sabato 19 dicembre 2020

L'Imperatore sfida il Covid, a Roma riapre il Mausoleo di Augusto.

 

Raggi: "E' un messaggio di speranza". Visite guidate fino al 21 aprile.

ROMA - Dopo 14 anni riapre al pubblico il Mausoleo di Augusto. Al termine di un lungo progetto di recupero e restauro, una delle più imponenti opere architettoniche della romanità e il più grande sepolcro circolare del mondo antico sarà nuovamente accessibile ai visitatori dal 1° marzo. "Dopo 14 anni riapre al mondo questo monumento unico. È un momento storico - ha detto la sindaca Virginia Raggi -. A pochi giorni dal Natale facciamo un regalo ai romani e ai cittadini di tutto il mondo. Un capolavoro dell'antica Roma, un tesoro di inestimabile valore che rinasce in tutto il suo splendore. Un obiettivo raggiunto grazie a un proficuo lavoro di squadra, soprattutto, grazie al sostegno e all'atto di mecenatismo della Fondazione Tim. Una testimonianza significativa dell'efficacia e della lungimiranza della collaborazione tra pubblico e privato" ha proseguito.

Una riapertura, in tempi di Covid, che la sindaca ha definito «un messaggio di speranza». «Dal 1° marzo fino al 21 aprile, Natale di Roma, la visita sarà gratuita per tutti - ha detto Raggi - e per tutto il 2021 sarà gratis per i romani. È un regalo che faccio ai miei concittadini». Dal 21 dicembre sarà aperto il sito per le prenotazioni e «potremo organizzare le visite nel rispetto delle norme Covid».

Dopo la prima fase di restauro conservativo terminata nel 2019 e realizzata attraverso un finanziamento pubblico di 4.275.000 euro (di cui 2 milioni versati dal Mibact e 2.275.000 da Roma Capitale), è attualmente in corso la fase di valorizzazione del monumento, finanziata dalla Fondazione TIM con un atto di mecenatismo. I lavori, diretti dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, permetteranno di realizzare un itinerario che racconterà le varie fasi storiche del Mausoleo, affiancato da un percorso senza barriere architettoniche, in concomitanza con i lavori di sistemazione di Piazza Augusto Imperatore, avviati a maggio. E per quanto riguarda gli interventi sulla piazza la sindaca ha spiegato: "contemporaneamente al recupero della parte monumentale procediamo a spostare il capolinea dei bus e alla progressiva pedonalizzazione della piazza per valorizzarlo e dare l'importanza che merita".

A presentare l'intervento di recupero e restauro del Mausoleo di Augusto, assieme alla prima cittadina, il Presidente della Fondazione TIM Salvatore Rossi, il Vicesindaco di Roma con delega alla Crescita culturale Luca Bergamo, la Soprintendente speciale di Roma Daniela Porro e la Sovrintendente Capitolina Maria Vittoria Marini Clarelli. "In primavera, grazie alla collaborazione tra Fondazione TIM e Sovrintendenza, i visitatori potranno inoltre navigare attraverso la storia del Mausoleo grazie alle possibilità offerte dalle tecnologie multimediali" ha detto il vicesindaco aggiungendo: "l'apertura del Mausoleo ha un significato ancora ulteriore perché si collega all'impegno della Sovrintendenza grazie a cui sono partiti i lavori nella piazza Augusto Imperatore, che dovrebbero concludersi per questa prima fase a dicembre 2021".

https://www.ansa.it/canale_viaggiart/it/regione/lazio/2020/12/18/archeologia-dopo-14-anni-riapre-a-roma-mausoleo-di-augusto_d02914ae-73fd-4046-a408-6b761194c44d.html

Inchiesta Consip, atto finale: “Processate Tiziano Renzi”. - Marco Lillo e Valeria Pacelli

 

La richiesta - I pm vogliono il giudizio per il padre dell’ex premier Contestati quattro reati. “Romeo e l’offerta dei 30 mila euro al mese”.

Il “babbo” di Matteo Renzi potrebbe presto dover affrontare un processo. Per Tiziano Renzi la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro capi d’imputazione. Traffico di influenze e turbativa d’asta sono i reati contestati in relazione a due gare: l’appalto Fm4 indetto da Consip (del valore 2,7 miliardi di euro) e la gara per i servizi di pulizia bandita da Grandi Stazioni. Sarà il gup (l’udienza deve essere ancora fissata) a decidere se mandare a processo Renzi e altre dieci persone: tra queste l’amico di Tiziano, Carlo Russo, l’imprenditore campano Alfredo Romeo, gli ex deputati Denis Verdini e Ignazio Abrignani e pure gli ex ad di Consip e Grandi Stazioni, Domenico Casalino e Silvio Gizzi.

