mercoledì 12 dicembre 2012

Movimento 5 Stelle, Grillo caccia Giovanni Favia e Federica Salsi. - Emiliano Liuzzi



“A Federica Salsi e Giovanni Favia è ritirato l’utilizzo del logo del MoVimento 5 Stelle. Li prego di astenersi per il futuro a qualificare la loro azione politica con riferimento al M5S o alla mia figura. Gli auguro di continuare la loro brillante attività di consiglieri”.
Lo scrive Beppe Grillo, di prima mattina, e non senza sarcasmo, con poche righe inserite in una colonnina laterale sul suo blog. Favia rimane comunque consigliere regionale dell’Emilia Romagna e nella storia del Movimento 5 Stelle è stato il primo e più importante punto di riferimento all’interno delle istituzioni prima nel lavoro svolto come consigliere comunale a Bologna durante la breve giunta di Flavio Delbono, sia, appunto, come consigliere 5 Stelle nella regione governata da 50 anni dal Partito Democratico. 
Anche Federica Salsi, ripresa un mese e mezzo fa sempre da Grillo dopo la sua partecipazione a Ballarò (“i talk show sono il vostro Punto G”) in un’intervista apparsa sul web si è sfogata con toni durissimi contro il leader: “Il dissenso non è concepito all’interno del Movimento. Paradossalmente i partiti, con tutti i disastri che hanno arrecato a questo Paese, sono più controllabili dai cittadini di quanto lo siano Grillo e Casaleggio”. E getta anche delle ombre sul futuro dei 5 stelle in Parlamento: “Non emerge un progetto politico ma uno slogan elettorale. Viene il dubbio se non via sia la volontà solo di aumentare il volume di affari del blog di Beppe. Le persone candidate sono dilettanti allo sbaraglio. Non sono minimamente preparate”.
L’espulsione di Favia e Salsi è la terza, dopo quella di Valentino Tavolazzi. D’altronde Grillo lo aveva annunciato. “Siamo in una guerra, con noi o contro di noi. Chi si fa troppe domande sulla democrazia interna, prego andare. E andrà”. Un Beppe Grillo più nervoso di altre volte, ma allo stesso tempo con nessun sorriso ironico o ammiccamento. Aveva parlato ai suoi “ragazzi” più che al resto del mondo, non citando il marchese del Grillo, come due giorni fa, “io so’ io”, ma la conclusione sempre quella è. “Siamo in una guerra, in una guerra con gli elmetti. Siamo accerchiati. E finché ci accerchiano i giornali mi va anche bene, non lo accetto dall’interno. Chi mette in dubbio la nostra onestà fuori dalle palle”.
Che i destinatari del video messaggio avessero nomi e cognomi, sono tutta quell’area che da mesi chiede maggior dialogo, democrazia, partecipazione alle decisioni, non c’era dubbio. Quelli che se la prendono con lo strapotere che all’interno del Movimento cinque stelle ha conquistato Gianroberto Casaleggio, uomo che viveva all’ombra di Grillo, ma che oggi è al pari di Grillo, quello che in un partito tradizionale si chiamerebbe segretario o vice. È lui alla guida dell’unico ministero ombra del Movimento: quello alla comunicazione.
Lui è l’uomo delle primarie online, l’artefice della piattaforma sulla quale è avvenuta la consultazione, lui è lo stratega dei comizi, le parole-tormentone, l’uomo che alle visioni unisce un pragmatismo finalizzato ai voti. Si è detto molto e di più sull’uomo che da solo compone il cerchio magico che protegge Grillo. Lui non parla, annuisce o, la maggior parte delle volte, dissente; non discute coi giornali: lavora al blog; lui non tollera nemici: fa di tutto perché vengano rispediti a casa. Questo si dice. E lo dicono i militanti del Movimento, quasi tutti passati dagli uffici della Casaleggio associati, a Milano, in via Morone, a due passi dalla Scala. È lo spin doctor, ma per molti movimentisti anche la scuola del partito che sarà una volta occupate le stanze di Camera e Senato, lì dove – nella filosofia dei 5 Stelle – si dovrebbe consumare la rottura definitiva tra la nuova (Grillo) e la vecchia (Bersani e Berlusconi) politica. Lui tace come sempre, ovvio. Ma negli ultimi mesi ha iniziato a scrivere. In prima persona. E ’ uscito da quell’alone di mistero e magia che avevano fatto di lui un quasi “santone”, il mago delle strategie in rete.
Prima ha fatto capolino con una lettera al Corriere della sera, qualche mese fa, l’altro giorno con un post dove ha minacciato di querela Servizio Pubblico, la trasmissione di Michele Santoro, e un militante del Movimento, Ivano Mazzacurati, che lo ha accusato, per poi correggersi e dire di essere stato frainteso, di intascare direttamente lui i soldi destinati ai gruppi parlamentari. Mandato agli avvocati per diffamazione a mezzo stampa, è stata la risposta di Casaleggio, divoratore di fumetti, grande oratore con il mito di Gensis Khan. Difficile cercare precedenti nelle querele tra partiti e carta stampata o tv. Sono rari. In genere i politici (prima, seconda o terza Repubblica che sia) non querelano, se va bene chiamano direttamente gli interni dei piani alti. Ne sanno qualcosa alla Rai. Ma anche questo è il Movimento, la diversità che propone e l’età anagrafica relativamente giovane. Niente agende telefoniche, se qualcosa non va si passa alla querela. “Che Casaleggio e Grillo siano nervosi”, dice dietro la promessa di anonimato un attivista del Movimento, “non ci sono dubbi. Che alle primarie abbiano votato poche persone è altrettanto innegabile. Il problema non è quello di accapigliarci tra di noi. Sarebbe meglio capire i motivi. Nessuno sa quanti siamo gli iscritti, si parlava di centomila due anni fa, duecentomila quest’anno, molti di più se calcolati a oggi, quasi trecentomila. Se così fosse vorrebbe dire che non hanno votato il novanta per cento degli iscritti. 
Era ora che lo facesse!
Chi non è in linea con le ideologie di un movimento o di un partito, deve avere il coraggio di ammetterlo e dimettersi.
Rispettare le regole all'interno di un gruppo è doveroso come rispettare le leggi, è una questio
ne di coerenza, coesione, armonia di gruppo.
Il m5s è diverso dai partiti, e deve dimostrarlo anche drasticamente non accettando all'interno del proprio gruppo elementi che creano disturbo, che guastano l'armonia.
La Salsi e Favia hanno già dimostrato ampiamente di non accettare le regole, di non essere in sintonia con il movimento, si sentivano già indipendenti e intoccabili come un qualsiasi pseudo-politico.
La vera POLITICA, è "arte di governare", quindi, spirito di sacrificio inteso e proteso al raggiungimento della DEMOCRAZIA, che significa "governo del popolo" ed è intesa e protesa, a sua volta, al raggiungimento di un fine: il "bene comune".
Il Favia e la Salsi, evidentemente, non hanno compreso e fatti propri lo spirito e la passione che uniscono il gruppo, ha fatto bene Beppe, pertanto, ad estrometterli.

