Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 29 gennaio 2012
Scoperto il batterio mangiarifiuti Si chiama «thermotoga neapolitana». - di Elisabetta Froncillo
(Thermotoga neapolitana)
POZZUOLI - L’oro di Napoli è la spazzatura, da trasformare in energia. Come? Semplicemente utilizzando un batterio mangia immondizia. Il suo nome è Thermotoga neapolitana.
La scoperta è del Cnr di Pozzuoli, dove gli scienziati e i ricercatori sono a lavoro da alcuni anni per sperimentare fonti alternative energetiche. Il luogo del ritrovamento? Una pozza calda, di natura vulcanica, sulla costa puteolana. Il progetto, bloccato dallo scorso governo, respira una ventata di novità e speranza: ampliato e cresciuto il programma dei ricercatori ha ottenuto un finanziamento dalla Comunità europea, che resta per il momento fermo nelle casse. Da erogare per portare alla ribalta internazionale le ricche proprietà del territorio vulcanico flegreo.
Proprio queste non smettono di svelare i segreti: prima l’effetto viagra, pubblicato alcuni anni fa da studiosi dell’Università Federico II, poi, nelle acque solforiche, il batterio brucia-spazzatura. La ricerca va avanti grazie al gruppo condotto dalla dottoressa Agata Gambacorta dal 2008. Il thermotoga, microrganismo termofilo, ovvero un essere vivente che cresce a temperature altissime, riesce a trasformare il glucosio dei rifiuti in idrogeno, e questo attraverso un impianto biomasse diventa energia. Per il momento esiste all’interno del Cnr un impianto da un litro capace di alimentare una batteria di cellulare, luci led, e piccole lampade. Ma in cantiere c’è qualcosa di più grande. Su quest’ultimo punto gli scienziati mantengono il riserbo e annunciano che parleranno a brevetto avvenuto.
Nelle fumarole sottomarine dunque cresce il batterio che potrebbe risolvere due emergenze: quella energetica e quella ambientale. Soprattutto in un territorio tanto provato come quello campano. In altre fumarole, quelle della Solfatara, non molto lontane invece da quelle del ritrovamento del thermotoga, che cresce tra Lucrino e Punta Epitaffio, esiste la famosa sostanza capace di sostituire addirittura il viagra. Alla base della produzione di idrogeno di questo batterio anaerobico ci sono i rifiuti organici: il thermotoga digerisce il glucosio che ricava dagli avanzi alimentari, come bucce di pesca o di patate, o verdura, o pesce, o più in generale da qualsiasi carboidrato di scarto, producendo di seguito altre molecole utili anche per la medicina e per la chimica. «Certo c’è bisogno di avere rifiuti differenziati» precisano dal Cnr. Ma sarebbe sicuramente un aiuto in più per ottenere buoni risultati.
Nei rifiuti il thermotoga riuscirebbe a crescere, producendo idrogeno. Il microrganismo fermenta finendo nel cilindro dell’impianto, dove si trova una cella con una ventola che trasforma l’idrogeno prodotto in energia. Da qui ne derivano combustibili per auto ed energia per utenze di dimensioni domestiche o superfici come uffici o supermercati. Anche in campo farmaceutico procede la sperimentazione: la biomassa di scarto infatti ha dato risultati soddisfacenti nella produzione di elementi medici.
Quello del Cnr di Pozzuoli è un impianto pilota per la produzione di idrogeno che ha già creato i primi prototipi di alimentatori per telefoni mobili costituiti da celle a combustibile a idrogeno o alcol. Il progetto nel 2008 ha ottenuto una battuta d’arresto dal ministro Tremonti. Oggi i soldi sono stati finanziati dall’Unione Europea. Al Cnr attendono l’erogazione e la Gambacorta lancia l’appello: «Senza ricerca non c’è innovazione, non costringete i ricercatori ad andare all’estero. È un momento buio ed è un peccato in una terra che ha così tanto da offrire per ricerche all’avanguardia».
http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=179025
Vaccino anti-Alzheimer al Cnr di Napoli.
Antonella Prisco
Molecola già brevettata, La ricercatrice Antonella Prisco: «È presto per dire se è efficace sugli uomini»
«Per affermare con certezza che il vaccino sia efficace sugli esseri umani occorrono vari altri passaggi di ricerca, ma si sa già che ha le proprietà immunologiche desiderate».