Per Tiziano Renzi, inizialmente indagato solo per traffico di influenze, la Procura aveva chiesto l’archiviazione. Respinta dal Gip Gaspare Sturzo che ha disposto nuove indagini. E così le cose si sono messe male: alla fine della ulteriore attività investigativa, i pm hanno contestato a Renzi, seguendo linee guida fissate da Sturzo, non uno, bensì quattro reati.

C’è dunque la gara Fm4, appalto indetto nel 2016 e sospeso dopo l’esplosione dell’inchiesta partita a Napoli e poi trasferita a Roma per competenza. Stando alle accuse, era Carlo Russo a farsi promettere denaro in nero da Romeo per sé e per Renzi sr., in cambio della propria mediazione sull’ex ad di Consip, Luigi Marroni (estraneo alle indagini) affinché favorisse le società dell’imprenditore campano nella gara Fm4. Russo (accusato di turbativa d’asta), secondo le accuse, quindi “agiva in accordo con Tiziano Renzi” (che però ha sempre smentito). La “mediazione illecita” di Russo consisteva così nell’istigare Marroni a intervenire “sulla commissione aggiudicatrice della gara Fm4 (…) e in particolare sul presidente Francesco Licci (allora presidente della commissione di gara di Fm4, indagato per traffico di influenze, ndr) anche per il tramite di Domenico Casalino, per facilitare la Romeo Gestioni Spa”, società che partecipava a quell’appalto. In cambio di questa “mediazione illecita”, Russo “si faceva promettere da Alfredo Romeo”, tra le altre cose, “numerose ospitalità negli hotel di proprietà del gruppo Romeo”, oltre che “denaro in nero per sé e per Tiziano Renzi”. Nella questione della gara Fm4, la turbativa d’asta e il traffico di influenze sono contestati anche a Romeo, Casalino e a Italo Bocchino.

L’altra grana di Tiziano Renzi riguarda poi la gara per i servizi di pulizia indetta da Grandi Stazioni. Anche in questo filone, Romeo e Bocchino sono accusati di traffico di influenze e turbativa d’asta. Reato, quest’ultimo, contestato anche a Russo e a Silvio Gizzi, ex amministratore delegato di Grandi Stazioni. Anche in questo caso, per i pm, è il solito Russo a voler favorire la Romeo Gestioni Spa, agendo sempre “in accordo con Tiziano Renzi”. E anche questa volta sfruttava le proprie relazioni, stavolta però con l’ex numero uno di Grandi stazioni, Gizzi, “relazioni – è scritto nel capo di imputazione – ottenute anche per il tramite di Maurizio Gentile, ad di Rfi Spa (estraneo alle indagini, ndr), a sua volta sollecitato da Tiziano Renzi”. Come prezzo della propria mediazione, Russo “si faceva promettere da Romeo, il quale agiva in accordo con Italo Bocchino, utilità consistenti in somme di denaro periodiche”.

Nell’indagine romana, il solo Russo è accusato anche di estorsione: avrebbe minacciato Marroni, spiegandogli che qualora non fosse intervenuto su Fm4 a favore della Romeo Gestione Spa, “sarebbero intervenuti Tiziano Renzi e Denis Verdini, persone che per relazioni e ruolo potevano farlo licenziare”. Non riuscì nell’intento, “per la resistenza” di Marroni”.

Proprio Verdini, che ora si trova in carcere per altre vicende di bancarotta, ha qualche grana pure in questa inchiesta romana. Il fondatore di Ala è indagato insieme anche all’ex deputato Abrignani. I due, per i pm, avrebbero concorso nella turbativa della gara Fm4 parteggiando per Cofely. Sono accusati anche di concussione: secondo i pm, Verdini, nel 2016 quando era ancora parlamentare, “costringeva Marroni”, Ad di una “società pubblica i cui vertici vengono designati proprio dal governo”, “a erogare a Ezio Bigotti (…) l’utilità consistita nell’incontrarlo e ascoltarlo in quanto interessato a conoscere notizie riservate sulla gara FM4 e a sollecitare una minore resistenza di Consip nei contenziosi pendenti”. Ancora qualche tempo e il gup deciderà se dare vita a un ulteriore processo Consip.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/19/inchiesta-consip-atto-finale-processate-tiziano-renzi/6042399/

Vince la linea più dura: a Natale l’Italia è rossa, massimo 2 ospiti in casa. - Tommaso Rodano

 

C’è poco da salvare nel Natale di questo terribile 2020. Come previsto, passa la linea dura: l’Italia chiude, nello sforzo di mantenere al minimo i contatti sociali (e familiari) e contenere un nuovo aumento dei contagi. Il premier Giuseppe Conte lo annuncia in tarda serata, dopo il consiglio dei ministri: “La curva può subire un’impennata nel periodo natalizio, il Cts ci ha fatto pervenire un verbale in cui ha espresso forte preoccupazione. Dobbiamo intervenire, vi assicuro che è una decisione sofferta, non facile”.

Dal 24 dicembre al 6 gennaio su tutto il territorio nazionale varrà il regime applicato finora nelle regioni rosse. Tranne nei quattro giorni feriali (28, 29, 30 dicembre e 4 gennaio), quando si applicheranno le norme delle zone arancioni.

