Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 19 febbraio 2021
Governo Draghi | “Né grillino né renziano, resto un anno e poi me ne vado”: intervista a Cingolani. - Luca De Carolis
Il colloquio - Il ministro della Transizione ecologica difende il suo istituto: “Un’eccellenza, 5S ricreduti. Il Recovery? Base buona.”
L’uomo su cui Beppe Grillo ha puntato quasi tutto non porta la cravatta e se lo chiami superministro fa una smorfia: “Ma no, che senso ha?”. Eppure Roberto Cingolani, milanese di 59 anni, fisico, farà proprio il ministro alla Transizione ecologica. Cioè dovrà muovere quel dicastero posto come condizione da Grillo a Mario Draghi per dire sì al suo governo. Anche se i dissidenti a 5Stelle, quelli che hanno votato no sulla piattaforma Rousseau, ne contestano l’esistenza: “Il superministero non c’è, rivotiamo”. Cingolani però c’è di sicuro, in una stanza dentro la Camera. E parte dall’urgenza: “Io sono qui innanzitutto per scrivere il Programma nazionale di riforme per il Recovery Plan, ho otto settimane. Ci lavorerò di base con cinque persone, ma ovviamente sentirò tutti gli enti che devo sentire. Dobbiamo lavorare come se dovessimo vincere un premio”. D’accordo, ma il testo che ha trovato è da rifare? “C’è un’ottima base da cui partire. Ma dobbiamo lavorare, la scadenza del 30 aprile è a un passo”.
Deve avere fretta l’ex direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova, già ospite della Leopolda di Matteo Renzi, ora il primo nome nella lista di Beppe Grillo. Lei è così bravo a mutare bandiera, ministro? Cingolani si sistema sulla poltrona: “Io sono un non politico. Semplicemente, andavo dove mi chiamavano per spiegare cosa facesse l’Iit. Sono stato anche alla scuola di politica del centrodestra. Prima di accusarmi di essere un grillino e un renziano mi hanno dato del bossiano e mi hanno tacciato di essere un uomo di Giulio Tremonti, perché è lui ad aver voluto l’Istituto”. Però la Leopolda, lei capisce… “So che alcuni 5Stelle me lo stanno rinfacciando, ma quando tre anni fa ero andato a Ivrea al Sum di Davide Casaleggio, su sua richiesta, quello andava bene?”.
Cingolani, lei avrebbe fatto tutto senza sponsor, senza aiutini? “Sì, esattamente. Su di me e l’Iit hanno fatto 22 interrogazioni parlamentari, la prima nel 2009. Tutte finite nel nulla. Io l’ho diretto per tre mandati: la rivista Nature l’ha inserito tra i 25 migliori enti di ricerca del mondo, avevamo costi bassi e stipendi alti, e i risultati sono stati riconosciuti da tutti i board internazionali”. Va bene, ma Grillo? “Si è presentato qualche anno fa in istituto e ha esordito così: “Ti abbiamo scansionato, sei pulito”. I grillini erano convinti che fossi il Diavolo. Vennero in dieci a vedere cosa facevamo. Dovevano restare un’ora e mezza, se ne sono andati all’ora di cena. Si guardavano attorno e vedevano ragazzi di ogni parte del mondo”. Quindi lei è passato in quota M5S… “Io non sono di nessuno, ma trovo che i 5Stelle abbiano avuto il coraggio di cambiare idea su di me. Grillo l’ho rivisto solo qualche giorno fa”. Ma il suo nome a Draghi l’ha fatto lui…”. Mi hanno avvertito il giorno prima, di venerdì sera. Avevo un ottimo posto da dirigente in Leonardo, ma mi hanno spiegato che ‘l’Italia viene prima di tutto’. Ho accettato, tanto resto un anno, un anno e mezzo, poi me ne vado”. Ma prima cosa vorrebbe fare? Lo sa che all’estero questo ministero alla Transizione non ha funzionato granché, vero?”. Cingolani annuisce: “È vero. Ma il problema del clima non è verticale, non si affronta con un singolo ministero. Serve un disegno poliedrico, come ha detto Draghi. Quindi c’entrano il Mise, l’Innovazione, la Pubblica amministrazione”. Però il gioco dovrebbe condurlo lei. Che deleghe avrà il suo dicastero? Il ministro si risistema sulla poltrona: “Ne stanno ancora discutendo”. Che ha trovato nel ministero dell’Ambiente? Pausa, sorso d’acqua, risposta: “Finora si è esternalizzato troppo. Io voglio lasciare a chi verrà dopo di me una macchina che sappia gestire i soldi e i progetti”.