Così Antonella Prisco, ricercatrice del Cnr di Napoli, parla del vaccino contro il morbo di Alzheimer — o meglio, contro contro il beta amiloide, il peptide, una piccolissima molecola, associato all'Alzheimer — appena brevettato dagli scienziati di due strutture del Consiglio nazionale delle ricerche: l'Istituto di genetica e biofisica (Igb) e l'Istituto di biochimica delle proteine (Ibp). Il vaccino agisce producendo anticorpi contro il beta-amiloide.
Il loro studio è stato pubblicato sulla rivista specializzata internazionale «Immunology and Cell Biology«. Due i gruppi di ricerca napoletani che partecipano al lavoro sul vaccino (1-11) E2. Quello guidato dalla stessa Antonella Prisco all'Igb e quello capitanato da Piergiuseppe De Berardinis all'Ibp.
Piergiuseppe De Berardinis GLI «INVENTORI» - Con Prisco e De Berardinis, gli «inventori» del vaccino sono Diana De Falco, studentessa di tesi all'Igb, e Antonella Caivano, post-doc presso l'Ibp. Ma tra gli autori dello studio pubblicato su «Immunology and Cell Biology« ci sono anche Francesca Mantile, Carla Basile e Valeria Cicatiello, tutte studentesse che stanno elaborando la propria tesi all'Igb. Come funziona (1-11)E2? «È un vaccino di nuova generazione — spiega la dottoressa Prisco — capace di innescare una risposta immunitaria contro il beta-amiloide, che si accumula nel cervello dei malati di Alzheimer, causando danni alla memoria e alle capacità cognitive».
La molecola, per la quale è stato appena concesso il brevetto italiano e per cui è stata depositata una domanda di brevetto internazionale, consiste in una proteina chimerica, ottenuta cioè dalla fusione di due proteine diverse: un piccolo frammento del peptide beta-amiloide coinvolto nell'Alzheimer unito con una proteina batterica.
LE PROPRIETÀ - La sostanza è capace, in provetta, di auto-assemblarsi formando una struttura simile a un virus per forma e dimensioni. «Sono ormai dieci anni che ricercatori di tutto il mondo stanno esplorando la possibilità di prevenire l'Alzheimer con un vaccino: le prime sperimentazioni sull'uomo hanno acceso molte speranze, ma anche evidenziato possibili effetti collaterali gravi, che ne impediscono l'utilizzo», dice Antonella Prisco. «Usando il bagaglio di esperienze accumulato — aggiunge — abbiamo messo a punto la molecola (1-11) E2, cercando di minimizzarne i rischi per l'organismo e di ottimizzarne l'efficacia terapeutica. Il vaccino che abbiamo prodotto induce rapidamente una forte risposta anticorpale contro il peptide beta-amiloide e polarizza la risposta immunitaria verso la produzione di una citochina anti-infiammatoria, l'interleuchina-4, confermando le proprietà immunologiche auspicate». «Il vaccino — continua De Berardinis — induce la produzione di anticorpi, questi ultimi si legano al peptide che causa la malattia, favorendone così l'eliminazione. Ora stiamo lavorando sui carrier, molecole o micro-organismi utili a convogliare la risposta immunitaria sui bersagli desiderati».
I TEST - La sperimentazione è attualmente nella fase pre-clinica, che prevede la somministrazione del vaccino a topi normali. Il passo successivo consiste nel testare l'efficacia terapeutica e i possibili effetti collaterali in topi transgenici che sviluppano una patologia simile all'Alzheimer. «Noi stessi, nel 2008, abbiamo prodotto un altro prototipo di vaccino, basato su una strategia diversa. Ma (1-11) E2 funziona molto meglio del precedente e per le sue caratteristiche immunologiche rappresenta un progresso significativo rispetto ad altri tentativi, per questo abbiamo deciso di brevettarlo», dice Antonella Prisco. Nonostante l'ottimismo, però, la ricercatrice non si spinge fino a prevedere quando la vaccinazione per l'Alzheimer potrà essere effettivamente applicata all'uomo. «Impossibile dirlo adesso. Stiamo attivamente cercando i finanziamenti necessari per proseguire nelle ricerche».
