venerdì 5 giugno 2015

Cara Mineo, Giuseppe Castiglione e il potere di Ncd sull’accoglienza in Sicilia. - Giuseppe Pipitone

Cara Mineo, Giuseppe Castiglione e il potere di Ncd sull’accoglienza in Sicilia

Il rapporto tra il sottosegretario e Luca Odevaine, l'ex capo di gabinetto di Veltroni, considerato l'uomo di Mafia Capitale dentro il business migranti. L'appalto per la riassegnazione del centro nonostante il parere di Cantone. E una rete, quella del Nuovo Centrodestra, che si estende oltre i cancelli di Mineo negli appalti per l'accoglienza e nello strapotere elettorale.

C’è il potente sottosegretario, titolare di migliaia di preferenze, capace di fare eleggere l’europarlamentare più votato del partito. C’è l’ex consulente legale del Cara di Mineo, poi promossa sindaco del comune in provincia di Catania, e ci sono i dirigenti del centro per richiedenti asilo, abili a mantenere l’appalto a nove cifre tra le mani del consorzio bipartisan che va da Comunione e Liberazione e arriva fino alla Legacoop. È un marchio pesante quello impresso dal Nuovo Centro Destra sul business dell’immigrazione, motore principale degli affari di Mafia Capitale, che adesso è diventato ufficialmente oggetto d’indagine anche per la procura di Catania.
L’ufficio giudiziario guidato da Giovanni Salvi ha confermato con una nota l’indagine a carico di Giuseppe Castiglione, sottosegretario all’Agricoltura, luogotenente di Angelino Alfano in Sicilia. Castiglione è accusato di turbativa d’asta per l’appalto da cento milioni bandito per la gestione del centro, giudicato illegittimo dal presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, ma riassegnato alla stessa associazione temporanea d’imprese che godeva degli appoggi di Luca Odevaine, l’ex vice capo di gabinetto di Walter Veltroni in Campidoglio, l’uomo di Mafia Capitale nel business della gestione dei migranti. È un sistema tentacolare e blindato quello che nasce a partire dal 2011 all’ombra del residence degli Aranci, cioè le 403 villette costruite per i militari statunitensi di stanza a Sigonella poi trasformato nel centro richiedenti asilo più grande d’Europa. Un sistema che riesce a gestire voti, appalti e influenze politiche. 
“Castiglione fa il sottosegretario, però è il loro principale referente in Sicilia, cioè quello che poi gli porta i voti, perché poi i voti loro li hanno tutti in Sicilia”, è la descrizione che fa Odevaine del braccio destro di Alfano.
Ex presidente della provincia di Catania, da soggetto attuatore del Cara di Mineo, è Castiglione a scegliere Odevaine come consulente del centro, e – secondo le intercettazioni – è sempre Castiglione a portare a pranzo l’uomo di Mafia Capitale e a fargli capire chi doveva vincere la gara d’appalto per il Cara. “Praticamente arrivai e capìi che quello che veniva a pranzo con noi era quello che avrebbe dovuto vincere la gara”, dice sempre Odevaine intercettato. “Ribadisco la mia assoluta serenità nella vicenda e sono immediatamente a disposizione della magistratura per qualunque circostanza”, dice oggi il sottosegretario indagato.
“La scelta di Odevaine? Era un esperto del settore immigrazione”, spiega, glissando sul fatto che anche il suo successore alla guida del consorzio che è ente attuatore del Cara ha rinnovato periodicamente gli incarichi di Odevaine. Ed è per questo motivo che insieme a Castiglione, la procura di Catania indaga anche un altro esponente del partito di Alfano, cioè Anna Aloisi, avvocato ex collaboratore del Cara di Mineo, presidente del consorzio Calatino Terra di Accoglienza, poi eletta sindaco del comune in provincia di Catania, dove il Nuovo Centro Destra ha sempre sbancato ad ogni turno elettorale fin dalla sua nascita. Merito di alcuni importantissimi grandi elettori: uno di questi è Paolo Ragusa, presidente del consorzio Sol Calatino, un conglomerato di cooperative della zona componente dell’associazione temporanea d’imprese che gestisce il Cara.
È una realtà importante il Sol Calatino, considerato leader nel settore dell’accoglienza, un vero e proprio asso pigliatutto nel business dell’immigrazione che nel 2014 ha affiancato la gestione del Cara di Mineo con quella dello Sprar di Caltagirone, un punto di accoglienza da appena 25 posti, ma che vale quasi mezzo milione di euro. Anche Ragusa è indagato per l’appalto del Cara di Mineo, insieme a Marco Aurelio Sinatra, sindaco del comune di Vizzini, anche lui eletto con il centro destra, e Giovanni Ferrera, direttore generale del Consorzio Calatino Terra di Accoglienza. È Ferrera che il 15 maggio, come raccontato da ilfattoquotidiano.it, prende carta e penna per riassegnare l’appalto della gestione del Cara all’associazione temporanea d’imprese coinvolta in Mafia Capitale, bollando come “non è vincolante” il giudizio di Cantone, che nel frattempo aveva scritto direttamente ad Alfano, non ricevendo alcuna risposta. Appena due settimane fa, quindi, le imprese che avevano vinto l’appalto da cento milioni erano tornate formalmente a gestire senza impedimenti il centro per richiedenti asilo.
L’ombra lunga del partito di Alfano, però, non si scorge soltanto a Mineo: pochi mesi fa il direttore in pectore (dimessosi dopo le polemiche) del nuovo centro di primo soccorso di Lampedusa era Lorenzo Montana, suocero di Alessandro Alfano, fratello minore del Ministro dell’Interno. Il centro di Lampedusa aveva suscitato scalpore nel 2012, con le docce antiscabbia praticate ai migranti: all’epoca a gestirlo c’era la Sisifo, iscritta a Legacoop, presente nella cordata che gestisce Mineo (insieme alla Cascina, vicina a Cl, duramente colpita dalla seconda tranche dell’inchiesta capitolina). A Catania il consorzio Sisifo ha deciso d’installare la propria sede in un appartamento di piazza Roma: il proprietario è Giovanni La Via, ex assessore regionale all’Agricoltura di Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, eletto europarlamentare con il Nuovo Centro Destra nel 2014. La Via ha spiegato di aver affidato la gestione del suo appartamento ad un’agenzia immobiliare, che per una coincidenza ha deciso di affittarlo proprio a Sisifo. Un anno fa il politico aveva raccolto più di 56mila preferenze, risultando il primo degli eletti a Bruxelles (diecimila voti in più dell’allora ministro Maurizio Lupi) nel partito di Alfano: sono i famosi voti di Castiglione, noti persino ad Odevaine.