Ecco: ma lei, i soldi come li gestiva? Quando era presidente dell’Iit ha assegnato fondi per 3,5 milioni al Laboratorio di nanotecnologie di Lecce , diretto dalla sua prima moglie. Cingolani si sistema gli occhiali, ma non s’infuria: “Io non rispondo mai, ma a passare da disonesto non ci sto. La storia è un’altra: agli inizi dell’Iit, quando era nel triennio in cui lo stavamo costruendo, dovevamo partire con dei progetti. Li elaborai io, ma a valutarli è stato un Comitato scientifico internazionale, che poi ha girato i suoi giudizi al Cda dell’istituto. E a firmare tutto è stato il direttore generale. Poi quei soldi non sono andati a quella che era già la mia ex moglie, perché al tempo eravamo già divorziati. Erano risorse destinate al laboratorio, punto”. Ma lei era il direttore scientifico dell’Iit… “Il progetto era sulle nanotecnologie, e i centri attrezzati erano a Lecce e alla Normale di Pisa. Si figuri se dovevo favorire qualcuno”. Cingolani si alza. “Devo fare la seconda riunione sul Pnr, ho un sacco di lavoro. Ma come facevo a dire di no?”. Fuori la Camera, il voto di fiducia. “Ma tanto io resterò per quanto serve” sorride.
Dibba, Lezzi, Morra e Casaleggio: guerra per prendersi il M5S. - Paola Zanca
Espulsi quelli del No.
Ad andare via, a fare la scissione, non ci pensano neanche. Perché il Movimento, l’originale, sono loro. Lo ripetono allo sfinimento, i “big” finiti nel calderone dei 15 espulsi ieri, dopo aver votato no alla fiducia al governo Draghi. Barbara Lezzi e Nicola Morra soprattutto, ma anche Vilma Moronese, Matteo Mantero: colonne dei 5 Stelle, i primi a entrare in Parlamento nel 2013, gli “amici di Beppe Grillo”, come si chiamavano una volta: solo che loro lo erano davvero. E pure Elio Lannutti, uno dei pochi che poteva ancora vantare il filo diretto con Genova. Ma adesso lui, il Garante che ha scelto di fidarsi dell’ex capo della Bce, li chiama “marziani” e dice che il M5S non è più quella roba lì. Così, mentre il suo blog seguiva in diretta l’arrivo su Marte del “rover” della Nasa chiamato Perseverance, a 470 milioni di chilometri di distanza, nell’aula di Montecitorio un’altra pattuglia di 16 eletti Cinque Stelle voltava le spalle alla “sfida” in cui il grosso del partito ha deciso di imbarcarsi.
Anche loro votano “no”, incuranti dell’“avvertimento” che è arrivato ieri mattina con l’espulsione di chi – secondo lo Statuto M5S e il regolamento del gruppo – non ha rispettato l’esito della votazione su Rousseau, finita 60 a 40 per chi sceglieva di turarsi il naso. Ma Morra, Lezzi e gli altri non vogliono accettare il verdetto: lo considerano illegittimo, perché è firmato da quel Vito Crimi che non sarebbe più in carica come reggente; contestano il quesito su cui era basata la consultazione (si parlava di un super-ministero che non è nato); ritengono che il vincolo riguardi il voto di fiducia a un presidente del Consiglio incaricato dal Movimento. Credono, insomma, che dire no a Draghi e all’ingresso in una maggioranza dove siede anche Silvio Berlusconi, sia assolutamente in linea con i principi che dovrebbero muovere l’azione dei portavoce 5Stelle in Parlamento. E dalla loro hanno Davide Casaleggio, il primo a dire – subito contraddetto dal Garante – che la reggenza di Crimi sia bella che finita. E pure Alessandro Di Battista, che da qualche giorno “non parla più a nome del Movimento”, ma parla, eccome, e si mette alla guida dell’opposizione.
