venerdì 15 dicembre 2023

Scienze Un banco di pesci di 50 milioni di anni fa. -

 

Un banco di 259 pesci intrappolati in sedimenti calcarei: una capsula del tempo direttamente dall'Eocene. Mizumoto et al.


I pesci sanno muoversi come un singolo organismo formato da milioni di individui: ogni esemplare sa che, per sopravvivere, dovrà nuotare accanto ai vicini, evitando di rimanere isolato. È così oggi e, a quanto pare, era così anche nell'Eocene, come testimonia la scoperta di un banco di pesci fossile di 50 milioni di anni fa.

Nobuaki Mizumoto, biologo della Arizona State University, si è imbattuto nel raro reperto nel 2016 mentre si trovava in vacanza in Giappone. La lastra di pietra calcarea di 55 cm per 38 cm che incornicia la scena, era conservata in un piccolo museo della cittadina di Katsuyama. I protagonisti sono 259 giovani esemplari di una specie estinta, l'Erismatopterus levatus, i cui individui adulti raggiungevano i 6,5 cm. I pesciolini morirono in massa prima di raggiungere la maturità - molti non superano i 2 cm. Mizumoto, esperto di comportamento animale, ha raccolto le sue osservazioni in un articolo pubblicato su Proceedings of the Royal Society B.


ACQUA DOLCE. La roccia proviene dalla Formazione del Green River, una formazione geologica dell'Eocene (56-34 milioni di anni fa) che ebbe origine dai depositi sedimentari di un gruppo di laghi intermontani del Nord America, lungo l'omonimo fiume che attraversa Colorado, Wyoming e Utah.


IN TRAPPOLA. Il fossile offre l'occasione di studiare l'evoluzione di un comportamento collettivo cristallizzato nel tempo da un evento improvviso, che non diede modo ai pesci di disperdersi per evitare la morte. Forse, sul banco che nuotava in acque poco profonde collassò improvvisamente una duna di sabbia; è anche possibile - ma meno probabile - che gli animali fossero già morti quando furono catturati dai sedimenti, e che la bidimensionalità della roccia faccia sembrare un banco quello che un banco non è.


CON ORDINE. Mizumoto ha condotto un migliaio di simulazioni del movimento dei pesci che sembrano identificare un banco di creature che nuotava nella stessa direzione, seguendo le regole dell'attrazione e della repulsione (cioè mantenere una certa vicinanza o una certa distanza dai vicini), le stesse che governano i movimenti dei banchi di pesci odierni. Questa strategia avrebbe dunque radici lontane, e proprio perché di successo si sarebbe sviluppata tra specie molto diverse, incluse quelle senza discendenti moderni.


https://www.focus.it/scienza/scienze/un-banco-di-pesci-di-50-milioni-di-anni-fa

Archeologi hanno trovato un misterioso sito preistorico vicino al Circolo Polare Artico. - Lucia Petrone

 

Gli archeologi hanno trovato un misterioso sito preistorico che si ritiene sia un cimitero dell’età della pietra di 6.500 anni fa a soli 80 chilometri a sud del circolo polare artico.