Mafia Capitale, inchiesta sul governo: indagato Castiglione, sottosegretario Ncd

Mafia Capitale, inchiesta sul governo: indagato Castiglione, sottosegretario Ncd

L'ex presidente della Provincia di Catania, oggi deputato nazionale e coordinatore del Nuovo centrodestra in Sicilia, sotto accusa con altre 5 persone che secondo i pm di Catania "turbavano le gare di appalto per l’affidamento della gestione del Cara di Mineo del 2011 e prevedevano gara idonee a condizionare la scelta del contraente con riferimento alla gara di appalto 2014". Gara da 100 milioni definita "illegittima" dall'Anticorruzione, nel silenzio del Viminale.


La gestione del Cara di Mineo, al centro dell’inchiesta della Procura di Roma su Mafia Capitale, getta la propria ombra lunga sul governo. Giuseppe Castiglione, sottosegretario all’Agricoltura ed esponente del Nuovo Centrodestra, figura tra i sei indagati per turbativa d’asta nell’inchiesta della Procura di Catania sull’appalto per la gestione del Centro assistenza rifugiati e richiedenti asilo di Mineo. La notizia, anticipata dal quotidiano La Sicilia di Catania, ha trovato riscontro nel decreto con il quale i carabinieri hanno perquisito gli uffici comunali di Mineo. I pm di Catania, che lavorano in coordinamento con i colleghi di Roma, ipotizzano che gli indagati “turbavano le gare di appalto per l’affidamento della gestione del Cara del 2011, prorogavano reiteratamente l’affidamento e prevedevano gara idonee a condizionare la scelta del contraente con riferimento alla gara di appalto 2014“. 
Quella stessa gara definita illegittima dal presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, i cui rilievi sono stati ignorati dal ministero dell’Interno guidato da Angelino Alfano

