sabato 24 luglio 2021

L'assessore Adriatici in località segreta, un teste: ha mirato e sparato. -

Piazza Meardi, il luogo in cui l'assessore alla sicurezza Massimo Adriatici ha sparato ad un uomo davanti al bar Ligure uccidendolo, Voghera

Proposta del Pd per maggiori controlli sulla detenzione delle armi.

L'assessore alla Sicurezza di Voghera Massimo Adriatici, non si trova più nella sua abitazione, dove è ai domiciliari per l'uccisione di un cittadino marocchino di 38 anni, Youns El Boussetaoui. La decisione di portarlo in un luogo segreto , a quanto si è saputo, è avvenuta su richiesta della difesa in quanto su alcuni social sono apparse immagine dell'abitazione dell'uomo politico.

L'uomo di cui i legali dei famigliari di Youns El Boussetaoui hanno depositato la testimonianza era già stato sentito dai pm e dai carabinieri mercoledì scorso.

Nella sua testimonianza afferma di aver visto il politico prendere la mira e sparare. Agli inquirenti però, a quanto si apprende, non aveva riportato questa circostanza.

Intanto il gip di Pavia ha convalidato l'arresto dell'assessore alla Sicurezza del Comune di Voghera Massimo Adriatici confermando, per l'uomo politico, gli arresti domiciliari. Adriatici è accusato di eccesso colposo di legittima difesa.

Nell'ordinanza con cui conferma i domiciliari il gip di Pavia scrive di "pericolosità dell'indagato" intesa come attitudine a "porre in essere reazioni sovradimensionate nel caso in cui si trovi in situazione di criticità". "Ciò che si vuole evidenziare è che lo stesso Adriatici ha dichiarato di aver estratto la pistola dalla tasca in un momento in cui era ancora lucido e consapevole delle proprie azioni", scrive il gip nell'ordinanza visionata dall'ANSA.

Più controlli sulla detenzione di armi da fuoco e per il rilascio e il rinnovo della licenza di porto d'armi. E' quanto prevede una proposta di legge depositata dal deputato Pd Walter Verini alla Camera, con firme di deputati Pd, M5s, Iv e Leu. Il testo, presentato prima dei fatti di Voghera e visionato dall'Ansa, è di 4 articoli e prevede che sia una commissione medica a rilasciare un certificato di idoneità psicofisica alla richiesta e al rinnovo del porto d'armi, con revoca per "segni anche iniziali di disturbi psico-comportamentali". Aumenta i controlli sulla vendita ed estende gli obblighi di comunicazione ai familiari.

Massimo Adriatici è "persona stimata e rispettata in città di cui abbiamo apprezzato il lavoro di questi mesi,". Lo ha scritto il sindaco Paola Garlaschelli in una lettera agli abitanti della cittadina pavese parlando della "tragedia che si è consumata" e della "strumentalizzazione mediatica che hanno assunto fatti che la magistratura è stata chiamata a chiarire". "Sono giorni difficili per la nostra comunità - scrive il sindaco nella lettera aperta -. Siamo increduli per la tragedia che si è consumata, scossi dal clamore che ha investito la nostra città e dalla strumentalizzazione mediatica che hanno assunto fatti che la magistratura è stata chiamata a chiarire. E' successo qualcosa di molto grave che inevitabilmente ci induce a riflettere profondamente. E' morta una persona in circostanze drammatiche e un assessore della mia giunta, persona stimata e rispettata in città, di cui abbiamo apprezzato il lavoro di questi mesi, è stato travolto da un fatto tragico. Non sta a noi giudicarne le responsabilità o le colpe. Insieme ai colleghi della giunta ed ai consiglieri di maggioranza ho ritenuto che un rispettoso silenzio fosse in questi giorni la scelta più saggia".

