giovedì 10 ottobre 2019

La verdinità perduta - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 10 Ottobre.

L'immagine può contenere: 2 persone, persone che sorridono

Siccome sono masochista, mi leggo avidamente tutti i commenti sul taglio dei parlamentari da 945 a 600 (400 deputati e 200 senatori). E ne ricavo un’impressione: ammazza quanto rosicano i giornaloni! Ma anche tre domande. 
1) Perché mai il taglio sarebbe una brutta notizia? 
2) Perché mai lo sarebbe solo oggi, mentre era sempre stato cosa buona e giusta quando ci provavano – senza riuscirci – la Bicamerale Bozzi del 1983 (514 deputati e 282 senatori), la Bicamerale De Mita-Iotti del 1994 (400 e 200), la Bicamerale D’Alema (500 e 200), la schiforma di centrodestra nel 2006 (518 e 252), la bozza Violante del 2007 (512 e 186), la schiforma Boschi-Verdini del 2016 (630 deputati e 100 senatori non più eletti)? 
3) Perché mai 945 parlamentari, non uno di meno né di più, garantirebbero i sacri valori della democrazia, della rappresentanza, della Costituzione e della Resistenza, mentre 600 sarebbero uno stupro antiparlamentarista, qualunquista e populista? Bisognerebbe spiegarlo alla Germania (709 deputati e 69 senatori), alla Spagna (350 e 265), agli Usa (435 e 100): tutti stuprati a loro insaputa. Se tutti ci provavano invano dal 1983 -prima che si chiamasse “populismo” tutto ciò che vuole la gente- forse è perchè lo sapevano tutti che il nostro Parlamento è sovradimensionato: abbiamo 96 mila abitanti per deputato, contro i 133 mila della Spagna, i 116 mila di Francia e Germania, i 114 dell’Olanda. Ora avremo un deputato ogni 151mila e risparmieremo pure: un bel sacrificio da una classe politica che tanti ne chiede ai cittadini e così riabilita parzialmente le istituzioni dal discredito in cui le ha cacciate.

Poi, certo, ci vorrà una legge elettorale conseguente: la crisi di rappresentanza viene di lì, dai parlamentari nominati anziché eletti e dunque tendenti al trasformismo perché svincolati da ogni impegno con gli elettori (la Boschi paracadutata da Arezzo a Bolzano, Fassino da Torino a Ferrara e a suo tempo Mattarella da Palermo a Trento: do you remember?). Gira e rigira, il problema di lorsignori è soltanto uno: la riforma è popolarissima e, quel che è peggio, è dei 5Stelle. I quali, ora che son riusciti dove quelli bravi e competenti avevano fallito, rischiano di guadagnare consensi. Di dimostrare che riescono a migliorare persino i vecchi partiti. E di smentire chi li dipinge come degli incoerenti che rinfonderano le proprie bandiere per le poltrone (invece ne tagliano un terzo, anzitutto a se stessi). Infatti i giornaloni hanno scatenato contro il taglio dei parlamentari un fuoco di sbarramento che difficilmente avremmo visto se si fossero ripristinate la garrota, la pena di morte e le leggi razziali.


