venerdì 19 febbraio 2021

Governo Draghi | “Né grillino né renziano, resto un anno e poi me ne vado”: intervista a Cingolani. - Luca De Carolis

 

Il colloquio - Il ministro della Transizione ecologica difende il suo istituto: “Un’eccellenza, 5S ricreduti. Il Recovery? Base buona.”

L’uomo su cui Beppe Grillo ha puntato quasi tutto non porta la cravatta e se lo chiami superministro fa una smorfia: “Ma no, che senso ha?”. Eppure Roberto Cingolani, milanese di 59 anni, fisico, farà proprio il ministro alla Transizione ecologica. Cioè dovrà muovere quel dicastero posto come condizione da Grillo a Mario Draghi per dire sì al suo governo. Anche se i dissidenti a 5Stelle, quelli che hanno votato no sulla piattaforma Rousseau, ne contestano l’esistenza: “Il superministero non c’è, rivotiamo”. Cingolani però c’è di sicuro, in una stanza dentro la Camera. E parte dall’urgenza: “Io sono qui innanzitutto per scrivere il Programma nazionale di riforme per il Recovery Plan, ho otto settimane. Ci lavorerò di base con cinque persone, ma ovviamente sentirò tutti gli enti che devo sentire. Dobbiamo lavorare come se dovessimo vincere un premio”. D’accordo, ma il testo che ha trovato è da rifare? “C’è un’ottima base da cui partire. Ma dobbiamo lavorare, la scadenza del 30 aprile è a un passo”.

Deve avere fretta l’ex direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova, già ospite della Leopolda di Matteo Renzi, ora il primo nome nella lista di Beppe Grillo. Lei è così bravo a mutare bandiera, ministro? Cingolani si sistema sulla poltrona: “Io sono un non politico. Semplicemente, andavo dove mi chiamavano per spiegare cosa facesse l’Iit. Sono stato anche alla scuola di politica del centrodestra. Prima di accusarmi di essere un grillino e un renziano mi hanno dato del bossiano e mi hanno tacciato di essere un uomo di Giulio Tremonti, perché è lui ad aver voluto l’Istituto”. Però la Leopolda, lei capisce… “So che alcuni 5Stelle me lo stanno rinfacciando, ma quando tre anni fa ero andato a Ivrea al Sum di Davide Casaleggio, su sua richiesta, quello andava bene?”.

Cingolani, lei avrebbe fatto tutto senza sponsor, senza aiutini? “Sì, esattamente. Su di me e l’Iit hanno fatto 22 interrogazioni parlamentari, la prima nel 2009. Tutte finite nel nulla. Io l’ho diretto per tre mandati: la rivista Nature l’ha inserito tra i 25 migliori enti di ricerca del mondo, avevamo costi bassi e stipendi alti, e i risultati sono stati riconosciuti da tutti i board internazionali”. Va bene, ma Grillo? “Si è presentato qualche anno fa in istituto e ha esordito così: “Ti abbiamo scansionato, sei pulito”. I grillini erano convinti che fossi il Diavolo. Vennero in dieci a vedere cosa facevamo. Dovevano restare un’ora e mezza, se ne sono andati all’ora di cena. Si guardavano attorno e vedevano ragazzi di ogni parte del mondo”. Quindi lei è passato in quota M5S… “Io non sono di nessuno, ma trovo che i 5Stelle abbiano avuto il coraggio di cambiare idea su di me. Grillo l’ho rivisto solo qualche giorno fa”. Ma il suo nome a Draghi l’ha fatto lui…”. Mi hanno avvertito il giorno prima, di venerdì sera. Avevo un ottimo posto da dirigente in Leonardo, ma mi hanno spiegato che ‘l’Italia viene prima di tutto’. Ho accettato, tanto resto un anno, un anno e mezzo, poi me ne vado”. Ma prima cosa vorrebbe fare? Lo sa che all’estero questo ministero alla Transizione non ha funzionato granché, vero?”. Cingolani annuisce: “È vero. Ma il problema del clima non è verticale, non si affronta con un singolo ministero. Serve un disegno poliedrico, come ha detto Draghi. Quindi c’entrano il Mise, l’Innovazione, la Pubblica amministrazione”. Però il gioco dovrebbe condurlo lei. Che deleghe avrà il suo dicastero? Il ministro si risistema sulla poltrona: “Ne stanno ancora discutendo”. Che ha trovato nel ministero dell’Ambiente? Pausa, sorso d’acqua, risposta: “Finora si è esternalizzato troppo. Io voglio lasciare a chi verrà dopo di me una macchina che sappia gestire i soldi e i progetti”.

Ecco: ma lei, i soldi come li gestiva? Quando era presidente dell’Iit ha assegnato fondi per 3,5 milioni al Laboratorio di nanotecnologie di Lecce , diretto dalla sua prima moglie. Cingolani si sistema gli occhiali, ma non s’infuria: “Io non rispondo mai, ma a passare da disonesto non ci sto. La storia è un’altra: agli inizi dell’Iit, quando era nel triennio in cui lo stavamo costruendo, dovevamo partire con dei progetti. Li elaborai io, ma a valutarli è stato un Comitato scientifico internazionale, che poi ha girato i suoi giudizi al Cda dell’istituto. E a firmare tutto è stato il direttore generale. Poi quei soldi non sono andati a quella che era già la mia ex moglie, perché al tempo eravamo già divorziati. Erano risorse destinate al laboratorio, punto”. Ma lei era il direttore scientifico dell’Iit… “Il progetto era sulle nanotecnologie, e i centri attrezzati erano a Lecce e alla Normale di Pisa. Si figuri se dovevo favorire qualcuno”. Cingolani si alza. “Devo fare la seconda riunione sul Pnr, ho un sacco di lavoro. Ma come facevo a dire di no?”. Fuori la Camera, il voto di fiducia. “Ma tanto io resterò per quanto serve” sorride.

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