lunedì 15 giugno 2015

KOC COMPARE AL BILDERBERG: SARA' QUESTO L'ANNO IN CUI TUTTO SALTA FUORI? - CHARLIE SKELTON

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Ho teso un’amichevole mano a uno dei membri più eminenti del gruppo – ora quello che si richiede è un po’ di trasparenza pubblica
C’era uno sfortunato ingorgo di limousine alle porte dell’Interalpen-Hotel. Da un lato c’era un gruppetto di poliziotti che confabulavano tra loro, sfogliando mestamente una lista di nomi e non capendoci nulla, mentre una fila di Mercedes V12 aspettava in trepidazione. Cosa stava succedendo? Gli organizzatori si erano accorti di aver fatto un errore madornale invitando Ed Balls e cancellando il suo nome all’ultimo momento?

Un van si è accostato in fondo alla coda, trasportando una persona che conoscevo bene. Era il miliardario turco e membro del consiglio direzionale del Bilderberg, Mustafa Koç (nella foto, ndr). Si stava grattando la nuca da wrestler con la mano paffuta e non sembrava affatto contento dall’ingorgo. Non avevo mai visto un Koç vedersi negato l’accesso in maniera così imbarazzante dal mio ballo di fine anno all’università.
Dopo aver scattato una foto veloce mi sono lanciato in un saluto. “Mr. Koç!” ho esclamato, salutando amichevolmente. Lui mi ha fatto un cenno di risposta. Mi sono presentato ed ho scattato un'altra foto. Tutto ciò all’improvviso è apparso poco educato in una situazione del genere, per cui mi sono scusato. “No problem” ha detto, sorridendo.
Oh mio Dio, eccolo: dialogo! La grande connessione io-tu alla base di tutte le interazioni umane. Io e Koç, due anime che entrano in contatto, oltre le barriere. Mi sono spinto un po’ più in là.
“Sta aspettando in grazia la conferenza?”, i suoi occhi hanno brillato ed ha annuito. “Quali sono le sue opinioni circa le recenti elezioni in Turchia?” a quel punto la nostra amicizia in erba è stata interrotta sul nascere dall’autista di Koç che ha alzato il finestrino. L’ingorgo si è risolto e Koç se n’è andato.

Mi rendo conto che Skelton- Koç non sia stato Frost-Nixon, ma è stato un raro momento di umanità attraverso le barricate. Ammettiamolo, questo esiguo scambio di battute gridato oltre il petto di un autista è la cosa più simile ad una conferenza stampa che potremo ottenere in tutto questo Bilderberg.
Devo ammetterlo, l’enorme assenza di cooperazione con la stampa da parte di quello che è un importante summit politico, a cui partecipano politici, primi ministri, fautori delle politiche pubbliche, è sempre più assurdo anno dopo anno. Al summit di quest’anno, ad esempio, il tema della “Grecia” verrà discusso da tre primi ministri europei, il presidente dell’Austria, un membro del comitato esecutivo della BCE, due ministri delle finanze europei (tra cui George Osborne) e il capo della Dutch National Bank. Alcuni dei giocatori più importanti di questa partita.
A discutere con loro, abbiamo molti CEO e membri dei CDA di alcune immense istituzioni finanziarie, ognuno dei quali ha interessi lampanti in ciò che accadrà alla Grecia: i capi di HSBC, Lazard, Deutsche Bank, Santander e KKR; membri del CDA di Morgan Stanley e Goldman Sachs; il capo di Goldman Sachs International e il vicecapo di Black Rock. Tutti questi pubblici ufficiali che si incontrano con tutte queste società e nessuna rappresentanza di politici greci. E nessuna copertura da parte della stampa.
Sarebbe di certo più saggio e rispettoso nei confronti dei giornalisti molestati dalla polizia e degli elettorati che i politici partecipanti convocassero una conferenza stampa l’ultimo giorno. C’è un precedente in questo senso: una volta lo facevano, prima dello scandalo Lockheed e le dimissioni del Principe Bernhard li facessero fuggire ancor più nella segretezza. Ho visto riprese delle conferenze stampa dei Bilderberg degli anni ’70. Può succedere ancora.
Sono sicuro che i finanziamenti che Goldman Sachs e BP buttano nel meeting Bilderberg (come rivelato nei report annuali dell’Associazione Bilderberg) potrebbero coprire le spese di un paio di file di sedie ed un microfono. Niente di pomposo. Una breve dichiarazione e un po’ di domanda-risposta.
Non serve reinventare la ruota. Dateci qualcosa che le somigli. Un verbale timbrato sarebbe un buon inizio. Ci prendiamo qualsiasi cosa. Siamo stanchi di vedere passaporti diplomatici che passano dietro finestrini oscurati. Stanchi di politici che nascondono la faccia e ministri che si rifiutano di riferire gli argomenti di cui hanno trattato. Stanchi di ufficiali di polizia che, quando non disturbano i giornalisti, si mettono in fila davanti alle limousine per nasconderle alla vista.