Il sito preistorico è noto come Tainiaro, situato a sud del circolo polare artico, nella regione finlandese della Lapponia. Sebbene l’ipotesi che il sito di Tainiaro sia un cimitero dell’età della pietra rimanga non dimostrata, se confermata, potrebbe alterare drasticamente le idee sulla storia del Nord Europa. Inoltre, la prova farebbe di Tainiaro il cimitero dell’età della pietra più settentrionale del mondo. Nel 1959, i lavoratori locali si imbatterono in strumenti di pietra a Simo, che si trova vicino al confine settentrionale del Mar Baltico, a soli 80 chilometri a sud del circolo polare artico. Il sito, denominato Tainiaro, è stato oggetto di scavi parziali negli anni ’80. Ciò ha portato alla scoperta di migliaia di manufatti, tra cui ceramiche, strumenti di pietra e ossa di animali. Gli archeologi hanno anche potuto notare 127 possibili fosse di diverse dimensioni che avrebbero potuto essere riempite di sedimenti. Alcuni avevano prove brucianti, mentre altri avevano tracce di ocra rossa. L’ocra rossa è un pigmento ferroso naturale fondamentale per numerose sepolture dell’età della pietra. Tuttavia, senza prove scheletriche, che si decomposero rapidamente nel terreno acido di questa regione, l’identificazione del Taniaro come cimitero non fu mai confermata. Il team di archeologi che lavora sul sito ha pubblicato le sue scoperte e teorie sulla rivista archeologica Antiquity della Cambridge University Press nel documento intitolato “Un grande cimitero del quinto millennio a.C. nel nord subartico del Mar Baltico”.

Inizialmente gli archeologi non erano sicuri se le fosse fossero tombe, focolari o una combinazione dei due. Per determinarne la natura, il team ha esaminato il contenuto e le dimensioni delle fosse e le ha confrontate con centinaia di tombe dell’età della pietra in 14 cimiteri. Gli archeologi hanno quindi potuto determinare che almeno 44 di questi avrebbero potuto ospitare sepolture umane. Inoltre, la forma rettangolare con bordi arrotondati delle fosse, tracce di ocra rossa e manufatti occasionali suggeriscono che si trattasse di tombe. Gli autori notano nello studio che Tainiaro dovrebbe essere considerato un cimitero nonostante non sia stato rinvenuto materiale scheletrico sopravvissuto nella zona. Il loro documento di ricerca menziona: “Nonostante l’assenza di prove scheletriche, dozzine di fosse del V millennio a.C. sono state provvisoriamente interpretate come sepolture. Molte delle fosse sono coerenti nella forma con quelle utilizzate per l’inumazione in siti contemporanei, suggerendo che Tainiaro è uno dei più grandi cimiteri dell’età della pietra nel nord Europa e sollevando interrogativi sulle pratiche culturali e di sussistenza delle società preistoriche nel subartico”. Mentre altrove sarebbe stato possibile trovare resti umani in queste fosse, il che avrebbe confermato l’ipotesi cimiteriale dell’età della pietra, il suolo in Finlandia è così acido che nulla di organico sepolto nel terreno potrebbe sopravvivere per più di mille anni. “Stiamo parlando di più di sei millenni qui. Quindi i contorni delle fosse e le loro tracce interne sono tutto ciò su cui gli archeologi locali devono basarsi. Ma non c’era nemmeno una mappa del luogo”, ha detto in una dichiarazione Aki Hakonen, un archeologo dell’Università di Oulu in Finlandia e uno degli autori dello studio . L’archeologo Aki Hakonen, che ha guidato la squadra, spiega che, in base alla forma delle fosse sepolcrali in altre aree, i morti a Tainiaro avrebbero potuto essere sepolti su un fianco o sulla schiena, con le ginocchia piegate. Nota che avrebbero potuto essere presenti pellicce e che i morti avrebbero potuto essere avvolti nelle pelli di foche. Hakonen nota anche che ocra rossa e corredi funerari potrebbero essere stati mescolati allo sporco di riempimento o alla tomba.

https://www.scienzenotizie.it/2023/12/04/archeologi-hanno-trovato-un-misterioso-sito-preistorico-vicino-al-circolo-polare-artico-1175235

giovedì 14 dicembre 2023

ARCHEOLOGIA POLINESIA, L’ENIGMA DELLE CREATURE DI PIETRA NELL’ISOLA DI NUKU HIVA. - Deslok

 

Temehea Tohua è la casa ancestrale di Vaekehu, l’ultima regina di Taiohae. Il sito si trova su Nuku Hiva, l’isola maggiore dell’arcipelago delle Isole Marchesi. Quest’isola è unica per le sue strane statue che secondo alcuni raffigurerebbero creature non terrestri. Sono in molti a voler svelare l’enigma delle sculture Temehea Tohua: sono il frutto della fervida immaginazione dei coloni polinesiani, oppure la testimonianza di un antico incontro ravvicinato?