E mai avevamo visto per le 60 leggi vergogna di B.. La Stampa, in overdose da rosicamento, per non dare la notizia s’è inventata il consueto scisma quotidiano: “Taglio dei parlamentari, fronda nel M5S: prende forma la scissione. Oggi il voto decisivo: 30 grillini si sfilano, riforma a rischio” (risultato: 553 Sì, 14 No, 2 astenuti; chissà dove s’erano nascosti i 30 volponi). Carlo Nordio, sul Messaggero, ha spiegato affranto che l’“umiliante pedaggio ridurrà la rappresentatività e persino le entrate (è noto che i parlamentari contribuiscono al finanziamento del loro partito)”. Testuale. Ma niente, non se l’è filato nessuno. Ezio Mauro, su Repubblica, è riuscito a scrivere che la sforbiciata è “un rito pagano” (tre pateravegloria) che “altera il sistema senza preoccuparsi di ricomporlo”, “produce un disequilibrio al di là delle cifre”, roba tipica del “perno qualunquista e anti-istituzionale dei 5Stelle, che continuano a produrre antipolitica anche dalle stanze del governo, non essendo in grado di pensare altrimenti”, poveri baluba. E poi: “definitiva semplificazione del concetto di rappresentanza, appiattimento del parlamento su una formula demagogica da gettare in pasto agli istinti dell’elettorato”, il famoso popolo bue, “come già con la ‘rottamazione’ proclamata (non si precisa da chi, ndr)”, “tentativo di introdurre il vincolo di mandato, manomettendo la libertà costituzionale dei parlamentari” (di vendersi un tanto al chilo al miglior offerente, come han fatto in 950 negli ultimi 11 anni), “adulazione del popolo mentre lo si inganna”. Perbacco.


Mauro ha pure scoperto che Di Maio era “in evidente difficoltà dopo lo scontro con Salvini e un’alleanza col Pd che non è stato capace di motivare” e “aveva bisogno di uno scalpo da gettare nell’arena”. Tipo previdente, questo Di Maio: il primo dei quattro voti sulla riforma è del 7 febbraio e lui già sapeva delle rottura con Salvini e dell’alleanza col Pd in agosto, ergo già preparava lo scalpo per l’arena. Mauro non dorme la notte perché il contagio grillino ha infettato “Pd e renzisti, sempre contrari a questa riforma mutilata e mutilante”: strano, noi li ricordavamo nel 2016 sulle barricate del referendum a spacciare il taglio dei parlamentari per nascondere lo scempio di un terzo della Costituzione; e, quel che è più comico, su quelle barricate c’era pure Repubblica al gran completo. Anche Massimo Giannini è in ambasce perchè il Pd, contaminato dal M5S, perde la verginità, anzi la verdinità (le ultime volte governava con B., Verdini e Alfano). E, quel che è peggio, fa qualcosa di buono e popolare insieme: non sia mai. Dunque giù botte contro il “grottesco Truman Show in piazza”,“la scenetta da b-movie”, “lo spot circense”, ma soprattuto contro i pidini grillizzati che “si calano le braghe” (parola del “vecchio saggio Macaluso”, e ho detto tutto), “la televendita populista”, “la purga contro la Casta” in vista del “mitico regno di Gaia” casaleggiano, “finalmente dominato dalla dittatura della Rete e liberato dai vecchi legacci del parlamentarismo”. Pare infatti che i 600 parlamentari superstiti non saranno più eletti: li sceglierà direttamente Casaleggio su Rousseau.


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grotta Son Doong



Sotto i nostri piedi esistono dei mondi nascosti di cui spesso non sospettiamo neanche l'esistenza. Uno dei più suggestivi si trova in Vietnam, dove è situata la grotta Son Doong (Hang Sơn Đoòng in lingua vietnamita), la caverna più grande del mondo.

Lo straordinario video che vedete qui sopra, è frutto del lavoro di Ryan Deboodt, un fotografo freelance specializzato in viaggi avventurosi, che collabora, tra gli altri, con il National Geographic. Il filmato, che riassume circa 10 ore di esplorazione, ci mostra alcune delle meraviglie di questa cavità naturale, un paradiso terrestre in parte ancora misterioso: le riprese dall'alto sono state realizzate utilizzando un drone volante, mentre alcune suggestive sequenze sono state montate in timelapse.

IL MONDO PERDUTO. La Hang Sơn Đoòng è localizzata nel parco nazionale di Phong Nha-Ke Bang, in Vietnam, una delle più grandi regioni di calcare del mondo. La caverna, che fa parte di una rete di 150 grotte, è lunga circa 9 chilometri e ha un'estensione media, sia in altezza che in larghezza, di 80 metri. Alcuni passaggi raggiungono dimensioni eccezionali: 250 metri di altezza e oltre 200 di larghezza.