Ecco un’idea: Mustafa Koç potrebbe aiutarci a far ripartire queste conferenze stampa? La conglomerata della famiglia Koç, brillantemente chiamata Koç Holding, elenca “quattro princìpi fondamentali inviolabili” nei propri articoli di governante aziendale e il primo di essi è la “trasparenza”. Koç stesso, il presidente della società, sembra felice di intrattenere la stampa e si è esposto contro la corruzione in politica. Ha detto di recente, poco prima delle elezioni nel suo paese “La nostra gente merita politici puliti”.

Politica pulita è politica aperta. La trasparenza permette alla luce del sole di entrare.
Koç potrebbe avere il pugno chiuso, ma sembra uno a cui non interessa far mulinare le braccia. Non c’è nessuna smentita del fatto che Koç sia una presenza di spicco al Bilderberg. Ci sono molti amici di Koç nel comitato direttivo, quindi quando c’è da fare lobbysmo per migliori relazioni con la stampa, magari Koç può tirare un colpo? Sicuramente una cosa così semplice non sarebbe complicata per lui. Non per un Koç così potente.
Dopotutto Koç è incredibilmente connesso nel mondo del business. È membro dell’International Avisory Board di Rolls Royce e siede accanto a Tony Blair nell’International Advisory Council di JPMorgan. Il suo compare del comitato direttivo, Peter Sutherland, il presidente di Goldman Sachs International, è nel CDA di Koç Holding.
Io penso, nel mio piccolo, di avere un tacito accordo con Koç. Quindi, nello spirito del dialogo e del progresso, della trasparenza e della “politica pulita”, mi espongo con lui, per aiutarlo a rendere questa conferenza stampa realtà. Potrei essere in errore, i miei sogni potrebbero andare in fumo, ma ho la sensazione che il 2015 potrebbe essere l’anno di Koç.

Charlie Skelton

Fonte: http://www.theguardian.com
Link: http://www.theguardian.com/world/2015/jun/12/koc-pops-up-at-bilderberg-could-this-be-the-year-they-let-it-all-hang-out
12.06.2015
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l'autore della traduzione FA RANCO

LEGGI ANCHE: BILDERBERG 2015: MINISTRI E CRIMINALI A BRACCETTO
GIORNALISTI COCCOLATI E RIVERITI AL G7, ASSEDIATI DALLA POLIZIA AL BILDERBERG

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15176

SOGNANDO AMERICANO, DAL G1 AL BILDERBERG. - Pepe Escobar

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Qual è il legame tra il summit del G7 in Germania, la visita in Italia del presidente Putin, il meeting del club Bilderberg in Austria e i negoziati a Washington sul TTIP – l’accordo di libero scambio USA-UE?

Cominciamo dal G7 nelle alpi bavaresi – piuttosto un G1 con un’aggiuntina di “partner minori” – con il presidente Obama a compiacersi della sua impresa promossa dai neo-con: precettare l’UE per estendere le sanzioni alla Russia, anche se l’UE distrutta dall’austerità ne patirà addirittura maggiormente le conseguenze.