Senza dubbio, il significato originale e lo scopo di una grande quantità di opere d’arte preistoriche sfugge alla nostra comprensione. Spesso, quello che era stato considerato come il frutto dell’immaginazione di un antico artista si è poi rivelato essere un’accurata testimonianza di fatti storici. Potrebbe essere anche il caso delle enigmatiche statue di Temehea Tohua?

Le sorprendenti statue si trovano sull’isola di Nuku Hiva, la più grande dell’arcipelago delle Marchesi, nella Polinesia francese. Gli europei hanno raggiunto le Marchesi solo nell’ultimo decennio del 16° secolo, ma secondo alcuni studi recenti, i primi coloni sono giunti da Samoa circa 2 mila anni fa.

La leggenda vuole che ‘Ono, il dio della creazione, avesse promesso alla moglie di costruirle una casa in un solo giorno, così egli raccolse della terra e creò l’isola di Nuku Hiva.
Interessante notare che il nome originario delle isole marchesi fosse “Te Fenua `Enata”, che nel dialetto meridionale significa “Terra degli Uomini”, nome che secondo alcuni studiosi voleva segnare una differenza con la terra abitata dagli “stranieri”. E, infatti, alcune statue presenti sull’isola di Nuku Hiva sembrano rappresentare esseri di un altro mondo! Certamente, non presentano l’aspetto dei primi abitanti umani dell’isola. Alcune sculture mostrano esseri con teste sproporzionatamente grandi, bocche spalancate e occhi enormi; in alcuni casi, è presente una bizzara miscellanea di tratti umani e alieni.
Gruppi di esseri sembrano indossare quello che agli occhi dei moderni sembra essere un casco. È interessante notare che in tutte le rappresentazioni questi esseri mostrino un aspetto feroce.

La datazione delle statue è incerta. Alcuni studiosi pensano che possano risalire all’inizio del 2° millennio d.C., ma potrebbero essere molto più antiche. Certamente, la loro origine e il loro significato restano un mistero irrisolto. Perchè i nostri antenati hanno sentito la necessità di scolpire statue di esseri mostruosi con grandi occhi, teste allungate e altre caratteristiche terrificanti? Chiunque essi rappresentino, gli esseri sembrano indossare un qualche tipo di abito, simile alle tute spaziali dei tempi moderni.
Sono rappresentazioni di antichi sacerdoti stranamente vestiti, di spiriti maligni da cui difendersi, oppure, come sostengono i teorici degli Antichi Astronauti, la testimonianza di un contatto alieno avvenuto migliaia di anni fa?

Raffigurazioni simili a quelle dell’isola di Nuku Hiva sono presenti in tutto il mondo. Alcune di loro sono davvero sorprendenti, come ad esempio le figurine di pietra degli Anunnaki scoperte in Iraq, i rettiloidi della Mesopotamia, oppure i Nomoli del Sierra Leone. Dunque, le sculture di Nuku Hiva sono solo il frutto di una fantasia artistica con un semplice ruolo rituale? Oppure, si tratta dell’ennesimo indizio che “qualcuno” potrebbe aver interagito con i nostri antenati alterando la normale evoluzione della specie umana?
Quello che è certo, è che nell’uno e nell’altro caso, le statue di Nuku Hiva non rappresentano esseri umani.

Indonesia, scoperta piramide che potrebbe avere 27mila anni. - Francesca Orazi

E’ stata scoperta una piramide sotto il sito preistorico di Gunung Padang, a Giava occidentale, in Indonesia. Le prime analisi rivelano che potrebbe essere stata costruita ben 27.000 anni fa, ed essere quindi la più antica del mondo.