Significa, di fatto, che l’Italia vivrà il Natale 2020 in lockdown. Nei giorni “rossi” non si potrà uscire di casa (se non per lavoro o per emergenze). Con un’unica deroga, per evitare che in tanti rimanessero completamente soli a Natale e Capodanno: “Nei giorni festivi e prefestivi – si legge nel testo – lo spostamento verso le abitazioni private è consentito una sola volta al giorno, in un arco temporale compreso fra le ore 05,00 e le ore 22,00, verso una sola abitazione ubicata nella medesima regione e nei limiti di due persone, ulteriori rispetto a quelle ivi già conviventi, oltre ai minori di anni 14 sui quali tali persone esercitino la potestà genitoriale e alle persone disabili”. Traduciamo dal legnoso lessico del diritto: si possono raggiungere i parenti stretti, ma ci si può spostare al massimo in due (esclusi i figli con meno di 14 anni o non autosufficienti). E se si vuole invitare qualcuno in casa propria, il vincolo è lo stesso: solo parenti stretti e non più di due, bambini esclusi.

Mobilità “arancione”. Nei giorni feriali sarà consentito muoversi all’interno del proprio comune senza limitazioni (ma con il coprifuoco dalle 22 alle 5). Inoltre saranno permessi gli spostamenti dai piccoli comuni (meno di 5mila abitanti) ma per una distanza massima di 30 chilometri (e sarà vietato raggiungere i capoluoghi di provincia).

Moblità “rossa”. Nei giorni festivi ci si potrà muovere una sola volta al giorno, all’interno della Regione di residenza e – come detto – al massimo in due. È sempre consentito, con entrambi i regimi, il rientro al proprio domicilio, abitazione o residenza.

Negozi. Per gli esercizi commerciali restano immutate le norme già stabilite per le zone rosse e arancioni nel Dpcm del 3 dicembre. Negozi di alimentari, edicole, tabaccai, farmacie, parafarmacie, ferramenta e librerie possono restare sempre aperti in questi giorni, mentre i negozi di abbigliamento potranno tenere le serrande alzate solo nei giorni feriali. Centri commerciali e gallerie restano chiusi sempre e comunque, dal 24 dicembre al 6 gennaio.

Ristoranti. Chiusi i bar, i ristoranti restano aperti solo per asporto e consegne a domicilio, con lo stesso regime in giorni feriali, prefestivi e festivi: il cibo d’asporto si può ritirare fino alle 22.00 (prima del coprifuoco), le consegne sono possibili senza limitazioni orarie. Conte ha promesso “un immediato ristoro di 645 milioni per ristoranti e bar” e ha ringraziato l’opposizione per la collaborazione.

Parrucchieri. Barbieri e coiffeur possono restare aperti, come pure tintorie e lavanderie. Nei giorni festivi e prefestivi restano chiusi invece i centri estetici. Jogging. La corsa è sempre consentita, nei giorni “rossi” invece le passeggiate sono permesse soltanto “in prossimità della propria abitazione”.

Multe. Si annunciano controlli rigidi (ma chiaramente non nelle abitazioni private), le sanzioni sono sempre le stesse: multe tra i 400 e i 1.000 euro.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/19/vince-la-linea-piu-dura-a-natale-litalia-e-rossa-massimo-2-ospiti-in-casa/6042385/

Raggi e miraggi. - Marco Travaglio

 

L’altra sera a Otto e mezzo Carlo Calenda, reduce da un “tavolo” col Pd, ha dichiarato bel bello: “Il Pd mi ha detto che aspetta la condanna della Raggi per fare l’accordo con i 5Stelle”. Al che mi son detto: “Ora il Pd si affretterà a smentire quell’incredibile affermazione. Altrimenti verrà assalito da torme di garantisti veri o presunti, che avranno buon gioco a denunciare il giustizialismo dei dem e a domandar loro: quando mai abbiano fatto caso alla condanna di qualcuno per eliminarlo dalla vita politica; come facciano a sapere che oggi la Raggi sarà condannata in appello; e, ammesso e non concesso che lo sappiano, cosa si sognano di farlo sapere in giro, mettendo in imbarazzo i giudici che oggi si riuniranno in camera di consiglio e saranno in ogni caso condizionati dal preannuncio del Pd via Calenda: se condanneranno la sindaca, qualcuno dirà che l’avevano già deciso e comunicato al Pd prim’ancora di ascoltare la requisitoria e l’arringa, commettendo un reato; se la assolveranno, qualcuno dirà che han cambiato idea in extremis per smentire la fuga di notizie del Pd”.