12 ore fa.
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=269881326411373&set=o.207107826446&type=1
Alzheimer: scoperta proteina chiave nell'insorgenza
Alzheimer: la chiave per curarlo sarebbe una proteina del cervello
(AGI) - Washington, 26 gen. -
Scoperta una proteina chiave per la produzione di beta amiloide nel cervello, principale responsabile nella formazione delle placche implicate nello sviluppo del morbo di Alzheimer.
A effettuare la ricerca e' stato un gruppo di scienziati della Medicine School della Temple University di Philadelphia. Il team, guidato da Domenico Pratico, docente di Farmacologia e di Microbiologia presso l'ateneo americano, aveva cominciato ad approfondire le proprie ricerche sulla proteina presente nel cervello, chiamata 12/15-Lipoxygenase, gia' tre anni fa. "Ora - ha detto Pratico - abbiamo avuto conferme che questa proteina e' effettivamente molto attiva nel cervello delle persone che soffrono di Alzheimer, mentre tre anni fa non sapevamo quale fosse il suo ruolo nello sviluppo della malattia". Dopo due anni di studio, i ricercatori della Temple hanno scoperto che la proteina e' alla base di un percorso che controlla una reazione biochimica a catena che da avvio allo sviluppo della patologia neurologica. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Annals of Neurology. Pratico ha sottolineato che la ricerca ha dimostrato che la proteina 12/15-Lipoxygenase controlla il beta secretasi (BACE-1), un enzima chiave per lo sviluppo delle placche amiloidi nei pazienti affetti da Alzheimer. "Per ragioni che non ancora non sono chiare, in alcune persone il 12/15-Lipoxygenase inizia a lavorare troppo", ha evidenziato il ricercatore italoamericano. "Proprio a causa del lavoro in eccesso, la proteina invia il messaggio sbagliato alla beta secretasi, che a sua volta inizia a produrre quantita' anomale di beta amiloide. Questo processo - ha continuato - si traduce inizialmente in disturbi cognitivi come deficit della memoria e, successivamente, in un vero e proprio incremento delle placche di amiloide". Il BACE-1 e' stato a lungo un bersaglio biologico per i ricercatori impegnati nella messa a punto di farmaci contro il morbo di Alzheimer, ma poiche' non e' ancora noto come esso funzioni lo sviluppo di una molecola in grado di controllarlo e di bloccarlo non ha ancora avuto successo. "Ora - ha detto Pratico - sappiamo molto meglio come la beta secretasi funziona perche' abbiamo trovato che la proteina 12/15-Lipoxygenase e' un controller delle sue funzioni. Non c'e' bisogno di indirizzare il nostro lavoro direttamente su di esse, poiche' la proteina 12/15-Lipoxygenase e' effettivamente un sistema che indica a BACE-1di lavorare di piu' o di lavorare di meno". "Abbiamo ora la possibilita' di studiare questa molecola - ha concluso il ricercatore - e quindi di sviluppare una molecola ancora piu' forte per indirizzare la funzione di 12/15-Lipoxygenase nel cervello", ha concluso.
http://www.agi.it/salute/notizie/201201261428-hpg-rsa1028-alzheimer_scoperta_proteina_chiave_nell_insorgenza
Morto l'ex presidente Oscar Luigi Scalfaro. "Io non ci sto!"
Napolitano: 'Esempio di coerenza e integrita''
L'ex presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, è morto nella notte a Roma. E' quanto viene confermato da fonti parlamentari.
Nato a Novara il 9 settembre 1918, Scalfaro è stato presidente della Repubblica dal 1992 al 1999.
Scalfaro ha passato praticamente tutta la vita in politica. Lasciata la toga di magistrato, indossata per la prima volta nel 1943, nel '46 fu eletto all'Assemblea Costituente. Da lì ebbe inizio un cursus honorum (nel quale fu più volte sottosegretario e ministro) culminato con il raggiungimento nel 1992, subito dopo la strage di Capaci, in cui a Palermo vennero uccisi i giudici Falcone e Morvillo e gli agenti della scorta, della Presidenza della Repubblica.