Un articolo, pubblicato sulla rivista ‘Archaeological Prospection’ il 20 ottobre, ha aperto un acceso dibattito circa i resti di una piramide ritrovata in Indonesia, tanto che molti archeologi si sono subito dissociati dal contenuto. La collocazione temporale così antica è un dato non indifferente nel panorama archeologico mondiale. Se la piramide indonesiana avesse davvero 27.000 anni, ciò la renderebbe molto più antica della prima piramide egizia, la Piramide di Djoser, risalente a 4.600 anni fa e significherebbe anche che è precedente al più antico sito megalitico conosciuto, Gobekli Tepe in Turchia, costruito circa 11.000 anni fa. Danny Hilman Natawidjaja, geologo dell’Agenzia nazionale per la ricerca e l’innovazione di Bandung si è espresso a riguardo, manifestando le sue perplessità: “Non è facile costruire piramidi in quanto bisogna avere un’elevata abilità nella muratura”[…] “La natura ordinata, sagomata e massiccia di queste rocce, alcune delle quali pesano fino a 300 chilogrammi, esclude la probabilità di un trasporto su distanze significative”. […]”La geometria regolare e la composizione distinta di questo oggetto, nonché i suoi materiali non correlati alle rocce circostanti, indicano la sua origine antropica”. Tra il 2011 e il 2014, Natawidjaja e colleghi hanno studiato il sito utilizzando diverse tecniche di penetrazione del terreno per determinare cosa si trova sotto le terrazze e hanno identificato quattro strati che, secondo loro, rappresentano fasi distinte di costruzione. Lo strato più interno è un nucleo di lava indurita, che è stato ‘meticolosamente scolpito’, secondo il documento. Gli strati successivi di rocce, disposte come mattoni, sono stati costruiti sopra il piano più antico. Gli strati sono stati datati al carbonio, utilizzando il terreno depositato tra le rocce ottenuto da un nucleo scavato nella collina. Secondo il documento, la prima fase di costruzione è avvenuta tra 27.000 e 16.000 anni fa. Ulteriori aggiunte sono state apportate tra gli 8.000 e i 7.500 anni fa e lo strato finale, che comprende le terrazze a gradoni visibili, è stato messo in opera tra i 4.000 e i 3.100 anni fa.

A proposito dello studio pubblicato nell’articolo, Lutfi Yondri, archeologo del BRIN di Bandung, in Indonesia, ha affermato: “Lo studio ha dimostrato che le popolazioni della regione abitavano le grotte tra i 12.000 e i 6.000 anni fa, molto tempo dopo la presunta costruzione della piramide, e nessuno scavo di questo periodo ha rivelato prove di una sofisticata attività di muratura”. E, alle sue parole, si aggiunge Flint Dibble, archeologo dell’Università di Cardiff, nel Regno Unito: “Sono sorpreso che il documento sia stato pubblicato così com’è”. Secondo Dibble, sebbene l’articolo presenti “dati legittimi”, le sue conclusioni sul sito del rinvenimento e sulla sua età non sono giustificate. Gunung Padang comprende cinque terrazze di pietra a gradoni, con muri di contenimento e scale di collegamento, che si trovano in cima a un vulcano spento. Continua Dibble: “Non ci sono prove evidenti che gli strati sepolti siano stati costruiti dall’uomo e che non siano il risultato di agenti atmosferici naturali e del movimento delle rocce nel corso del tempo” […] “Il materiale che rotola giù da una collina è destinato, in media, a orientarsi”.