Prevedibilmente, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Francois Hollande hanno ceduto – anche dopo essere stati forzati dalla realpolitik a intessere discussioni con la Russia e creare congiuntamente l’accordo Minsk-2.
L’ipocrisiometro nelle alpi bavaresi è già quasi esploso proprio al discorso di apertura della cena del presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, ex primo ministro della Polonia e Russofobo/guerrafondaio conclamato: “Tutti noi avremmo preferito che ci fosse la Russia a guidare il tavolo del G7, ma il nostro gruppo non è solo un gruppo (che condivide) interessi economici e politici, ma prima di tutto è una comunità fondata su dei valori. Questo è il motivo per cui la Russia non è tra noi”.
Quindi tutto ruota attorno ai “valori” civili contro l’ “aggressione russa”.
Il “civilizzato” G1 + “partner minori” non può permettersi di rischiare globalmente una guerra nucleare sul territorio europeo a causa di un “Banderastan” impiantato a Kiev, no scusate, un' “aggressione russa”.
Invece, il vero divertimento si svolgeva dietro le quinte. Le fazioni di Washington stavano rinfacciando alla Germania di aver fatto perdere all’occidente la Russia a vantaggio della Cina, mentre le menti adulte dell’UE – lontane dalle alpi bavaresi – incolpavano Washington.
Ancora più succosa è una visione opposta che circola tra i potenti Padroni dell’Universo nel mondo delle corporate statunitensi, non in quello della politica. Temono che nei prossimi due-tre anni la Francia si potrebbe ri-alleare con la Russia (ci sono molti precedenti storici). Identificano – ancora una volta – la Germania come il problema principale: mentre Berlino spinge Washington a coinvolgersi in una “Mitteleuropa” di stampo prussiano, gli Statunitensi stanno combattendo due guerre per evitare questa possibilità.
Per quanto riguarda i Russi – dal presidente Putin e dal ministro degli esteri Lavrov in poi – sale il consenso: non ha senso discutere alcunchè di sostanziale se si considera lo scarso pedigree intellettuale – o la totale stupidità neo-con – dei fautori della politica dell’amministrazione Obama del “non fare cose stupide”. Per quanto riguarda i “partner minori” – principalmente galoppini dell’UE – non contano, sono solo vassalli di Washington.
Sarebbe bello aspettarsi che le gang dei “valori” civilizzati proponessero alternative valide per la stragrande maggioranza dei cittadini delle nazioni del G7 che non possono aspirare ad altro se non Mac-lavori, oppure sopravvivere a stento come ostaggi di questo turbo-capitalismo della finanza spazzatura del quale beneficia solo l’1%. È piuttosto semplice individuare il solito capro espiatorio – la Russia – e proseguire con la retorica della paura e della guerra tipica della NATO.
La lady di ferro Angela Merkel ha trovato tempo anche per pontificare sui cambiamenti climatici – spingendo tutti ad investire per una “economia globale a basso uso di carbone”. Pochi si sono accorti che la presunta deadline per la “decarbonizzazione” totale è stata fissata alla fine del ventunesimo secolo, quando questo pianeta sarà già in grossi, grossi guai.
Acthung! Bilderberg!
La neolingua di Obama, sostenuta dai neo-con, continua a sostenere che la Russia sogni di ricostituire l’impero sovietico. Confrontiamola con quanto il presidente Putin dice all’Europa.
La settimana scorsa, Putin ha trovato il tempo di rilasciare un’intervista al Corriere della Sera alle 2 di mattina, questa è stata pubblicata mentre si svolgeva lo spettacolino nelle alpi bavaresi e prima della visita italiana di Putin del 10 giugno. Gli interessi geopolitici russi e i rapporti Russia-USA sono rappresentati molto dettagliatamente.
Quindi Putin era persona non gradita al G1 + galoppini? In Italia ha visitato l’EXPO di Milano, incontrato il primo ministro Renzi e Papa Francesco, fatto presente a tutti i “legami economici e politici privilegiati” tra Russia e Italia e menzionato le 400 aziende italiane attive in Russia e i milioni di turisti russi che visitano l’Italia ogni anno.
Ha anche parlato in maniera importante del consenso: la Russia rappresentava un punto di vista diverso come membro del G8, ma oggi gli “altri poteri” pensano di non averne più bisogno. Il concetto di fondo: è impossibile fare una conversazione tra adulti con Obama e i suoi amici.
E proprio al momento giusto, da Berlino – dove stava mostrando le sue roboanti credenziali in politica estera, Jeb Bush, fratello del distruttore dell’Iraq Dubya Bush, con il bigliettino dei suoi suggeritori neo-con, ha definito Putin un bullo e ha spinto l’Europa a combattere, e cosa se no, “l’Aggressione russa”.
L’offuscamento retorico su quello che è stato in realtà discusso nelle alpi bavaresi ha iniziato a diradarsi ai primi accordi della vera musica: il meeting del Bilderberg Group che è cominciato questo giovedì all’Interalpen-Hotel Tyrol in Austria, solo tre giorni dopo il G1 più partner minori.
Teorie cospirazioniste a parte, il Bilderberg può essere considerato un’ultraselezionata cricca di lobbysti – politici, boss delle corporate USA, ufficiali dell’UE, capitani d’industria, capi delle agenzie di intelligence, reali europei – organizzato ogni anno in una sorta di format da centro di pensiero/modo per organizzare la politica, per spingere la globalizzazione e tutti i punti più pressanti dell’agenda atlanticista. Chiamatelo pure la chiacchierata dei Padroni dell’Universo Atlanticisti.
Per rendere chiare le cose – non che siano grandissimi fan della trasparenza – la composizione del comitato direttivo è qui e in Austria parleranno di queste cose.
Naturalmente parleranno di “aggressione russa” (come se gli importasse del fallimento dell’Ucraina, devono impedire che la Russia faccia affari con l’Europa).
Naturalmente parleranno della Siria (come spartirsi la nazione, con il Califfato già catalogato come un evento post-Sykes-Picot).
Naturalmente parleranno dell’Iran (ovvero di come fare affari, comprare la loro energia e prezzolarli per farli entrare nel club).
Ma il colpo grosso è il TTIP – il paventato accordo di “libero scambio” tra USA e UE. In linea teorica tutti i più grandi lobbysti economico/finanziari che spingono il TTIP saranno sotto lo stesso tetto austriaco.
Non a caso il Bildeberg comincia un giorno prima che l’autorità presidenziale da “corsia preferenziale” sia discussa al congresso USA.
Wikileaks e una tonnellata di BRICS [1]
Guardiamo Wikileaks, con ciò che in un mondo migliore sarebbe un grosso aiuto per capire.
La Fast track authority estenderebbe il potere del presidente USA per non meno di sei anni: ciò coinvolgerebbe anche il prossimo inquilino della Casa Bianca, che probabilmente sarà Hillarator oppure Jeb “Putin è un bullo” Bush.
Questa autorità di negoziare accordi loschi non si riferisce solo al TTIP ma anche al TPP e al TiSA.
Wikileaks, appena in tempo, ha pubblicato l’allegato della salute alla bozza segreta del capitolo “trasparenza” del TPP, con le posizioni di ogni nazione nella negoziazione. Non c’è da stupirsi che questa bozza sia segreta. Non c’è nulla di trasparente riguardo ad essa, è un non nascosto attacco alle autorità sanitarie mondiali da parte di Big Pharma.
Il concetto di fondo è che questi tre mega-accordi – TPP, TTIP e TiSA – sono lo schema definitivo di quello che potrebbe essere educatamente descritto come una governante globale societaria, un sogno erotico del Bilderberg. Gli sconfitti: gli stati-nazione e il concetto di democrazia occidentale. I vincitori: le grandi società multinazionali.