La cavità ha 2,5 milioni di anni ed è stata scavata da un fiume sotterraneo che ha eroso il calcare sotto la montagna – Hang Sơn Đoòng significa infatti "grotta del fiume di montagna". Là dove la pietra era più debole, il soffitto è crollato, creando giganteschi lucernari che hanno favorito la crescita di una florida giungla. L'ecosistema, che fa da casa a una fauna variegata, include anche corsi d'acqua, spiagge, cunicoli, nonché alcune delle stalagmiti più grandi del pianeta, alte fino a 70 metri e possiede un proprio microclima.

mercoledì 9 ottobre 2019

La sentenza-papello. - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 9 Ottobre:

L'immagine può contenere: 2 persone, persone in piedi

Se Totò Riina avesse saputo che era così semplice cancellare l’ergastolo, nel 1992 si sarebbe risparmiato le stragi, le trattative con lo Stato, forse anche l’arresto e sarebbe morto nel suo letto. Non aveva previsto, uomo di poca fede, che un giorno sarebbero arrivate la Corte europea dei diritti dell’uomo e poi in appello la Grande Chambre a trasformare l’Italia nell’Eldorado di mafiosi e terroristi, spazzando via la loro bestia nera: l’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario che esclude dai benefici carcerari (permessi, semilibertà, liberazione condizionale, liberazione anticipata, lavoro esterno) i condannati a vita per i delitti più gravi. Un verdetto sciagurato che trasformerà l’ergastolo in una burletta, farà sparire i collaboratori di giustizia e rimetterà in sella i boss irriducibili grazie all’aspettativa di uscire un giorno di galera. A meno che il governo, il Parlamento, la Consulta e i giudici italiani non se ne infischino dell’invito a smantellare l’antimafia e l’antiterrorismo per evidenti esigenze di sicurezza nazionale, come sarebbe sommamente doveroso, finchè a Strasburgo non siederanno giudici più competenti e meno scriteriati.

L’articolo 4-bis detto “ergastolo ostativo” per facilitare la comprensione ai cialtroni che ancora s’indignano se “fine pena mai” vuol dire “fine pena mai”- fu introdotto nel 1992, dopo le stragi di Capaci e via d’Amelio: Falcone e Borsellino dovettero morire ammazzati perchè lo Stato si dotasse delle armi antimafia che da vivi avevano chiesto mille volte, invano. Anch’essi, se avessero previsto la sentenza di ieri, si sarebbero forse risparmiati quella fine terribile. Eppure era chiaro a tutti che, per spezzare il vincolo di omertà che garantisce lunga vita e impunità ai clan, occorreva una controspinta formidabile a parlare, almeno pari alla convenienza a tacere e alla paura delle vendette trasversali. Quella controspinta i due giudici (e molti altri con loro) la individuarono in una “tenaglia” a due ganasce: ampi benefici per chi collabora con la giustizia, rischiando la propria pelle e quella dei propri famigliari; e l’ergastolo vero, duro e isolato, senza sconti né scappatoie, per chi tace. Risultato: migliaia di “pentiti” in pochi anni fecero luce almeno sulla manovalanza mafiosa delle stragi, aiutando lo Stato a catturare centinaia di boss, killer e favoreggiatori, a dare un nome a migliaia di colpevoli di delitti insoluti, a sequestrare montagne di armi e soldi.