Ma, incredibilmente, nessun dirigente Pd ha smentito la rivelazione di Calenda e nessun garantista all’italiana vi ha trovato nulla da ridire. Dunque si suppone che sia vero e normale che il Pd già sappia in esclusiva mondiale che oggi la Raggi sarà condannata e attenda soltanto la formalità chiamata “sentenza” per sedersi al tavolo col M5S per trattare su un altro candidato. Sempreché nel M5S prevalga la corrente dei trombati biliosi De Vito, Lombardi&C., il cui vasto programma politico per la Capitale è invariabilmente “Raggi fuori dalle palle”; e che tutti gli altri fingano di non vedere l’assurdità di un automatismo che non distingue fatti infamanti da accuse neutre, come l’interpretazione della parola “istruttoria” in una dichiarazione all’Anac su una nomina (processo Raggi) o un debito appostato nel bilancio comunale del 2018 anziché del 2016 con l’ok della Corte dei Conti (processo Appendino). Quando Lenin disse “Saranno i capitalisti a venderci la corda con cui impiccarli”, non immaginava che un giorno sarebbero arrivati i 5Stelle non a vendere la corda ai rivali, ma addirittura a regalarla. Infatti l’Appendino, dopo la ridicola condanna, si è autosospesa a norma di Codice etico e non si è ricandidata a Torino. E qualche 5Stelle spera nella condanna della Raggi per liberarsi anche di lei e coronare il sogno di una vita: diventare la ruota di scorta dei dem. I quali, mentre preannunciano a Calenda la condanna della Raggi come cosa fatta, si sono tenuti Beppe Sala sindaco di Milano dopo la condanna per lo stesso reato da cui era stata assolta la Raggi: il falso in atto pubblico.

Un falso che, diversamente da quello contestato alla Raggi senza uno straccio di prova a carico, anzi con tutte le prove a discarico, per Sala è documentale: la retrodatazione di due verbali di gara per il principale appalto di Expo, da lui firmati il 30 maggio con data 17, per sanarne ex post le gravi irregolarità. Condannato a 6 mesi, Sala giurava di non volere la prescrizione: infatti in appello l’ha incassata senza fare un plissé. E ora che si ricandida col Pd, nessuno gli ricorda il suo passato di falsificatore di appalti, anzi tutti esultano per la good news. Un minimo di coerenza, o di decenza, imporrebbe un solo metro di giudizio per tutti: se un sindaco colpevole di falso deve farsi da parte, la regola dovrebbe valere sia per Sala (condannato e prescritto, dunque ritenuto responsabile anche in appello) sia per la Raggi (in caso di condanna in appello dopo l’assoluzione in tribunale); o viceversa. Invece il falso della Raggi, finora assolta, è un reato da ergastolo. E il falso di Sala, confermato da due sentenze, è un falsetto da ridere. Ma la storia dei due gemelli diversi non finisce qui. Da quando la Raggi ha annunciato la sua ricandidatura per completare il lavoro svolto nel primo mandato, non passa giorno senza che i giornaloni deplorino la sua scelta come “ostacolo al dialogo col Pd” e “favore alle destre”, invitandola a “farsi da parte” per la compattezza dei giallorosa. Discorso già bizzarro in sé: chi l’ha detto che i candidati unitari M5S-Pd debba sceglierli sempre il Pd col 18% e mai il M5S col 33%?

I sindaci dopo il primo mandato devono potersi ricandidare per il secondo e, se si trova l’accordo, essere sostenuti dagli alleati: vale a Milano per Sala e a Roma per la Raggi; non vale a Bologna e a Napoli, dove Merola e De Magistris hanno esaurito i due mandati ed è giusto che M5S, Pd e LeU scelgano i nuovi candidati comuni. Se però si attacca la Raggi per la “corsa solitaria” che impedisce l’accordo giallorosa, bisognerebbe attaccare anche Sala per lo stesso motivo: tantopiù che ha già detto di non volere tra i piedi il M5S (se no, come fa a taroccare le carte degli appalti?). Invece Sala può, la Raggi no.

Comica finale: quello che “aspetta la condanna della Raggi” per farla fuori è lo stesso Pd che ha appena chiesto e ottenuto dalla Casellati di violare le regole del Senato per ridare il vitalizio a Del Turco, condannato per tangenti sulla sanità a 3 anni e 11 mesi e a risarcire l’Abruzzo con 700mila euro, ovviamente mai pagati. Lo stesso Pd che chiede a B., pregiudicato per frode fiscale, imputato per corruzione giudiziaria e indagato per strage, di entrare nella maggioranza in veste di “energia migliore”. A riprova del fatto che la politica è la prosecuzione del Circo Togni con altri mezzi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/19/raggi-e-miraggi-2/6042384/

venerdì 18 dicembre 2020

La materia oscura è uno dei più grandi misteri dell’astronomia. E se non esistesse? Trovata una prova che rilancia Mond, un’ipotesi alternativa. - Luigi Bignami

La galassia NGC 2275, fotografata dal telescopio spaziale Hubble il 2 luglio 2020. ESA/Hubble & NASA, J. Lee and the PHANGS-HST Team; Acknowledgment: Judy Schmidt (Geckzilla)

La “materia oscura” è senza dubbio uno dei misteri astronomici più importanti a cui si vorrebbe dare una soluzione nei prossimi anni. Si ipotizza che sia materia che agisce gravitazionalmente sulla materia ordinaria, ma al momento non sappiamo cosa sia. Se ne ipotizza l’esistenza perché la sua azione si fa sentire, ad esempio, sul movimento delle stelle delle galassie, compresa la Via Lattea. Negli ultimi anni però sono state avanzate anche ipotesi per spiegare il movimento “anomalo” delle stelle che non fanno riferimento alla materia oscuira, ma ad altri fenomeni.