Julian Assange, in una sua affermazione, in sintesi ha colto nel segno: “è un errore pensare che il TPP sia un trattato singolo. In realtà ci sono tre mega-accordi congiunti, il TiSA, il TPP e il TTIP, ognuno dei quali si configura strategicamente in un accordo più grande, che suddivide il mondo nell’occidente contro gli altri. Questo ‘Grande trattato’ è descritto dal Pentagono come il cuore del ‘Perno asiatico’ militare degli USA. Gli artefici stanno puntando nondimeno che all’arco della storia. Il Grande Trattato sta prendendo forma in totale segretezza, perché assieme alle indiscutibili ambizioni geostrategiche mette in opera una nuova ed aggressiva forma di corporazionismo transnazionale per la quale non c’è supporto pubblico”.
Dunque questo è il vero programma atlanticista – gli ultimi ritocchi da definirsi nell’arco di tempo che va dal G1 + galoppini fino al Bilderberg (aspettiamoci molte telefonate importantissime dall’Austria a Washington questo venerdì). La NATO in azione. Puntando all’Asia escludendo Cina e Russia. L’occidente contro tutti.
Ora il contraccolpo. Mentre si sviluppa lo spettacolo nelle alpi bavaresi, il primo Forum Parlamentare dei BRICS sta avendo luogo a Mosca – in vista del summit dei BRICS ad Ufa il mese prossimo.
I neo-con – con Obama a rimorchio – si crogiolano sognando che la Russia sia stata “isolata” dal resto del mondo grazie alle loro sanzioni. Da quando sono cominciate Mosca ha siglato grossi contratti strategico/economici con almeno venti nazioni. Il mese prossimo la Russia ospiterà il summit dei BRICS – 45% della popolazione mondiale, un PIL uguale a quello dell’Europa e a breve maggiore di quello del G7 – ed anche il summit dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (OCS), in cui India e Pakistan, attualmente spettatori, verranno accettati come membri effettivi.

G1 + galoppini? Bilderberg? Trovatevi un lavoro, non siete il solo spettacolo in città, di qualsiasi città si tratti.

Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a pepeasia@yahoo.com.
Fonte: http://rt.com/
Link: http://rt.com/op-edge/266542-bilderberg-obama-g7-germany-ttip/
11.06.2015
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l'autore della traduzione FA RANCO

[1] gioco di parole sul termine BRICS e bricks, che significa mattoni e il cui suono è lo stesso, NdT

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15181

INCENDIO ERICE, PRESENTATO ESPOSTO IN PROCURA.

incendi, Trapani, Cronaca


L’Osservatorio per la legalità ha depositato questa mattina, presso la Procura della Repubblica di Trapani, un esposto denuncia per l’incendio divampato sabato che ha devastato il monte Erice, provocando ingenti danni. “Nella speranza che vengano individuati quanto prima i responsabili materiali dell’atto criminale – spiegano, in una nota i responsabili regionale e locale, Manfredi Zammataro e Vincenzo Maltese -, abbiamo voluto porre l’attenzione su tutte le eventuali responsabilità connesse alla mancata scerbatura in area demaniale di competenza della Regione Siciliana e delle strade di competenza del Libero Consorzio comunale. Nell’esposto, al momento a carico di ignoti – aggiungono Zammataro e Maltese – chiediamo altresì di accertare il perché non sia partita in tempo la campagna antincendio, se siano stati fatti o meno gli indispensabili viali parafuoco  da parte dell’Azienda Demanio Foreste e di verificare ogni eventuale responsabilità. Basta con la retorica, chi ha sbagliato deve pagare!”.

Il governo delle Coop.





Luigi Di Maio: Negli ultimi mesi abbiamo seguito con crescente preoccupazione l'impressionante sequela di scandali che hanno riguardato, tra l’altro, le più importanti opere pubbliche del nostro Paese. Proprio attorno a queste ultime è emerso un inquietante coagulo di loschi interessi fra politici accusati di corruzione, membri di criminalità organizzata, e cooperative. Noi chiediamo semplicemente che il sistema di vigilanza venga ripristinato il più presto possibile, e che tutte le attività di revisione e ispezione straordinaria siano effettuate dal Ministero dello Sviluppo Economico a mezzo di revisori ad esso incaricati anche quando gli enti cooperativi risultino aderenti alle associazioni nazionali di rappresentanza. E' proprio in questi meccanismi perversi cui lo Stato non vuole mettere un euro nei controlli, che si annidano i casi di corruzione. Allora il governo o finge di non vedere o vede ed è connivente, ed io questo voglio sapere oggi, e spero che il sottosegretario Giacomelli possa darmi una risposta esaustiva. Grazie

Sottosegretario Giacomelli: il problema sollevato esiste ed è un problema reale. L'attività relativa alle previsioni è stata sospesa, salvo il completamento delle revisioni in corso. Non è infatti da sottacere il possibile effetto distorsivo generato dalla conoscenza del fatto che le cooperative non aderenti ad alcuna associazione non saranno più sottoposte a controllo. Sino al 2007 i contributi versati alle cooperative all'entrata del bilancio dello Stato, venivano integralmente riassegnati al MISE con le normali procedure contabili. Con la legge finanziaria 2008 tale sistema è stato modificato, prevedendo l'istituzione di un fondo da ripartire nello stato di previsione del ministero, con una dotazione inferiore a quella che sarebbe derivata dall'integrale di assegnazione delle somme versate.

Luigi Di Maio: Le cooperative non iscritte all'associazione non saranno più sottoposte a controlli. Questo è quello che, ringrazio per l'onestà intellettuale non è ironico, il sottosegretario per avercelo spiegato in maniera così cristallina. Questo crea un problema politico enorme, perché abbiamo un governo che ha il suo partito di maggioranza al centro degli scandali delle cooperative, che ha un ministero il MEF ministero dell'economia e finanze, che fa delle trattenute sul fondo che dovrebbe gestire il ministero dello Sviluppo Economico per sorvegliare le cooperative. Questa non è l'idea di Stato che vogliamo, questa è un'idea di Stato in cui viene messa al centro non la persona ma gli affari. La persona deve tornare al centro delle politiche pubbliche, e controllare le cooperative significa evitare che attraverso scandali di corruzione, le tasse dei cittadini finiscano ancora una volta nelle mani della mafia, dei politici corrotti, piuttosto che nei servizi pubblici.


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Debito pubblico sale in aprile di 10 mld a 2.194,5 mld - Bankitalia.


ROMA, 15 giugno (Reuters) - Il debito pubblico italiano è aumentato nel mese di aprile di 10 miliardi a 2.194,5 miliardi di euro.
Lo si legge nel Supplemento di finanza pubblica al Bollettino statistico di Bankitalia.
L'incremento, spiega Via Nazionale, è stato superiore al fabbisogno del mese (6,4 miliardi) per l'aumento di 4,2 miliardi delle disponibilità liquide del Tesoro (a fine aprile pari a 83,1 miliardi; 77,4 ad aprile 2014). In senso opposto ha operato l'effetto complessivo dell'emissione di titoli sopra la pari, dell'apprezzamento dell'euro e degli effetti della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione (0,6 miliardi).
Nel primo quadrimestre del 2015 le entrate tributarie sono state complessivamente pari a 115,2 miliardi, lievemente superiori rispetto a quelle relative allo stesso periodo dell'anno precedente (114,4 miliardi).