Poi, faticosamente e fra mille ostacoli, presero a svelare le verità più indicibili, di cui pochissimi erano a conoscenza, sulla trattativa e i mandanti esterni. E lì partirono le controriforme all’insegna del cosiddetto “garantismo” di destra, di centro e di sinistra, sempre a vantaggio dei colpevoli e mai delle vittime.
Riina aveva subito colto gli effetti devastanti della tenaglia studiata da Falcone e Borsellino. Infatti, ai primi vagiti del decreto Scotti-Martelli sul 41-bis (e il 4 bis), varato dopo Capaci ma poi accantonato in Parlamento fino a via d’Amelio, aveva messo nero su bianco nel “papello” della trattativa con il Ros che le stragi sarebbero finite solo con l’abolizione dell’ergastolo e del 41-bis, cioè del carcere duro ed eterno: ne andava della sopravvivenza di Cosa Nostra, legata a filo doppio alla regola aurea dell’omertà. Lo sapevano e lo sanno tutti: tranne la Cedu e la Grande Chambre, col contorno dei “garantisti” più o meno pelosi all’italiana. Eppure, a queste anime belle perse nell’astrattismo di un diritto iperuranico, ignorante e sganciato dalla realtà, basterebbe leggere i messaggi e gli avvertimenti di boss come Giuseppe Graviano, che da dieci anni minaccia di parlare (non solo nei conciliaboli col compagno di ora d’aria, ma anche a verbale) se non saranno rispettate le promesse fatte nel 1992-’94 e sempre (in parte) tradite. Ora anche lui si batterà una mano sulla fronte: anzichè faticare le sette camicie a ricattare B. e Dell’Utri, gli bastava inoltrare una domanda in carta bollata a Strasburgo.


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In Cina nasce una città foresta (fatta da italiani). - 26 giugno 2017

Liuzhou Forest City, la prima città-foresta al mondo

Decine di boschi verticali

Una città contro l’inquinamento

La città più green del mondo

Una città del tutto autosufficiente

La nuova città-foresta disporrà di tutte le caratteristiche di un insediamento urbano autosufficiente dal punto di vista energetico, a partire dalla geotermia per il condizionamento degli interni e dall’uso diffuso dei pannelli solari sui tetti per la captazione delle energie rinnovabili.

https://siviaggia.it/notizie/foto/cina-nasce-citta-foresta-fatta-da-italiani/180139/attachment/stefano-boeri-architetti_liuzhou-forest-city_view/

Taglio parlamentari = 2 caffè per ogni italiano


Il risparmio degli italiani per il taglio dei parlamentari equivale al costo di due caffè? Li berremo molto volentieri!
🤓🥳Cetta

Taglio dei parlamentari è legge: sì definitivo della Camera. Gli eletti passeranno da 945 a 600. - Nicola Barone

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Si tratta della quarta e ultima lettura parlamentare del testo. Entro tre mesi dall'approvazione del disegno di legge un quinto dei componenti di uno dei rami del Parlamento, cinque Consigli regionali o 500mila elettori potranno chiedere un referendum confermativo.

Sì definitivo dell'Aula della Camera con 553 voti a favore e 14 no (2 gli astenuti) al disegno di legge costituzionale che taglia il numero dei parlamentari. Si tratta della quarta e ultima lettura della riforma che porta la quota dei senatori da 315 a 200 (con non più di cinque nominati a vita) e i deputati da 630 a 400.