"Indagare, ricostruire i fatti ed emettere sentenze non è compito di chi amministra la città, anzi - aggiunge Garlaschelli - rischierebbe solo di complicare il lavoro delle forze dell'ordine e della Magistratura, che stanno lavorando con grande impegno per accertare le responsabilità dell'accaduto. Voghera è una città oggi ferita come lo siamo noi tutti. Ho il dovere di difenderla e di descrivere la realtà, che è ben diversa da quella che sta emergendo". 

ANSA

Luca Bernardo, la denuncia: “Il medico candidato col centrodestra a Milano gira armato in ospedale”. Lui: “Di notte, mai in corsia. Querelo”.

 

Il consigliere regionale lombardo di + Europa - Radicali a Repubblica: "Non è un pettegolezzo: è una cosa nota nel mondo della pediatria milanese". L'interessato prima smentisce poi, interpellato dai giornalisti, cambia versione: "Se la notte rimango in ospedale, visto che sono stato minacciato, mi è capitato di portarla".

“Un candidato sindaco che va in giro armato non mi sembra un dettaglio insignificante. Aggiungerei: il candidato sindaco di una città di 1,4 milioni di abitanti. Io credo che Bernardo abbia il diritto e il dovere di chiarire”. Sono accuse pesanti quelle che Michele Usuelli neonatologo e consigliere regionale lombardo di + Europa – Radicali ha mosso a Luca Bernardo, primario di pediatria all’ospedale Fatebenefratelli ed esperto di bullismo in corsa per la poltrona di primo cittadino di Milano per il centrodestra, dalle colonne di Repubblica.

Accuse che però l’interessato respinge al mittente, minacciando querele. Anche se sulla questione ha dato due versioni diverse. “Ho il porto d’armi da 10 anni come tutti i medici”, ha dichiarato. E se in un primo momento, interpellato dall’Adnkronos ha smentito di essere “mai entrato in corsia con un’arma” e di averla “mai portata addosso”, intervenendo a margine di un evento a Milano, ha ammesso: “La pistola non l’ho mai portata in corsia in mezzo ai bambini. Sono sicuro al 100%. Se qualcuno mi ha visto vada in procura con le fotografie. Io sono entrato con l’arma in ospedale, l’ho avuta addosso, ma mai in corsia e mai quando giro o sono dentro con i pazienti. Ci mancherebbe altro. Significa che se la notte rimango in ospedale, visto che sono stato minacciato, mi è capitato di portarla, ma mai in corsia ne mai succederà. La tengo addosso, rimango nel mio studio e non visito”. L’ultima volta che ha portato la pistola in ospedale, risale a “diversi mesi fa”, ha detto. “Sinceramente non ricordo, non è la mia compagna di vita, la mia compagna di vita è mia moglie. Attualmente è in cassaforte da tanto tempo, anche perché al momento non ho necessità di portarla. L’arma è in cassaforte e lì rimane”. Il porto d’armi, ha ribadito Bernardo, “l’ho fatto perché, come alcuni altri medici, ho avuto problemi con alcuni pazienti che a volte possono essere instabili e alcuni miei colleghi sono stati uccisi da pazienti. Per fortuna io sono qui vivo, vegeto e candidato al Comune”.

A sollevare il caso è stato appunto il consigliere regionale di +Europa. “Gira con la pistola. Anche in ospedale, anche in reparto”, ha dichiarato a Repubblica. Aggiungendo che “non è un pettegolezzo: è una cosa nota nel mondo della pediatria milanese. Quando un primario entra in reparto ha addosso gli occhi di tutti”. Usuelli ha quindi chiesto spiegazioni e rassicurazioni a Bernardo, con il quale ha ricordato di aver lavorato insieme in gioventù: “È il più giovane primario che abbia mai conosciuto. Quando diventi primario così giovane i casi sono due: o sei un genio o hai costruito rapporti che ti hanno aiutato. Di Bernardo conosco pregi e limiti”. Quindi ne ha sottolineato la capacità di tessere relazioni che lo avrebbero aiutato con i finanziamenti per l’ammodernamento del suo reparto.