Ora un gruppo internazionale di scienziati, tra cui Stacy McGaugh, della Case Western Reserve University, ha pubblicato una ricerca dove si sostiene che un’idea rivale alla popolare ipotesi della materia oscura sia più reale di quanto si pensava finora. L’ipotesi alternativa prevede l’esistenza di un fenomeno galattico che sembra sfidare le classiche regole della forza di gravità. Sostiene infatti, che l’ipotesi chiamata “dinamica newtoniana modificata (MOND), o “gravità modificata” – possa essere una spiegazione reale.

 

L’ipotesi MOND è stata introdotta dal fisico Mordehai Milgrom del Weizmann Institute (Israele) all’inizio degli anni ’80 e afferma che l’attrazione gravitazionale di cui sarebbe causa la materia oscura esiste perché le regole della gravità non sono esattamente come quelle avanzate da Newton, ma leggermente diverse. Invece di attribuire l’eccessiva attrazione gravitazionale che si osserva nelle galassie ad una “materia oscura invisibile e non rilevabile”, MOND suggerisce che la “gravità a basse accelerazioni” è più forte di quanto sarebbe previsto da una pura applicazione della teoria newtoniana. In altre parole l’azione della gravità di galassie lontanissime da una galassia è di molto superiore a quanto prevede la gravità di Newton. La MOND ha fatto una previsione audace: i movimenti interni di un oggetto nel cosmo (ossia quel che succede all’interno di una galassia, per esempio) non dipendono solo dalla massa dell’oggetto stesso, ma anche dall’attrazione gravitazionale da tutte le altre masse nell’universo, un fenomeno chiamato “effetto di campo esterno” (EFE).

Milgrom ha detto che i risultati, se confermati ulteriormente, sarebbero “la pistola fumante che provano che le galassie sono governate da dinamiche modificate piuttosto che dalle leggi di Newton e della relatività generale“. McGaugh e i suoi collaboratori hanno affermato in una ricerca pubblicata su The Astrophysical Journal di aver rilevato l’effetto EFE in più di 150 galassie studiate. Spiega McGaugh: “’L’effetto di campo esterno’ è una firma a favore di MOND che non si verifica nella gravità di Newton-Einstein. La rilevazione di questo effetto è un vero grattacapo per chi era scettico sulla teoria MOND”.

Spiega Kyu-Hyun Chae, della Sejong University in South Korea, autore principale della ricerca: “Ho lavorato con l’ipotesi che la materia oscura esiste realmente, quindi essere giunto a dover dire che non esiste è un risultato mi ha davvero sorpreso. Inizialmente, ero riluttante a interpretare i nostri risultati a favore di MOND. Ma ora non posso negare il fatto che i risultati così come sono supportano chiaramente MOND piuttosto che l’ipotesi della materia oscura”.

Il gruppo di lavoro ha analizzato 153 curve di rotazione delle galassie attorno al loro centro che erano state scelte dal catalogo Spitzer Photometry and Accurate Rotation Curves (SPARC), il quale riporta con estrema precisione il movimento delle galassie ed era stato creato da un altro collaboratore, Federico Lelli, durante i suoi studi post-dottorato presso la Case Western Reserve. Anche Lelli ha detto che inizialmente era molto scettico dei risultati ottenuti “perché si prevede che l’effetto del campo esterno sulle curve di rotazione debba essere molto piccolo. Abbiamo passato mesi a controllare i dati, ma alla fine è diventato chiaro che avevamo un rilevamento reale e solido”. Conclude McGaugh: “Provengo dallo stesso gruppo di ricerca della comunità scientifica che studia la materia oscura e fa male pensare che possiamo sbagliarci. Ma Milgrom predisse i comportamenti delle galassie più di 30 anni fa con MOND. Nessun’altra ipotesi ha anticipato il comportamento osservato”.

https://it.businessinsider.com/la-materia-oscura-e-uno-dei-piu-grandi-misteri-dellastronomia-e-se-non-esistesse-trovata-una-prova-che-rilancia-mond-unipotesi-alternativa/?fbclid=IwAR2nirfAJpTOePvhjkCZ9Xjoe5o6ANF-EIGGJlhlxRIQ71ScwFzt0AuW4nY

Così nasce un oceano. In Etiopia si allarga una crepa che spaccherà l’Africa in due. - Marielle Bussolati

 

La crepa nella regione di Afar in Etiopia.