All'Assemblea Costituente Scalfaro venne eletto nelle liste Dc, partito nel quale militò sempre. Dall'83 all'87 fu ministro dell'Interno nei due governi Craxi. Venne eletto presidente della Camera nell'aprile 1992 e un mese dopo fu eletto presidente della Repubblica, succedendo a Francesco Cossiga, con i voti espressi da Dc, Psdi, Psi, Pri, Pds, Verdi, Radicali e Rete. Lasciato il Quirinale nel 1999, è stato nominato senatore di diritto a vita.
sabato 28 gennaio 2012
Ha la piscina e 14 appartamenti ma chiedeva aiuti al Comune.
La Finanza: «A Padova scoperti duemila falsi poveri». E’ sempre più guerra ai «furbetti». Fojadelli e Idv: «Gogna pubblica»
La casa con piscina segnalata dalla Finanza (web)
PADOVA — E’ sempre più guerra all’evasione in Veneto. Ieri la Guardia di Finanza di Padova ha smascherato, grazie ad un’operazione che ha visto la collaborazione di Università, enti locali e alcune associazioni di categoria, altri duemila falsi poveri o «cittadini fiscalmente disonesti», come sono stati definiti dalle stesse Fiamme gialle. Tra i «furbetti» pizzicati dai controlli anche una pensionata di Vigodarzere, L.S., 70 anni, che era riuscita a nascondere al fisco una villa con piscina e 14 immobili, tutti ovviamente affittati in nero. Secondo gli inquirenti la donna si era «dimenticata» di dichiarare canoni di locazione riscossi per quasi 300mila euro. Una cifra «monstre». La pensionata, risultata fuori regola, tuttavia, non si era accontentata di celare allo Stato le entrate dovute alla sua attività immobiliare; ma aveva avuto anche la sfrontatezza di chiedere (e ottenere) dalla amministrazione pubblica sgravi e agevolazioni riservati ai meno abbienti.
Nel 2011, in particolare, la donna, che percepiva circa 4600 euro mensili di affitti, aveva pensato di richiedere al proprio Comune di residenza prestazioni economiche assistenziali, dichiarando l’appartenenza ad un nucleo familiare indigente. Mentre nel 2002 aveva richiesto e, anche in questo caso, ottenuto il rimborso delle tasse universitarie sostenute per il figlio. Oltre a quello dell’anziana di Vigodarzere, i militari della Finanza di Padova, agli ordini del comandante di compagnia Luca Modestino Gelormino, ha scoperto anche altri casi di evasione, sebbene meno gravi, che fanno salire a circa 2,5 milioni di euro l’ammontare di «nero» emerso dai controlli incrociati. La stretta contro gli evasori sembra dunque aumentare di vigore. E dopo i controlli di Cortina degli ispettori del fisco e i sempre più numerosi patti anti-evasione siglati dai sindaci dei Comuni del Veneto con l’Agenzia delle Entrate (circa sessanta le municipalità coinvolte), ora c’è chi soffia con ancora più forza sulla fiamma. E’ il caso, per esempio, dell’ex procuratore di Treviso, Antonio Fojadelli, che, a proposito dell’opportunità di rendere nota l’identità degli evasori fiscali ha utilizzato parole pesanti, sostenendo che «siccome la minaccia della pena non è sufficiente, bisogna utilizzare anche l’arma della vergogna pubblica».
Fojadelli ha quindi precisato: «Non sto sostenendo la gogna, ma sto sostenendo semplicemente il fatto che per frenare l’illecito occorre anche la deterrenza e cioè l’adeguata paura della sanzione che potrà capitare. Sapere che se ti sei macchiato di una colpa che riguarda tutti quanti, dovrai risponderne a tutti quanti». Ma è il caso anche dell’Italia dei Valori, il cui consigliere regionale veneto Gennaro Marotta, ha chiesto che anche in Italia, come in Grecia, venga messo on line l’elenco degli evasori totali. «In Grecia l'hanno chiamata la "lista della vergogna" - ha sottolineato Marotta -. Hanno pubblicato l'elenco di 4.152 evasori fiscali, che devono alle casse pubbliche 15 miliardi di euro. Loro sono messi male, al loro livello speriamo di non arrivarci mai, ma perché non li imitiamo su questo fronte? Perché non pubblichiamo on line l'elenco degli evasori totali italiani? Non ci trovo nulla di male che i cittadini sappiano, finalmente, chi aggira le regole e frega il prossimo. Sapere che il vicino di casa non ha mai pagato una lira, pur avendo case e macchine, farebbe arrabbiare più di qualcuno, costringendo chi ha frodato per anni tutta l'Italia e tutto il Veneto a cambiare registro. Se lo spauracchio di vedere il proprio nome in un elenco su internet dovesse cambiare le cose, pubblichiamolo subito ».