Per la loro battaglia in tribunale, si sono rivolti a Lorenzo Borrè, lo storico avvocato dei dissidenti grillini, che da anni segue le cause di quelli che – anche Lezzi, Morra &C. – hanno ripetutamente cacciato via per le ragioni più varie, tra cui i voti in dissenso rispetto alle indicazioni del gruppo. Lo ricordano, quelli che ieri hanno detto sì, pur controvoglia: “Molti di noi si sono adeguati, c’è gente che ha pianto in aula! Sapevamo che questa roba non sarebbe stata indolore, ma le regole sono sempre valse per tutti e abbiamo sempre ripetuto quel che diceva Gianroberto: ‘Ogni volta che deroghi a una regola praticamente la cancelli’”. Il proverbio grillino, va detto, ormai suona parecchio datato: è il paradosso del Movimento che ora si ritrova a cacciare chi fa quello che tutti si aspettavano facesse. Ma è evidente che in questa partita, oltre al fortissimo richiamo di Grillo, ha giocato anche quella forma di “assuefazione” al potere, costruita nei 30 mesi passati al governo e riassumibile così: “Si stanno scannando per chi deve fare il sottosegretario, figurati se pensano ai ricorsi contro le espulsioni”.
La verità è che sperano che se ne vadano e sognano l’irrilevanza a cui verrebbero condannati una volta persa la vetrina Cinque Stelle. Ma solo qualcuno – vedi Mattia Crucioli – crede che la strada del nuovo gruppo sia quella da percorrere. Certo, si è studiata anche quella (c’è il simbolo “in sonno” dell’Italia dei Valori) ma nessuno sta lavorando in quella direzione: restare dentro, questo è l’obiettivo. Per potersi godere da vicino l’effetto che farà vedere gli altri costretti ad ammettere di aver sbagliato. Lezzi addirittura annuncia di volersi candidare a uno dei posti previsti dal nuovo organo collegiale che guiderà il Movimento. Sempre che a quel punto sia rimasto qualcosa da guidare.
Movimento 5Sedie. - Marco Travaglio
Spunti per il nuovo spettacolo di Grillo. Belìn, c’era una volta un comico che capiva tutto prima degli altri. Tipo che la politica era marcia, la finanza anche peggio e la stampa teneva il sacco a entrambe. Così cominciò a informare la gente nei suoi show (chi ci andava scoprì che la Parmalat era fallita ben prima della Consob e dei pm). E fondò il Movimento 5 Stelle: tutti risero, poi piansero, poi passarono agli insulti, ai corteggiamenti e infine alle alleanze. E gli “scappati di casa”, in tre anni, trovarono un premier più che degno e portarono a casa quasi tutte le loro bandiere prima che il Matteo maior e il Matteo minor buttassero giù i loro due governi per liberarsi di loro. Nel momento del massimo trionfo, anziché rendersi prezioso e vendere cara la pelle, Grillo sbarellò. Scambiò per “grillino” Draghi, che a suo tempo chiamava “Dracula” e voleva “processare per Mps”. E spinse i grillini quelli veri ad arrenderglisi senza condizioni, in nome di un superministero-supercazzola alla Transizione Ecologica che doveva inglobare Ambiente e Sviluppo economico. Su quella promessa fece votare gli iscritti con un quesito che diceva mirabilie del Sì, nulla del No e non prevedeva l’astensione. Quelli si fidarono di lui, unico ammesso al cospetto di SuperMario, e dissero Sì al 60%. Poi scoprirono che era una battuta (quella di Draghi): il superministero era mini, per giunta diretto da un renziano per giunta indicato da Grillo; e il Mise, lungi dallo scomparire, passava semplicemente da Patuanelli a Giorgetti, noto ambientalista padano (vedi trivelle, Tav, Terzo Valico e altre colate di cemento).