Infine, come è ben rappresentato nell'immagine, anche Dio cacciò dall'Eden Adamo ed Eva perchè non avevano rispettato le regole loro imposte.

Cetta.

Il M5S NON DEVE partecipare alle elezioni!

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Fate attenzione ai tempi
Giovedì 6 dicembre il M5S, dopo le votazioni on line, riesce a predisporre le liste per il Parlamento in tutta Italia e può iniziare il processo di raccolta delle firme nelle diverse circoscrizioni. 
Nella stessa settimana la Commissione Affari Costituzionali alza bandiera bianca per modificare la legge elettorale attuale e ridurre il peso del M5S, o addirittura eliminarlo con regole ad hoc (come l'esistenza obbligatoria di uno Statuto a immagine e somiglianza di quello dei partiti). 
Esiste ancora un modo però per bloccare il M5S: il tempo. Va quindi in onda la manfrina del pdl contro la politica del governo appoggiata a 90 gradi per più di un anno, dall'IMU, all'aumento dell'IVA, all'aumento delle tasse. 
Rigor Mortis, offeso, si dimette da solo, senza essere sfiduciato dalle Camere, in modo assolutamente irrituale (forse anche incostituzionale). 
Invece di andare in Parlamento va da Napolitano. 
La data delle elezioni deve essere quindi fissata il più presto possibile per evitare l'innalzamento dello spread (?!). 

Al voto, al voto! 