Sei gli indagati nell’inchiesta siciliana sull’affare migranti, al centro delle mire della cupola romana: oltre a Castiglione, che è anche deputato nazionale e coordinatore del Ncd in Sicilia, “nella qualità di soggetto attuatore per la gestione del Cara di Mineo”, ci sono Giovanni Ferrera, “nella qualità di direttore generale del Consorzio tra Comuni, Calatino Terra di Accoglienza”, Paolo Ragusa, “nella qualità di presidente della Cooperativa Sol. Calatino”, Luca Odevaine “nella qualità di consulente del presidente del Consorzio dei Comuni”, e i sindaci di Mineo e Vizzini, Anna Aloisi e Marco Aurelio Sinatra.

L’appalto da 100 milioni di euro del 2014 per il Cara del paesino in provincia di Catania, il più grande d’Europa, è la storia più delicata politicamente e più rilevante dal punto di vista economico di Mafia Capitale. Il Consorzio Calatino Terra di Accoglienza, che ha gestito le gare incriminate (dal 2011 a oggi) è stato guidato negli anni scorsi proprio da Castiglione, ex presidente della Provincia di Catania, che poi ha lasciato il posto alla sua compagna di partito Anna Aloisi, che di Mineo è sindaco. 
Per il centro d assistenza sono finiti giovedì ai domiciliari i manager del Gruppo La Cascina, la storica cooperativa facente parte della galassia di Comunione e Liberazione.

Di Castiglione parla anche Luca Odevaine, secondo i pm il trait d’union tra la cupola e le istituzioni nella gestione degli appalti per l’accoglienza dei migranti, oggi agli arresti. L’ex vicecapo di gabinetto di Walter Veltroni al comune di Roma ne parla il 21 marzo 2014 con il suo commercialista: inviato a Mineo da Franco Gabrielli per “fare la gara“, Odevaine  – all’epoca membro del Tavolo di coordinamento nazionale insediato presso il Ministero dell’Interno – racconta del proprio incontro con il sottosegretario in un’intercettazione captata negli uffici della Fondazione Integra/Azione: 

“Praticamente venne nominato sub-commissario … eh del commissario Gabrielli … il Presidente della Provincia di Catania … che era anche Presidente dell’UPI … Giuseppe Castiglione … il quale … quando io ero andato giù … mi è venuto a prendere lui all’aeroporto … mi ha portato a pranzo … arriviamo al tavolo … c’era pure un’altra sedia vuota … dico eh “chi?” … e praticamente arrivai a capì che quello che veniva a pranzo con noi era quello che avrebbe dovuto vincere la gara”.

Castiglione si professa innocente: “Tutta questa vicenda è semplicemente assurda – si difende il sottosegretario – già sei mesi fa quando venne pubblicata la notizia sull’inchiesta a mio carico caddi dalle nuvole. Ora ci risiamo. Ma di cosa stiamo parlando poi?”. Delle gare d’appalto per il Cara situato nella provincia di cui Castiglione è stato presidente. “Feci una gara in piena emergenza” – racconta – quando l’ex ministro Maroni mi chiamò per l’emergenza immigrati chiamai Odevaine. In quel momento era il direttore della Polizia provinciale in carica a Roma, una persona autorevole, cosa avrei dovuto fare?”.
Qualche dubbio in merito alla gestione delle gare ce l’ha l’Anticorruzione. Il 27 maggio scorso , come anticipato da Marco Lillo sull’edizione odierna del Fatto Quotidiano, Cantone scriveva al ministro Alfano una lettera in cui definiva illegittimo l’appalto del Cara di Mineo vinto nell’aprile 2014 da un raggruppamento di imprese che comprende La Cascina. “Tale problematica sarà sottoposta da Anac al giudice contabile per eventuali profili di danno erariale”, scriveva ancora il presidente dell’Anac. Tutto inizia il 25 febbraio quando Cantone firma un parere sulla gara vinta dal consorzio. La gara sembrava ritagliata su misura del consorzio che già gestiva il Cara, quindi – scrive Cantone – è “illegittima” perché “in contrasto con i principi di concorrenza, proporzionalità, trasparenza, im-parzialità e economicità”.