Per il suo via libera definitivo era necessaria la maggioranza assoluta e, come stabilito dalla Costituzione, entro tre mesi dall'approvazione del disegno di legge un quinto dei componenti di uno dei rami del Parlamento, cinque Consigli regionali o 500mila elettori potranno chiedere un referendum confermativo (il cui quesito deve essere vagliato dalla Cassazione).
La riduzione dei seggi diventa effettiva al primo scioglimento del Parlamento ma non prima di 60 giorni dall'entrata in vigore della riforma.
Contro le modifiche fortemente sostenute dal Movimento 5 Stelle si era espresso nelle precedenti votazioni il Partito democratico, in mancanza di riforme concomitanti ritenute imprescindibili come quella della legge elettorale. I dubbi espressi in passato, ha spiegato nella discussione il capogruppo dem a Montecitorio Graziano Delrio, «avevano ragioni di merito e non ideologiche. Pensavamo e pensiamo che il Parlamento non sia un luogo oscuro ma la casa della democrazia. Il nostro no era a difesa di questa istituzione e proprio perché abbiamo ottenuto garanzie a questi principi ora diciamo sì convintamente». Mancava insomma «un contesto organico che dicesse che il taglio non serve solo a risparmiare, ma anche a garantire la rappresentanza». Ma ora il documento politico su cui la maggioranza ha convenuto «afferma che le storture che avevamo denunciato saranno subito risolte».
Alla Camera e al Senato tutte le circoscrizioni vedranno una riduzione drastica, con una media del 36,5%. Sopra la media alla Camera le circoscrizioni Sicilia 1 (da 25 a 15 deputati) e Lazio 2 (da 20 a 12). Da segnalare al Senato il caso dell’Umbria e della Basilicata. Sono le due Regioni che subiscono in percentuale l’emorragia maggiore. Qui i senatori sono più che dimezzati (-57%). In entrambe le regioni infatti si passa da 7 a soli 3 eletti.
Il taglio“costerà” al Nordest la perdita di 39 rappresentanti in Parlamento: 26 al Veneto, 8 al Friuli Venezia Giulia e 5 al Trentino Alto Adige. Il calcolo è riportato dall'Osservatorio elettorale del Consiglio regionale del Veneto. Alla Camera il Veneto perderà 18 deputati (da 20 a 13 in Veneto 1 e da 30 a 19 in Veneto 2), il FVG passerà da 13 a 8 mentre il Trentino AA scende da 11 a 7. In merito invece al Senato, per il Veneto si prospetta un calo di 8 seggi (da 24 a 16), 3 invece quelli che saranno persi dal Friuli (da 7 a 4) e 1 sarà tolto al Trentino AA (da 7 a 6). A Palazzo Madama il Friuli avrà un taglio del 42,9% dei rappresentanti, mentre alla Camera la sforbiciata arriverà al 38,5%.

https://www.ilsole24ore.com/art/taglio-parlamentari-all-ultimo-voto-test-la-maggioranza-ACouJ1p

Ergastolo, gli scenari dopo la sentenza: richieste di indennizzo e ricorsi. Di Matteo: “Gli stragisti mafiosi ottengono uno dei loro scopi”. Ardita: “Colpo di piccone al sistema di prevenzione”. - Giuseppe Pipitone