Molti iscritti gabbati chiesero di rivotare, ma furono narcotizzati con altre supercazzole: “i ragazzi del 2099”, “la sonda Perseverance atterra su Marte e la Perseveranza atterra alla Camera”, “i Grillini non sono più marziani”. E i loro “portavoce” andarono al patibolo fornendo la corda al boia e dandogli pure la mancia. Donarono sangue e organi all’ex Dracula, che li liquidò con quattro perline colorate (Esteri, Agricoltura, Giovani, Rapporti col Parlamento), trattandoli peggio dei partiti con metà o un quarto dei seggi. I parlamentari coerenti col giuramento fatto agli elettori “mai con B.” votarono contro o si astennero, ma, anziché essere rispettati come minoranza interna, furono espulsi da chi era andato al governo con B. (già “testa d’asfalto”, “psiconano”, “psicopedonano”), col Matteo maior (già “pugnalatore dell’Italia da mandare a lavorare a calci”) e col Matteo minor (già “ebetino” e “minorato morale”). “Belìn”, ridacchiò il comico, “è il mondo alla rovescia! È come se Ario, Lutero e fra’ Dolcino avessero scomunicato il Papa! Lo dicevo io che ne resterà uno solo: io!”. Applausi. The end.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/19/movimento-5sedie/6106532/
Perseverance su Marte, la sonda della Nasa “ammarta”. L’emozione degli scienziati e la prima foto con un tweet: “Hello, world”.
Quella di Perseverance è un'impresa più importante di quanto si pensi. Appena il 40% dei veicoli che finora hanno tentato di posarsi sul suolo marziano ha infatti raggiunto l’obiettivo.
Un momento atteso da mesi. L’ammartaggio della sonda Perseverance sul suolo del Pianeta rosso. Un’emozione enorme e qualche lacrima per gli scienziati della Nasa ricevere, a sette minuti dall’atterraggio, da Marte il segnale che era andato tutto liscio. Ora la sonda e il mini elicottero Ingenuity potranno cominciare la loro missione: andare a cercare la vita in uno dei luoghi più suggestivi del pianeta, il cratere Jazero, il bacino di un antichissimo lago che potrebbe conservare tracce di vita passata. Dal Pianeta rosso sono già arrivate le prime immagini.
La missione Mars 2020 della Nasa è questa. Quella di Perseverance è un’impresa più importante di quanto si pensi. Appena il 40% dei veicoli che finora hanno tentato di posarsi sul suolo marziano ha infatti raggiunto l’obiettivo. Il cratere che la sonda dovrà esplorare si è formato miliardi di anni fa, forse in conseguenza dell’impatto di un asteroide, poi riempito d’acqua ed è diventato un lago profondo circa 500 metri, per poi diventare arido quando il clima su Marte è cambiato.
Perseverance è diventato il quinto rover della Nasa a muovere le sue ruote su Marte, dopo il Sojourner arrivato nel 1997 con la missione Mars Pathfinder e che funzionò meno di tre mesi, i rover gemelli Spirit e Opportunity, della missione Mars Exploration Rover arrivati nel gennaio 2014 e attivi rispettivamente per sei e quasi 15 anni, e Curiosity, arrivato con la missione Mars Science Laboratory il 6 agosto 2012 e ancora attivo. Lanciata il 30 giugno 2020, la missione Mars 2020 del Jet Propulsion Laboratory della Nasa ha percorso quasi 3,9 milioni di chilometri in poco più sette mesi ed è la terza a raggiungere Marte nell’arco di dieci giorni, dopo la missione Hope degli Emirati Arabi e la Tianwen-1 della Cina. Delle tre missioni è però la prima a rilasciare un rover sul suolo marziano, considerando che l’altra missione programmata per farlo, la Tianwen-1, lo farà solo in maggio.