E il Viminale cosa dice? Nulla, anzi. Il 25 marzo davanti ai parlamentari del Comitato Schengen il prefetto Mario Morcone difende l’operato di chi gestisce il centro: “Ho qualche dubbio sulla decisione del presidente Cantone. (…) A noi hanno detto sempre che il general contractor (come quello scelto da Odevaine e compagni per il Cara di Mineo, ndr) era la soluzione e che si risparmiava e ora improvvisamente per un contratto del 2013 si è stabilito che è stata impedita la partecipazione alle piccole e medie imprese. A certe situazioni bisogna fare attenzione, perché ci sono sicuramente aspetti di opacità, ma anche tanta gente per bene”, conclude il prefetto.
Il 6 maggio Cantone prende di nuovo carta e penna e ribadisce per iscritto il proprio parere al Consorzio Calatino: la gara è illegittima. Ma il 15 maggio Ferrera, direttore generale del Consorzio, firma e pubblica la determina che conferma l’appalto da 100 milioni e chiude la questione anche perché l’Anac ha solo un potere consultivo. L’appaltone è salvo. 

In tutto questo, il ministro dell’Interno Angelino Alfano resta ancora in silenzio.

Mafia Capitale, ‘illegittimo l’appalto al Cara di Mineo’. Ma Alfano ignorò Cantone. - Marco Lillo

Mafia Capitale, ‘illegittimo l’appalto al Cara di Mineo’. Ma Alfano ignorò Cantone

La gara da 100 milioni di euro dell'aprile 2014, al centro dell'inchiesta della Procura di Catania che vede indagato il sottosegretario Ncd Giuseppe Castiglione insieme ad altre 5 persone, era stata segnalata dall'Anticorruzione al ministero dell'Interno, che non è mai intervenuto.