In una delle aree più calde del Pianeta, la regione di Afar che si trova in Etiopia, si è aperta nella terra una crepa lunga circa 60 chilometri e larga 8. Qui la temperatura di giorno arriva a 55 gradi, di notte 35, ma questo non influisce su quanto sta accadendo. Non è neppure il risultato di uno sprofondamento, o di un movimento tellurico, ma qualcosa di ben più grande. I geologi hanno infatti trovato le evidenze che in questo punto, stiamo assistendo alla nascita un intero oceano, una massa d’acqua così grande che in qualche milione di anni quel deserto sarà diventato un gigantesco mare.

Qui c’è  la congiunzione tra tre zolle tettoniche, quella araba, quella della Nubia e quella della Somalia, che stanno lentamente allontanandosi una dall’altra. Formano una sorta di y. Il punto di incontro è tra Gibuti e l’Eritrea (e Afar è a poco più di 50 chilometri), la gamba lunga forma la Rift Valley che si estende per 6 mila chilometri a sud, il braccio sinistro va dal mar Rosso alla penisola del Sinai, quello destro forma la dorsale di Aden.

La voragine si approfondirà poco a poco, si allargherà, diventerà un lago, poi un mare, infine un enorme oceano che spaccherà l’Africa in due. Per completare il processo ci vorranno da 5 a 10 milioni di anni, ma il risultato sarà una geografia completamente diversa.

 

La regione di Afar, in Etiopia. Qui si sta aprendo una frattura tra le placche tettoniche che darà origine a un nuovo oceano. Francois Martel/AFP via Getty Images

La fessura era stata notata una prima volta nel 2005 e in realtà il suo movimento è stato tutt’altro che lento: si era aperta di colpo, nel giro di 10 giorni era avvenuto l’equivalente di centinaia di anni di movimento tettonico.

Solo ora, grazie ai rilevamenti satellitari, si è potuto capire cosa sta accadendo. I ricercatori dell’Università di Leeds che stanno studiando il fenomeno, sono sicuri che stia nascendo un oceano perché il tipo di materiale che si sta formando non corrisponde alla crosta terrestre ma a quella oceanica.

Negli ultimi 30 milioni di anni la placca araba si è mossa verso nord, creando il Mar Rosso e il Golfo di Aden su quella che un tempo era un terra senza soluzione di continuità. Anche la placca somala si sta allungando e spostandosi da quella nubiana, allungandosi attraverso l’Etiopia e anche il Kenya. Ma nessuno sapeva esattamente cosa causava questi spostamenti.

Alcuni geologi pensavano fossero provocati da un flusso di rocce superfuse che risalgono dal mantello sotto l’Africa orientale. Ma i rilevamenti con Gps combinati con indagini satellitari hanno fornito un altro quadro.

Molto probabilmente nelle profondità il magma sta formando una sorta di palla che ha una tensione superficiale così forte che potrebbe scoppiare da un momento all’altro.

Ogni singola placca in realtà si muove a velocità diverse. Quelle africane viaggiano a mezzo centimetro all’anno,  quella araba a oltre 2. Tra loro si creano forze combinate che danno origine a una dorsale oceanica.

Tutto questo farà sì che il golfo di Aden e il mar Rosso allagheranno la regione di Afar allungandosi verso la Rift Valley, isolando questa parte dell’Africa orientale. L’Etiopia, la Somalia andranno dunque a formare una nuova isola al largo dell’oceano Indiano.

Ci sono conferme di quanto sta succedendo anche dal lago di lava dell’Erta Ale, una montagna dell’Afar. Il movimento magmatico fornisce altre informazioni che indicano una intera riconversione futura della zona. E’ infatti formato da masse superficiali e questo significa di nuovo che l’acqua invaderà.

80 milioni di anni fa allo stesso modo si è formato l’oceano Atlantico settentrionale, ma non sempre i meccanismi in atto portano allo stesso risultato. A volte altri movimenti di frappongono e modificano il disegno. Per esempio il sistema di rift medio continentale, una spaccatura lunga 2 mila chilometri situata al centro del continente nord americano e nella porzione centro-meridionale della placca nordamericana, poteva essere il tentativo di separare il continente americano circa 1,1 miliardi di anni fa, ma il processo fallì e l’America è rimasta una.

La crepa è molto interessante perché in pratica rende possibile lo studio di quello che accade sui fondali oceanici stando in terraferma e a livello del suolo. Inoltre qui la litosfera si sta distendendo a una velocità tale che permette rapide misurazioni. Quando il fondo della fossa raggiungerà la profondità del mare, le acque la invaderanno e il mondo cambierà.

https://it.businessinsider.com/afar-etiopia-nascita-nuovo-oceano-africa-orientale/?fbclid=IwAR3YxVnO_NAh_9pU-4gffkigJEhIajjCVsOgWGuBEb8N5j04VuhuWbj81nY

La “Stato Spa” cresce ancora. Vale 116 mld tra luci e ombre. - Nicola Borzi

 

Panoramica - Dai colossi agli hotel. È il 1° azionista in Borsa e col Covid entrerà in molte imprese. Ma non si sa con quale strategia.