Anche Bill Farley, archeologo della Southern Connecticut State University di New Haven ha i suoi scetticismi sulla collocazione temporale del rinvenimento: “Il lavoro non fornisce prove dell’esistenza di una civiltà avanzata durante l’ultima era glaciale”. I campioni di terreno di Gunung Padang, risalenti a 27.000 anni fa, pur essendo accuratamente datati, non recano segni di attività umana, come carbone o frammenti di ossa. I dati archeologici mostrano che la transizione da società di cacciatori-raccoglitori a società complesse che occupavano grandi insediamenti è avvenuta dopo l’inizio dell’Olocene, 11.700 anni fa. La più antica città attualmente conosciuta è il sito di Catalhoyuk, risalente a 9.000 anni fa, nell’attuale Turchia. Intanto, la rivista ‘Archaeological Prospection’ e la sua casa editrice, Wiley, hanno avviato un’indagine sull’articolo. Eileen Ernenwein, geofisica archeologica presso la Tennessee State University di Johnson City, che è co-editore della rivista, ha dichiarato in un’e-mail a ‘Nature’: “I redattori, me compresa, e il gruppo etico di Wiley stanno attualmente indagando su questo articolo in conformità alle linee guida del Committee on Publication Ethics”.

Nell’attesa di nuovi sviluppi sul contenuto dell’articolo, il sito di Gunung Padang è stato presentato nel documentario di Netflix Ancient Apocalypse del 2022, condotto dallo scrittore britannico Graham Hancock, il quale promuove l’idea che una civiltà globale avanzata sia stata spazzata via 12.000 anni fa, al termine dell’ultima era glaciale. Gli autori riconoscono a Hancock il merito di aver corretto il loro lavoro.

https://www.quotidianoarte.com/2023/12/04/indonesia-scoperta-piramide-che-potrebbe-avere-27mila-anni/

Gnè gnè (Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) –



(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Chi ha visto il confronto alla Camera fra Meloni e Conte capisce perché la premier voleva Schlein e non Conte ad Atreju: per oscurare il leader che più la impensierisce e creare un finto bipolarismo Giorgia-Elly a proprio vantaggio. Ma capisce anche un’altra cosa: i peggiori nemici della Meloni sono i suoi fidi, che la mandano in Parlamento totalmente impreparata. Per trovare una catastrofe comunicativa simile bisogna tornare a Cutro, dove però aveva accanto Sechi, e ho detto tutto. Ora vien da chiedersi dove abbiano trovato qualcuno che è pure peggio: sul Mes e sul Superbonus, la Meloni pare la bambina dell’asilo che, presa con le mani nella marmellata, risponde “specchio riflesso, chi lo dice lo è mille volte più di me, gnè gnè!”. Sul 110% ha riciclato la balla della truffa ai danni degli italiani, mentre le frodi su quel bonus sono rarissime e senza un euro di costo per lo Stato, che invece s’è giovato della misura col rilancio dell’edilizia, l’aumento di Pil post-Covid migliore della Ue (il gatto morto è il suo Pil, che non rimbalza neppure), extra-introiti fiscali, un milione di occupati e benefici ambientali. Ma soprattutto s’è scordata di aver promesso appena 13 mesi fa di prorogare ed estendere il bonus, cosa che peraltro vogliono i gruppi parlamentari della sua maggioranza nel Milleproroghe.
Sul Mes, poi, la sua coda di paglia è ancor più lunga: le brucia che Conte non l’abbia preso (aveva inventato di meglio: i 209 miliardi del Recovery), malgrado lei e Salvini l’avessero accusato il 10.4. 2019 di averlo firmato nottetempo e di nascosto (“alto tradimento!”, “spergiuro!”). Conte li sbugiardò dimostrando di non aver firmato nulla, né col favore delle tenebre né alla luce del sole e ricordò che il Mes era nato nel 2011 grazie al governo B.3, di cui facevano parte Meloni e la Lega e che approvò il ddl per ratificare la decisione del Consiglio europeo che avviava il Salva-Stati. Poi nel 2012 (governo Monti) il Parlamento ratificò il trattato istitutivo del Mes: il Pdl in cui militava la Meloni votò Sì. Ora la premier chiede al Pd: “Perché non l’avete approvato voi?” (ma il vecchio Mes lo approvarono il suo governo e il suo partito 11-12 anni fa e il nuovo va votato ora). Poi sfida il principio di non contraddizione e accusa Conte e Di Maio di averlo approvato nel 2021 col Pd. Viene in mente un’invettiva di Gesualdo Bufalino: “E quando parlano poi, quale quotidiano inesauribile vilipendio della parola, è questa l’offesa che duole di più: ci taglieggiano, ci sgovernano, ci malversano, ma almeno stessero zitti; smettessero questo balletto di maschere, questo carnevale del nulla, al riparo del quale mani avide intascano, leggi inique o vane si scrivono, ogni proposito onesto si sfarina in sillabe senza senso”.