Giovanni Viafora
Formigoni, il cerchio si stringe. - di Paolo Biondani
Ecco i dossier in arrivo dalla Svizzera sugli uomini del presidente della Lombardia. Che smistavano mazzette nel segno di Comunione e Liberazione. Mentre, fra cosche e tangenti, gli arresti mettono in ginocchio la giunta regionale.
Massimo Ponzoni, consigliere e sottosegretario regionale Pdl, straordinario collettore di voti per "il grande capo Formigoni" in Brianza, già assessore lombardo all'Ambiente e alla Protezione civile: arrestato dai magistrati di Monza per una valanga di tangenti urbanistiche e per due bancarotte immobiliari, con imprese svuotate per finanziare le campagne elettorali. Franco Nicoli Cristiani, ras del Pdl a Brescia, consigliere regionale e assessore all'Ecologia nelle prime giunte Formigoni: incarcerato dai giudici di Brescia e Milano subito dopo aver intascato una mazzetta di 100 mila euro (e ne aspettava altri 100 mila) per autorizzare una discarica fuorilegge di scorie d'amianto. Pierangelo Daccò, imprenditore-faccendiere internazionale di stretta osservanza ciellina, proprietario dello yacht di una delle tante vacanze gratuite del governatore lombardo: arrestato da altri magistrati milanesi per traffici milionari di fondi neri, prelevati dalle casse dell'indebitatissimo ospedale San Raffaele.
Tre nomi, tre inchieste che marcano solo alcuni dei passaggi più recenti delle tempeste giudiziarie che da mesi scuotono i vertici della Regione Lombardia. Imbullonato dal 1995 alla poltrona di presidente, Roberto Formigoni da Lecco, 64 anni, oggi è un politico assediato dagli scandali. Se n'è accorto anche Umberto Bossi ("Ormai ne arrestano uno al giorno") che ha rumorosamente minacciato di togliere l'appoggio della Lega e far crollare la giunta. A rischio di scatenare un regolamento di conti nel centrodestra in tutto il Nord. Forte del potere garantito dalla poderosa macchina del consenso targata Comunione e liberazione, il "celeste" governatore resta trincerato in cima al grattacielo più alto della metropoli (si è fatto costruire un apposito Pirellone-bis, naturalmente con soldi pubblici), ma mostra tutto il suo nervosismo gridando al complotto di inesistenti giudici comunisti, gli stessi che avevano chiesto il carcere per il suo sfidante di sinistra Filippo Penati. E per la prima volta dichiara che potrebbe non ripresentarsi nel 2015, con la malcelata speranza di ricompattare la sua base, superare la bufera e puntare su Roma. Gli scandali però si moltiplicano. Dalla sanità alle grandi opere, dai rifiuti alla mafia. Gli sviluppi delle tante inchieste aperte restano imprevedibili. E un colpo di scena inatteso, che "l'Espresso" è in grado di rivelare, arriva dalla Svizzera.
Pochi giorni fa i giudici elvetici hanno trasmesso ai pm milanesi nuovi documenti bancari, che sembrano quasi la fotografia di un peccato originale. Un sistema di conti esteri che per almeno un decennio, quello dell'ascesa e consacrazione del governatore lombardo, ha nascosto e custodito un fiume sotterraneo di finanziamenti che irrorava una specie di cupola di Cl. Soldi versati segretamente da aziende del gruppo Finmeccanica, compresa l'ormai famosa Selex (già Alenia), e dai petrolieri italiani coinvolti nello scandalo Oil for food
(leggi).
Ora le carte documentano che il conto più importante era gestito da due tesorieri ciellini. Almeno uno di loro, negli stessi anni, viveva vicino a Formigoni. Molto vicino. Praticamente sotto lo stesso tetto.