La lettera che Il Fatto Quotidiano ha potuto leggere :Lettera Cantone Lillonon proviene dagli atti giudiziari ma è fondamentale per capire l’inadeguatezza del Ministero guidato da Angelino Alfano nel gestire la questione più importante dell’indagine: l’appalto da 100 milioni del Cara (Centro di accoglienza per i richiedenti asilo) di Mineo (Catania). Il 27 maggio scorso il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone scrive al ministro Alfano una lettera pesante: l’appalto del Cara di Mineo vinto nell’aprile 2014 da un raggruppamento di imprese che comprende la Cascina (i cui manager sono stati arrestati ieri) è illegittimo.
Alfano non ha ancora risposto. Cantone terminava le sue sette pagine segnalando la delibera del Consorzio di Comuni Calatino Terra di Accoglienza che confermava l’appalto del Cara nonostante un parere contrario dell’Anticorruzione nelle mani delle imprese che lo avevano vinto, in testa La Cascina. Cantone scrive anche ad Alfano: “Tale problematica sarà sottoposta da Anac al giudice contabile per eventuali
profili di danno erariale”.
Tutto inizia il 25 febbraio scorso quando Cantone firma un parere sulla gara vinta dal consorzio comprendente La Cascina, vicina a Luca Odevaine, arrestato a dicembre per vicende analoghe. La gara da 100 milioni per gestire il centro per rifugiati più grande d’Europa in Sicilia sembrava ritagliata su misura del consorzio che già gestiva il Cara. Cantone nel parere scrive che la gara è “illegittima” perché “in contrasto con i principi di concorrenza,proporzionalitàtrasparenza, imparzialità e economicità”. La bacchettata lascia indifferente il Consorzio Calatino Terre di Accoglienza presieduto da Anna Aloisi, sindaco Ncd di Mineo, feudo elettorale del sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione, grande portatore di voti del partito di Alfano (oggi indagato dalla Procura di Catania per turbativa d’asta).
Un mese dopo il parere di Cantone, il 25 marzo, il prefetto Mario Morcone interviene davanti ai parlamentari del Comitato Schengen: “Dico una cosa che non piacerà: ho qualche dubbio sulla decisione del presidente Cantone, che peraltro conosco, apprezzo e stimo moltissimo”. Morcone si schiera con chi gestisce il centro: “A noi hanno detto sempre che il general contractor (come quello scelto da Odevaine e compagni per il Cara di Mineo, ndr) era la soluzione e che si risparmiava e ora improvvisamente per un contratto del 2013 si è stabilito che è stata impedita la partecipazione alle piccole e medie imprese”. Morcone chiude critico: “A certe situazioni bisogna fare attenzione perché ci sono sicuramente aspetti di opacità ma anche tanta gente per bene”. Forti anche delle parole di Morcone, il 13 aprile il direttore generale del Consorzio Calatino Giovanni Ferrera e la presidente Aloisi inoltrano a Cantone una “richiesta di riesame del parere”. Nell’istanza, Ferrera si fa forte di un parere del 10 aprile 2015 della Direzione centrale dei Servizi civili per l’immigrazione del Ministero che “ha confermato l’indirizzo assunto da questo consorzio nel 2014 e negli ultimi sette anni dalle Prefetture”. Effettivamente il 10 aprile il direttore centrale vicario, Maurilia Bove, scrive alla Prefettura di Catania una lettera che sembra un via libera alla strada scelta a Mineo. Dieci giorni dopo lo stesso viceprefetto Bove corregge un po’ il tiro con una seconda lettera alla Prefettura: specifica che la prima nota non faceva “riferimento al caso specifico” di Mineo.
Cantone comunque non si piega e il 6 maggio scrive al Consorzio Calatino che l’Anac non rivede il suo parere: la gara è illegittima. Il 15 maggio Ferrera, del Consorzio Calatino, firma e pubblica la determina che conferma l’appalto da 100 milioni e chiude la questione anche perché l’Anac ha solo un potere consultivo. Grazie alle lettere della direzione che dipende da Morcone e dopo l’audizione anti-Cantone del prefetto, l’appalto ne è salvo. 
Ora Angelino Alfano dovrà rispondere finalmente una volta per tutte alla domanda implicita della lettera del 27 maggio di Cantone: l’appalto di Mineo da 100 milioni, per il quale Luca Odevaine pretendeva mazzette di 10-20 mila euro mensili dai manager della Cascina arrestati ieri, assegnata grazie a una gara definita ‘illegittima’ da Cantone, al Ministro va bene?