Al Ubaid - Sud dell'odierno Iraq.


La cultura preistorica Ubaid risale a 7.000 anni fa e, l'origine del popolo Ubaidiano, é in gran parte sconosciuta

Sappiamo solo che svilupparono agricoltura, architettura ed allevamento e vivevano in grandi insediamenti di case costruite con mattoni adobe, ottenuti da un impasto di argilla, sabbia e paglia essiccata all'ombra

Il sito principale dove sono stati scoperti dei reperti della civiltà Ubaidiana, si chiama Tell Al'Ubaid

Gli scavi hanno portato alla luce statuette maschili e femminili che indossavano un casco ed un'imbottitura sulle spalle

Altre impugnavano uno scettro

I volti sono simili a quelli dei "rettili", teste allungate, occhi a mandorla e nasi come le lucertole

Alcune figure femminili, sembrano allattare bambini con le stesse caratteristiche somatiche dei genitori

Autore..
Ameliach Lisseth
Leyendas Negras en la Historia

mercoledì 13 dicembre 2023

Le misteriose rocce della Fortezza di Sacsayhuamán - Egitto Misterioso

 

...Forse poche immagini come quella che vedete in questo post, che raffigura un angolo della di un muro di cinta della Fortezza di Sacsayhuamán, può dare un’idea del mistero che si cela in quella costruzione.
Come potete vedere ad occhio nudo, le rocce non sono semplicemente appoggiate una sull’altra, come in qualsiasi muro moderno. I blocchi della Fortezza di Sacsayhuamán sembrano essere gommosi, si piegano anche al loro interno, e aderiscono perfettamente uno all’altro, come se fossero stati fusi insieme.
Fior di ingegneri e architetti hanno spiegato che è impossibile anche per noi, uomini moderni, ottenere un effetto simile. L’unica opzione per creare qualcosa del genere è chiamare in causa la chimica. Per realizzare blocchi simili, si dovrebbero creare delle specie di mattoni “gommosi” con una specie di argilla, o cemento, dare loro la forma che desideriamo, tenerli bloccati con qualche tipo di morsa, e aspettare che si asciughino.
Ma noi viviamo nel XXI secolo. E quelle della Fortezza di Sacsayhuamán non sono rocce di argilla. La maggior parte di esse è composta da andesite, o comunque da altre rocce molto dure. Questo vuol dire che i costruttori, chiunque essi siano stati, erano capaci di “creare” delle rocce di andesite come noi oggi creiamo vasi di argilla. Erano dei veri geni della chimica.
Se poi riflettiamo che molte di quelle rocce pesano svariate tonnellate, e si trovano a 3.500 metri di altezza, ci inizia a girare la testa. Quale popolazione di quel tempo aveva le conoscenze di chimica e di ingegneria tali da poter realizzare veri geopolimeri, che solidificati sono praticamente identici alla vera andesite? Tra l’altro, questa costruzione “a puzzle” è fortemente antisismica. Infatti, nonostante i violentissimi terremoti che si verificano sulle Ande, quelle mura sono ancora li. Che fine hanno fatto questi geniali costruttori? Quanto tempo fa esisteva la loro civiltà? Erano presenti solo in Sud America?
L’articolo continua sul libro:
HOMO RELOADED – 75.000 ANNI DI STORIA NASCOSTA