La recessione innescata dal Covid spinge la presenza dello Stato nell’economia. D’altronde l’Italia è il Paese del capitalismo senza capitali, dove gli imprenditori sono sempre pronti a privatizzare i profitti negli anni buoni e a pubblicizzare le perdite in quelli di vacche magre. Già oggi le sole partecipazioni del Tesoro nelle imprese, dirette e indirette, valgono 116 miliardi. Troppi, pochi? Difficile dirlo. Ma di certo a breve cresceranno di altri 44.

La mano pubblica agisce nell’economia da oltre un secolo e mezzo: già nel 1861 lo Stato controllava il Monte dei Paschi di Siena, il San Paolo di Torino, il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia. Risale al 1912 la fondazione dell’Istituto nazionale delle assicurazioni, al 1926 quella dell’Agip. “Quando lo chiuderemo questo convalescenziario?” chiese Mussolini il 23 gennaio 1933 alla firma del decreto istitutivo dell’Iri. L’Istituto per la ricostruzione industriale avrebbe dovuto essere temporaneo e invece sopravvisse al duce e al fascismo, prosperò durante tutta la prima Repubblica toccando il suo apice nel 1983 e scomparve solo nel 2002, un decennio dopo l’avvio della stagione delle privatizzazioni.

La ragnatela di imprese e settori.

Oggi lo “Stato padrone” spazia dalle banche (Mps, Mediocredito Centrale, Popolare di Bari) ai trasporti (Fs, Anas), dalle reti elettriche (Terna, Gse) a quelle di telecomunicazioni (Tim, Open Fiber), dal petrolio (Eni, Snam, Saipem) all’elettricità (Enel) e all’energia (Italgas), dall’acciaio (Ilva) alle navi (Fincantieri), dalle linee aeree (Alitalia) al traffico aereo (Enav) e alla difesa (Leonardo), dall’elettronica (Stm) ai media (Rai) e alle Poste, dalla Zecca alla finanza e alle assicurazioni (Amco, Sace, Simest). Sono in mano pubblica imprese alimentari (Inalca, Pomì), della moda (Versace), costruzioni (WeBuild), turismo (Rocco Forte, Th Resort), aeroporti (Napoli, Bologna, Torino, Alghero, Milano), farmaci (Kedrion), meccanica (Valvitalia), impiantistica (AnsaldoEnergia), agricoltura (Bonifiche Ferraresi), immobiliare (Eur, Arexpo, Manifattura Tabacchi, Manifatture Milano).

Lo Stato padrone ha forme diverse: dalle partecipazioni dirette del Tesoro a quelle indirette attraverso Cdp, Invitalia ed enti locali. Cambiano la tipologia dei fondi impiegati, da quelli pubblici del Mef a quelli della raccolta postale (Cdp) e le responsabilità. Il governo ha una missione politica di indirizzo sui settori strategici, Cdp è un mix tra un fondo sovrano e un operatore di private equity, cui corrispondono non solo le responsabilità civili e penali tipiche di una società privata, ma anche quelle soggette al controllo della Corte dei Conti.

Quanto vale lo Stato padrone.

All’ultima chiusura di Borsa di venerdì scorso, le partecipazioni dirette del Tesoro nelle quotate Eni (4,34%), Mps (68,25%), Enel (23,59%), Enav (53,28%), Leonardo (30,2%) e Poste (29,26%) valevano 27,2 miliardi, 19,7 nel solo gigante elettrico. Poi ci sono le partecipazioni indirette nelle quotate RayWay e StMicroelectronics per altri 4,7 miliardi. A queste si aggiungono, secondo calcoli effettuati dall’Università Bocconi, altri 84,7 miliardi di valore delle società non quotate controllate dal Tesoro: 50 miliardi Fs e Anas, Cdp per 30 miliardi, e poi Amco (gestione crediti in sofferenza), Rai, Invitalia, Gse, Poligrafico dello Stato, Eur, Gse. Il totale vale 116,6 miliardi. Il dividendo incassato dal Tesoro per l’esercizio 2019 è stato di 4,7 miliardi, -33% su base annua, ma si è consolato con la maxicedola da 7,8 miliardi che gli ha versato la Banca d’Italia, pure se l’istituto è totalmente indipendente.

Cdp, primo azionista della Borsa Italiana.