All'inizio si anticipa a marzo, poi, perso ogni senso del pudore, a febbraio. 
Per la prima volta l'Italia va a votare anticipatamente senza che il governo in carica sia stato sfiduciato dal Parlamento e ci va sotto la neve, come per centomila gavette di ghiaccio, come se fossimo in guerra. 
Il tempo per raccogliere le firme diventa così per il M5S quasi impossibile. Pochissime settimane per decine di migliaia di firme. 
Per i partiti il problema non si pone. Loro, in quanto già in Parlamento, non devono autenticarne neppure una di firma e le liste dei candidati le faranno come sempre a tavolino, in un paio d'ore, tra un marsala e un caffè. 
Alla faccia della democrazia. Io non mi arrendo, ma ho bisogno di tutto l'aiuto possibile per organizzare nei due prossimi fine settimana dei "Firma day" in tutta Italia. Abbiamo il dovere di provarci. Se poi non ci riusciremo e resteremo fuori dal Parlamento, la responsabilità sarà dei partiti, del Governo, delle Istituzioni. 
Dovranno assumersi ogni responsabilità di aver impedito con un colpo di mano la partecipazione del M5S e aver fatto eleggere un Parlamento totalmente delegittimato con un'astensione superiore al 60%. 
Ci vediamo in Parlamento, o dentro o fuori. Sarà un piacere.

http://www.beppegrillo.it/2012/12/il_m5s_non_deve_partecipare_alle_elezioni.html

martedì 11 dicembre 2012

Emily Dickinson - Ermanno Bartoli.



"Non conosciamo mai la nostra altezza
finché non ci viene chiesto di alzarci

e allora se fedeli al progetto
la nostra misura tocca i cieli -

L'Eroismo che recitiamo
sarebbe una cosa normale
se non falciassimo i cubiti
per paura di essere un Re - "

(Emily Dickinson - 1870)


Questa poesia - a ben vedere - descrive nel 1870 ciò che io nel 1980 definii col termine di "poverismo"... Il fratellastro decrepito, cafone e pernicioso di umiltà e povertà.


Ermanno Bartoli.


Ha, ha, ha...



Brunetta si lamenta per l'Imu: «Non ho soldi per pagarla».

Renato Brunetta

ROMA - «Io sto pagando la seconda rata dell'Imu e i soldi non li ho, ho dovuto chiederli in banca. La pagheremo cara, Monti ha sbagliato». L'ex ministro Renato Brunetta sfida la pazienza degli italiani, parlando a Tgcom24. Il fedelissimo di Berlusconi si è lamentato di non riuscire a far fronte al pagamento dell'imposta sulla casa.

http://www.ilmessaggero.it/primopiano/politica/brunetta_imu/notizie/237459.shtml

Ma lui non era tra quelli che hanno firmato ed approvato il decreto in Parlamento?

Meeting Cl, sequestrati beni per un milione Blitz della Gdf alla fondazione di Rimini.



L'ipotesi di reato è di truffa aggravate al fine di ottenere erogazioni pubbliche.

Gli uomini della guardia di finanza hanno compiuto un blitz alla fondazione che gestisce il Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione. Nel corso dell'intervento hanno sequestrato beni per oltre un milione di euro. Il decreto di sequestro preventivo è stato emesso dal gip per una ipotesi di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Il sequestro riguarda immobili e saldi attivi derivati dai rapporti bancari intestati alla fondazione stessa e ad alcuni amministratori, dirigenti e funzionari amministrativi della organizzazione. Le indagini sono nate da una verifica fiscale effettuata dal nucleo di polizia tributaria di Rimini nei confronti della fondazione.

Grazie all'ispezione è stato accertato che la fondazione ha stipulato un contratto con una sua controllata avente per oggetto la raccolta delle sponsorizzazioni per lo svolgimento della manifestazione annuale del Meeting. Sono inoltre stati esaminati alcuni rapporti commerciali tra la fondazione e alcune società caratterizzate dal comune riferimento culturale a Comunione e liberazione, controllate dalla Compagnia delle Opere di Milano.

Contributi pubblici illeciti
I successivi riscontri, ottenuti anche in seguito all'acquisizione di documentazione presso enti pubblici locali, regionali e ministeriali, hanno permesso di appurare che per l'organizzazione delle manifestazioni del Meeting relative al 2009 e al 2010, la Fondazione ha percepito illecitamente contributi pubblici dalla Regione Emilia Romagna, dall'Agenzia Marketing turistico della riviera di Rimini (ente della Provincia di Rimini), dalla Camera di Commercio di Rimini e dal ministero dei Beni ed Attività culturali per 310mila euro.

I conti truccati per ottenere finanziamenti
Gli investigatori ritengono che l'attività è stata condotta inducendo in errore clienti, che per legge o regolamento possono concedere contributi esclusivamente a manifestazioni prive di utili o avanzi di gestione, in merito alla sussistenza di un passivo di bilancio della fondazione stessa. In particolare, l'organizzazione ha presentato e allegato alle richieste di contributi bilanci e rendiconti non conformi al vero.