Per due anni il rover setaccerà il suolo per raccogliere i primi campioni destinati a essere portati sulla Terra. La missione Mars 2020 segna infatti l’avvio del programma Mars Sample Return (Msr), di Nasa e Agenzia Spaziale Europea (Esa) e al quale l’industria italiana contribuisce con il gruppo Leonardo. I campioni raccolti da Perseverance, grazie a un trapano installato, saranno inseriti in contenitori e depositati in luoghi precisi; il recupero è affidato alla missione prevista nel 2026 e nel 2031 un’altra missione dovrà portarli a Terra. Perseverance possiede un intero set di strumenti scientifici nuovi – dai microfoni, che ci permetteranno per la prima volta di ascoltare i suoni di Marte, al primo elicottero marziano, Ingenuity – tra cui uno strumento italiano: il microriflettore LaRA (Laser Retroreflector Array), realizzato dall’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) per conto dell’Agenzia Spaziale Italiana. LaRA consentirà di aggiungere tasselli importanti alla conoscenza della struttura interna del pianeta. A bordo del rover anche alcuni dispositivi dimostrativi, le cui tecnologie sono state ideate nella prospettiva della futura esplorazione umana di Marte.
"Cercheremo tracce di vita su Marte e il rover Perseverance sarà capace di cercare queste tracce. Il mio ruolo sarà aiutare nell’interpretazione dei dati degli strumenti a bordo del rover e di comprendere se ci sono i ‘segnali’ di vita” dice la ricercatrice Teresa Fornaro dell’Inaf di Firenze, una dei tredici “Mars 2020 participating scientists” nel mondo. Parlando nel corso della diretta di RaiNews24 per l’ammartaggio Fornaro ha spiegato che “è molto plausibile che si siano sviluppate forme di vita unicellulari su Marte come avvenuto, durante lo stesso periodo, sulla Terra. Non ci aspettiamo che queste forme di vita si siano evolute come accaduto sulla Terra perché Marte si è rapidamente spento e la radiazione ha spazzato via tutto. Non ci aspettiamo che la vita si sia evoluta su Marte – ha spiegato ancora Fornaro- ma che ci siano stati microrganismi unicellulari potrebbe essere e noi ci aspettiamo di trovare queste tracce”.
giovedì 18 febbraio 2021
Sapete cosa mi ha impressionato di Casalino ... - Giancarlo Selmi
Sapete cosa mi ha impressionato di Casalino nell'aggressiva (e non poteva essere diversamente) intervista di Floris e di "barba perfetta" Giannini? La consapevolezza della verità, la maniera disarmante (per il subdolo Giannini, soprattutto) di comunicare le proprie convinzioni.
Senza arroganza, senza supponenza ma con la forza di chi sa di aver fatto tutto quanto fosse nelle sue possibilità. Il massimo che potesse.
Mi ha colpito il modo con cui ha descritto l'impegno di Conte. Lo ha fatto come un osservatore, non come l'addetto alla comunicazione. Ha dato quella imparagonabile sensazione che solo la sincerità sa dare. E poi ha descritto una parte mai narrata dell'opera di Conte: il conseguimento di una vera autorevolezza internazionale. Finalmente, ha sottolineato una cosa che nessuno, inspiegabilmente e scandalosamente, dice: i 209 miliardi li ha ottenuti Conte. Adesso li spenderà qualcun altro però la condizione l'ha creata lui. E rimarrà nei capitoli di storia, al contrario di qualche altro Premier.
Si sono ostinati ad inserire questo bravo, onesto e preparato uomo in cataloghi molto poco calzanti. Si è ironizzato sulla sua omosessualità, sulla partecipazione al Grande Fratello, perché privi di argomenti, dimenticando, colpevolmente, la sua preparazione, il suo "stare sul pezzo". Casalino ha rotto un'annosa consuetudine: quella dell'uomo delle istituzioni in doppio petto, del palazzo impenetrabile per l'uomo comune. Lo ha aperto e lo ha fatto con semplicità, rendendolo accessibile idealmente a tutti.
Di fronte a sé, nel ruolo di intervistatore, aveva il giornalista che ha ripetuto fino all'esasperazione la favola delle "segrete stanze". Lo ha messo in condizioni di alzare la voce, lo ha innervosito, mettendone allo scoperto l'aleatorietà delle argomentazioni, la nullità dei pretesti.