Rifugiati Amnesia dell'Europa. - Javier Solana

L’Europa dovrebbe imparare dal Libano in materia di rifugiati
La capacità di altri Paesi di gestire masse ingenti di sfollati mettono in risalto l’inefficienza delle politiche migratorie europee.
Dopo la prima guerra mondiale, quando milioni di civili europei sono diventati rifugiati, costretti dall'occupazione nemica delle loro terre natie o dalla deportazione, un regime internazionale è stato in grado di formulare le risposte efficaci per alleviare le sofferenze di coloro che erano stati sradicati. Un secolo più tardi, un'altra crisi dei rifugiati è in corso, e questa volta, è l'Europa che ha il compito di fornire un rifugio sicuro alle persone disperate. Eppure non è all'altezza della situazione, con molti dei suoi risposte non riuscire a corrispondere l'urgenza della situazione.
Nei primi mesi del 2015 più di 38.000 persone hanno provato a raggiungere l’Europa attraversando il Mediterraneo dal Nord Africa. Circa 1.800 di queste sono morte, il doppio di quelle che hanno perso la vita nel 2013.
Molti europei hanno risposto a questa crisi, simile a quella che dopo la Prima Guerra Mondiale ha visto milioni di civili europei sradicati e in cerca di un posto dove andare, chiudendo i battenti ai rifugiati o, peggio, chiedendoci di dimenticare. I populismi dilaganti infiammano gli animi con la loro retorica falsa sostenendo che questi flussi sono una minaccia per l’identità nazionale dei paesi ospiti. Ma questa crisi non riguarda tanto gli immigranti, quanto i rifugiati che fuggono dall’instabilità e dalla violenza che affliggono il Nord Africa e il Medio Oriente e la comunità internazionale è tenuta per legge a proteggerli.
L’Europa, d’altra parte, non è l’unica regione a dover sopportare i flussi migratori né quella ad esserne più toccata. Nove rifugiati su 10 fuggono nei Paesi vicini al loro. Così il campo rifugiati di Zaatari in Giordania ospita più di 82.000 persone: se fosse una città ufficiale, sarebbe tra quelle più popolose di tutto il Paese. Il Libano, in cui vivono 4,5 milioni di abitanti, ha accolto 111.6000 rifugiati, all’incirca l’equivalente della popolazione belga.
Con questi dati in mano è difficile giustificare l’incapacità dell’Europa a mettersi d’accordo su un sistema di integrazione di, diciamo, 20.000 rifugiati in un anno, da distribuire in 28 Paesi. Alcuni, come la Spagna o la Grecia, hanno accettato solo 4.000 persone, un numero esiguo se paragonato alla Giordania o al Libano.
Un accordo basato su delle quote aiuterebbe a distribuire il peso tra gli Stati europei. Ogni nazione – e non solo quelle che si affacciano sul Mediterraneo – dovrebbe contribuire alle operazioni di salvataggio in mare. Inoltre l’Europa dovrebbe impegnarsi ad aiutare le nazioni fragili e piagate dai conflitti a far fronte alle sfide, a migliorare il benessere dei cittadini e a sviluppare delle economie fiorenti.
Lo scorso secolo, in entrambe le guerre mondiali, erano gli europei a fuggire dalle persecuzioni e con il numero di sfollati di oggi, che non si era visto dalla Seconda Guerra Mondiale, l’Europa ha la responsabilità di ricordarsi la sua storia e di dimostrare che i valori dell’Unione Europea si estendono oltre le sue frontiere.
Di Javier Solana. The Daily Star Lebanon (03/06/2015). Traduzione e sintesi di Chiara Cartia.
Javier Solana è un membro della Brookings Institution ed ex Alto Rappresentante UE per la Politica Estera.

giovedì 4 giugno 2015

È tempo di recuperare un’idea: fratellanza. - Alain Goussot

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Tanti anni fa padre Ernesto Balducci in un testo importante che bisognerebbe rileggere, “La terra del tramonto. Saggio sulla transizione” (edito da Giunti), scriveva:
“Il tempo nuovo ci pone dinanzi una via mai tentata (…). È la via dell’uguaglianza nella diversità e della diversità nell’uguaglianza. È, appunto, l’epifania dell’altro, che comporta la struttura relazionale che costituisce il soggetto, una modificazione delle soggettività lungo i traumi esperienziali che conducono il principio di identità simultaneamente al massimo di centrazione su di sé e al massimo dell’apertura all’alterità”.
Oggi di fronte alla l’immensa tragedia degli sbarchi dei poveri del mondo sulle coste italiane (sulle responsabilità di quanto accade nel mare che separa Europa e Africa leggi anche La grande ipocrisia) bisogna riprendere queste considerazioni di Balducci, riflessioni che, alcuni anni prima, aveva sviluppato nel suo libro “L’Uomo planetario” (Giunti), mettendo in evidenza quello che ci unisce agli altri esseri umani al di là delle nostre specificità. Il mondo ha bisogno di giustizia e dove c’è solo ingiustizia non ci può essere che intolleranza, guerra e odio.
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Lo avevano capito molto bene, tra gli altri e la altre, Victor Hugo e Lev Tolstoj che parlavano di eguaglianza come base per il riconoscimento della fratellanza, dell’amore e della solidarietà tra i popoli. Victor Hugo notava nei suoi diari personali:
“Oh Dio mio! Quand’è che smetteremmo di odiarci e di lacerarci a vicenda? Eppure abbiamo tante da cose da fare insieme! Ci sono i lavoratori che ovunque chiedono lavoro e dignità, abbiamo i bambini che chiedono scuole e amore, abbiamo degli anziani che chiedono un riparo, abbiamo dei popoli che chiedono pane e giustizia!”.
Per Tolstoj l’umanità è una e comprende una grande varietà di modo di essere, di pensare e di credere e si chiedeva chi ci dà il diritto di giudicare l’altro diverso da noi quando quest’altro è anche simile a noi e non ce ne rendiamo neanche conto: l’umanità è una e comprende tutte le differenze possibili eppure la struttura d’ingiustizia basata sulle diseguaglianze è la regola dei rapporti tra i popoli. Scrive Lev Tolstoj nel suo Diario:
“È sulla menzogna dell’ineguaglianza degli uomini e sull’ebbrezza del potere e della servitù che ne risulta, che si basa soprattutto la facoltà degli uomini formati in organizzazione sociale, di commettere senza rimorsi degli atti contrari all’umanità e alla coscienza umana”.
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Victor Hugo, Lev Tolstoj e Ernesto Balducci credevano profondamente nell’utopia di una società giusta basata sulla fratellanza e l’incontro, sull’eguaglianza favorendo il riconoscimento delle differenze, una utopia umana che può essere praticata nelle nostre vite di ogni giorno, se vogliamo rispettare la nostra stessa dignità e umanità. 