Niger: nel Sahara 18 migranti morti di sete.

 © ANSA

Si erano persi in tempesta di sabbia. Corpi trovati 10 giorni fa.

L'Organizzazione internazionale per i migranti (Iom) ha reso noto che sono stati trovati nel deserto del Sahara i corpi di 18 migranti morti di sete e di fame nel nord del Niger. Un comunicato del responsabile della missione Iom in Niger, Giuseppe Loprete, ha riferito che i migranti sono presumibilmente morti il 3 giugno dopo che una tempesta di sabbia ha fatto perdere l'orientamento al gruppo che dalla città nigerina settentrionale di Arlit stava cercando di raggiungere l'Algeria.
   I migranti morti provenivano da Paesi dell'Africa subsahariana: Niger, Mali, Costa d'Avorio, Senegal, Repubblica Centrafricana, Liberia, Guinea e Algeria.  Secondo l'Organizzazione internazionale per i migranti, il gruppo stava cercando di raggiungere la Libia per imbarcarsi su uno dei tanti barconi che sfidano la sorte nel Mediterraneo per raggiungere le coste italiane e greche. "Il Sahara - ha denunciato il direttore generale dello Iom, William Lacy - può essere mortale tanto quanto il mare per queste ondate migratorie. Moltissimi migranti muoiono in modo tragico senza che nessuno ne sappia nulla". Nell'ottobre del 2013, le autorità del Niger trovarono per caso i cadaveri di 92 persone morte di sete dopo che il camion sul quale viaggiavano si era rotto nel deserto.

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/africa/2015/06/14/niger-sahara-18-migranti-morti-di-sete_470d585e-43cf-4143-b253-236357a3d426.html

Stramaledetti siano coloro i quali costringono esseri umani a fuggire dalle proprie terre ed a morire di stenti attraversando il deserto.

venerdì 12 giugno 2015

Azzollini e il dirigente suicida: “Dal senatore pressioni per ostacolare i pm”. - Mario Portanova

Azzollini e il dirigente suicida: “Dal senatore pressioni per ostacolare i pm”

Il 12 marzo 2013 Enzo Tangari, responsabile del settore appalti del Comune di Molfetta, si lancia con la sua Panda nelle acque del porto. Una testimonianza agli atti dell'inchiesta corrobora il legame fra la tragedia e l'appalto per il faraonico nuovo scalo, che vede il presidente della commissione bilancio di Palazzo Madama indagato per truffa ai danni dello Stato.