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Respingendo il ricorso dell'Italia contro la sentenza Viola, la Corte europea dei diritti umani rischia di causare un vero e proprio terremoto per l'intero sistema italiano. Il legislatore dovrà intervenire per attenuare quella norma. Nel frattempo altri 12 ergastolani hanno fatto ricorso alla Cedu. E altri condannati sono pronti a chiedere benefici e permessi: saranno i giudici a valutare caso per caso. "Ma è ovvio che ora le maglie si allargheranno", dicono fonti giudiziarie.
Loro hanno fatto le stragi per questo motivo. Adesso hanno ottenuto uno dei loro scopi principali”. Loro sono i boss di Cosa nostra, gli stragisti irriducibili seppelliti al 41 bis: Leoluca BagarellaGiuseppe Graviano, Piddu Madonia. Presto potrebbero avere diritto a un permesso premio. O in subordine a un indennizzo da parte dello Stato. E il commento alla sentenza della Grande Camera della Corte europea dei diritti umani arriva da Nino Di Matteo, pm simbolo della lotta alle mafie, contattato da ilfattoquotidiano.it.
Una decisione epocale quella dei giudici di Strasburgo che hanno confermato la decisione emessa nel giugno scorso su Marcello Viola, boss calabrese della ‘ndrina di Taurianova. Quattro ergastoli per plurimi omicidi, occultamento di cadavere, sequestro di persona e detenzione di armi: un curriculum che in base all’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario non permetteva a Viola di accedere all’assegnazione al lavoro all’esterno, ai permessi premio, e alle misure alternative alla detenzione. Una legge ideata personalmente da Giovanni Falcone nel 1991: è il cosiddetto ergastolo ostativo ed è una preclusione prevista per tutti i detenuti al carcere a vita che come il boss calabrese non hanno mai offerto alcuna collaborazione alla giustizia. Pure quella che risulta oggettivamente irrilevante alle indagini: lo stesso articolo 4 bis, infatti, i benefici carcerari possono “essere concessi anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante purché siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata”. Insomma: basta manifestare l’intenzione di cambiare vita per ottenere benefici carcerari, anche senza fornire informazioni inedite o utili alle indagini. Adesso, però, la storia potrebbe cambiare. “La sentenza della Cedu è un colpo di piccone alla sistema di prevenzione antimafia”, dice il magistrato Sebastiano Ardita, già tra i vertici del Dipartimento amministrazione penitenziaria e oggi membro del Csm.
Cosa dice la sentenza e cosa c’era nel papello di Riina – Respingendo il ricorso dell’Italia contro la sentenza Viola, la Cedu rischia di causare un vero e proprio terremoto per l’intero sistema italiano. Secondo Strasburgo l’ergastolo ostativo viola l’articolo 3 della Convenzione Europea sui Diritti umani, quello che disciplina come nessuno possa “essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. I giudici, in pratica, scrivono che “lo Stato deve mettere a punto, preferibilmente su iniziativa legislativa, una riforma del regime della reclusione a vita che garantisca la possibilità di un riesame della pena”. Un riesame che, come si legge nella sentenza, “permetterebbe alle autorità di determinare se, durante l’esecuzione della pena stessa, il detenuto si sia evoluto e abbia fatto progressi tali” da non giustificare più “il suo mantenimento in detenzione”. Quel riesame, però, come detto esiste già: basta manifestare l’intenzione di collaborare con la giustizia. La Cedu, però, non la pensa così: “Pur ammettendo che lo Stato possa pretendere la dimostrazione della ‘dissociazione dall’ambiente mafioso“, scrivono i giudici di Strasburgo, sottolineano “che tale rottura può esprimersi anche in modo diverso dalla collaborazione con la giustizia” e senza l’automatismo legislativo attualmente vigente. In realtà non esistono precedenti simili. Non c’è nella storia delle associazioni criminali un esempio di boss che ha rotto con il suo clan senza collaborare con la giustizia. O meglio: era una delle richieste di Totò Riina, nel famoso papello che doveva essere recapitato allo Stato per far cessare le stragi. “Riconoscimento dei benefici dissociati per i condannati per mafia (come per le Brigate Rosse)”, era il punto cinque della lista che sarebbe stata compilata dal capo dei capi. Al punto due c’era invece “l’annullamento dell’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario (cosiddetto carcere duro)”.