Immigrazione. - Patricia Vitorique



No lo conseguí mamá,
Pero no se lo digas a los hermanos,
Ni a papá. 
Diles que llegue a ese lugar 
del que tanto nos hablaba el abuelo
donde los tanques echan agua
y las balas son de caramelo
que aquí no me falta el pan
ni el dinero para pagar.
Que sigan luchando
Por un mundo mejor.
Diles que vivo en Italia
Y que mi barco no se hundió.




Non ce l'ho fatta mamma,
Ma non dirlo ai fratelli,
Né a papà.
Digli che arrivai in quel posto
Del quale tanto ci parlava il nonno
Dove i serbatoi sono pieni d'acqua
E le pallottole sono di caramello
Che qui non mi manca il pane
Né i soldi per pagare.
Che continuate a lottare
Per un mondo migliore.
Digli che vivo in italia
E che la mia barca non è affondata.


Patricia Vitorique

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Ennesima riprova che delinquenza comune e politica vanno a braccetto. 
Mi sono sempre domandata come mai chi viene eletto esulta mentre dovrebbe preoccuparsi per le grosse responsabilità affidategli; poi ho capito che per questi loschi individui essere eletti non vuol dire assumersi responsabilità, ma avere tutte le opportunità di arricchirsi illecitamente approfittando del potere e delle conoscenze acquisite e della quasi intoccabilità che si sono attribuiti legiferando illecitamente ed abusivamente.

Cetta.

Mafia Capitale: affari sugli immigrati, 44 arresti.

I carabinieri del Ros durante le perquisizioni nella sede della cooperativa 'La Cascina' nell'ambito  dell'inchiesta su Mafia Capitale © ANSA
I carabinieri del Ros durante le perquisizioni nella sede della cooperativa 'La Cascina' nell'ambito dell'inchiesta su Mafia Capitale


Blitz Ros in Sicilia, Lazio e Abruzzo. Anche 21 indagati.