Cassa depositi e prestiti, controllata per l’82,77% dal Tesoro con il resto in mano alle fondazioni bancarie, con asset totali per 474 miliardi è il terzo operatore finanziario in Italia dopo Intesa Sanpaolo e UniCredit. La sua raccolta è rappresentata soprattutto dai depositi di quasi 30 milioni di clienti delle Poste. Ha depositato 154,6 miliardi sul conto di Tesoreria dello Stato, che le fruttano assai poco, ma possiede redditizie partecipazioni a Piazza Affari: si va dal 25,96% di Eni al 35% di Poste, dal 9,89% di Tim alle quote in Terna, Snam, Itagas, Saipem, Fincantieri, Trevi Finanziaria Industriale, WeBuild (la vecchia Salini Impregilo) e Bonifiche Ferraresi. Cdp ha il controllo di Terna, Snam, Italgas e Fincantieri, è presente nel board senza controllo in Saipem, WeBuild e Bonifiche Ferraresi, mentre non siede nei cda di Eni, Tim e Poste. Questo tesoro vale 23,7 miliardi, 19,6 dei quali riferibili al Tesoro, e rende Cdp il primo investitore a Piazza Affari con il 4,6% della capitalizzazione complessiva delle 40 società dell’indice Ftse Mib (peraltro Cdp diventerà azionista del nuovo gruppo che ingloberà la Borsa: Euronext) .

Ma questa è solo la punta dell’iceberg. L’Istat il 19 febbraio scorso ha censito i dati riferiti al 2017 delle società partecipate dallo Stato e da Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane. Si tratta di un esercito di 6.310 imprese attive con 847mila addetti. Le aziende sono calate del 4%, gli occupati sono rimasti stabili. Le imprese controllate dal settore pubblico hanno creato un valore aggiunto di 58 miliardi (+4,4% sul 2016), il 7,5% del totale nazionale realizzato nello stesso anno dall’industria e dai servizi (779 miliardi).

Non è tutto oro quello che luccica.

Non sempre però il capitalismo di Stato funziona. A fine ottobre il governo ha firmato il decreto per vendere la quota del 68,25% posseduta in Mps e pagata 5,4 miliardi nel 2017 dall’esecutivo Gentiloni, che in Borsa ora vale meno di un miliardo. Anche l’investimento di Cdp nel 10% di Tim per bloccare i francesi di Vivendi, costato un miliardo, ora vale appena 600 milioni. Ci sono poi operazioni delle quali sfugge la ratio: che senso ha avuto per Cdp acquistare il 20% di Bonifiche Ferraresi, maggiore società agricola italiana e unica del settore quotata in Borsa in Europa? Perché, tra le tante imprese del turismo, Cdp ha investito negli hotel Rocco Forte (con sede in Inghilterra)? C’è chi ricorda lo scivolone del sostegno di Cdp al gruppo Valtur, al cui patron Carmelo Patti e ai suoi eredi nel 2018 la Dia confiscò 1,5 miliardi per legami con la mafia. E perché investire nei plasmaderivati della Kedrion della famiglia Marcucci? I maligni sottolineano i ruoli dei fratelli Marialina, ex vicepresidente Pd della Toscana, e Andrea, capogruppo Pd al Senato.

L’espansione continuerà: il “patrimonio destinato”.

Ma la presenza pubblica si estenderà ancora. Venerdì scorso lo Stato ha firmato con ArcelorMittal l’accordo per riacquistare il 50% dell’Ilva di Taranto (salirà poi al 60%, con una spesa di 1,1 miliardi). La nuova Alitalia, rifinanziata dal Tesoro con 3 miliardi, tornerà a volare. Poi c’è il piano di Cdp per rilevare l’88,06% di Autostrade per l’Italia detenuto da Atlantia insieme a Blackston e Macquarie (si parla di offerte intorno agli 8 miliardi). Se poi Mps si fondesse con UniCredit, il Tesoro diverrebbe socio di riferimento del nuovo gruppo bancario. Lo stesso avverrebbe se invece Mps si unisse a Mediocredito Centrale, controllata di Invitalia, che a sua volta ha investito 900 milioni per salvare Popolare di Bari. Cdp lavora poi alla fusione tra Open Fiber, la società di reti a banda larga di cui controlla il 50% (l’altra metà è dell’Enel), con Tim, di cui possiede quasi il 10%, ma il progetto avanza a rilento.

Non è finita qui: complice la crisi causata dalla pandemia, aumentano le imprese che vedranno un ingresso dello Stato. Il decreto Rilancio ha previsto che, per “attuare interventi e operazioni di sostegno e rilancio del sistema economico”, Cdp possa costituire un “patrimonio destinato” da 44 miliardi in cui confluiranno “beni e rapporti del Tesoro” finanziati con obbligazioni di scopo emesse da Cdp. Alcuni osservatori, però, pongono due quesiti: qual è la visione degli obiettivi di sviluppo, qual è la logica di lungo termine di questo piano? Il Parlamento avrà un reale potere di controllo o le imprese “salvate” saranno scelte solo dal Tesoro e dai vertici di Cdp, nominati dal governo? Il nuovo capitalismo di Stato che avanza pare destinato a durare a lungo, ma dovrebbe darsi una visione d’insieme, che per ora manca.

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