“Ergastolo chiodo fisso degli stragisti” – E infatti è proprio il papello che cita Pietro Grasso: ““La decisione di non accogliere il ricorso dell’Italia è figlia di una scarsa conoscenza del modello mafioso italiano. Non è un caso che l’abolizione dell’ergastolo fosse uno dei punti del papello di Riina per fermare le stragi. Questa legge, dura ma non incostituzionale, pone i mafiosi davanti a un bivio: essere fedeli a Cosa nostra e pagarne le conseguenze o collaborare con lo Stato e iniziare il processo di ravvedimento e rieducazione previsto dalla Costituzione. Senza di questo non si può concedere alcun beneficio”, dice l’ex presidente del Senato ed ex procuratore nazionale antimafia. “Chi conosce storicamente Cosa nostra sa bene che l’unica vera preoccupazione per i mafiosi è proprio l’ergastolo, inteso come effettiva reclusione senza alcuna possibilità di accedere ai benefici”, aveva detto Di Matteo qualche giorno fa in un’intervista al Fatto Quotidiano. “Attenuare la portata dell’ergastolo costituisce un chiodo fisso nei vertici dell’organizzazione. Molti boss stragisti condannati definitivamente all’ergastolo non hanno preso la decisione di collaborare con la giustizia proprio perché in fondo ancora sperano che in un modo o nell’altro ci sia l’eliminazione degli effetti dell’ergastolo ostativo e che possano un giorno anche loro accedere ai benefici carcerari”, ha aggiunto Di Matteo.
La corsa a Strasburgo degli ergastolani – Un’ipotesi che si è effettivamente verificata. Respingendo il ricorso dell’Italia, infatti, la Cedu ha chiesto al nostro Paese di modificare la legge sull’ergastolo ostativo. Il legislatore dovrà intervenire per attenuare quella norma: non ci sono limiti di tempo e neanche alcuna automazione. Già il 22 ottobre, però, sullo stesso tema si esprimerà la Corte costituzionale: dopo aver già dichiarato costituzionale l’ergastolo ostativo, la Consulta dovrà ora decidere su un altro ricorso, quello di Sebastiano Cannizzaro, condannato per associazione mafiosa. Ed è probabile che la decisione della Cedu influenzi anche la Consulta. La legge insomma non è ancora cambiata: da Strasburgo però è arrivato un grosso colpo a quello che era un caposaldo della lotta a mafie e terrorismo. “Da anni nelle intercettazioni ascoltiamo mafiosi che parlano dell’Europa come ultima possibilità per non morire in carcere”, dicono alcuni investigatori. E infatti, dopo la prima sentenza Viola altri 12 ergastolani hanno depositato il loro ricorso davanti alla Corte europea, seguendo l’esempio di Viola: è evidente che Strasburgo darà ragione anche a loro. Duecentocinquanta condannati, invece, hanno presentato ricorso al Comitato delle Nazioni unite, mentre la maggior parte delle 1250 persone che sottoposte all’ergastolo ostativo sono pronte a chiedere permessi e benefici. Citando ovviamente la sentenza Viola nelle loro richieste. A valutare le loro richieste saranno, caso per caso, i giudici di sorveglianza. “Ma è ovvio che le maglie adesso si allargheranno. Anche perché i detenuti ai quali viene negato un permesso potranno chiedere i danni”, fanno notare le stesse fonti al fattoquotidiano.it.
Il proclama Bagarella – Facendo un esempio estremo: il rischio imminente è che il nostro Paese si trovi a dover risarcire, anche con cifre importanti, gli ergastolani colpevoli di diritti efferati come Leoluca Bagarella o Giuseppe Graviano. “Noi detenuti stanchi di essere strumentalizzati, umiliati, vessati e usati come merce di scambio dalle varie forze politiche abbiamo iniziato una protesta civile e pacifica. Tutto ciò cesserà nel momento in cui le autorità preposte in modo attento e serio dedicheranno una più approfondita attenzione alle problematiche che questo regime carcerario impone“, era il comunicato letto da Bagarella nel 2002, collegato in videoconferenza con il tribunale che lo stava processano. Nel 2009, invece, Graviano venne chiamato a deporre al processo a Marcello Del’Utri ma si avvalse della facoltà di non rispondere, lanciando un avvertimento criptico_ “Per il momento non sono in grado di essere sottoposto a interrogatorio. Vedremo quando il mio stato di salute me lo permetterà”. Non hanno parlato Graviano e Bagarella. Non hanno raccontato nulla degli incofessabili segreti di cui sono custodi. Adesso sono tornati a sperare. Con loro molti altri.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/10/09/ergastolo-gli-scenari-dopo-la-sentenza-richieste-di-indennizzo-e-ricorsi-di-matteo-gli-stragisti-mafiosi-ottengono-uno-dei-loro-scopi-ardita-colpo-di-piccone-al-sistema-di-prevenzione/5504453/
L'intromissione della Corte di Strasburgo in leggi e regolamenti che riguardano situazioni particolari che si verificano in un luogo specifico è inopportuna.
Non si possono emettere giudizi su qualcosa che non si conosce. Cetta