Ma la vicenda – soprattutto dopo che l’assessore leghista alla Sicurezza Massimo Adriatici a Voghera ha sparato e ucciso con la pistola che portava con sé in piazza Youns El Boussetaoui – ha scatenato commenti e scambio di accuse fra centrodestra e centrosinistra. Tra le prime a commentare c’è stata la deputata lombarda del Pd Lia Quartapelle: “La destra spieghi subito perché un medico che entra armato in ospedale renderebbe Milano più sicura”. Mentre il senatore di Leu Francesco Laforgia ha aggiunto: “Come potrebbe rendere ‘Milano più sicura’ un candidato sindaco, medico pediatra, che gira armato in ospedale?”. Mentre su Facebook è intervenuto l’eurodeputato dem Pierfrancesco Majorino: “Senza parole”, ha scritto. Poco dopo l’assessore milanese Paolo Limonta e Elena Lattuada di Milano unita hanno dichiarato: “E’ impensabile che un medico giri armato considerata la delicatezza del suo lavoro, tanto più in un reparto ospedaliero dove ci sono bambini”. Difende Bernardo invece il deputato Fdi Marco Osnato: “A Usuelli dico che anche lui ha bisogno del porto d’armi visto che le spara così grosse”. Così come l’assessore regionale alla sicurezza di Fdi Riccardo De Corato che parla di “diffamazione elettorale”, e l’azzurro Gianmarco Comazzi che rincara accusando Usuelli di “squallido attacco personale”.

ILFQ

Girano armati, ma non sanno che già questa situazione, nel caso gli capitasse di sparare e uccidere, costituirebbe prova a suo discapito perché insinuerebbe il sospetto di preventiva intenzionalità di uccidere?
Il porto d'armi ne legalizza il possesso, ma non che si possa andare in giro con l'arma in tasca.
Può girare armato solo chi rischia di essere vittima di furti, sequestri o ritorsioni, come nel caso degli Ufficiali giudiziari, ai parenti dei mafiosi pentiti, a chi è sotto scorta, ai tabaccai e gioiellieri, a imprenditori che, per motivi di lavoro, trasportano ingenti somme di denaro o beni di lusso.
E' da esaltati portarla ovunque si vada e denota anche una forte paura motivata dalla coscienza sporca per aver agito male in una qualsiasi situazione.
cetta.

Pronti a tutto. - Marco Travaglio

 

Nel vedere Conte e i 5Stelle dibattersi fra le opposte tentazioni di uscire dal governo e di restarvi, e intanto arrabattarsi per “migliorare” con ritocchini tecnici il Salvaladri&mafiosi della Cartabia, sorge il dubbio che non abbiano ancora colto il punto: questo governo non è nato per portare i migliori al posto dei peggiori, ma per far fuori Conte e i 5Stelle, per giunta coi loro voti (senza, non sarebbe mai nato); e la “riforma della Giustizia” non è nata per abbreviarne i tempi come chiede l’Ue, ma per piegarli nell’ultima genuflessione (dopo quelle su Figliuolo, salario minimo, licenziamenti, transizione antiecologica, cashback ecc.). Il disegno è spappolarli e annettersi la parte “governista”: cioè Grillo che li ha cacciati in questo cul de sac e Di Maio&C. che ci han subito preso gusto. Il tutto in vista della prosecuzione del regimetto di larghe imprese anche nella prossima legislatura, per potare le due ali non allineate al Sistema: da una parte la Meloni, dall’altra Conte e quei 5Stelle che ancora ricordano perché sono nati, stanno in Parlamento e al governo.