La documentazione riportava infatti false perdite, ottenute attraverso l'acquisto di spazi pubblicitari su pubblicazioni gestite da una società controllata dalla Compagnia delle Opere, fatturati con un valore doppio rispetto alla tariffa massima prevista dal listino normalmente praticato. Inoltre veniva utilizzata la società controllata a cui attribuire quote percentuali variabili di introiti pubblicitari, in modo da ridimensionare i ricavi e ottenere una perdita di bilancio.

Sono dunque stati deferiti all'autorità giudiziaria un amministratore, il direttore generale e il responsabile amministrativo della fondazione che, a vario titolo, risultano coinvolti nella vicenda. L'attività di polizia giudiziaria è ancora in corso e non si escludono ulteriori sviluppi nell'approfondimento delle indagini.

Berlusconi: “Lo spread è un imbroglio” La Germania: non ci usi per le elezioni Monti: gli italiani non sono sprovveduti.



Il Cavaliere in campagna elettorale: “Con il Professore tutto peggiorato, il suo un governo troppo Berlino-centrico”. Merkel: pieno sostegno al premier e alle riforme introdotte.

Botta e risposta a distanza in diretta tv tra Mario Monti e Silvio Berlusconi. Il premier e il numero uno del Pdl, intervistati di prima mattina su Rai 1 e Canale5, si sfidano su spread e effetti della crisi in un duello che ha già i toni della campagna elettorale.  

Ad aprire le ostilità è il Cavaliere che senza mezzi termini accusa il governo tecnico di avere aggravato la crisi e attacca: «Smettiamola di parlare di questo imbroglio. Di spread non si era mai sentito parlare, se ne sente parlare solo da un anno. Cosa ci importa di quanti interessi il nostro debito pubblico paga a chi investe nei nostri titoli rispetto a quello che pagano gli investitori che investono nel debito pubblico tedesco?». 

La risposta di Monti è indiretta e l’inquilino di palazzo Chigi non nomina mai Berlusconi. Ma il premier dice invece di essere «molto preoccupato» per l’andamento del differenziale e chiarisce che quanto fanno i governi non è affatto secondario riguardo alla tenuta dei titoli del debito. «Dobbiamo stare molto attenti e anche spazzare via alcuni miti, come quello secondo il quale ciò che un Paese fa non avrebbe rilievo per il proprio spread e che sarebbero solo gli interventi della Bce» a muoverlo. Insomma, ripete Monti come aveva in parte fatto già ieri a Oslo, i cittadini non sono «degli sciocchi e degli sprovveduti».  

Monti non risparmia un altro affondo al suo predecessore e dopo le parole pronunciate a Cannes poco prima di annunciare le sue dimissioni al Capo dello stato, ripete che «il populismo esiste in Europa e anche in Italia. Ogni periodo elettorale ha dato luogo a una tendenza di chi chiede il voto ai cittadini volendo iper-semplificare le cose e presentare soluzioni un po’ magiche quasi per seguire i loro istinti viscerali e non per fare quello che l’uomo politico, non diciamo lo statista, deve fare: prospettare un futuro ai cittadini e non promettere ciò che non può essere mantenuto. È importante che ci sia questa autodisciplina da parte di tutti - continua Monti - anche per non creare fratture con l’Europa e per non trattare i cittadini come sciocchi». 

E se Berlusconi attacca il governo che ha bloccato la crescita peggiorando «tutti gli indicatori economici», Monti risponde secco: «Sarei felice di apprendere da qualcuno come sarebbe stato possibile quest’anno salvare l’Italia finanziariamente dal destino greco e intanto farla crescere a ritmo veloce - dice - quella ricetta sarebbe stato opportuno trovarla qualche anno prima quando per di più non c’era da curarsi della grande difficoltà finanziaria». A Berlusconi risponde anche il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani: «Magari fosse solo fantasia», dice. E per il numero uno di Confindustria, Giorgio Squinzi, «Siamo nel campo delle opinioni personali. Lo spread è importante - dice - perché impatta direttamente sul costo del nostro debito pubblico».  

La crisi italiana fa discutere anche l’Europa. Interviene Berlino, che mette in guardia Berlusconi da una campagna elettorale antitedesca. Il governo tedesco non intende immischiarsi, ha detto il ministro degli Esteri Guido Westerwelle, «ma una cosa non accetteremo: che la Germania sia fatta oggetto di una campagna elettorale populista». Poi nel primo pomeriggio è intervenuta anche la cancelliera, convinta che gli italiani sapranno sicuramente fare la scelta giusta e mantenere il paese «sulla giusta strada». Angela Merkel ha rinnovato il sostegno al governo Monti e alle riforme introdotte, «che hanno ricreato un po’ di fiducia presso gli investitori finanziari».