Una Panda beige imbocca l’ingresso del porto a forte velocità, percorre il molo, alla curva tira dritto senza frenare. L’auto finisce in mare, proprio sotto il faro, dove ancora oggi si vede la banchina sbrecciata sul bordo. Così, alle 8 e mezzo del mattino del 12 marzo 2013, ha messo fine alla sua vita Enzo Tangari, 59 anni, moglie e tre figli, dirigente del Settore appalti del Comune di Molfetta, in provincia di Bari. Cinque mesi più tardi, il 7 ottobre, due persone finiranno in carcere e altre sessanta indagate nell’inchiesta della Procura di Trani sulla costruzione del nuovo porto, un affare da 70 milioni di euro per il quale, però, le casse pubbliche ne hanno già stanziati circa 170compreso l’ultimo fondo da dieci milioni garantito dalla legge di stabilità 2015.
E’ la vicenda che vede inquisito, tra gli altri, l’ex sindaco Antonio Azzollini (a sinistra nella foto)Ncd, presidente della Commissione bilancio del Senato, accusato di truffa ai danni dello Stato e altri reati. Un’inchiesta che ha travolto la macchina comunale e le società appaltatrici, guidate dalla coop rossa Cmc di Ravenna. Le manette sono scattate ai polsi di Vincenzo Balducci, dirigente comunale responsabile unico dell’appalto, e del procuratore speciale della Cmc, nonché direttore del cantiere, Giorgio Calderoni. Secondo l’accusa, l’amministrazione Azzollini ha dirottato ad altri scopi parte del fiume di denaro piovuto sulla città, riconoscendo per di più alle aziende appaltatrici “risarcimenti” milionari, contestati dai magistrati, per i ritardi nei lavori dovuti alla presenza di migliaia di ordigni bellici inesplosi sui fondali dell’erigendo nuovo porto. Il contestatissimo affare del porto è la pista principale imboccata dalla Procura di Trani sulla morte di Enzo Tangari. La pm Silvia Curione ha aperto un’inchiesta per istigazione al suicidio, poi passata ad Antonio Savasta, uno dei titolari dell’indagine sul faraonico scalo a oggi incompiuto.
Quasi due anni dopo il volo di quella Panda nelle acque del porto di Molfetta, da palazzo di giustizia di Trani non si ha più alcuna notizia. Ma ilfattoquotidiano.it è in grado di rivelare una testimonianza, resa alla pm Curione il 25 settembre 2013 da un noto professionista della città, che corrobora il legame tra la morte del dirigente comunale e la gestione della grande opera voluta e gestita dal sindaco-senatore Azzollini. Il professionista racconta di essere stato ricevuto in Comune tre giorni prima della tragedia, perché aveva segnalato problemi di ordine pubblico nel centro storico. Il commissario straordinario Giacomo Barbato, subentrato al sindaco Azzollini che si era dimesso mesi prima per poter correre alle elezioni politiche del febbraio 2013, lo indirizza da Enzo Tangari. Mentre espone le proprie lamentele nell’ufficio di Tangari, il professionista sente delle urla provenienti dalla stanza del segretario comunale Michele Camero (anche lui poi risultato indagato). A gridare è Azzollini, che pur non essendo più il primo cittadino continua a frequentare assiduamente gli uffici comunali, dove è già cominciata l’aquisizione di documenti sull’appalto del nuovo porto da parte della Guardia di Finanza e della Guardia forestale (l’inchiesta della Procura di Trani era iniziata nel 2009) . “Mo’ viene pure da me”, è il commento rassegnato di Tangari. Sempre secondo la testimonianza del professionista, le sfuriate di Azzollini in quei giorni riguardano proprio gli atti relativi al porto, e sono rivolte a scoraggiare la collaborazione dei funzionari del municipio con gli inquirenti. All’ulteriore sorpresa manifestata dall’interlocutore, la risposta di Tangari è la più classica: “Tengo famiglia”. Tre giorni dopo, il tuffo mortale dal molo di Molfetta. Azzollini è tra i primi ad accorrere, con altri dipendenti comunali. E a quanto raccontano alcuni testimoni, vicino alle sbarre dell’ingresso del porto (quasi sempre aperte, come quella mattina) si lascia andare a una nuova sfuriata contro la magistrature e le sue inchieste.
Del resto il sindaco-senatore è noto in città e a Roma per i suoi scatti d’ira, gli sfoghi in dialetto molfettese, i fronteggiamenti a muso duro, a volte anche fisici, con gli avversari politici. Nel lungo elenco di accuse che la Procura di Trani gli rivolge in relazione all’affare del porto, ce ne sono due per violenza e minaccia. Nel primo caso, già prescritto secondo i pm, Azzollini avrebbe pressato Luigi Nicola Alcaro, ricercatore  dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la ricerca Ambientale) “abusando dei suoi poteri di presidente della commissione Bilancio del Senato”. Il problema è sempre quello della presenza degli ordigni bellici sul fondale, che di fatto impediscono il proseguimento dei lavori. In una riunione presso la Regione Puglia il 30 giugno 2008, racconta Alcaro ai pm, “Azzollini, con un atteggiamento intimidatorio, sollecitò l’avvio dei lavori di prospezione proprio partendo dal Porto di Molfetta. Ricordo che parlava in dialetto molfettese e non proferiva parole gentili, fondamentalmente inveiva contro la Regione Puglia dicendo che avrebbe fatto un casino in Senato“. Il tecnico Alcaro, peraltro, si dice certo che “il Comune di Molfetta, era sicuramente a conoscenza della smodata presenza di ordigni bellici nei fondali del realizzando Porto, in quanto nel 2005 aveva affidato lavori di prospezione dei fondali, propedeutici all’esecuzione dell’opera, alla ditta specializzata Lucatelli s.r.l.”. Le pressioni hanno effetto e l’esito della riunione è l’accelerazione del “risanamento”. Che però a oggi, oltre sei anni dopo, non è ancora ultimato.