Non capirlo è indice di una preoccupante auto-sotto valutazione. Altrimenti tutti i “grillini” capirebbero che, nel Paese dell’Illegalità, la blocca-prescrizione di Bonafede non è UNA riforma fra le tante, ma LA riforma: la quintessenza del principio di legalità – la legge è uguale per tutti – che Flaiano definì l’unica vera rivoluzione italiana. E sui principi fondamentali non si tratta in nome della riduzione del danno o del male minore. O, se si tratta, bisogna farlo da posizioni di forza. Cioè essere pronti a tutte le opzioni: anche a uscire dal governo. Il che non vuol dire andarsene subito, ma essere disposti a farlo. Se la controparte – Draghi, massimo garante della Restaurazione – ha anche solo il sentore che non usciranno mai qualunque cosa faccia, continuerà a fare qualunque cosa, minacciando dimissioni che non darà mai, per metterli (anzi lasciarli) genuflessi. Si può capire che Conte non voglia debuttare uscendo dal governo, vista anche l’informazione da Terzo mondo che lo dipinge come un vedovo del potere, anziché come un giurista che – come tutti i giuristi degni di questo nome – conosce gli effetti catastrofici del Salvaladri&mafiosi. Ma, se la trattativa non dovesse eliminarli tutti – e sono tanti –, Conte dovrebbe tornare a interpellare gli iscritti sulle tre opzioni possibili: restare al governo, ritirare i ministri e dare l’appoggio esterno solo sui provvedimenti condivisibili, passare all’opposizione e rovesciarlo. La “fiducia” è una cosa importante e ogni governo deve meritarsela coi fatti. Tantopiù se è il governo Draghi ad aver bisogno del M5S e non il M5S ad aver bisogno del governo Draghi.

ILFQ

Silicio cristallino fotovoltaico Moduli solari Crescita del mercato, analisi dei fornitori 2021, dimensioni, principali regioni, profili aziendali, tendenze del settore, dinamiche emergenti, aggiornamenti di ricerca, prestazioni globali e previsioni fino al 2023

 

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Elenco dei profili aziendali nel mercato Silicio cristallino fotovoltaico Moduli solari:
CanadianSolar
JA Solar
JinkoSolar
Longi Green Energy Technology
Trina Solar

Panoramica e portata del mercato globale Silicio cristallino fotovoltaico Moduli solari:
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Dinamiche di mercato Silicio cristallino fotovoltaico Moduli solari:
Driver di mercato: norme governative favorevoli a livello globale.
 
Mercato Trend: maggiore adozione di microreti aumenterà l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili, come solare PV.
 
Mercato sfida: la preferenza per le fonti di energia non rinnovabili è alto nel mercato.
 
Norme governative favorevoli.
La continuazione della politica incoraggerà le aziende produttrici ad investire in R & S per sviluppare la tecnologia più conveniente e più affidabile per abbattere il costo dei sistemi solari fotovoltaici. Molti altri paesi in tutto il mondo minerale formulazione di politiche per promuovere lo sviluppo di tecnologie per l’energia solare. Un esempio notevole è la (FIT) la politica di feed-in-traffico formulato per incoraggiare gli investimenti in tecnologie legate alle energie rinnovabili.

Aumento dei fonti alternative di energia.
Molti paesi preferiscono utilizzare i combustibili fossili al posto delle energie rinnovabili. Questo perché l’abbondanza di combustibili fossili disponibili per alimentare i loro bisogni e generare elettricità. Il costo di stabilire una fattoria di energia rinnovabile per la produzione di energia è estremamente costoso. L’uscita di energia elettrica da fonti rinnovabili non è alla pari con l’uscita dai combustibili fossili. Così. la preferenza per le fonti di energia non rinnovabili è alta nel mercato.

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Mercato Silicio cristallino fotovoltaico Moduli solari: panorama competitivo.
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PARTE 02: AMBITO DEL RAPPORTO
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• Ecosistema del mercato Silicio cristallino fotovoltaico Moduli solari
• Caratteristiche del mercato Silicio cristallino fotovoltaico Moduli solari
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PARTE 04: DIMENSIONAMENTO DEL MERCATO
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• Dimensionamento mercato Silicio cristallino fotovoltaico Moduli solari 2018
• Dimensione del mercato Silicio cristallino fotovoltaico Moduli solari e previsioni 2018-2023
PARTE 05: ANALISI DELLE CINQUE FORZE
• Potere contrattuale degli acquirenti
• Potere contrattuale dei fornitori
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• Minaccia di sostituti
• Minaccia di rivalità
• Condizione di mercato Silicio cristallino fotovoltaico Moduli solari
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DFO - digital financial officer

venerdì 23 luglio 2021

Legge sulla Giustizia: colleghi e politici, imparate a leggere. - Peter Gomez

 