Secondo capitolo dell'inchiesta "Mondo di Mezzo", su Mafia Capitale, della procura di Roma e dei carabinieri del Ros: 44 gli arresti in Sicilia, Lazio e Abruzzo per associazione per delinquere ed altri reati. Ventuno gli indagati a piede libero. Sullo sfondo il business legato ai flussi migratori e alla gestione dei campi di accoglienza per migranti. Tra gli arrestati ci sono anche l'ex presidente del Consiglio comunale di Roma, Mirko Coratti (PD), e Luca Gramazio, accusato di partecipazione all'associazione mafiosa capeggiata da Carminati, che avrebbe favorito sfruttando la sua carica politica: prima di capogruppo Pdl al Consiglio di Roma Capitale ed in seguito quale capogruppo Pdl (poi FI) presso il Consiglio Regionale del Lazio. In manette anche l'ex assessore alla Casa del Campidoglio, Daniele Ozzimo (PD) Angelo Scozzafava, ex assessore comunale a Roma alle Politiche Sociali. I Ros hanno arrestarto anche i consiglieri comunali Giordano Tredicine, Massimo Caprari e l'ex presidente del X Municipio (Ostia), Andrea Tassone. I provvedimenti hanno riguardato anche alti dirigenti della Regione Lazio come Daniele Magrini nella veste di responsabile del dipartimento Politiche Sociali. Arrestati anche Mario Cola, dipendente del dipartimento Patrimonio del Campidoglio e Franco Figurelli che lavorava presso la segreteria di Mirko Coratti. Infine posto ai domiciliari il costruttore Daniele Pulcini.
Secondo l'accusa, Luca Gramazio avrebbe partecipato all'associazione mafiosa "in qualità di esponente della parte politica che interagiva, secondo uno schema tripartito, con la componente imprenditoriale e quella propriamente criminale". In particolare, sfruttando la sua carica politica all'interno del consiglio comunale e, poi, regionale, e "la conseguente capacità di influenza nell'ambiente istituzionale, poneva in essere - sostengono gli inquirenti - condotte strumentali al conseguimento degli scopi del sodalizio" capeggiato da Massimo Carminati. Quello che emerge dall'inchiesta, sottolineano gli investigatori, è dunque "la diffusa attività di condizionamento" attuata dall'associazione mafiosa: tutto ciò grazie alla "rete di rapporti e al ramificato sistema tangentizio intessuti dal gruppo mafioso" con il coinvolgimento di "pubblici amministratori e pubblici ufficiali".
Il blitz dei carabinieri è scattato all'alba nelle province di Roma, Rieti, Frosinone, L'Aquila, Catania ed Enna. Nell'ordinanza di custodia cautelare, emessa su richiesta della procura distrettuale antimafia di Roma, vengono ipotizzati a vario titolo i reati di associazione di tipo mafioso, corruzione, turbativa d'asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori ed altro. Contestualmente agli arresti, sono in corso perquisizioni a carico di altre 21 persone indagate per gli stessi reati. 
I provvedimenti riguardano gli sviluppi delle indagini condotte dal Ros nei confronti di "Mafia Capitale", il gruppo mafioso riconducibile a Massimo Carminati, ora in carcere. I 44 arresti di oggi scaturiscono dalla prosecuzione delle indagini avviate nel 2012 dal Ros e dalla procura di Roma che il 2 dicembre scorso avevano consentito di disarticolare l'organizzazione mafiosa capeggiata da Massimo Carminati. In quella occasione vennero arrestate 37 persone accusate, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, corruzione, turbativa d'asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio ed altri reati, con l'aggravante delle modalità mafiose e per essere l'associazione armata.
Secondo gli investigatori, gli accertamenti successivi a quella tornata di arresti hanno confermato "l'esistenza di una struttura mafiosa operante nella Capitale, cerniera tra ambiti criminali ed esponenti degli ambienti politici, amministrativi ed imprenditoriali locali".
In particolare le indagini hanno documentato quello che gli inquirenti definiscono un "ramificato sistema corruttivo finalizzato a favorire un cartello d'imprese, non solo riconducibili al sodalizio, interessato alla gestione dei centri di accoglienza e ai consistenti finanziamenti pubblici connessi ai flussi migratori".
Salvini: 'Ecco chi guadagna, stop sbarchi e appalti'
"Mafia Capitale, altri 44 arresti per il business degli immigrati. Fermare subito le partenze e gli sbarchi, bloccare subito tutti gli appalti! Altro che buoni, accoglienti e solidali... sono ladri! Renzi e Alfano spargono clandestini negli alberghi di mezza Italia, capito chi ci guadagna?". Così su Fb il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini.
Marino: Oggi in Campidoglio persone perbene
"Credo che la politica nel passato abbia dato un cattivo esempio ma oggi sia in Campidoglio che in alcune aree come Ostia abbiamo persone perbene che vogliono ridare la qualità di vita e tutti i diritti e la dignità che la Capitale merita". Così il sindaco di Roma Ignazio Marino sulla nuova ondata di arresti per l'inchiesta su Mafia Capitale.

Ennesima riprova che delinquenza comune e politica vanno a braccetto. 
Mi sono sempre domandata come mai chi viene eletto esulta mentre dovrebbe preoccuparsi per le grosse responsabilità affidategli; poi ho capito che per questi loschi individui essere eletti non vuol dire assumersi responsabilità, ma avere tutte le opportunità di arricchirsi illecitamente approfittando del potere e delle conoscenze acquisite e della quasi intoccabilità che si sono attribuiti legiferando illecitamente ed abusivamente.
Cetta.