Bravo Casalino. La serenità della ragione, del giusto, dell'onestà, contro l'arroganza del potere mediatico e la prigione della menzogna. Hai vinto tu e tutti ce ne siamo resi conto. Ti ringraziamo per il tuo prezioso lavoro. In quanto a "quelli": Non ti curar di loro, ma guarda e passa.
Giancarlo Selmi
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M5s, Crimi espelle i 15 senatori del No a Draghi. Lezzi si oppone e si candida al direttivo. Grillo rilancia: “Unità e patto verde l’unica strada.”
Il post del capo politico dopo lo strappo dei 15 eletti a Palazzo Madama: "Non potranno più far parte del gruppo parlamentare del MoVimento al Senato. Ho dunque invitato il capogruppo a comunicare il loro allontanamento, ai sensi dello Statuto e del regolamento del gruppo."
Chi nel M5s ha votato No alla fiducia al governo di Mario Draghi, sarà espulso dal Movimento. Ad annunciarlo ufficialmente è stato il capo politico Vito Crimi con un post su Facebook, rivolto ai 15 senatori che ieri sera hanno deciso di votare contro il nuovo esecutivo e di fatto sono andati contro l’indicazione degli iscritti. Ma la decisione è destinata a provocare un terremoto, soprattutto in vista del voto a Montecitorio dove i numeri potrebbero essere simili (si parla di una forbice di 15-30 deputati che sarebbero pronti a seguire i dissidenti). I neo espulsi però contestano la decisione e promettono battaglia tra ricorsi e proteste. La senatrice Barbara Lezzi, forte di una vicinanza con Davide Casaleggio e Alessandro Di Battista, ha replicato dicendo che non è stata espulsa. E anzi ha rilanciato: “Mi candido al comitato direttivo”. Questa è solo l’ultima puntata di una lunga serie di scontri: solo ieri infatti, gli iscritti hanno dato il via libera alla modifica dello Statuto e quindi all’abolizione del ruolo di capo politico. Un voto che secondo Lezzi (e Casaleggio) avrebbe dovuto essere applicato immediatamente, procedendo all’elezione dei 5. E solo l’intervento di Beppe Grillo, arrivato ieri in serata, ha frenato la corsa: è un momento troppo delicato per procedere al rinnovo della leadership, per ora resta Crimi.
Beppe Grillo rilancia il patto verde – Proprio nel pieno delle polemiche interne. Il garante del Movimento 5 stelle ha rilanciato sul sul Blog un post della senatrice Patty L’Abbate che parla della “transizione ecologica”: “Siamo nell’era della resilienza, dell’antropocene, e dobbiamo necessariamente effettuare un salto quantico, passare da un regime di equilibrio (che realmente non lo è più) a un altro e l’unità, il patto verde, è l’unica strada. La transizione ecologica è proprio questo, un processo necessario di trasformazione a livello tecnologico, economico, ecologico, socio-culturale e istituzionale, scale che si influenzano e si rafforzano vicendevolmente, è un processo sistemico che tiene conto della complessità della natura, e che deve concentrarsi sulle interazioni e le interconnessioni tra il sistema economia ecologico e sociale”.