Napoleone era solito ripetere che non bisogna “mai attribuire alla malizia ciò che spiega adeguatamente con l’incompetenza”. In questi giorni, sfogliando i giornali e assistendo in tv al dibattito sulla riforma Cartabia, abbiamo avuto la prova di quanto l’imperatore dei francesi avesse ragione. 

Come sempre accade quando si discute di giustizia la vis polemica ha preso il sopravvento. In ben pochi si sono così addentrati negli aspetti tecnici del disegno di legge e chi lo ha fatto ha spesso dimostrato di non aver letto la norma o di averla letta senza però capirla. In questo senso la palma d’oro spetta alla politica. Ieri, ad esempio, Matteo Salvini, intervistato da Il Giornale, ha definito “un’osservazione singolare” la constatazione del procuratore nazionale antimafia, Cafiero de Raho, che aveva sottolineato come la riforma, se approvata senza correzioni, avrebbe indebolito la lotta a Cosa Nostra e ’Ndrangheta. “Nella riforma Cartabia”, ha affermato sicuro Salvini, “quel tipo di reato viene escluso dalla norma sulla prescrizione. Sono stato ministro dell’Interno: con la Lega al governo non ci saranno mai passi indietro su questo tema”. Purtroppo per Salvini, e purtroppo per i cittadini, è vero il contrario. Il disegno di legge prevede semplicemente che i processi per mafia e terrorismo, se particolarmente complessi, evaporino in appello in tre anni, al posto di due e in Cassazione in 18 mesi, al posto di 12. Per i dibattimenti di questo tipo non esiste insomma nessuna esclusione dalla riforma. Salvini però ha almeno un’attenuante: la ministra Marta Cartabia che in Parlamento gli ha confuso le idee. 

Alla Camera la ministra ha sostenuto che quel tipo di processi “non andranno in fumo” perché “nei procedimenti per mafia e terrorismo le contestazioni spesso riguardano reati per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo. Quindi si esclude ogni tipo di improcedibilità”. Un’affermazione falsa visto che i reati che non si prescrivono, come l’omicidio o la strage, vengono contestati solo a una piccola parte dei presunti mafiosi o loro fiancheggiatori.

Peggio, però, di chi siede in Parlamento, o al governo, fanno i mass media. Negli ultimi giorni, ad esempio, Repubblica e Il Messaggero se la sono presa con Giuseppe Conte perché ha detto: “Non accetteremo mai che il processo per il crollo del ponte Morandi possa rischiare l’estinzione”. Per i due quotidiani quella di Conte è una bugia, perché la legge ha una data di entrata in vigore successiva al disastro di Genova. Chi lo scrive però dimostra solo di non sapere che in tribunale si applica sempre la norma più favorevole all’imputato. Difficile sostenere, come fanno alcuni consulenti di Cartabia, che qui ci si trovi davanti a una semplice norma di natura processuale per la quale il cosiddetto favor rei non scatta. Le conseguenze della nuova legge sono infatti sostanziali. Se ho commesso una rapina con la vecchia prescrizione c’erano 15 anni di tempo per arrivare a sentenza definitiva. Ora ce ne sono solo due per celebrare l’appello e uno per la Cassazione. Poi scatta l’improcedibilità. Nei dibattimenti si annunciano perciò pioggia di ricorsi alla Consulta, con relativo rischio di impunità anche sul ponte Morandi. 

Per questo noi che alle balle dei politici e dei governanti di ogni colore siamo ormai rassegnati (nel recente passato, sia chiaro, ne ha detta qualcuna pure Conte), ci sentiamo di rivolgere un appello ai nostri colleghi. Cari giornalisti, per fare il nostro lavoro non serve una laurea. Serve però l’impegno e lo studio degli argomenti di cui ci si occupa. Se non ve la sentite cambiate mestiere.

