violeranno sistematicamente le leggi più inique approvate nella nostra storia repubblicana. Violare le leggi per garantire la giustizia, per difendere il Paese e la sua democrazia costituzionale: è questo il paradosso a cui stiamo per assistere.

Per questo la invito a dare un segnale autorevole e inequivocabile in difesa di questo Paese e di questa democrazia. Finché si è ancora in tempo, prima che di questa nostra Italia non rimangano solo macerie. Facendo tutto quello che può grazie alla sua esperienza e all’autorevole ruolo che ricopre grazie alla sua carica. Parli a questo Paese ed eserciti il suo diritto di critica.

Un caro saluto

Pietro Orsatti
www.orsatti.info

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