Il palazzo che ospitava i Memores Domini di Cl a MilanoVia Dino Villani è una strada a gomito tra il centro e la periferia nord di Milano, a cinque minuti di macchina dalla Regione.
L'immobile con le finiture più ricche è un palazzo a forma di "L", protetto da un alto muro di cinta che lascia intravedere solo il parco e i comignoli dei camini. "C'era anche una piscina", racconta un vicino. Ma chi è il proprietario? E chi ci vive? A rispondere è un ex custode: "Era di Ligresti. Poi è diventato la villa del presidente Formigoni, che ha abitato qui per molti anni. Ora l'immobile è stato ristrutturato e diviso in appartamenti messi in vendita".
Le visure catastali documentano che il palazzo era ed è tuttora di proprietà dell'Immobiliare Costruzioni (Im.co), la scatola edilizia della famiglia Ligresti. La ristrutturazione, stando ai ricordi dei vicini, sarebbe partita poco dopo i primi articoli di stampa sul ruolo di tre amici di Formigoni nello scandalo Oil for food.
Finora si sapeva che gli assessori ciellini all'urbanistica milanese, da Maurizio Lupi in poi, facevano il possibile per aiutare i maxi-progetti del costruttore siciliano, che da re del mattone è nel frattempo diventato imperatore dei debiti. Ma si ignorava che negli stessi anni Formigoni in persona fosse, nella migliore delle ipotesi, inquilino di Ligresti. Visti gli autorevoli precedenti di Scajola e Tremonti, però, non si può escludere che lo fosse a sua insaputa. Anche perché quel palazzo non ospitava solo lui: almeno fino all'autunno 2006, quella era una casa-comunità dei Memores Domini, l'associazione che organizza i ciellini più devoti, quelli che convivono in gruppi chiusi che ricordano i "numerari" dell'Opus Dei o i "sigilli" di don Verzè.
Insieme a Formigoni, allo stesso indirizzo di via Villani 4 ha vissuto per anni Alberto Perego, un fiscalista milanese degli studi Sciumè e Interfield. Lo dichiara lui stesso, il 13 ottobre 2006, deponendo in procura come testimone nell'inchiesta Oil for food. Il pm gli chiede se per caso è lui a essersi intestato, per conto dei Memores, un deposito svizzero chiamato Paiolo: è il forziere dove tra il 1994 e il 2004 sono finiti, tra l'altro, 829 mila dollari versati dalle industrie militari del gruppo Finmeccanica.
Perego conferma di far parte dei Memores, spiega che nella casa-comunità di Formigoni viveva anche il suo segretario Fabrizio Rota, ma smentisce qualsiasi pasticcio elvetico: "Non ho mai avuto conti esteri né alcun rapporto con Finmeccanica". Il pm Alfredo Robledo, sulla base di altri documenti e testimonianze, lo indaga per falsa testimonianza. Ora sta per aprirsi il processo. E la Svizzera, il 12 gennaio scorso, ha finalmente trasmesso il documento ufficiale con i nomi dei beneficiari del conto Paiolo, aperto nel lontano 1991, prima di Tangentopoli, alla Bsi di Chiasso.
Il primo titolare è proprio Alberto Perego. Ma la vera sorpresa è che il conto Paiolo, quello che ha custodito fino al 2004 i soldi di Finmeccanica poi travasati verso ignote destinazioni, ha anche un secondo contitolare. Un altro tesoriere occulto di Cl, secondo l'accusa. Che almeno per ora resta senza identità: le autorità svizzere hanno cancellato il suo nome dalle carte. E la procura di Milano non ha fatto una piega, perché rientra nelle regole del gioco: è il segno che si tratta di una persona che finora non è mai emersa nelle indagini italiane. Per cui ha diritto di restare protetta dal segreto bancario svizzero. Morale: nella saga dei conti esteri dell'aristocrazia ciellina, spunta un nuovo mister X delle tangenti bianche.
Sul governatore assediato, però, incombono emergenze giudiziarie più gravi del processo all'amico Perego, destinato a quasi sicura prescrizione.