La seconda accusa per violenza e minaccia riguarda invece le pressioni su Antonello Antonicelli, che da dirigente del servizio ecologia della Regione Puglia doveva rilasciare, nel 2010, l’autorizzazione ai primi lavori di dragaggio del fondale. Con Azzollini, dice Antonicelli ai pm, “tra il 2008 ed il 2009 ho avuto vari contrasti, taluni pure con toni accesi; in pratica il sindaco di Molfetta pretendeva che il mio ufficio desse una corsia preferenziale alla pratica del porto di Molfetta e io replicavo che la Regione doveva valutare una serie di interventi e valutare le priorità; in quell’occasione l’interlocuzione col sindaco, che aveva un fare impetuoso e spavaldo, fu molto accesa”. Il 30 maggio 2010 Azzollini si presenta a far valere le proprie “ragioni” nell’ufficio di Antonicelli con un seguito decisamente sproporzionato: una decina di persone del suo staff. Proprio di questo si parla in una delle intercettazioni telefoniche (quella del 4 maggio 2010) per cui il Senato, con il voto determinante del Pd, ha negato al gip di Trani l’autorizzazione all’utilizzo: “Ahhhhh! Porca troia, quello qualche volta gli devo dare due cazzotti … dammi il numero, scusa va …”, dice Azzollini a Balducci, il dirigente comunale poi arrestato.
Scorci del metodo Azzollini. Fatto sta che dal giorno in cui il professionista mette piede nella Procura di Trani per rendere la sua testimonianza sul suicidio di Enzo Tangari succedono “fatti molto strani, perché sia io che il testimone siamo stati oggetto di critiche velenose e, per quel che riguarda il teste, anche di aggressioni fisiche da parte di ‘fiancheggiatori’ dell’ex sindaco”. Lo scrive al procuratore della Repubblica Valeria Tangari, cugina di Enzo, in una lettera datata 15 gennaio 2014. Mentre la moglie del dirigente ha scelto il silenzio pubblico sulla vicenda, lei continua a sollecitare le indagini e a sottolineare i legami tra la vicenda di Enzo e l’appalto del porto. Cosa che nella piccola città pugliese non la rende esattamente popolare. Sempre nella lettera ai pm di Trani, Valeria segnala un’altra stranezza di questa storia. Il legale della moglie e dei figli del dirigente scomparso è lo stesso che difende l’ex sindaco Azzollini nel procedimento sul nuovo porto: l’avvocato Felice Petruzzellache secondo Valeria Tangari si è offerto spontaneamente di assistere la vedova e la famiglia subito dopo la morte di Enzo. Un doppio incarico “deontologicamente scorretto”, sostiene la cugina della vittima nella lettera. A ilfattoquotidiano.it, Valeria descrive Enzo come “un ragazzone d’oro”, che non aveva mai manifestato angosce personali tali da far pensare a un gesto del genere. Né si è mai saputo di un suo messaggio di addio che ne spiegasse le ragioni. Al vertice dell’Ufficio appalti era stato chiamato proprio da Azzollini, che prima di lasciare la poltrona cittadina per correre verso Roma aveva rinnovato per cinque anni il suo incarico e quello degli altri dirigenti del “cerchio magico” comunale, a cominciare dal solito Balducci.
Certo è che il nome di Enzo Tangari ricorre nelle carte dell’inchiesta, e in corrispondenza dei nodi più delicati. Come dirigente del settore Appalti, Tangari firma i documenti chiave dell’affare. Ma, precisano i pm, è “tratto in errore” da Balducci. Il 16 ottobre 2006 appone il via libera al bando discilplinare di gara, che secondo l’accusa contiene già una violazione di legge. In Comune, affermano i pm, tutti sapevano benissimo che il fondale del futuro porto era cosparso di residuati bellici, e che quindi sarebbe stato impossibile realizzare i lavori, affidati al massimo ribasso all’associazione di imprese guidata da Cmc per oltre 57 milioni di euro (destinati a lievitare negli anni senza che a oggi il porto abbia visto la luce). “Nella determina non si fa alcun riferimento al fatto che le aree non erano in parte disponibili”, notano i pm, “perché il Comune aveva deciso di procedere autonomamente, previo reperimento di altro finanziamento, alla bonifica dei fondali da ordigni residuati bellici e, di conseguenza, i lavori di dragaggio dei fondali previsti nel progetto non potevano avere inizio”. Cosa peraltro segnalata il 2 gennaio, dieci mesi prima, dalla ditta incaricata della bonifica, che comunicava “notevoli difficoltà” sul punto. Tangari, inoltre, è membro della Commissione di gara, insieme a Balducci. Anche questa, per l’accusa, viziata da irregolarità.
Che cosa abbia spinto davvero Enzo Tangari a togliersi la vita, e quanto abbiano pesato le pressioni e le preoccupazioni legate ala storia nera del faraonico progetto del porto di Molfetta,  lo svelerà forse l’inchiesta dei magistrati di Trani. Tangari, ha affemato il Procuratore capo Carlo Maria Capristo nella conferenza stampa dopo gli arresti del 7 ottobre 2013, è morto “in circostanze molto poco chiare”. Gli inquirenti, ha promesso dunque il magistrato, faranno di tutto per capire “perché questo funzionario così corretto abbia deciso di farla finita, e in quel modo. Buttandosi proprio nel porto”. 
(Ha collaborato Mary Tota)