ILFQ

Per ognuno la regola è “F.U.P.C.C.V.P.” - Antonio Padellaro

 

È tutto molto chiaro, lineare e soprattutto condiviso. Grande armonia nel mondo della scuola dove a parere dell’Associazione nazionale dei presidi occorre obbligare alla vaccinazione il personale scolastico e gli studenti. 

Alcune sigle autonome sono invece apertamente contrarie e minacciano ricorsi a pioggia (attualmente i non vaccinati della categoria sono 221.534 su quasi un milione e mezzo). Senza contare le famiglie No-Vax, già sul piede di guerra, che alle demoniache fiale preferiscono di gran lunga le lezioni in Dad. 

Quelle che secondo i test Invalsi stanno generando tra i ragazzi forme pandemiche di analfabetismo di ritorno. Anche nel mondo imprenditoriale e tra le parti sociali sul tema vaccini la concordia regna sovrana. Alla direttrice di Confindustria che chiede alle imprese la sospensione dal lavoro per chi è sprovvisto di Green pass risponde pacatamente la leader Fiom-Cigl che definisce la proposta “vergognosa”. 

Mentre invece la Cisl Emilia “non si scandalizza”. Il presidente della Camera, Roberto Fico, parla di “idea sui generis” pur senza sbottonarsi. Tuttavia sul Green pass non sente ragioni: “impossibile chiedere agli eletti se sono stati immunizzati col farmaco”. Impossibile. Agli eletti. 

Per fortuna a indicare la retta via c’è il decisionista ministro del Lavoro Orlando che dice “no alle proposte unilaterali”, e però invita “a un confronto costante”, qualunque cosa significhi. Non resta che affidarsi alla mediazione. Quella del presidente di Confindustria Bergamo: “Premiamo chi si vaccina” (AstraZ e vinci). Quella di Brunello Cucinelli: “A chi non si vaccina dirò ti pago, ma non lavori e stai a casa” (cioè, due danni al posto di uno). Visto che perfino nella Lega il presidente del Veneto, Luca Zaia, favorevole alla vaccinazione di massa, non sembra sulla stessa linea di Matteo Salvini (candidato al Nobel della Medicina per aver scoperto che sotto i 40 anni il virus non attacca) non ci resta che ricorrere all’algoritmo FUPCCVP.

Esso si ottiene incrociando i Sì Vax ai No Vax, ai Ni Vax, ai Boh Vax, ai luoghi dove il Green pass sarà obbligatorio, alle regioni che cambiano colore con le terapie intensive al 10% e i reparti Covid al 15, e soprattutto agli studi di laboratorio dell’onorevole Lollobrigida (Per chi non lo sapesse FUPCCVP è l’acronimo di Fate Un Po’ Come Cz Vi Pare).

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“Pago pure il Fatto”: proposta indecente dall’uomo di Renzi. - Thomas Mackinson

 

“Voglio finanziare il Fatto Quotidiano”. La proposta irricevibile arriva alla fine dell’intervista all’onorevole Gianfranco Librandi di Italia Viva. Lo chiamiamo perché la sua storia diventerà presto un film che sarà distribuito su Amazon. Dal colloquio ne esce però un altro: quello di un deputato della Repubblica che, oltre ai partiti, si offre di finanziare i giornali per evitarsi cattiva pubblicità. La telefonata è registrata. Potrebbe sembrare solo una battuta, ma Librandi è tanto serio da spiegare come si fa, indicando le possibili “soluzioni“: “Noi facciamo fiere per illuminazioni, eventi importanti e li pubblicizziamo sui giornali. Si può fare anche con voi, no?”.

Il deputato-imprenditore esplicita anche i termini del “patto”: “Se lei non mi frega diventiamo amici, la prossima volta la chiamo io e ci troviamo, parliamo e facciamo tutto. È un consiglio che le do, visto che tutti e due siamo nell’agone politico, giusto?”.