L’annuncio di Vito Crimi -“I 15 senatori che hanno votato No alla fiducia saranno espulsi”, ha scritto su Facebook Vito Crimi. “Ieri al Senato il M5s ha votato Sì. Non lo ha fatto a cuor leggero, è evidente. Ma lo ha fatto con coerenza, nel rispetto dell’orientamento emerso in seguito all’ultima consultazione, dove la maggioranza dei nostri iscritti si è espressa a favore. E lo ha fatto con coraggio, assumendosi la responsabilità di una scelta che non guarda all’interesse esclusivo del Movimento o al facile consenso, bensì agli interessi di tutti i cittadini italiani e della nostra comunità nazionale. Quello di chi ha votato sì è un voto unitario, una responsabilità collettiva, non del singolo”. Continua Crimi: “I compromessi con sé stessi, con i propri credo, convinzioni e valori, sono quelli più difficili”, si legge. “Riuscire ad affrontarli e sostenerli per il bene di un Paese che sta vivendo il momento più difficile della sua storia recente non è una sconfitta, è un valore aggiunto in termini di etica e dignità. I 15 senatori che hanno votato no sono venuti meno all’impegno del portavoce del Movimento che deve rispettare le indicazioni di voto provenienti dagli iscritti”, continua il capo politico ad interim. “Tra l’altro, il voto sul nascente Governo non è un voto come un altro. È il voto dal quale prendono forma la maggioranza che sostiene l’esecutivo e l’opposizione. Ed ora i 15 senatori che hanno votato no si collocano, nei fatti, all’opposizione”, si legge ancora nel post. “Per tale motivo non potranno più far parte del gruppo parlamentare del MoVimento al Senato. Ho dunque invitato il capogruppo a comunicare il loro allontanamento, ai sensi dello Statuto e del regolamento del gruppo. Sono consapevole che questa decisione non piacerà a qualcuno, ma se si pretende rispetto per chi la pensa diversamente, lo stesso rispetto si deve a chi mette da parte le proprie posizioni personali e contribuisce al lavoro di un gruppo che non ha altro obiettivo che quello di servire i cittadini e il Paese”.
Chi ha votato contro – Ieri tra i 40 voti contrari al governo Draghi, 15 sono arrivati da senatori del M5s. Voti che arrivano anche da alcuni big come l’ex ministra per il Sud, Barbara Lezzi, e il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra. A loro si sono uniti Rosa Abate, Luisa Angrisani, Margherita Corrado, Mattia Crucioli, Fabio De Micco, Silvana Giannuzzi, Bianca Laura Granato, Virginia La Mura, Elio Lannutti, Matteo Mantero, Vilma Moronese, Cataldo Mininno e Fabrizio Ortis. Un numero più alto rispetto a quello anticipato alla vigilia, ma che si ferma a metà rispetto alle previsioni di poco meno di una settimana fa quando ci si aspettava uno strappo di quasi 30 persone. Sicuramente a cambiare gli equilibri ha contribuito l’adesione di nomi della prima guardia come Morra, che fino all’ultimo sembrava invece orientato all’astensione.
Lezzi, poco dopo l’annuncio ha rilanciato: “Ho appena letto il post del reggente perpetuo in cui comunica l’espulsione dal gruppo parlamentare dei 15 senatori, tra cui ci sono anche io, che ieri non hanno dato la fiducia al governo Draghi. Ho preso la decisione. Mi candido a far parte del comitato direttivo del M5s (da cui non sono espulsa)”, ha scritto su Facebook. “Credo che il 41% degli iscritti contrari ad allearsi con tutti, compresi Berlusconi, Salvini e Renzi, debbano essere rappresentati. Sono convinta, inoltre, che se il quesito fosse stato riproposto, come lo statuto prevede, quel 41% sarebbe stato più alto. Auspico, quindi, la massima serietà nel percorso che porta alle candidature e l’urgenza necessaria a sbloccare l’azione del M5s. Coraggio”.
“Penso di aver fatto qualcosa che certamente non mi mette a mio agio, però ci sono situazioni in cui bisogna anche rimanere soli. Se sono pronto all’espulsione? Adesso vedremo, io mi sento M5s fino al midollo. Non ci sono problemi, bisogna andare avanti e avere il massimo rispetto delle posizioni di tutti”, ha detto in mattinata il presidente dell’Antimafia. “Non rilascio dichiarazioni, ma le dico con chiarezza che faremo ricorso”, spiega invece Elio Lannutti. Secondo l’agenzia Adnkronos alcuni dei senatori espulsi stanno valutando di adire le vie legali, ricorrere al giudice contro quella che reputano un’ingiustizia. Che potrebbe indurli, tra le altre cose, a chiedere un risarcimento per danno di immagine. “C’è il quesito ‘truffaldino’ che è stato sottoposto alla base -dice uno dei senatori -ma anche una serie di altre questioni. Per dirne una: il nostro Statuto mette nero su bianco che il voto di fiducia va dato a un premier espressione del Movimento, vi sembra che Draghi lo sia?”.