Non a caso Formigoni, mentre è costretto a contare i suoi ex assessori arrestati (compreso Piergianni Prosperini, già condannato), ora ammette addirittura che forse fu "un errore" ricandidare Nicoli Cristiani, un berlusconiano sceso a patti con Cl senza farne parte, o Ponzoni, che però faceva comodo come recordman delle preferenze, tanto da riconquistare un posto in lista nel 2010, quando era già notoriamente indagato (oltre che intercettato con i suoi amici imprenditori della 'ndrangheta). Il governatore però non parla mai di mariuoli, mele marce o traditori. E non solo perché sa che molti degli attuali detenuti politici erano generosi anche con lui.
Come dimostrano le foto, scoperte da "l'Espresso", di Formigoni in costume da bagno sullo yacht di Daccò. O la testimonianza dell'imprenditore pentito che, per comprare "al presidente" un regalo da 12 mila euro, giura di essersi fatto accompagnare in gioielleria dal suo portaborse, in compagnia di Ponzoni.
Il problema più grave, come osserva Bossi con il consueto garbo, è che la lista degli indagati e arrestati continua ad allungarsi. E oltre ai personaggi più in vista comprende molti altri nomi di sicura obbedienza ciellina.
Qualche esempio? Antonino Brambilla, nominato assessore della Provincia di Monza nonostante la condanna definitiva di Tangentopoli (mazzette sui rifiuti ai tempi dell'emergenza discariche a Milano), è stato appena riarrestato come presunto complice di Ponzoni. Il vicedirettore dell'Arpa, l'agenzia regionale deputata a difendere i lombardi dagli inquinatori, dopo le manette sta vuotando il sacco sulle tangenti all'amianto di Nicoli Cristiani. Antonio Chiriaco, manager calabrese di cliniche lombarde, promosso direttore sanitario della ricchissima Asl di Pavia con nomina "fiduciaria" della giunta Formigoni, è in galera dal 2010 non per concorso esterno, ma come mafioso organico della 'ndrangheta. Rosanna Gariboldi, assessore del Pdl pavese fino al giorno dell'arresto e moglie del parlamentare Giancarlo Abelli, uno dei più potenti alleati del governatore, è stata già condannata a due anni di reclusione: riciclava sul suo conto a Montecarlo i fondi neri di Giuseppe Grossi, il re degli inceneritori targati centrodestra, scomparso per malattia mentre era indagato per colossali disinquinamenti-fantasma, con frodi fiscali e corruzioni da Milano a Sesto.
Ognuna di queste inchieste potrebbe far partire un effetto-valanga. E a questo punto molti altri imprenditori agganciati alla Compagnia delle Opere, il carro economico di Cl, ora temono le manette per tangenti ambientali o edilizie. Costruttori, disinquinatori e asfaltatori sono terrorizzati dalla scoperta che nelle inchieste sull'urbanistica regionale c'è almeno un pentito con i verbali coperti da "omissis". Mentre i fornitori sanitari sono impressionati dal vortice di fatture false, fondi neri e spese pazze emerso sullo sfondo delle rovine del San Raffaele, l'ospedale che per Formigoni era "il fiore all'occhiello della sanità lombarda". E che in realtà ha accumulato un passivo - scoperto solo dopo il suicidio del manager Mario Cal - di un miliardo e mezzo di euro. Anche se incassava la bellezza di 600 milioni all'anno di rimborsi sanitari pubblici, per tre quarti garantiti dagli amici ciellini della Regione Lombardia.
Va sottolineato che Formigoni in passato è sempre stato assolto e allo stato non risulta neppure indagato. Il suo nome però continua a ripetersi anche nelle indagini più spinose. Un esempio? Pierluca Locatelli, l'imprenditore che ha corrotto Nicoli Cristiani, nel novembre scorso cercava una raccomandazione per i primi maxi-appalti dell'Expo 2015. Intercettato, ne parla con un funzionario corrotto. Che gli riferisce di aver interessato "Paolo Alli", il sottosegretario ciellino che sta diventando il braccio destro di Formigoni. E com'è andata? "Il presidente ha dato l'ok", assicura il funzionario corrotto dell'Arpa. Per adesso sono soltanto parole. Intercettazioni che attendono riscontri. Ma in Regione Lombardia, dopo vent'anni di affari in libertà, con la crisi sembrano tornati i tempi di Mani Pulite.
Il palazzo che ospitava i Memores Domini di Cl a Milano
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