Mica tanto, ma così pare a Gianfranco Librandi da Saronno, classe 1954, onorevole e titolare di un’azienda dei led da 180 milioni di fatturato, parte dei quali finisce regolarmente a partiti e candidati d’ogni colore.

La premessa è che, di questi tempi, il binomio politica-cinema non porta benissimo: il leader del suo partito Matteo Renzi è finito indagato (insieme a Lucio Presta) dalla Procura di Roma che ipotizza l’esistenza di “rapporti contrattuali fittizi” dietro i compensi percepiti dall’ex premier anche per il documentario dedicato a Firenze. Da qui parte l’intervista.

Sicuro di voler intraprendere la stessa strada?

Questo film non c’entra niente dal punto di vista dell’idea e pure del finanziamento. Non ho ricevuto e non ho pagato nulla, dunque il tema di Renzi non c’è.

Eppure il suo nome spunta (anche se da non indagato) nelle carte dell’inchiesta sulla Fondazione Open, quando si scopre che passando dal Pd a Italia Viva ha portato una dote di 800 mila euro a Renzi.

Io finanzio da sempre il centrosinistra, ma le ribadisco che il parallelo con Renzi non c’è. Poi lui chiarisce sempre tutto, è solo accanimento contro di lui.

Un film su Librandi, benché vivente. Come le è venuto in mente?

In realtà non è un’idea mia, ma del regista Luciano Silighini (ndr: già dirigente di Forza Italia a Saronno, autore di cortometraggi come Uno di noi, la risposta berlusconiana al film Loro di Paolo Sorrentino).

Cosa si vedrà?

Non ho letto il copione, ma parlerà di mio padre, partigiano e patriota, e della storia che cinque anni fa ho raccontato nel libro Ce la puoi fare: l’ho scritto per dire che se ce l’ho fatta io che ero poverissimo ce la possono fare tutti. Per dare speranza ai nostri giovani. Le mando la copertina, a dimostrazione che non ce l’ho col Fatto Quotidiano.

Il film parlerà anche di politica?

No, magari un riferimento al fatto che sono anche deputato.

Dell’alterco, davvero da film, con i finanzieri? Li apostrofò peggio del Marchese del Grillo.

La mia azienda è sempre stata collaborativa col Fisco. Quella volta lì abbiamo ricevuto una visita un po’ “aggressiva”, sopra le righe diciamo, ma non ho mai detto “io sono un onorevole, un intoccabile, voi siete morti” e tutte le altre cose riportate dagli agenti e dai giornali.

Ovviamente li avrà querelati per aver riportato il falso…

No.

E com’è finito quell’accertamento?

Hanno trovato degli errori formali e abbiamo già chiuso. La mia è un azienda sana, che paga tante tasse, sempre di più perché cresce, e quindi questo è il nostro orgoglio: pagare le tasse.

E non solo quelle. Negli anni lei ha finanziato anche Tabacci, Parisi, il Pd, Gori, Bonaccini, Renzi, pure Calenda e fino a Fratelli d’Italia. Nel 2016 finanziò sia Sala sia la rivale Gelmini. Insomma, lei finanzia proprio tutti.

Voglio finanziare anche il Fatto Quotidiano.

Scusi, come?

Voglio collaborare, come posso dire… costruire insieme e allora si possono così trovare delle soluzioni. Noi facciamo ad esempio delle fiere per illuminazioni, facciamo degli eventi importanti e li pubblicizziamo sui giornali e si può fare anche con voi, no?

(silenzio imbarazzato…)

Però lei è proprio un bel tipo, io sono cordiale e le sto rispondendo giusto? Se lei non mi frega diventiamo amici, la prossima volta la chiamo io e ci troviamo, parliamo e facciamo tutto. Se mi frega invece siamo fregati; è un consiglio che le do, visto che tutti e due siamo nell’agone politico, giusto?

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